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Dic 10, 2017 3054volte

4^ Maratona di Rieti: pochi podisti, molti premiati...

Panorama di Rieti Panorama di Rieti Foto di Daniela Gianaroli

Ma che ci siete venuti a fare a Rieti?”, ha chiesto una negoziante al cui bancone stavamo facendo acquisti.

“Per correre la maratona”.

“E venite fino a Rieti per fare la maratona?”.

Si può solo allargare le braccia, aggiungendo che Rieti merita comunque una visita, sia per il suo centro lindo, quasi libero dal traffico automobilistico e con edifici d’arte notevoli (il più recente è un monumento alla lira, ottenuto fondendo esclusivamente monete da 200 lire), sia per i suoi dintorni, ricchi di suggestive reminiscenze dei ripetuti soggiorni di San Francesco.

La corsa è certamente schiacciata dalla concorrenza con Reggio: ben pochi supermaratoneti, ad esempio, l’hanno frequentata (tra questi, i laziali Paolo Reali e Gianni Baldini, il marchigiano Francesco Capecci, e l’inossidabile coppia barlettana Rizzitelli-Gargano). Il percorso è molto scorrevole, pressoché in pari nella levigata piana reatina dove le uniche alture sono i ponticelli su fiumi e canali; le quote di iscrizione sono quasi irrisorie, con l’aggiunta di pacchetti-soggiorno favorevolissimi, e la concreta prospettiva di recuperare quanto speso attraverso i premi assoluti e di categoria nella “maratona più premiata d’Italia”.

Eppure, i risultati numerici dei classificati non premiano lo sforzo dell’organizzatore principale, Felice Petroni, e dei suoi collaboratori tra cui citerò solo “Ciccio”, cuoco di Amatrice che gestisce il pasta party, ovviamente a base di amatriciana e di “gricia” distribuite in abbondanza: dei 103 iscritti alla maratona solo 71 risultano i classificati, più 41 giunti al termine della mezza maratona, e 29 della 12 km competitiva (più svariati altri della non competitiva).

Di positivo, va detto che le gare si sono svolte comunque, mentre nel 2016 erano state annullate per una scossa di terremoto due ore prima della partenza; anche pochi giorni fa la terra aveva tremato a un livello 4 Richter, ma per fortuna senza provocare altri danni.

Clima molto familiare, quasi da ritrovo tra vecchi amici, nel magnifico stadio per l’atletica Guidobaldi, teatro del famoso meeting, e la cui pista azzurra abbiamo percorso quasi per intero nel passaggio del km 21 e all’arrivo. Senza problemi le formalità di iscrizione (a parte il preventivo girovagare tra siti che non si aprono e altri con notizie frammentarie), la consegna di pettorali e chip Icron (quelli a forma di striscia che si arrotola intorno al legaccio della scarpa); partenza ritardata di mezz’ora (col rischio di andare incontro al maltempo previsto da metà giornata), e stranamente collocata a un centinaio di metri dallo stadio, dove però si arriva dopo una corsetta ‘guidata’ di un chilometro. L’anello da percorrere è di 21 km abbondanti (alla fine i Gps oscillano tra i 42,500 e i 43), equamente suddiviso tra stradine non trafficate e piste ciclabili; per ragioni legate ai sismi non si passa per il centro di Rieti né si attraversano centri abitati tranne Chiesa Nuova, quasi un sobborgo del capoluogo (gli agglomerati urbani più caratteristici stanno tutti sulle prime alture che sovrastano la piana); le nuvole basse concedono visioni solo parziali sul Terminillo innevato e le cime minori attorno.

Ristori molto frequenti, uno all’incirca ogni 3 km, ma forniti soprattutto di bevande fredde (pare che sia circolato un po’ di tè caldo, ma esaurito subito), uvetta, biscotti e wafer. Segnalazioni ottime, e necessarie specie nel secondo giro quando noi maratoneti di basso rango, abbandonati dai mezzi maratoneti dopo l’arrivo loro, ci troviamo distaccati anche di centinaia di metri l’uno dall’altro; ad ogni attraversamento di strade trafficate ci sono comunque i volontari che fermano le rade auto in transito.

Ha vinto Massimo Lizza in 2.58:50, appena 21 secondi meglio del secondo, Gianfranco Perrozzi, e 1:41 su Fabio Amabrini; netto invece il distacco degli altri: ma per i primi 5, uomini e donne, era in attesa un prosciutto intero come premio principale. Decisamente amatoriale il tempo delle categorie femminili, tra cui ha prevalso Silvia Vinci in 3.26. Ben diciotto le categorie premiate, con abbondanti confezioni alimentari.

Spogliatoi sufficienti, docce tiepidine, e come si diceva amatriciana a cofane, seppure in mancanza di tavoli per poterla gustare in compagnia. Il ‘terzo tempo’ è proseguito in serata, con ulteriori prelibatezze laziali direttamente nell’osteria di Ciccio; poi, chi ha voluto, ha espiato i peccati di gola visitando i quattro conventi che ospitarono San Francesco, tra cui quello di Poggio Bustone poi divenuto noto come patria di Lucio Battisti.

E proprio a Poggio Bustone l’infaticabile Felice Petroni progetta di far svolgere, il prossimo 11 marzo, una delle tante maratone che va programmando, il cui nome non potrà essere altro che “I giardini di marzo”.