Gaetano, più che amico: fratello
Gaetano per me è stato come un fratello con cui ho condiviso gioie ed avventure negli ultimi 23 anni. Ci siamo conosciuti nel 1997 a seguito dell’inizio della mia passione per le maratone. Ho corso la mia prima maratona a New York il 1° novembre del 1997 e da allora mi sono ritrovato nel pazzo mondo dei maratoneti.
Lui era lì insieme a Tampieri, Togni, Lucidi, Govi ed altri pochi ‘matti’ che credevano nelle maratone come avventura nella vita.
Ai tempi si diceva che due o tre maratone all’anno era il massimo che si potesse fare. Noi ne facevamo 25 ed eravamo considerati fuori di testa. Ora parecchi ne fanno più di cento all’anno e sembra quasi normale.
Comunque eravamo pochi ma uniti da un comune spirito, una specie di famiglia che si ritrovava nelle maratone la domenica e che condivideva lo spirito del ‘popolo delle lunghe’ [NdR: termine creato da Paolo Gilardi] fatto di fatica ma anche di filosofia e di spirito di avventura e di curiosità, di amicizia e di divertimento, di sfida e di tranquillità nell’affrontare con amore 42.195 metri.
Non eravamo noi a fare la maratona ma era la maratona a fare noi.
Gaetano era un maratoneta buono, ma soprattutto un uomo buono, gentile, coraggioso e sempre disponibile ed entusiasta delle esperienze che condivideva con i ‘matti come lui’.
Più volte mi disse che la cosa più bella è stata conoscere persone straordinarie che avevano grande umanità e costituivano quasi in mondo a parte. Si viaggiava insieme, a volte all’estero, in quanto in Italia non c’erano maratone tutte le settimane ed in estate spesso si andava in Nordeuropa perché più fresco. C’era la maratona, ma c’era anche viaggio, avventura, amicizia e condivisione di esperienze diverse e curiose.
Poi la vita divide ed unisce i sentieri delle persone.
Fui trasferito a Torino per lavoro, dove rimasi 9 mesi da ottobre 2004 a luglio 2005. Lui abitava a Grugliasco, che è come un paese, se pur nella periferia di Torino, e come me non conosceva l’antica capitale d’Italia.
Io abitavo nel centro storico di Torino. Gaetano era già in pensione. Come due forestieri abbiamo cominciato insieme a scoprire Torino, a correre nelle sue vie squadrate e nei suoi parchi grandi e costeggiati dal Po. Abbiamo scoperto lo spirito di questa città incoronata di alte montagne e con un cuore segreto, tutto da trovare.
Si cominciava a correre, poi si visitavano posti e monumenti, si scoprivano gastronomie e si coltivava la nostra amicizia: compravamo formaggi prelibati e spesso ce li mangiavamo all’aperto; a volte si aggiungeva a noi Grazia Navacchia. In 9 mesi ci siamo visti sempre, più volte la settimana, e naturalmente anche la domenica in gara. Dove a volte Gaetano avrebbe potuto fare la sua corsa spuntando un tempo competitivo, ma al mio invito ad andare rispondeva: “cosa importa andare? Stiamo insieme e parliamo”.
Spesso ho cenato presso la sua famiglia, ricordo i suoi fratelli e soprattutto sua madre che era preoccupata perché ci riteneva troppo magri, e ci viziava nei pasti in qualità e quantità.
A seguito di una caduta da un ciliegio nel cortile di casa Gaetano ebbe conseguenze deambulatorie, per una caviglia molto malconcia, ma nulla poteva fermare la sua motivazione: pur aumentando i tempi di percorrenza non rinunciò a correre la 42, anche in quello stesso 2005 dell’incidente, quando Paolo Manelli lo aspettò, ultimissimo, al traguardo. L’ultimo pullman dell’organizzazione era già andato via e Gaetano raggiunse la stazione a piedi, zoppicando.
Mi ha anche introdotto ai fanghi di Abano, e per più di dieci anni ci siamo incontrati due settimane all’anno alle Terme, condividendo il calore del fango e delle saune, le corse in collina, le cene ed i pranzi in amicizia. Franca Michelini condivideva quasi sempre almeno un week end con noi, poi spesso con lei si correva la maratona a Reggio Emilia.
Negli ultimi anni, insieme a Caterina Lazzarotto ed Adriano Boldrin, andavamo con Gaetano da Abano a Brescia, da Giuditta, la signora oggi novantenne che aveva ospitato Togni nell’ultimo periodo, e con lei ci si recava al cimitero, dove depositavamo una medaglia della appena effettuata maratona di Reggio Emilia sulla sua tomba, ricordando l’umanità, la forza e la simpatia del Grande Beppe. Poi si andava con Giuditta a bere la cioccolata calda con panna al bar al Bocciodromo lì vicino, parlando delle stranezze vissute insieme nelle nostre avventure.
[Caterina ricorda anche lei "i ritrovi al Bocciodromo, dove erano soliti andare anche con Giuseppe vivo ma ridotto sulla carrozzella. E le cene al loro hotel durante le quali Gaetano mangiava mangiava mangiava... e noi invidiosi perché non ha mai accumulato chili! E' stato lui ad incitarmi e sostenermi nella mia prima maratona a Padova... ora ci seguirà e proteggerà dal Cielo"]
Gaetano non si è mai dimenticato di telefonare di tanto in tanto, specie a Natale, per salutare, donare un po’ di calore e rinnovare l’amicizia.
Ci sarebbe molto altro da dire dell’umanità, correttezza, valori di vita e visione del mondo del mio amico, chi l’ha conosciuto ed ha avuto l’onore e il piacere della sua amicizia lo sa bene.
Ciao Tanino.
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