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Entra ancora più nel vivo la settimana in Kenya: giornata lunghissima ma emozioni impagabili. Il viaggio non è corto e nemmeno comodo, le strade sono quelle che sono, l’asfalto c’è solo sulle strade principali, ma dopo dirò che ne valeva assolutamente la pena. La meta è Kapsait, il training camp più in alto, credo in assoluto, 2950 metri. A 17 chilometri dalla destinazione finale incontriamo gli atleti, qui comincerà il loro allenamento.

Lo scenario circostante è completamente diverso dalle nostre montagne, a 2000 metri la vegetazione scompare, qui invece è fitta, verde ed alberi a non finire. Come resistere alla tentazione di correre? Impossibile, e non sono l’unico del gruppo. Se era difficile correre a 2000 metri qui è ancora peggio. Partiamo a circa 2750 metri, quando mancano circa 7 chilometri al punto di arrivo, intorno a noi panorami incredibili. Fatica pazzesca, la respirazione è difficile, pare non esserci scambio gassoso, del resto a queste altezze è proprio la ridotta pressione dell’ossigeno a complicare le cose. Però è esattamente in queste condizioni che migliorano i parametri circolatori, emoglobina in primis. Doping che più naturale non si può. Mi stacco un attimo dal gruppo di runner per agganciare l’ultima ragazza, che verso la fine della sua seduta si era sganciata. La affianco e tengo bene per un mille, mi metto in scia e resisto circa per altri mille metri, poi decido che sono… giovane e non voglio morire adesso.

Il camp è molto spartano, gli atleti sono alloggiati in camere estremamente semplici, l’acqua per lavarsi se la vanno a prendere da soli, con i secchi. Nelle vicinanze c’è una scuola, studio e atletica, atletica e studio, questa è l’idea, e pare proprio funzionare. Coach del gruppo è Erik Kimayo, maratoneta da 2:07, quando con questo tempo si era vicini al record del mondo.

Dopo è la volta di una visita al villaggio di Kaptabuch, una “primary school” che qui raggruppa elementari e medie. Gli alunni percorrono fino a 6-7 chilometri per raggiungerla, parte anche da qui un percorso che un domani può formare dei campioni. Incredibile l’accoglienza, addirittura una corsa dei bimbi (varie batterie, a partire da tre anni!) organizzata in onore del gruppo Rosa Team. Un senso di ospitalità unico, da capire in tutta la sua essenza. C’era perfino il… pacco gara, caramelle alla frutta, anche grazie al contributo di Podisti.Net. Canti e balli da parte dei locali, nei loro costumi tipici. Tutto per ringraziare gli ospiti, ma soprattutto Gabriele Rosa, che da queste parti ha investito parecchio.

Oggi, 30 gennaio, è la volta del training camp di Kaptagat (2200 metri slm), intitolato a Sammy Wanjiru, fortissimo atleta scomparso a 29 anni in circostanze forse ancora misteriose. Un training camp molto bene attrezzato, con massaggiatore, laser terapia e Tecar, ma è tutta la struttura ad essere di ottimo livello. Qui sono transitati anche italiani come Ruggero Pertile, Valeria Straneo e Daniele Meucci. Anche questo camp ha il suo coach, anche questo è keniano: James Kwambai, oggi 40enne, un personale di 2:04 in maratona. Dal punto di vista tecnico a mio avviso è quello meglio posizionato (anche perché vicino alla città di Eldoret), percorsi di ogni tipo, sulla classica strada rossa che se non piove è molto polverosa. 

Ho seguito gli atleti nel loro allenamento, 24 chilometri in progressione su una salita mai cattiva ma costante, anche se il percorso presenta diverse ondulazioni e tratti in falsopiano. Alla fine complessivamente sono circa 500 metri di dislivello. A mio avviso questa è una situazione ottimale per questo tipo di allenamenti: l’azione della corsa risulta sempre rotonda ed efficiente, cosa un po’ più difficile quando le pendenze sono elevate. Col passare dei chilometri il gruppo si assottiglia, qualcuno allunga, qualcuno si sfila, generalmente perché ognuno ha un suo programma da seguire. Resta comunque fondamentale la seduta in gruppo, anche numeroso (oggi erano una trentina), importante la condivisione della fatica, così come lo stimolo a sopportare sforzi anche impegnativi. Li ritroviamo in un punto specifico, dove c’è una magnifica vista della Rift Valley, con i suoi 3500 chilometri è la più lunga del mondo, si estende dalla Siria sino al Mozambico, attraversando il Kenya da nord a sud. 

 

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Un viaggio piuttosto lungo, tre voli per raggiungere Eldoret, complessivamente sono quasi 24 ore.

E cosa fa un podista per smaltire la fatica? che domanda…corre! o almeno ci prova. Già, perché a queste altitudini (2100 metri) si fa fatica persino a camminare. Mi dico che è solo l’effetto della stanchezza, del cambio del clima, che domani sarà meglio…forse.

Il mio albergo, un simil resort, è spartano secondo i canoni europei, in realtà l’unica cosa che manca è una buona connessione internet. E’ posizionato poco fuori la città di Eldoret.

Il 28 gennaio è il grande giorno , si è corsa oggi la 27^ edizione del Discovery Kenya Cross Country, a poca distanza dalla città ,la più importante gara di corsa campestre in Kenya; hanno partecipato davvero tutte le categorie giovanili, fino ai senior donna e uomo, rispettivamente sulle distanze di 8 e 10 km.

Uno spettacolo unico, indescrivibile. Il comitato organizzatore è composto tanti grandi atleti ed ex atleti, uno su tutti: Paul Tergat. Conoscevo le sue capacità tecniche, ora ho scoperto anche il grande uomo che c’è dentro.

Il percorso, articolato su un giro da 2 chilometri, è sostanzialmente piatto e veloce, anche se non mancano proprio le curve. Molti lo hanno corso a piedi scalzi e le scarpe chiodate le vedo apparire solo con gli Under 20, e nemmeno tutti le calzano. I tempi di accredito sono notevoli, al femminile mediamente sono pari a 3’20/km, al maschile intorno a 3’/km.


Gabriele Rosa (la Rosa & Associati organizza la manifestazione unitamente alla Athletic Kenya Central Rift), coordina, vigila, dirige con discrezione tutte le fasi di una manifestazione complessa, eppure tutto gira bene.

Difficile trasmettere le emozioni vissute in questa giornata; è una sorta di nostro Campaccio, però alla radice quadrata, qui le categorie partono da Under7 (corrono 500 metri). Spettacolari questi bambini, molti sono scalzi, altri hanno calzature assolutamente improbabili per correre (lo fotografie che pubblicheremo ne danno ampia prova).

Nel pomeriggio si forma un gruppetto di runner del gruppo che qualcuno ha già definito il “Rosa Team” (ma lui, sarà d’accordo?): andiamo sulle famose strade rosse, non si trova un metro di piano, tantissime le ondulazioni e il fondo è molto “variegato”. L’atmosfera è a suo modo magica, persone che vivono in condizioni davvero difficili, ma al tuo passaggio tutti ti sorridono e ti salutano, i bimbi in particolare, ti dicono "how are you" se gli rispondi in genere non sanno più cosa altro dire, ma è bellissimo.

Mille altre cose da scrivere e descrivere, rimando tutto ad un possibile diario di bordo, al mio ritorno.

 

IL VIDEO

 

 

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Giovedì, 25 Gennaio 2018 12:09

Podisti.Net in Kenya

Oggi si materializza un sogno, sono in partenza per il Kenya, grazie a Podisti.Net e soprattutto ad un progetto del dr. Gabriele Rosa. Una bella e lunga storia, questa del Discovery Kenya, infatti è nata nel 1992. Kapsait, Kaptagat, Kapsabet, questi i nomi dei training camp situati nella Rift Valley, ad un’altitudine compresa tra i 2100 metri della città più popolosa (Eldoret) e i quasi 3000 di Kapsait; tutti posti che avrò la fantastica opportunità di conoscere. Già, proprio i luoghi dove si allenano i grandi atleti, quelli che poi ritroviamo a competere nei grandi eventi, che appartengono di pieno diritto al firmamento internazionale dell’atletica.

Nel corso del mio soggiorno, tra le mille cose, anche la possibilità di assistere a due tra gli eventi più importanti di tutto il continente africano: l’ormai storica gara di cross, la “Great Discovery Kenya Cross Country”, una vera e propria festa della corsa, nel corso della quale si misureranno 3000 atleti, dai giovanissimi bimbi della scuola materna fino ai professionisti. Pochi giorni dopo sarà la volta di una gara sui 10.000 metri nella cittadina di Nyahururu, una manifestazione intitolata a Samuel Wanjiru (tuttora detentore del record olimpico in maratona, 2:06:32), deceduto nel 2011 in circostanze forse ancora poco chiare.

Bene, se ci sarà tempo e possibilità (e una buona connessione) cercherò di raccontare le mie esperienze direttamente dal posto, oppure raccoglierò tutto su un diario, che pubblicherò al mio rientro.

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