Bologna marathon “first edition”: bè, parliamone…
31 ottobre – Al traguardo in piazza Maggiore, lo speaker ha subito notato la maglietta da finisher che indossavo: Bologna Marathon 1992, e ha voluto saperne di più. Ebbene sì, l’avevo corsa (29 marzo, era campionato italiano amatori, 2090 classificati), bissando la partecipazione dell’anno prima, 12 maggio 1991, che era già la quinta (dal 1987), l’ultima ad avere Piazza Maggiore come traguardo, dove ci presentammo in 864 (su 1100 partiti). Seguirono anni piuttosto stentati: “Gnarro” ne saltò tre, nell’aprile 1996 ci provò il gruppo di Amici, “l'uomo del Giro dell'Emilia”, coadiuvato da Claudio Bernagozzi, col nome ”MaratonaBologna”, incappando proprio nel giorno delle elezioni anticipate, che fecero vincere il podista bolognese Prodi, ma solo nelle urne, perché l’evento sportivo fu un fallimento. Altra sospensione, surrogata dalla maratona di Calderara (tutt’un’altra roba, per carità), finché Giagnorio ci provò con tre edizioni dal 2002 al 2004, decisamente tristi, dove il centro di Bologna era solo una toccata e fuga. Poi silenzio fino al 2018-19, quando si ricominciò a parlare di una maratona a Bologna con data ipotizzata e approvata per il 1° novembre; ma sarà solo con l’avvento dei gestori attuali che il progetto prenderà decisamente piede fino alla fissazione della data al 1° marzo 2020, e azzeramento mediatico di tutto quanto esistito finora.
Poi arrivò il Covid, o meglio, i primissimi focolai alle porte di Piacenza: e se il 23 febbraio si era corsa la maratona verdiana in provincia di Parma, a pochi giorni dall’evento bolognese arrivò il divieto dei politici (proni ai voleri dell’allora assessore regionale alla Salute, che adesso si dichiara pentito, ma allora mandava in onda quotidiane intemerate Fb contro chi fa “le corsette”), e buonanotte (tralascio il fatto che alcuni degli iscritti a Bologna quello stesso 1° marzo andarono a correre una ecomaratona ai confini della regione, in provincia di Prato: evidentemente il virus si fermava davanti ai cippi confinali del Granducato di Toscana).
1. A Bologna, cominciò l’odissea capitata a tanti altri eventi: rinviata all’autunno, anzi no, alla prossima primavera, neppure, e finalmente al 31 ottobre 2021. Stavolta, pubblici amministratori compatti nel tutelare il diritto dei bolognesi alla loro 42; gli organizzatori si fecero detestare pretendendo un supplemento di 10 euro alla tassa già versata per il 2020, ma l’alternativa era di perdere tutto e allora in tanti abbiamo accettato (in 800, pare, si sono iscritti alla 6 km non competitiva, che già partiva da un prezzo poco promozionale di 6 euro, e nell’imminenza di questo evento era passata a 15 anche per i già iscritti: non sarà un caso che il coordinamento podistico bolognese in questa stessa giornata offrisse una non competitiva in provincia).
Devo aggiungere che la tassa di iscrizione originaria per la maratona era abbastanza contenuta, sotto i 40 euro (nella vicina Crevalcore, dove i problemi logistici sono enormemente inferiori, per gennaio prossimo ne chiedono già adesso di più, e tra due settimane ne vorranno 55): il supplemento è parso anche a me una cresta che gli altri organizzatori non hanno applicato, sebbene possa capire che ci fosse una struttura di addetti da mantenere (una maratona in una grande città esige apporti professionali), e anche la nostra medaglia, un’originale ruota dentata in probabile omaggio a uno sponsor, e con data “1-3-2020”, è stata dotata di un – diciamo così – salvaschermo in plastica che ricorda i “lunghi e faticosi mesi” (esattamente venti!) passati nell’attesa.
Insomma, ce l’abbiamo fatta: loro a farci correre, noi ad affollare le strade di Bologna come -ripeto- non ricordavo dal 1991/92. Oltre tutto, con un percorso per “tutta Bologna”, tutti i quartieri, coi primi 3 e gli ultimi 6 km nel centro storico, e gli altri alla scoperta delle periferie verso Casalecchio e verso San Lazzaro, in parte ammodernate e, insomma, vivibili (certo che per noi podisti, subito buttati in cima alla Montagnola, e poi in tutti quei sottopassi e cavalcavia -utilissimi per la vita dei giorni feriali-, per un totale ufficiale di 274 metri di dislivello, non era proprio il massimo).
I 1582 classificati (con un po’ di riguardo per qualche decina oltre il tempo massimo, anche per intercessione del maratoneta oggi appiedato Mario Liccardi), più 7 stranamente messi a parte come non competitivi in quanto stranieri (boh?), più una cinquantina di squalificati (mai vista tanta severità), sono una cifra ragguardevole per un esordio, tanto più in una domenica nella quale si era venuta ad aggiungere un’altra maratona a 280 km.
Vedremo alla prossima "eventuale" del marzo ‘22, quando ci hanno promesso che i 10 euro saranno trasformati in sconto per la nuova iscrizione. Intanto, dalle prime classifiche di gradimento disponibili presso Endu, il voto è di 3,6 su 5: insomma, il sette più di Cochi e Renato. Dai social invece sembra che il giudizio viri sul peggio.
3. Ritiro pettorali solo venerdì e sabato, in modo da fare contenti anche gli albergatori (come peraltro è prassi di tutte le grandi maratone estere e molte italiane). Pacco gara con qualche gadget, su cui spicca una maglietta ‘tecnica’ non disprezzabile anche perché non caricata di loghi; operazioni rapide e funzionali, a cominciare dal controllo temperatura, richiesta greenpass e autodichiarazione, dopo di che (come a Parigi) ricevevi un braccialetto che sarebbe servito come lasciapassare.
Molto comodo, la domenica, il ritrovo per chi fosse venuto in treno (modalità scelta da parecchi, che tra le 8 e le 9 sono sciamati dalla stazione quasi come nei giorni che c’è lezione all’università); funzionale il deposito di bagagli, insufficienti le toilettes (come purtroppo staranno constatando, il giorno dopo, i titolari di molti edifici o lavori in corso nel raggio di 300 metri). Abbastanza ben regolamentato l’accesso ai box, salvo che l’obbligo di mascherina lì e per i primi 500 metri è stato bellamente disatteso: però, diciamolo chiaro, se noi podisti abbiamo tutti il greenpass (si spera, da vaccinazione) e ci hanno provato la febbre, non abbiamo virus da propagare e comunque se ci sono virus in giro siamo quasi immuni. E malgrado qualche squalificato e finto-morituro faccia il tifo perché qualcuno di noi si ammali e magari schiatti (come ha più volte augurato al sottoscritto, che infatti con questa di Bologna ha finito nell’era-Covid 12 maratone o ultra e 10 maratonine, più varie distanze minori), sono convinto che non abbiamo messo a repentaglio la salute né nostra né altrui. Specie a confronto di quello che abbiamo visto nelle vie del centro durante i nostri ultimi km, dove la movida constava di migliaia di giovanotti a passeggio o attovagliati all’aperto in stretto contatto, e ben restii a scansarsi quando passava un corridore: e a quelli nessuno ha chiesto il greenpass.
4. Eccoci dunque, in prossimità delle 9,30, all’incrocio della cosiddetta T, per la partenza da via Indipendenza: non larghissima di per sé, poi ristretta per lavori edilizi, e siccome si partiva tutti insieme (mi pare una novità), dallo sparo ufficiale al nostro passaggio sul tappetino del via sono passati fino a 3 minuti, che la graduatoria finale (ancora retrograda sul gun-time dei parrucconi Fidal di quando le maratone avevano 50 partecipanti) non ci restituirà. Le regole Fidal erano peraltro ‘elasticizzate’ con l’accorpamento delle categorie ogni 10 anni, e non ogni 5 come sarebbe prassi, cosicché i 44enni hanno dovuto misurarsi coi 35enni e così via. Sembra invece che dipenda dalla Fidal (e alla lontana, dal nostro malrasato e antisportivo ministro della Salute) la limitazione dei ristori: solo acqua in bottigliette, gel annunciati in 4 punti (ma in realtà presenti solo in uno, più due dove c’erano barrette al cioccolato), niente frutta o cibi solidi, e dal 25 in poi solo acqua (almeno quando passavamo noi figli di un cronometro minore). A Parigi due settimane fa, sia le banane sia i tortini abbondavano fino all’ultimo km, e anche nel ristoro del traguardo: eppure il Covid c’è là tanto come qua (ma c’è anche più Stato). “Bologna Parigi in minore”, predicava Guccini, “mi spingi a un singhiozzo e ad un rutto”. (Qui pare che alla fine della sua 6 km abbia cantato Gianni Morandi: mi era venuto in mente ai Giardini Margherita, nel piazzale dove lo vidi medagliato sul podio mentre io ancora arrancavo per la Run Tune Up: salvo poi apprendere dalla classifica, qualche giorno dopo, che era stato squalificato).
Se il percorso era ottimamente segnato, sia con frecce e bandelle, sia dai numerosissimi addetti, molto discutibile, anzi decisamente sballata, la collocazione dei segnali chilometrici. È vero che tenendo gli occhi fissi all’asfalto, si intravedevano minuscole scritte in rosso con indicazioni precise; invece i grossi tabelloni sembravano messi giù a casaccio, cominciando dal km 1 della Montagnola che era 1,100, poi con un crescendo progressivo poi recuperato al km 11 che era preciso; poi si andava in calando (cioè il 27 era il 26,5 dei Gps), fino al km 28 che era 28,5 (tant’è vero che il controllo chip vicino è marcato km 29). In sostanza, c’è stato un chilometro che in effetti ne misurava due; poi, con l’ingresso in città, i km hanno cominciato a misurare 950 metri (al km 31 abbiamo rilevato con un pacemaker che il segno sull’asfalto veniva 300 metri prima del tabellone), e insomma al traguardo la differenza coi nostri gps era nei limiti della normale tolleranza (ma dove sono quelle ‘belle’ maratone d’antan, dove dopo 41,500 avevi già la medaglia al collo?).
Molto gradita la chiusura al traffico, sebbene in certi incroci della seconda metà ci fosse il solito frastuono dei clacson condito da qualche diverbio tra podisti e automobilisti (verso il 25 si è quasi arrivati alle mani, col coinvolgimento anche di un ciclista decisamente fuori giri). Cavalcando il malcontento, i giornali e i più antisportivi dei politici insistono sui contrattempi, riportando la frase di Roberta Li Calzi, ex calciatrice e neo assessora allo sport del Comune: "Ci sono stati disagi ai quali andrà assolutamente posto rimedio in un’eventuale prossima edizione. Sia in termini di percorso che di informazione preventiva". Peggio è stato il traffico pedonale alla fine, quando le transenne, anziché adoperate per lasciare spazio ai corridori, sono state messe di traverso per stopparli: ma ci torno dopo.
Non una grande idea quella di mandarci, a Ponticella (intorno a quel famigerato km 28) su per un rettilineo di un km tra due rotonde, indi al dietrofront dove la salita diventava più dura, e tornare alla prima rotonda: suppongo che a qualcuno sia venuta la tentazione di tagliare lì (anche per l’assenza di separazione tra le due direzioni), ma la presenza dell’unico controllo chip dopo la seconda rotatoria l’ha poi iscritto nell’albo degli squalificati.
Incontrollato invece, dicevo, il traffico pedonale e mangereccio al nostro rientro in città: passi (si fa per dire) per i dehors che in zona Santo Stefano, laddove “ad ogni bicchiere rimbalzano le filosofie – e i vecchi imbariaghi sembravano la letteratura”, riducono la carreggiata a un metro e mezzo; ma via Zamboni era totalmente occupata da branchi che scorrazzavano in su e giù, e l’unico addetto in divisa gialla stava alla larga, in piazza Verdi per instradarci su via Petroni (un po’ più libera). Crudele tentazione era farci passare, al km 39.5, a cinquanta metri dal traguardo, ma poi allontanarcene per regalarci il passaggio sotto le due torri (dove già la movida e gli attraversamenti pedonali costringevano a gimcane) e poi nella zona universitaria, sfiorando anche la casa del succitato Prodi.
Ma per concludere: o vuoi la maratona in città, e allora devi sottostare a questi inconvenienti, oppure dovrai cercarti le maratone ariose (come le chiamano qui), dove il centro lo vedi in partenza e arrivo, e per il resto vai su caradoni di campagna venendo a patto con le auto dei locali.
5. Un’ultima considerazione la farei sulla qualità tecnica della gara: i vincitori sono figure di secondo piano a livello internazionale, quelli che a Parigi li vedresti dopo mezz’ora dai primi arrivati, a secco di prosciuttini, ma che si ritagliano un proprio circuito regionale o nazionale dove la concorrenza è scarsa, impinguando così il proprio palmares e aggiungendo qualche monetina al conto in banca (quando non sono premi in natura). A loro va bene così, e a me pure, a patto di non cadere nell'1 vale 1 equiparando un successo di un atleta a San Marino con uno a Berlino: per fortuna ci sono ancora degli organizzatori in Italia, tra i risparmiosi e i coraggiosi, che non fanno niente per favorire la presenza dei mercenari d’allevamento; e noi che indossiamo le scarpette, di conseguenza, abbiamo anche piacere di dare un cinque (o un elbow bump) al corridore della porta accanto, dal nome e cognome pronunciabile, e col quale possiamo anche scambiare due chiacchiere prima o dopo della gara.
E siamo confortati dal poter condividere le nostre impressioni sotto fiatone col vecchio compagno di gare, che magari non vedevamo in maratona dal 2019: l’esemplare presidentessa della Guglia Sassuolo, Emilia Neviani, che dopo aver ritirato tutti i pettorali della squadra al sabato, in prima persona realizzerà un fantastico 4:05 (si tratta di una signora molto giovanile, ma pur sempre del ’72); Paolo Garuti da Vignola, col quale facemmo più o meno insieme la sfortunata “maratona del trenino” con arrivo qui ai Giardini Margherita (oggi km 36) e adesso fila via in 4.12; la famiglia Malavasi, che mi stringe sempre nella morsa tra Maurito (ormai avanti delle mezzore) e Paolino che ogni tanto riesco a tenere dietro, e qui arriva con Aligi Vandelli, sassolese, che a sua volta con 4.55 è secondo degli over 75; Leo Manfrini, antico bibliotecario dell'Alma Mater, trasferito nella terra dei padri ma che a Bologna per la maratona torna a fare 4.37; Ideo Fantini il reggiano, che si vendica della medaglia d’argento regionale Uisp che gli ho scippato da poco a Correggio, rifilandomi un quarto d’ora (insomma, la graduatoria ripete quella antica del primo Ventasso, salvo che oggi non ci sono salamini per noi, costretti a competere coi sessantacinquenni); Antonino Gioffrè del Torrile, che mi fa compagnia in zona stadio ma poi fila verso il suo 4.41.
Bè, mi rimane la consolazione di arrivare mezzo minuto prima di… Stefano Baldini, mio pari età del Pontelungo Bologna, e di tanti del Passo Capponi, la gloriosa società di Alessio Guidi (lo dico a voce alta), che ha portato a correre la maratona anche a persone che non ci sarebbero mai riuscite da sole. Stiano pure nell'empireo delle riviste patinate i record mirabolanti ottenuti con le molle sotto le scarpe, ma il podismo che preferisco è questo.
Cfr. anche http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/7935-1-bologna-marathon.html
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1 commento
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Lunedì, 01 Novembre 2021 16:41
inviato da Simtheo
Spettacolo!
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