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Nov 08, 2017 2828volte

Modena - 1^ edizione Corrimvtina MMCC

Modena - 1^ edizione Corrimvtina MMCC Foto di Teida Seghedoni

SERVIZIO FOTOGRAFICO

I pochi cui possa interessare il podismo modenese, forse ricorderanno che una cinquantina di giorni fa avevo annunciato la fine ingloriosa non solo della maratona d’Italia (o di Carpi, come l’abbiamo sempre chiamata tutti), ma anche della più partecipata camminata non competitiva della città di Modena, capace di adunare 12mila (secondo i sindacati) ovvero 4mila (secondo la questura) camminatori: la Corrimodena, prossima alla sua 38^ edizione. Scrivevo che:

Il suo merito principale consisteva nel richiamo offerto alle scuole, che per pochi spiccioli potevano iscrivere centinaia di ragazzi e alla fine ricevere consistenti premi ‘didattici’ ed educativi. È vero che spesso gli studenti iscritti stavano a letto e consegnavano i loro pettorali ai prof i quali passavano alla cassa con 800 tagliandi a fronte di 30 che erano venuti a correre sul serio. Ma insomma, i premi alle scuole (grazie agli sponsor, beninteso) arrivavano. Nel corso degli anni abbiamo più volte denunciato le storture, le falsificazioni, le goffaggini di questa gara: ma era innegabile che ci andasse comunque gente che per il resto dell’anno non frequentava le corse. E poi, c’era “il trionfo di Roncarati” celebrato annualmente in piazza Grande ad opera di speaker pagati per quello, e poi ripreso dalla iperbolica stampa locale, ad azzittire la nostra voce stonata.

Sembra che l’assessore allo sport di Modena (il cui merito principale è quello di essere un bellissimo ragazzo) abbia convocato d’urgenza le società modenesi per organizzare qualcosa di sostitutivo: e la cosa non è difficile da realizzare, dato che la Corrimodena è una corsa dove si parte quando si vuole, si arriva (o meglio, si assediano i tavoli del ristoro finale) quando si vuole, non ci sono classifiche, e pur che se magna tutti sono contenti.

Bisogna dare atto che la comunità modenese, in cinquanta giorni, è riuscita a ripetere il miracolo che già aveva operato una ventina di anni fa, quando la gloriosa Fratellanza (allora guidata da un presidente socialista e megalomane) aveva rinunciato all’organizzazione della “Corrida di San Geminiano”; e il movimento podistico allestì una gara sostitutiva, per certi aspetti migliore dell’originale, che lungo due anni pose le basi per la ripresa della corsa che si fa anche adesso, di nuovo sotto l’egida della Fratellanza, anche se i mugugni non mancano.

Torniamo ad oggi: proibito usare il marchio originale (gelosamente custodito dal suo ottuagenario ideatore che ogni anno “trionfava” sulla bocca degli imbonitori radio-tv-cartastampatori), si è inventato un succedaneo quasi uguale, che ha preso l’idea dai 2200 anni della fondazione di Modena romana, Mutina appunto (scritto con la V come usavano gli antichi romani). Che poi i romani del 183 a.C. corressero, è da vedersi: certamente il tracciato della gara ha calpestato, nei primi km, il sito orrendamente ribattezzato NoviArk, da dove partiva la strada per Verona fiancheggiata da tombe degli avi illustri.

Peccato che nelle stesse ore in cui il via alla corsa era dato dall’Assessore Bello Guerzoni (così lo chiamo io, sebbene nessuna donna di mia conoscenza condivida la qualifica), il Modena calcio fosse costretto a dare forfait per la terza volta nel campionato di serie C, incappando nella radiazione, alla cui base una fetta di colpa ce l’hanno anche il Comune e l’assessorato, impegnatisi in una autolesionistica lotta contro la proprietà della squadra, combattuta negando l’uso dello stadio a una truppa di pochi professionisti senza stipendio, ultimi eredi di una società centenaria, che ventitré anni fa era in serie A e due anni fa in B. Ma sono tristezze che può sentire solo chi ha visto giocare Ghezzi, Silvestri, Cinesinho, Brighenti, Toro, Braglia padre e figlio, Daniele Adani; non certo un assessore giovincello dalle eleganti basette e dai capelli lunghetti quanto basta a incantare i cultori di Fb.

E torniamo alla corsa, una delle poche capaci di richiamare in centro le famiglie coi bambini, e (forse) le scuole. Dico forse, perché nei decenni mi ero abituato alle sceneggiate delle finte iscrizioni sottoprezzo pur di accaparrarsi i ricchi premi per i gruppi scolastici. Sarà andata meglio quest’anno? Gli organizzatori parlano di 6000 partecipanti effettivi e non ho argomenti per smentirli. Ma l’immagine più bella che mi rimane da questa corsa è la famigliola (papà, mamma, tre bambine di cui la più grande avrà avuto 8 anni), che dopo l’arrivo, ben rivestite, hanno inforcato sotto la pioggia le loro biciclettine e sono tornate a casa per un bel bagnetto caldo.

Torneranno alle prossime gare podistiche? Lo spero, ma non ne sono tanto sicuro. Qualche giorno fa, rovistando in solaio, mi è riemersa una busta che conteneva i materiali della Sgambada di Mirandola del 1973, quarantaquattro anni fa. Il giornale scriveva: “In 1400 sfidano la pioggia”; e pubblicava la classifica di tutti i 1400 divisi in seniores e juniores (c’erano persino i gemelli Gennari al loro esordio). Tutti partiti insieme, con un pettorale numerato dal costo di 100 lire, e tutti censiti al traguardo col loro piazzamento.

Arrivando alla Corrimvtina di questo 2017, tre quarti d’ora prima della partenza, ho trovato già un km fuori del centro podisti (quasi tutti senza pettorale visibile) che traversavano le strade, per lo più camminando lungo il presumibile percorso, con i vigili che gli davano via libera. E riflettevo che la Corrimodena targata Roncarati sarà stata l’avviamento alla corsa per tanti, ma è stata anche una scuola di anarchia per i podisti (si parte quando ti pare), di truffa per le società (siete in 50? Iscrivetene 150 che vi arriva un prosciutto di premio e ci guadagnate), di menefreghismo per gli organizzatori (chi se ne frega di prendere l’ordine d’arrivo? Tanto, chissà a che ora sono partiti).

Lo sbocco di queste cose non è il podismo agonistico (“l’agonismo è la morte dello sport”, diceva un portavoce di Roncarati, che non faceva nemmeno mettere i segnali dei km perché se no stimolavano la competizione), ma sono le Color Run.

Detto questo, va dato atto ai post-roncaratiani di aver fatto molte cose per bene: percorso chiuso al traffico, o per lo meno su una corsia separata dalle auto lungo il mefitico vialone che costeggia la ferrovia e il sovrappasso sulla ferrovia stessa (fortuna che era una “giornata ecologica”!); arrivo nella piazza Grande con passaggio davanti alla facciata del Duomo (passaggio che non avveniva nelle precedenti edizioni); ristori sufficienti sebbene non all’insegna dello spreco e del magna-magna di una volta; premi ‘intelligenti’, piade nell’immediato e buoni-sconto per supermercati, non per negozietti di fighinerie come capita a volte (e uno sconto di 5 euro di fronte a una iscrizione da 1,50 si commenta da solo); e premi a parte per le scuole.

Tracciato così così (12,6 la lunghezza massima), evitando la parte sud di Modena dove ci si spingeva una volta (ma il cui verde residuo è bene non sia visto dai podisti, alla vigilia dell’ennesima cementificazione), e andando invece nella zona nord a ridosso della ferrovia, cimitero di fabbriche in disuso, aree edificabili dove nessuno vuole edificare, quartieri-dormitorio dove la popolazione indigena è in minoranza e si protegge da sola con le squadre di sorveglianza di vicinato. Ma invaso dall’esercito di podisti, persino il famigerato viale Gramsci sotto la pioggia ha assunto sembianze umane. E l’arrivo in centro è comunque bello.

Le foto dei due fotografi-principe del podismo centro-emiliano, Nerino e Teida, ne danno un’idea

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