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Era stato un esordio con l’amaro in bocca quello di Yeman Crippa sui 42 chilometri milanesi nello scorso aprile. Tante speranze, buone sensazioni e poi “solo” un 2h08’57”, comprensivi di una sosta “tecnica” prima dell’arrivo. Sono passati dieci mesi e noi come lui non vedevamo l’ora della rivincita che si è concretizzata oggi a Siviglia con un quarto posto e soprattutto il nuovo record italiano: 2h06’06”. Impeccabile la condotta di gara con relativo negative split di 24” (mezza in 1h03’15”). ma non è finita qui, in quanto al termine della gara ha dichiarato quanto segue: “Qualificarmi per i Giochi era l’obiettivo di oggi, ora finalmente posso prepararmi per l’appuntamento dell’anno e posso dire che il processo per diventare un maratoneta sta cominciando. La nostra idea era di correre sotto le 2h07, senza rischiare troppo e correndo in progressione: più avanti cercherò il tempo che merito, so che posso correre molto più veloce”. 

Yeman sempre più asso pigliatutto di primati nazionali in quanto ora detiene contemporaneamente i record dei 3000, 5000 (aperto ed indoor), 10.000, 5 km, mezza e maratona.

Completamente diversa la tattica di Eyob Faniel, l’uomo che nel 2020, dopo 14 anni, aveva strappato il record al monumento Baldini, con 2h07’19”. La sua condotta aggressiva di gara lo ha portato ai 21,1 chilometri in 1h01’50”. Pagando nella seconda metà col finale di 2h07’09” che comunque è la seconda prestazione di tutti i tempi. "Mi piace sognare in grande e oggi ho dimostrato a me stesso di valere un tempo sotto le 2h05 - le parole di Eyob -. Mi sentivo bene e non volevo stare nel secondo gruppo. Poi le lepri si sono fatte un po’ ‘prendere la mano’ e hanno corso decisamente più forte del previsto. Ma fino al 34esimo era tutto sotto controllo. A quel punto ho avuto una piccola crisi ed essendo rimasto solo non sono riuscito a gestirla bene. Manca ancora qualcosina, ma se non provi a correre così non capisci mai cosa sia”

Sorprendente anche la prova del 38enne Daniele Meucci. Alla faccia di chi lo ha già mandato anzitempo in pensione, l’ingegner Meucci con condotta accorta (1h04’03” alla mezza) chiude in 2h07’49” che lo issa al sesto posto di tutti i tempi. Le sue impressioni: Il personale, per come mi ero allenato in Kenya per 40 giorni, da solo, lontano dalla famiglia, ero convinto di valerlo. Sono partito prudente con il terzo gruppo, ma poi stavo bene e ho finito forte. Leggere 2h07 era qualcosa che sinceramente mi mancava, non avevo mai fatto un tempo ‘vero’ in maratona. Gli anni? 38 è solo un numero, non smetterò finché mi diverto. Ho dato tutto, se mi portassero alle Olimpiadi sarebbe il coronamento di una carriera”.

Ecco qui l’attuale top ten, dopo la rivoluzione odierna:

2h06’06” Yeman Crippa, Siviglia 18 febbraio 2024

2h07’09” Eyob Faniel, Siviglia 18 febbraio 2024

2h07’16” Iliass Aouani, Barcellona 19 marzo 2023

2h07’22” Stefano Baldini, Londra 23 aprile 2006

2h07’35” Nekagenet Crippa, Valencia 3 dicembre 2023

2h07’49” Daniele Meucci, Siviglia 18 febbraio 2024

2h07’52” Giacomo Leone, Otsu 4 marzo 2001

2h08’02” Alberico Di Cecco, Roma 13 marzo 2005

2h08’05” Yassine Rachik, Londra 28 aprile 2019

2h08’19” Gelindo Bordin, Boston 16 aprile 1990

 

Rodolfo Lollini - Redazione Podisti.net

 

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Oggi a Berlino doveva essere la gran festa di Kipchoge e così è stato. Il miglior maratoneta di tutti i tempi ha fatto cinquina nella gara che lo ha consacrato recordman mondiale, chiudendo ancora al primo posto per il quinto anno consecutivo. Fatica chiusa dal keniano col tempo di 2:02:42 ovvero a un minuto e mezzo dal suo primato, ma pur sempre tra le prime prestazioni di tutti i tempi, l'ottava se non andiamo errati. E crono che vale come passaporto per le olimpiadi di Parigi, dove tenterà un incredibile tris di vittorie a cinquestelle, iniziate nel 2016 a Rio e proseguite nel 2021 a Tokio. Podio di tutto rispetto completato dal connazionale Vincent Kipkemoi in 2:03:13 e dall'etiopico Tadese Takele (2:03:24). Tuttavia, incredibile a dirsi, nel gran galà berlinese i riflettori non sono stati concentrati solo su re Eliud. Anzi la sua performance non è stata la notizia più importante della giornata in quanto l'etiopica Tigst Assefa ha sbriciolato il primato della keniana Brigit Kosgei (2:14:04 il 13/10/2019 a Chicago) con un superlativo 2:11:53 !!! Distacchi da tappone di montagna per le validissime Sheila Chepkirui - Kenya (2:17:49) e la tanzaniana Magdalena Shauri (2:18:41).

Sicura la cavalcata della Assefa, nell'ambito di una prova in negative split. Ecco i vari passaggi: 5 km 15'59, 10 km 31'45, 15 km 47'26, 20 km 1:02:52, mezza maratona 1h06'20, 25 km 1h18'40, 30 km 1h34'12, 35 km 1h49'41, 40 km 2h05'13. Ma chi è Tigst Assefa, potrebbero domandarsi coloro che non seguono con attenzione la specialità. L'etiopica seguita dal manager italiano Gianni De Madonna compirà 27 anni il prossimo 3 dicembre ed è nata come ottocentista, vantando un personale sotto i due minuti. Si è convertita negli ultimi anni alle gare su strada dove viaggia sotto i 31 minuti sui 10 km e ha un personale di 1:07.28 in mezza maratona. Passata di recente ai 42 km ha corso solo tre volte su questa distanza. Vincitrice l'anno scorso a Berlino, l'impressione è che con lei ci divertiremo anche in futuro... Chi invece ha avuto una giornata storta è stato il nostro Eyob Faniel che intenzionato a riprendersi il record nazionale si è fermato al 35° km.

Rodolfo Lollini - Redazione Podisti.net

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Giovedì, 12 Novembre 2020 23:32

Maratona Wolfram: non capisco, ma mi adeguo

Negli anni ottanta “Quelli della notte” è stato un programma televisivo di grande successo. Tra i molti comici lanciati dalla trasmissione, figurava anche Maurizio Ferrini. Esilarante nelle sue interpretazioni di un improbabile piazzista di pedalò oppure nei panni della signora Coriandoli. Uno dei suoi tormentoni era la frase: “non capisco, ma mi adeguo”.

Anche il sottoscritto ha deciso di prendere analoga posizione leggendo il pezzo del collega Annoscia che ci ha segnalato come “… la 17enne statunitense Tierney Wolfram che in una maratona personalizzata in California, con soli tre partecipanti, chiude in 2h31:49, stabilendo il nuovo record U19 americano” ed inoltre che “…Wolfram, studentessa presso l’Università del Nevada, ha corso insieme ai due suoi amici-colleghi universitari, Adam Sjolund e Carson Leavitt, che le hanno fatto da pacer, conducendola al record; per lei si tratta della terza maratona della carriera, con il 2h42:47 ai trial di febbraio ad Atlanta e l’incredibile 2h40:03 nel 2018, a soli 15 anni…”.

Le domande che mi vorrei porre sono le seguenti:

  • Da noi, se ricordo bene, una diciassettenne non può correre nemmeno una 10k. Negli USA a quanto pare si può correre addirittura una maratona a 15 anni (e non certo di nascosto). Quindi chi sta sbagliando e pure di grosso? “Incoscienti” negli States o “retrogradi” alla FIDAL?
  • Perché negli USA viene ratificato un record femminile in una gara mista, quando da qualche tempo la World Athletic, ancora quando si chiamava IAAF, considera solo le gare femminili? Nel caso in questione poi è stato chiaramente indicato che i due uomini erano delle lepri per la Wolfram. Quindi non una gara mista, ma un tentativo con due gregari maschi a consentirle di restare in scia, incoraggiarla e magari passarle anche la borraccia…

Come Ferrini, non capisco, ma mi adeguo.

Rodolfo Lollini – Redazione Podisti.net

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Giovedì, 29 Ottobre 2020 23:21

Maratona a 3’33” al chilometro a 60 anni

Tommy Hughes, sempre lui. Questo irlandese è una nostra vecchia conoscenza e come il vino migliora invecchiando. Circa un anno fa si era divertito a battere il bizzarro record dei tempi sommati in maratona tra padre e figlio, riuscendo a restare sotto le 5 ore totali. Il figlio Eoin, all’esordio sulla distanza, aveva chiuso la sua prova in 2h31’30”, ma ci aveva pensato l’allora cinquantanovenne Tommy con il crono di 2h27’52” a salvare la baracca per un tempo combinato di 4h59’22” come avevamo raccontato in questo pezzo.

Quest’estate, in pieno lockdown, aveva partecipato alla gara virtuale sui 5000 metri organizzata dall’EMA (European Master Association) dominando la sua categoria con un ottimo 16’09”.

Avendo compiuto i fatidici sessant’anni, poteva forse esimersi dal conquistare il record sulla distanza regina? Domanda retorica a cui Tommy ha risposto presente in occasione del Lisburn Festival of Running Marathon, in Irlanda del Nord, svoltasi nello scorso weekend e corsa solo dai top runner, categoria a cui appartiene con pieno diritto.

Risultato finale: 2h30’02”. Immaginiamo si sarà arrabbiato con se stesso per non essere restato sotto le due ore e mezza. Record mondiale SM60 sbriciolato di 6 minuti e mezzo, a fare il paio col primato della mezza, conquistato un mesetto prima: 1h11’09”, anche questo non è un errore di stampa.

Insomma questo ragazzo diversamente giovane è un fenomeno e va ancora più forte di quando partecipava alle olimpiadi di Barcellona nel 92 o del suo personale di 2h13’59”.

Vabbè, adesso Vi lasciamo ed andiamo a fare il nostro allenamento di ripetute. Senza pensare troppo al fatto che magari i nostri ritmi equivalgono o probabilmente sono peggio di quelli di Tommy in maratona.

Rodolfo Lollini - Redazione Podisti.net

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Venerdì, 07 Febbraio 2020 14:26

Maratoneti italiani: sono davvero in calo?

Attesissima e puntuale, è uscita la “Maxiclassifica” dei maratoneti italiani, allegata al numero di “Correre” di febbraio oltre che recuperabile, almeno nei dati, dal sito del mensile stesso.

Il succo del grande lavoro di raccolta è condensato nelle righe seguenti, da cui attingo.

 È sceso a 36.725 il totale dei maratoneti italiani che nel 2019 hanno portato a termine almeno una maratona (42,195 km), per un totale di 57.092 tempi. Una flessione che era già cominciata nel 2018, quando furono 37.874 i nostri connazionali finisher della distanza, in calo rispetto al record assoluto che era stato raggiunto nel 2017 con 39.460.

Il calo ha riguardato soltanto gli uomini, scesi ancora: 29.810 contro i 31.002 del 2018 (- 3,8%). Continua, invece, l’incremento della partecipazione femminile: nella stagione da poco conclusa sono state contate 6.915 maratonete contro le 6.871 del 2018 (+ 0,6%). Questa crescita della maratona italiana in rosa sta proseguendo ininterrottamente dal 2013.

New York resta la gara estera più amata dagli italiani, con 2.850 finisher; il calo rispetto al 2018 (2.983) è dovuto soprattutto all’anticipata apertura delle iscrizioni per il 2020, quando la gara vivrà la propria cinquantesima edizione;

Valencia continua ad affascinare i nostri runner: 2.013 lo scorso anno (1.870 nel 2018); Berlino (1.062 italiani), Atene (892) e Parigi (644) sono le altre destinazioni estere maggiormente gettonate dai nostri connazionali.

Presenze di italiani sono state rintracciate in 116 maratone nel mondo, che si aggiungono alle 90 disputate sul nostro territorio.

In Italia, Roma (8 aprile 2018) risulta ancora la più frequentata tra le italiane, ma è scesa a 8.820 concorrenti arrivati (ne aveva contati 11.675 nel 2018). A completare il poker delle quattro gare maggiori troviamo Firenze (24 novembre) con 7.455 arrivati (7.606 nel 2018), Milano (7 aprile), ancora in crescita con 6.303 maratoneti (5.556 nel 2018) e Venezia (27 ottobre), che ha accolto 5.369 finisher rispetto ai 4.915 della precedente edizione, flagellata dall’acqua alta.

Ovviamente – mi permetto di osservare – l’acqua alta degli ultimi 3 km non aveva inciso per nulla sugli arrivi: le iscrizioni erano state aperte e chiuse ben prima che si sapesse dell’acqua alta. Anzi, paradossalmente, il fascino esercitato dallo sguazzare in trenta cm d’acqua, oltre alla pubblicità data all’evento, ha certamente fatto da traino alle iscrizioni del 2019.
Qualche altra considerazione critica (non nel senso di ‘polemica’ ma nel senso di ragionarci sopra un po’ di più). A cominciare dal numero complessivo dei maratoneti: sono davvero calati? Risultano 1100 in meno sul 2018: ma se pensiamo agli annullamenti delle maratone di Genova e Torino, e ai quasi tremila partecipanti in meno registrati a Roma per le note incertezze organizzative, questo “calo” del 2019 va quantomeno asteriscato. E buona sorte che “Correre” assegna il ‘punto’ ai quasi 7500 che hanno completato la maratona di Firenze, misurabile in circa km 41,600: non è colpa dei podisti se hanno ‘tagliato’, ma i loro tempi andrebbero, questi sì, asteriscati.
Però, anche ammettendo il “calo”, lo circoscriverei alle maratone su asfalto, le uniche prese in considerazione da “Correre”, che continua a ignorare le ecomaratone e le maratone di montagna, sulle quali invece si stanno riversando gli interessi di tanti maratoneti stanchi di correre tra i gas di scarico o quantomeno in scenari urbani poco edificanti o comunque sempre uguali negli anni. Come segnalo da almeno vent’anni, una delle maratone più belle d’Europa, la Jungfrau di Interlaken, omologata Aims e che ogni anno fa il tutto esaurito – con molti italiani presenti – da almeno un decennio è stata tolta dalla maxiclassifica. Dove non figurano neppure ecomaratone italiche come (per dirne solo due) Alba e Cervia, la maratona sulla sabbia di San Benedetto del Tronto (e tantissime altre), mentre c’è (distrazione?) la cosiddetta maratona di Ostia, che si rivela essere la Maratombola di Castelfusano di fine dicembre: gara bella e raccomandabile, ma totalmente ‘eco’, quasi totalmente su sentieri nel bosco. Perché quella sì e le altre no?
Un’altra stranezza ritrovo nella maratona chiamata (a p. 24) “Palma di Maiorca”: almeno alcuni tempi attribuiti a podisti non si riferiscono a Palma ma alla Gran Canaria, insomma a Las Palmas (vabbè, sempre un’isola spagnola con le palme è…); mentre, piluccando sulla classifica della ‘vera’ maratona di Palma di Maiorca, svoltasi a ottobre 2019, constato nella maxiclassifica l’assenza dei risultati di vari partecipanti italiani: per dirne due a caso, Mario Polverino e Pasquale Simeone, che figurano con altri risultati. Strano, tanto più che la maratona maiorchina era stata pubblicizzata dall’agenzia storicamente legata a “Correre”, e con l’intervento del direttore stesso del mensile.
Quanto alle maratone plurime, quelle che si svolgono in più giorni consecutivi nello stesso luogo: se ad esempio le 4+10 di Orta sono distinte giorno per giorno (e in fondo, le prime 4 erano differenti per tracciato e quasi sicuramente per lunghezza l’una dall’altra), le 8 di Rieti non lo sono, e dunque lo stesso atleta si trova accreditato di tempi diversi nello stesso luogo, senza distinzione.

Posti questi limiti, i dati della Maxiclassifica sono una miniera che offre spunti pressoché infiniti. Credo che il più ‘gettonato’ (come si dice oggi nonostante i gettoni siano spariti da decenni) sia quello del “chi ne ha fatte di più?”, evidenziabile a colpo d’occhio su “Correre” dalla lunga striscia bianca sotto il nome del singolo pluricorridore. E tornando alle origini del Club dei supermaratoneti italiani, che le sue classifiche interne le compilava a partire dalla maxiclassifica più aggiunte individuali (restò clamoroso l’anno della falsa attribuzione del record all’ignaro Sante Facchini), sono andato a vedere le graduatorie online (molte e preziose) del Club stesso, il cui presidente Paolo Gino figura nella maxiclassifica con 25 gare, diciamo così, “asfaltate” (incluse due Rieti-chissà-quali), ma nella classifica del Supermarathon Italia (che non distingue per il fondo stradale, e comprende le ultramaratone e le gare a tempo, 6 ore ecc.) è accreditato di 46.
A occhio, spiccano per numerosità nella Maxiclassifica i componenti del Club (anche se non mi sono preso la briga di contare una per una le ‘tacche’ di tutti su “Correre”): per curiosità, do tra parentesi le cifre risultanti dalle graduatorie 2019 del Club, che approssimativamente raddoppiano, o quasi, i numeri di “Correre”. Il primo dovrebbe essere ancora il milanese Vito Piero Ancora (53 maratone per “Correre”, 92 all inclusive), seguito dal rubicondo toscano Massimo Morelli (65), dal maresciallo ‘trombettiere’ forlivese Lorenzo Gemma (58), dal veneziano di San Donà Elvis Tasca (55), dall’anconetano Fernando Gambelli (54).
La Lombardia primeggia anche tra le donne, con “Carlotta” Gavazzeni (57) seguita da Giulia Ranzuglia (53, con uno strepitoso ancorché asteriscabile 3.45 a Firenze) e da Carolina Agabiti (47 gare). Non facendo parte del Club, non entra nelle classifiche annuali la barlettana Angela Gargano, cui “Correre” attribuisce 29 maratone, ma saranno qualcuna in più (risultavano in tutto 937 al 30 giugno 2019 secondo le statistiche mondiali ‘giapponesi’; chissà che il 2020 non segni il raggiungimento delle mille, cui Ancora è già arrivato da tempo).
Se però dalla quantità di maratone passiamo alla qualità, le statistiche di “Correre” sono impietose: nessun maratoneta italiano figura nei primi 100 del mondo; il record stagionale di 2.08:05 è al di sopra del ‘peggior’ tempo registrato al mondo. Va meglio per le donne, ma il 2.24 della Dossena (che le vale il 65° piazzamento planetario) è isolatissimo, stando a cinque minuti sopra del secondo tempo femminile.
E si fa presto a capire perché: i maratoneti di trent’anni fa continuano a correre, ma come Petrarca vanno “misurando a passi tardi e lenti”, sempre più, i tracciati che una volta discendevano con orgogliosa sicurezza: intravedo una sola eccezione che coniuga quantità e qualità, l’astigiano Alessandro Ponchione, 55 anni, e 37 maratone nel 2019, a partire da un 3.15 a Padova, chiudendo con un 4.01 nella maratona collinare di Suviana. Ma dietro i veterani, si scorgono ben pochi under 30.
E meno male che ci sono i ‘nuovi italiani’: tra i migliori 7 della graduatoria 2019, abbiamo due Yassine (primo e terzo!), un Eyob e un Ahmed; i due migliori con cognomi nostrani, Meucci e La Rosa, stanno compiendo 35 anni, e l’unico giovanissimo appare Alessandro Giacobazzi, non ancora ventiquattrenne. Notare che nei primi cento ci sta Gianni Bortolussi, classe 1969.
Tra le donne, si diceva, staccatissima in alto la Dossena, che viaggia verso i 36 anni e comunque ha fallito l’appuntamento mondiale; a cinque minuti, la Epis (32 anni), poi la Straneo (44) e la Bertone (48). Prima under 30, Sara Brogiato, un pelino sotto i 2.37. Ma nelle prime 30 ci stanno Salvatori e Moroni (coetanee della Bertone), e Claudia Gelsomino classe 69; del ’71 è l’avvocata Monica Carlin, 56^ in Italia. La Bertone è anche l’unica italiana detentrice della miglior prestazione mondiale ed europea delle F 45 col suo 2.28 di Berlino 2017.
Nell’attesa dei giovani, consola vedere la ‘resistenza’ delle generazioni anteriori, i cui migliori sono estrapolati nelle graduatorie “age group” di pp. 12-18 (con la perdonabile distrazione della sigla M appioppata anche alle gentildonne). Le nostre portacolori in azzurro sono dunque distribuite nelle fasce d’età: prima la Brogiato nelle under 30, la Epis nelle F 30, la Dossena nelle F 35, la Straneo nelle F 40, la Bertone nelle F 45 e la Gelsomino nelle F 50, col suo tempo conseguito tre mesi fa; ma se andiamo più in su con le età, troviamo le gloriose Navacchia e Del Ben che sopravvivono ancora nelle graduatorie F 55-60-65, con prestazioni ormai stagionate.
“Doppio record” stagionale, per dir così, assegnato a Franca Monasterolo: il suo 4.48 di New York 2019 la issa in testa alle F 75 a pagina 20; il tempo però manca all’elenco alfabetico di p. 60, ma a pagina 14 è compensato dal primo posto tra le “M 75” grazie al 4.45 di Ravenna (stavolta confermato).
Tra gli uomini, risulta ancora primatista europeo degli M 60 il ligure Luciano Acquarone, ora novantenne, per una prestazione realizzata nella non più esistente maratona di Asti, 34 anni fa; Acquarone conserva i record italiani anche per le categorie dalla M 55 alla M 75; mentre per le M 80 e 85 troviamo ai vertici europei il carpigiano Antonio Caponetto, classe 1931, che però nel 2019 non risulta accreditato di nessuna prestazione sui 42 km. A dire la verità (lo dico da testimone oculare) Toni ha corso il Passatore, ma alla simbolica striscia dei 42,195 sulle rampe di Razzuolo non c’era nessuno a cronometrarlo, e “Correre” quest’anno, a differenza di annate precedenti, non sancisce questi tempi di passaggio. Ma nel 2021 obbligheremo Toni a correre una 42 asfaltata da M 90, e il record non mancherà, e con esso la prenotazione per una statua da collocare nel monumento a Dorando Pietri sito alle porte di Carpi.

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Venerdì, 24 Gennaio 2020 17:47

Maratona: tempo limite 4 ore

L’altro giorno stavo guardando il profilo facebook dei Road Runners Club Milano, la società che se non sono cambiate le cose, vanta il maggior numero di tesserati FIDAL Master a Milano e presumibilmente in tutta la Lombardia. Una foto raffigurava un quadro appeso nella storica sede di via Canonica. Il manifesto pubblicitario dell’ottava edizione della Maratona d’Inverno che si correva nel parco di Monza. Immagine ripresa in apertura di questo pezzo. Anno 1979. Quanti paragoni con la situazione attuale. Dalle modalità di comunicazione nel mondo senza internet. Ai metodi di pagamento con vaglia postale. Alle arcaiche procedure d’iscrizione. Al costo: 3000 lire, pari a circa 9 €, compresa la rivalutazione. Ai gadget: medaglia e diploma per tutti. Niente capo tecnico. Tecnico cosa? Niente foto. Immaginiamo anche i servizi accessori. Spogliatoi, docce, massaggi ecc ecc. Molto probabilmente assenti. Ma in tutto questo contesto c’è un’informazione che ci fa pensare. Il tempo limite. Quattro ore. Anzi se guardate bene la foto erano quattro e mezzo, ma poi il manifesto è stato corretto con il “bianchetto”.

Insomma, dopo quattro ore tutti a casa. Chi non ce la faceva, probabilmente arrivava che il traguardo era già stato smontato ed i giudici sulla via del ritorno a casa. Ma in quanti non riuscivano? Pochi. Perché tutti andavano molto forte. Rammento che il mio coach Loris Pagani, mi raccontava che facendo il suo personale alla maratona di Cesano Boscone (MI), 2 ore e 37 minuti, arrivò attorno al centesimo posto. D’accordo che allora la Milano Marathon ancora non esisteva e Cesano era un’appuntamento importante, ma averne cento davanti. Adesso con quel tempo in qualche gara minore rischi di salire sul podio e di certo tra gli italiani puoi finire tra i premiati.

Torniamo alle quattro ore di tempo limite che per motivi commerciali si è allungato a dismisura. Se guardiamo in casa nostra ad esempio a Roma e Milano da qualche tempo siamo a sei ore e mezzo che corrisponde a 6,5 km/h oppure oltre 9 minuti al chilometro. Una passeggiata veloce. A New York dove sono dei maestri a livello commerciale, se abbiamo letto bene si arriva a otto ore e mezzo. Meno di 5 Km/h. Ho fatto la maratona di NY! No, hai fatto la lunga passeggiata del turista. Forse sarebbe il caso di stabilire il confine che esiste tra fare e correre una maratona.

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Quasi quattordicimila appassionati hanno partecipato al referendum indetto per la 15^ volta dall’egregio magazine tedesco Marathon4you.de per scegliere le migliori maratone dell’anno 2019 nell’area germanofona.

https://www.marathon4you.de/voting/

Si afferma per la sesta volta consecutiva, con oltre 1100 preferenze dei podisti, il Rennsteiglauf, molto più di una maratona annoverando distanze varie, dai 75 e 42 km delle due gare principali (che partono rispettivamente da Eisenach, la città natale di Bach, e da Neuhaus, nel Land di Sassonia) fino a gare più brevi, per concludersi nella pittoresca conca collinare di Schmiedefeld, dopo percorsi quasi totalmente boschivi. E’ una corsa-fedeltà, dato che molti dei votanti hanno confessato di averla corsa già 25 volte!

Invariato anche il secondo posto di Francoforte, sempre molto amata dai podisti per la comoda collocazione delle infrastrutture, il percorso appassionante e lo spettacolare arrivo tra luci tecno nella Festhalle.

Risale alla terza posizione Berlino, sorprendentemente solo quinta l’anno prima; ma questa è una classifica ‘dal basso’, che evidentemente non tiene conto dei tanti record che semmai interessano ai toprunner, e nemmeno del numero di partecipanti, che invece determina le classifiche ‘oggettive’, tecniche, i vari metalli pregiati con cui si contraddistinguono.

Scende dal terzo al quarto posto (e al primo tra le non tedesche) la maratona della Jungfrau, con partenza dalla svizzera Interlaken e arrivo a quota 2100, in uno scenario senza pari e con una organizzazione semplicemente perfetta: è questo che procura i voti degli amatori.

Da notare che il vertice della graduatoria mette insieme una maratona extraurbana-collinare, due totalmente cittadine e una di alta montagna, senza distinzioni ‘puristiche’.

La quinta e sesta posizione tornano alla Germania, con la relativamente piccola Hannover (sesta l’anno prima) e la frequentatissima Amburgo (scivola al 12° posto Colonia, quarta nel 2018); conferma il settimo posto la svizzera Lucerna (che ci siamo permessi di segnalare anche noi)

http://podisti.net/index.php/cronache/item/5169-lucerna-ch-13-swiss-city-marathon-la-corsa-rende-felici.html

mentre sale all’ottavo posto la 42 del Lussemburgo.
Quale prima austriaca (15^ assoluta) si conferma la maratona del Danubio di Linz, seguita come l’anno scorso da Salisburgo.

Le classifiche “di specialità” continuano a regalare soddisfazioni all’Italia tra le maratone di montagna: invariato il ‘podio’, rimane terza la maratona di Bressanone (20^ nella classifica generale) dopo l’inarrivabile Jungfrau e la bavarese Allgäu; seguono la Karwendelmarsch (una 52 km a sud di Monaco), la spettacolare Zermatt e al sesto posto, come già nel 2018, la maratona dello Stelvio.

D’altro genere è la classifica delle maratone elaborata (come già nel 2018) dal meritorio sito toscano Marathonworld.it, che si basa su dati oggettivi, cioè (cito):

- La media temporale dei primi 10 arrivati della gara maschile, alla quale viene attribuito un valore che pesa per il 35% sul punteggio totale del ranking
-La media temporale delle prime 10 arrivate della gara femminile (35%)
-Il numero di arrivati della gara (20%)
-Il numero di edizioni disputate (10%)

 Ad ognuno dei 4 dati è assegnato un punteggio che viene poi sommato e ricalcolato in base alla rispettiva percentuale di riferimento.

Si tratta dunque di una classifica, in un certo senso, quantitativa per il 30%, e qualitativa per il resto, fondata cioè sulla qualità dei primi arrivati: non siamo dunque lontani dai parametri con cui la Fidal assegna le qualifiche oro-argento-bronzo, e dunque è inevitabile che nei primi posti ci siano le 42 italiane più partecipate, e ovviamente le più ricche, tali cioè da permettersi di ingaggiare i top.
Ai primi quattro posti troviamo nell’ordine, infatti, Roma (736 punti), Firenze (720), Milano (691), e con un distacco più sensibile Venezia (605).
Le maratone delle città non capoluogo regionale incalzano, con l’ascesa non sorprendente di Ravenna, quinta con 559 punti, solo 3 in più di Padova sesta. I tempi dei finisher sono migliori per Padova, ma i quasi 800 arrivati in più fanno pendere la bilancia a favore dei romagnoli.
Settima è Reggio Emilia (538 punti), che precede quanto ad arrivati ma è penalizzata (pensate un po’) dalla mediocrità dei tempi femminili. Ottava “di stima” (come si diceva una volta) la maratona di Torino, in virtù dei risultati degli anni antecedenti, incalzata da altre due ‘provinciali di lusso’ come Pisa e Verona.
Che precede Treviso grazie al maggior numero di arrivati; mentre al 12° posto troviamo la prima maratona di una città non capoluogo di provincia, Russi, che in questa graduatoria speciale tiene a distanza la Collemar-athon Barchi-Fano e la Verdi Marathon Salsomaggiore-Busseto: tre splendide realtà di provincia che negli anni mantengono invariata la loro attrattività. Molto indietro due illustri decadute, il Lago Maggiore (23^) e Ferrara (26^), appena davanti alla più antica, il Mugello, forte di 46 edizioni ma di soli 264 arrivati, meno delle giovani Alzheimer (con arrivo a Cesenatico) e Navigli (Abbiategrasso).

Due classifiche diverse ma da tener presenti entrambe, per chi volesse programmare una partecipazione un po’ fuori dagli “influencer” soliti.

 

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Se per molti runner completare la maratona, specialmente all’esordio è già di per se stesso un successo, il passo successivo è quello di battere dei limiti cronometrici, come quello delle cinque ore. Ed è quello che hanno fatto lo scorso 25 Ottobre Tommy ed Eoin Hugues alla maratona di Francoforte. Col piccolo particolare che il limite di cinque ore è stato infranto sommando i tempi dei due atleti!

Il 34enne Eoin, all’esordio sulla distanza, ha chiuso la sua prova in 2h31’30”. Per fortuna Tommy, il vecchio padre con 59 primavere alle spalle, una partecipazione alle olimpiadi ed un personal best di 2h13’59” ci ha messo una pezza fermando i cronometri a 2h27’52”. Il loro tempo combinato di 4h59’22” è il nuovo “record” mondiale per il tempo di maratona padre-figlio più veloce, battendo il precedente limite di 5h02’12”.

Complimenti vivissimi alla famiglia Hugues, peraltro non nuova a queste imprese, in quanto già detentori dell’analogo primato sulla mezza maratona.

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A qualche giorno dall’impresa di Eliud Kipchoge a Vienna, vorremmo tornare sulla corsa di sabato con un commento, sebbene non autorizzati da tutti, perché ad esempio Orlando Pizzolato, sul suo profilo facebook scrive: “…credo che sulla sua impresa possano esprimersi con diritto solo coloro che sanno cosa vuol dire correre al ritmo che ha corso lui per 42km”. Io purtroppo ho corso proprio lo stesso giorno un 200 metri, peraltro in gara minore, ma ufficiale. Ed il ritmo è stato praticamente lo stesso. Quindi mi mancherebbero ancora 42 chilometri. Però scarsi... Ciononostante, mi avventurerò in questo scritto.

Il migliore e il primo a poterci provare. Che a nostro opinabile avviso, Kipchoge sia il più bravo in circolazione e forse il miglior maratoneta di tutti i tempi, lo sosteniamo, crono e palmares alla mano, da tempi non sospetti, come potete leggere in questo pezzo dell’anno scorso. Quindi se c’era qualcuno in giro che avesse il “diritto” di provarci era proprio lui.

Entusiasmante. Anche lo spettacolo è stato molto interessante e coinvolgente. Dalla location scelta, alla cornice di pubblico, passando per il perfetto balletto dei cambi terminando, in ordine d’importanza crescente, per la prestazione atletica, condita da uno stile impeccabile. Di lepri, scie ed altro parleremo dopo, ma in assoluto pensiamo di aver assistito a due ore entusiasmanti per chi ama la corsa.

Incontrollato. Qui veniamo alle dolenti note. Mentre almeno a Monza, durante il primo tentativo nel 2017, la gara si era svolta sotto l’egida della FIDAL e con Giudici presenti, qui temiamo non ci sia stata neanche l’ombra di IAAF, Federazioni o quantomeno di un ente terzo a controllare. Abbiamo navigato su tutto il sito https://www.ineos159challenge.com/ per trovare qualche riscontro, ma senza successo. Quindi niente giudici, niente controllo antidoping, nessuna omologazione del percorso, con successivo ricontrollo della distanza quando si verifica un record. Niente di niente. Per carità, siamo tutti onesti, tutti garantisti, tutti in buonafede, ma quando la figura del controllore e del controllato si fondono, noi non ci sentiamo a nostro agio. 

Incomparabile. E’ possibile comparare questa impresa con il record mondiale di 2h01’39”, peraltro detenuto dallo stesso Kipchoge? Assolutamente no e non solo per la mancanza di giudici, ma per le stesse irregolarità che avevano invalidato la prova di Monza: un esercito di lepri che si alternavano davanti e poi si riposavano a bordo pista, una vettura con il cronometro probabilmente troppo vicina, indicazione laser del ritmo da seguire, rifornimenti volanti e di sicuro ci siamo dimenticati qualcos’altro. 

Irripetibile. In assenza di regole e di controllo, la prova risulterà irripetibile. Certamente Kipchoge o altri, insieme al munifico sponsor, possono riprovarci, anche se probabilmente il keniano nel 2020 è più interessato al bis olimpico. Il problema è che senza regole e controllori, chi non ci dice che la prossima volta l’auto cronometro, ma anche frangivento, non stia un metro più vicina? Che al posto di 41 lepri (35 più riserve) in squadre di 7 non si passi a 80? Che invece di partire da un cavalcavia su un ponte, guadagnando di sicuro qualcosa rispetto alla piatta Monza, non si parta da più in alto. Magari si riprova a Torino, partiamo da Superga e ci spariamo 300 metri abbondanti di dislivello. E non provate ad evocare regole non scritte e nemmeno controllate sabato scorso.

1h59’40”: entusiasmante, incontrollato, incomparabile, irripetibile.

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Lunedì, 23 Settembre 2019 11:14

Mugello trafficato ma bello

Borgo S. Lorenzo (FI) - Si è svolta ieri, domenica 22 Settembre, la Maratona del Mugello, gara che vanta una buona tradizione, essendo giunta alla sua edizione numero 46. Andiamo subito al risultato tecnico con la vittoria di Carmine Buccilli dell’Atletica Santa Marinella in 2h2838”, con largo margine su Abdelilah Dakhchoune (GS Maiano) e Matteo Lucchese (AVIS Castel San Pietro) giunti ad oltre 13 minuti.
Quinta assoluta e prima tra le donne Federica Moroni (Golden Club Rimini) che ha chiuso in 2h55’17”. Anche qui ben distanziate le prime avversarie, ovvero Sonia Ceretto (Maratoneti Tigullio) in 3h20’06” e Marta Doko (GS Lamone i 3h 37’ 41”.
Per tradizione, il programma della manifestazione offre sempre anche un'altra opzione, la cui distanza nel corso degli anni è variata dalla maratona alla mezza, diciamo così, abbondante. Per il 2019 fissata in 24 chilometri. Numeri pressoché gemelli di partecipanti, in quanto a concludere la gara sono stati 264 agonisti in maratona e 263 nel percorso più breve (vinto da Massimo Mei in 1h25'14 e da Teresa D'Amico in 1h 53'08).

Tra questi ultimi abbiamo intervistato una nostra vecchia conoscenza, Armando Bertolasi (2h 26'43), buon maratoneta emiliano che ha già viaggiato e corso con Podisti.net a Boston: “La gara mi è piaciuta molto. Ho trovato un po’ di saliscendi che mi sarà utile visto che sto preparandomi alla trasferta ad Atene. Percorso piacevole, panorami sempre belli. Il tracciato è presidiato ad ogni incrocio dai volontari che hanno fatto un ottimo lavoro. Peccato che si corra su strade aperte al traffico ed infatti mi è capitato di vedere anche qualche faccia-a-faccia poco piacevole tra concorrenti ed automobilisti, fortunatamente senza conseguenze. Alla fine mi sono gustato un ottimo ristoro e fatto la doccia presso una vicina struttura,  servita anche da un servizio navetta, per i più stanchi. Ottimo lungo, solo un appunto, i chilometri in realtà erano 25 abbondanti, ma va bene così. Ci ritornerò”.

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Si arricchisce di un’altra puntata il caso Calvin: la maratoneta che ha un rapporto, diciamo così, conflittuale con l’AFLD, acronimo di "Agenzia Francese per la Lotta contro il Doping", che ieri 29 aprile  l’ha nuovamente sospesa in attesa di ulteriori accertamenti.

Per chi non la conoscesse, non stiamo parlando di un amatore o di una runner di medio livello. La francese è un'atleta di punta della nazionale d’oltralpe, vantando al suo attivo due argenti europei sui 10000 (nel 2014) e maratona (Berlino 2018), distanza nella quale detiene il record nazionale con 2h23’21”. Tempo ottenuto proprio in occasione della recente maratona di Parigi.  Già sospesa temporaneamente all'inizio di aprile, l'atleta è stata poi autorizzata dal Consiglio di Stato a correre la gara lo scorso 14 aprile per un cavillo procedurale (non era stata 'sentita' ufficialmente dall'AFLD, il che è avvenuto solo lo scorso martedì 23).

Il “casus belli” tra AFLD e la Calvin risale allo scorso 27 marzo a Marrakech. Nel contesto di una situazione abbastanza grottesca, se si pensa che nelle precedenti settimane la Calvin aveva modificato quotidianamente i suoi recapiti nel programma software di reperibilità che i top runner devono mettere a disposizione per poter essere controllati.

La due versioni dell’accaduto sono contrastanti. Secondo il presidente di AFLD Dominique Laurent, la Calvin ed il marito nonché allenatore Samir Dahmani, anch'egli atleta internazionale francese ("mezzofondista dalle prestazioni in crescita mirabolante", l'ha definito Marco Bonarrigo) sono fuggiti al controllo. Quando hanno visto avvicinarsi gli agenti dell’AFLD che si sono qualificati, sono scappati tra i vicoli della cittadina marocchina, facendo perdere le loro tracce. In una scena che ricordava il più classico dei film d’azione o meglio una spy-story. Per questo ostacolo al controllo, adesso i due rischiano 4 anni di sospensione e la cancellazione dei risultati ottenuti.

L’altra campana è quella di Clémence Calvin che si dichiara una vittima della vicenda. L'atleta denuncia la violenza del direttore dei controlli dell'AFLD Damien Ressiot, precisando come i controllori non si siano presentati come tali. Accuse respinte al mittente da parte degli interessati, che appunto in previsione della replica hanno documentato l'avvenuto mediante una telecamera. Ciò farebbe scattare l'accusa di «mancato controllo», che per la legge sportiva francese equivale alla positività.

Intanto, il presidente della Federazione francese di Atletica, André Giraud, ha annullato uno stage di allenamento federale a Ifrane in Marocco (dove appunto soggiorna abitualmente la Calvin) "tenuto conto dei sospetti su questa località" in relazione a pratiche di doping.

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Domenica, 31 Marzo 2019 19:40

La 6^ Rimini Marathon incorona Mohamed Hajjy

31 marzo - Ai romagnoli, maestri di business e campioni d’ospitalità, non poteva certo sfuggire una ghiotta occasione per popolare la riviera fuori stagione, ammesso che una 'fuori stagione' sia rimasta. Ecco quindi nascere, già da alcuni anni, la Rimini Marathon, con il consueto ed opportuno corollario di gare di contorno. A cominciare dal sabato 30 Marzo, con la Kids Run. Giretto da un paio di chilometri per i ragazzi delle classi elementari che metteva in palio premi per circa 3000 euro in buoni per cancelleria alle scuole più numerose. Per passare alla domenica mattina con Family Run sugli 8km e la Ten Miles, 16km abbondanti, entrambe non agonistiche.

Alle 9.30 è scattata la maratona, con un percorso che ha privilegiato il lungomare in direzione sud, quasi fino a Cattolica e ritorno. Buona l’organizzazione, con il Palasport Flaminio a fare da struttura portante per servizi vari e e spogliatoi. Va  inoltre segnalato che gli oltre settantamila tra bicchieri, piatti e buste che sono stati distribuiti erano realizzati in materiale compostabile e biodegradabile.

Venendo ai risultati tecnici, col tempo di 2h23’05” s’impone Mohamed Hajjy dell’Atletica Castenaso, che stacca di quasi 5 minuti Youness Zitouni (ASD Pod Il Laghetto) e di quasi 9 Elia Generali, compagno di squadra del Castenaso. Prima tra le donne Josann Attard Pulis (MLT Starmax) col crono di 2h53’12”, argento per l’atleta di casa Federica Moroni (Golden Club Rimini) in 2h56’02” e terzo posto per Francesca Bravi (grottini Team), anche lei sotto le 3 ore con 2h59’34”.

Come da premesse iniziali, ancora di più in questi casi è importante il riscontro numerico. Molto positivo.  Nella Ten Miles si è passati dai 1034 arrivati dell’anno passato a ben 1460. Ottimo exploit anche sulla distanza regina, con 1851 concorrenti che hanno oltrepassato la finish line dei 42 chilometri, compresi i concorrenti della maratona in carrozzina che ha visto la vittoria di Simone Baldini e Giulia Campani. Se si pensa che il totale del 2018 era stato pari a 1442 arrivati, si capisce bene come questa manifestazione sembra abbia tutti i numeri per migliorare ancora la sua posizione nel ranking nazionale. Contando anche le altre gare, gli organizzatori hanno dichiarato di aver raggiunto un totale di circa 10000 presenze.

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Giovedì, 31 Gennaio 2019 14:10

A soli 17 anni ha già corso 100 maratone

L’immagine che vedete, raffigura Calix Fattmann insieme al padre Ken a fianco dell’albero di Natale presso la loro casa di Springfield negli Stati Uniti. Se fate caso, le decorazioni dell’albero non sono quelle tradizionali. Si tratta delle medaglie relative alle 97 maratone corse da Calix a quel tempo. Quota 100 è stata raggiunta dal diciassettenne il 29 Gennaio scorso ad Ozark, in Missouri.

Calix è stato adottato appena nato da Ken, un runner con oltre 375 maratone al suo attivo. “Mi sono interessato alla corsa fin da piccolo”, ha dichiarato il neo recordman; “A quattro anni mio padre (N.d.R. single) mi ha portava sulla pista del college quando si allenava e vederlo correre ha fatto venire voglia anche a me”. In realtà Calix ha visto il padre correre sul tapis roulant già a pochi mesi.

"Ho fatto il mio primo 5000 a soli cinque anni, e quando ne ho compiuti dieci, ho detto che volevo fare i mie primi 10k. In realtà sono andato dritto alla mezza maratona.” ha spiegato Calix. Arrivato a quota 52 mezze, a meno di 13 anni è passato alla maratona anche se non disdegna le gare scolastiche in pista e cross, sebbene sia molto lento su queste distanze. In effetti la sua maratona più veloce l’ha corsa in 3h44’, mentre il suo personale sul miglio è pari a 5’23”. Non si sa quanto tali risultati siano dovuti alle caratteristiche dell’atleta e quanto al fatto di macinare solo tanti chilometri lentamente, aggiungiamo noi. Poi ci sarebbero tante altre considerazioni, ma per questo lasciamo spazio ai nostri lettori.

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Chi si ricorda di Muttley? Uno dei personaggi dei cartoni animati della serie "Dastardly e Muttley e le macchine volanti", noto anche come Lo squadrone avvoltoi. Una serie televisiva prodotta nel 1969 da Hanna-Barbera e poi riproposta tante volte sul piccolo schermo. Muttley era il cane nonché assistente del pilota Dastardly, sempre alla ricerca di un premio per le sue imprese, e che il doppiaggio italiano rese famoso per il tormentone: “medaglia, medaglia, medaglia!”
Di certo lui non la prenderebbe bene se scoprisse che l’organizzazione della London Marathon non intende consegnare alle guide il riconoscimento più classico per un maratoneta. Questa la denuncia di Giulia Cannarella dalle colonne del Corriere della Sera, che riprende l’insoddisfazione di tanti runner sui social media. In molti hanno scritto al patron di Virgin Richard Branson e si stanno anche organizzando per autotassarsi e comprare le medaglie. In realtà sembra che nelle edizioni precedenti la prassi invalsa sia stata quella di consegnare anche agli accompagnatori degli ipovedenti la medaglia che spetta a tutti i finisher.

Nel frattempo ha fatto sentire la sua voce anche l’equivalente inglese della nostra Unione Italiana dei Ciechi ed Ipovedenti, il Royal National Institute of Blind People che ha chiesto chiarimenti. Hugh Brasher, Event Director della corsa londinese ha dichiarato che tutti i partecipanti che hanno bisogno di una guida potranno iscriverla gratuitamente alla gara e che agli accompagnatori sarà consegnata pettorina, sacco gara e la maglietta. Le risposte fornite dall’organizzazione non sono state comunque considerate soddisfacenti e sembra che presto ci sarà un auspicabile ripensamento.
Va sottolineato che se da una parte sembra abbastanza strano che una maratona milionaria si perda in queste sciocchezze che implicano una spesa veramente limitata, visto il numero di accompagnatori ed il valore delle medaglie stesse, da un altro lato vanno certo evitati strani fenomeni come quelli dove il non vedente alla fine misteriosamente non partecipa e l’accompagnatore corre gratis la gara...

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Venerdì, 23 Novembre 2018 22:21

Abuso di maratona

Stavo programmando di scrivere questo pezzo quando l’email mi ha scaricato l’articolo “Maratona, maratona, maratona e domani farei un’altra maratona” firmato per Endu da Andrea Toso . In realtà non volevo parlare esattamente di quest’argomento, cioè “quante maratone è opportuno fare in un anno?”: quando cominciai io – il passato remoto è d’obbligo – i sacri testi dicevano 2 o 3 l’anno, e infatti il primo anno ne corsi due, il secondo tre, il terzo volli testarmi correndone sette; poi, una volta liberatomi di tutti i malanni all’apparato locomotore (o almeno tenutili sotto controllo, imparato come si curano o si prevengono) mi sono assestato sulle 10-12 l’anno.

Molte per il “comune sentire” e per tecnici seri come Maurizio Lorenzini, pochissime per la prassi dei cosiddetti supermaratoneti, che non hanno più paura nemmeno delle cento maratone l’anno; tant’è vero che ogni anno perdo posizioni nella classifica annuale di “chi ne ha fatte di più”. A fine 2010 ero 25° assoluto, ma alla fine dell’anno scorso sono scivolato al 34° posto, perché i miei miserabili 655 km percorsi in un anno, in 15 occasioni diverse (sono conteggiate anche le ultramaratone) mi collocano a un miserabile 149° posto stagionale, davvero un’inezia rispetto alle 84 e 61 maratone totalizzate dal primo uomo e dalla prima donna italiana.

Ai quali (senza far nomi), e ai loro ‘simili’ si riferisce Toso (cui la Maxiclassifica cartacea assegna una sola maratona nel 2016 e nessuna nel 2017), con queste parole: “forse, collezionano patacche e pettorali per numerare le maratone, ‘ne ho fatte 100, sono a 115 tra maratone e ultra’ è la tipica sentenza, e noi ne rimaniamo un [sic]  inizialmente ammirati, fino a sentire i cronometri da ritmo shopping. Tacche sul fucile…. ma certe distanze diventano dannose al nostro organismo, in radicali liberi, danni muscolari e traumi al sistema scheletrico. Le endorfine sono la droga naturale del nostro organismo e come da battuta costano meno di uno psicologo, ma tra scarpe esauste viaggi ed iscrizioni esiste forse un bilanciamento”.

Lascio impregiudicato il quesito (anche se non dubito di come la pensi Lorenzini): io però, conoscendo molti di questi supermaratoneti, parecchi dei quali più anziani di me, li vedo nonostante tutto sanissimi: c’è addirittura un medico ortopedico/fisiatra, più vecchio di me, che in carriera ho sempre battuto, finché lui ha compiuto 70 anni, e da allora mi arriva quasi sempre davanti.

Mentre i danni scheletrici, le carriere troncate per esaurimento di menischi e così via, le ho constatate, in quasi mezzo secolo che bazzico questo mondo, non tanto nei supermaratoneti (sì, due o tre sì, ma non di più), quanto piuttosto in quei giovanotti assatanati dei 3:30 a km, delle mezze corse sotto l’ora e dieci, dei trail fatti zompando in discesa da un sasso all’altro. Lo storico recordman delle maratone, Beppe Togni, correva ben oltre gli 80 anni, si può dire fino alla morte, come fa adesso il carpigiano Antonino Caponetto (lunga vita: l’ultimo nostro ‘scontro diretto’, alla fu-maratona di Carpi, si è risolto a suo favore!).

Ovviamente diverso è il discorso tecnico: se correre una maratona in 4 ore e mezzo sia “ritmo shopping” come scrive Toso (che nella sua ultima maratona ha fatto 3.59:28, giusto come feci io nella mia prima, quando non ne sapevo niente), e se dobbiamo lasciare i 42 km solo a quelli sotto i 4 minuti a km, per far regredire il mondo del podismo ai tempi che i campionati italiani li vinceva Antonio Ambu su un lotto di 50 partecipanti, è una questione (scriveva Manzoni in una parte dei “Promessi sposi” che poi cancellò) sulla quale non ardisco esprimermi.

Ma, come dicevo, l’articolo di Toso è solo un accessorio (un accidente, direbbero i filosofi aristotelici e i neogrammatici) rispetto al tema “abuso di maratone” suggeritomi dall’articolo, stavolta ‘nostro’, di Rodolfo Lollini sull’ultramaratona, per l’esattezza la 24 ore, corsa su tapis roulant in Norvegia e terminata col record mondiale http://www.podisti.net/index.php/notizie/item/2878-record-mondiale-su-tapis-roulant-264-km-in-24-ore.html

Un paio d’anni fa avevo assistito, in anteprima alla maratona di Reggio, a una ‘impresa’ analoga, non so se coronata da qualche Guinness come usa dire; record che comunque era stato superato nel 2017 da un Luca Turrini che l’aveva conseguito addirittura a Sidney. Turrini è di Bovolone (VR), località dove una volta ho corso una maratona: adesso la maratona non la fanno più, e allora i bovolonesi si sfogano sul tapis roulant? L’anno scorso mi era poi capitato di assistere a un paio delle 60 maratone consecutive che un nostro vecchio amico, Daniele Cesconetto, ha corso su tapis in prossimità della maratona di Conegliano: siccome l’aveva fatto per beneficenza, avevo commentato “a parte il Guinness dei primati (che mi lascia piuttosto scettico, specie da quando c’è anche chi fa la maratona palleggiando con due palle da basket), è una iniziativa da elogiare”.

Vedo che la moda comunque si diffonde, e addirittura diventa oggetto di scrittura, diciamo così, d’autore: sulla “Lettura” del Corriere della sera di domenica scorsa, 18 novembre, un articolo di Daniele Giglioli (un po’ troppo difficile e raffinato per i miei gusti sempliciotti, ma non per i salotti d’alto bordo dove le  professoresse con l’erre moscia fanno perlomeno finta di capire) tira la volata al romanziere e maratoneta  Mauro Covacich (peraltro assente dalla citata maxiclassifica dei due ultimi anni), di cui presenta una raccolta  di quattro romanzi come “caparbio esperimento di autofinzione in cui il narratore si è fatto anche performer”.

A spiegare meglio (diciamo così): “Covacich stesso si è fatto performer correndo i quarantadue chilometri e rotti della maratona (specialità cui è dedito il suo personaggio Dario Rensich) su un tapis roulant, una performance intitolata non a caso L’umiliazione delle stelle”: che non è uno dei quattro romanzi ristampati ma, come leggiamo da una didascalia a parte, una “video/audio-installazione”, da cui è tratta l’immagine raffigurante  - suppongo - Covacich stesso in slip con tanto di cardiofrequenzimetro e boccaglio per la respirazione a bordo, si immagina, di un tapis roulant da cui appare che abbia finora corso 29 km in 3h02 (quasi quasi ce la faccio pure io, ma non scomoderò la Nave di Teseo per raccontarlo).

Suppongo appartenga all’articolista, ma sia ispirata dal romanziere, la definizione della maratona: “disciplina espiatoria se mai ve ne furono, tortura semovente in cui si perdono chili, acqua, fiato, succhi gastrici, deiezioni intestinali, col rischio costante che ti scoppi il cuore”.

Che schifo, e che palle (nel senso di frottole e non solo). Insomma, che abuso di maratona:  arrivato pure alla più antica università del mondo, quella di Bologna, il cui prorettore Enrico Sangiorgi (su “Sette”, altra filiazione del “Corriere” rimodellata dal presenzialista e piacione Severgnini: 15 novembre, p. 70), per esemplificare la scelta di concedere agli studenti di rifiutare il voto d’esame, ma una volta sola, usa questo paragone: “Allo stesso modo, se ci si trova ad allenare un aspirante maratoneta, non si inizia facendogli percorrere quaranta chilometri, ma d’altro canto non si può neanche pensare di farlo correre sempre e solo per cento metri”.

La metafora alquanto barocca (non a caso dall’università di Bologna sono usciti i più grandi studiosi del barocco, da Raimondi a Battistini, e a Bologna si è laureato pure Daniele Giglioli) dovrebbe essere spiegata così: non possiamo pretendere che uno studente superi al primo colpo un esame, dobbiamo farlo allenare e permettere che la prima volta si ritiri; ma la seconda volta, la maratona deve finirla, altrimenti…”.

… Altrimenti lo manderemo sul tapis-roulant.

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Si sono svolti ieri a Ravenna i campionati nazionali di maratona, nella totale assenza di atleti di vertice. Non vogliamo fare nomi, in quanto il nostro discorso è generale e non indirizzato a chi ieri ha vinto ed a cui facciamo i complimenti. Però non si può fare a meno di notare come il titolo italiano maschile sia stato assegnato con tempi pari a 2h19’. Per salire sul podio è stato sufficiente chiudere in 2h22’.

Ancora più eclatante la situazione al femminile, dove la campionessa si è laureata col tempo di 2h59’19”. Per carità, brava lei che si è anche migliorata di diversi minuti rispetto al suo personal best, ma stiamo parlando di un’atleta che fa altro nella vita. Insomma una semiprofessionista o meglio una dilettante. Nell’accezione positiva del termine, sia ben chiaro. Fra le donne, la terza classificata è arrivata dopo 3h04’.

Francamente ci domandiamo che senso abbia far svolgere una manifestazione valida per il titolo a Novembre e nella pressoché totale assenza di azzurri ed azzurre. Ora ci rendiamo conto anche noi che di maratone, in stagione non se ne possono fare troppe, che ci sono ingaggi e premi più interessanti altrove, ma allora forse è meglio gareggiare solo per i titoli master. Bastano quelli a far crescere di numero i partecipanti e rendere felici gli organizzatori.

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Mercoledì, 31 Ottobre 2018 09:23

Rivoluzione: Maratona Autogestita il 1/11 a Bologna

Era inevitabile. Da una parte la FIDAL che cerca di rubare i tesserati alle povere società con la Runcard. Dall’altra chi salta la federazione e risparmia tutti i suoi balzelli con le corse “non competitive” che di non competitivo spesso hanno solo l’etichetta. In mezzo le povere società cercano di fare qualcosa, ma tra tasse, calendari con regolamenti cervellotici (ma nomi fashion, come bronze, silver e gold ;-), vigili urbani da pagare, decreto Gabrielli e relativi costi da soddisfare, non sanno più come fare.

Poi ci sarebbero i runner che per esempio a Bologna aspettano da tempo di avere una maratona che non arriva mai ed allora cosa fanno? Dicono ciao FIDAL, tirano una pernacchia a chi cerca solo di fare business a loro spese e si organizzano una maratona autogestita.

Senza rotture per i certificati medici (perché tanto alle non competitive non ci sono…). Si va bene, senza servizi, ma provate a pensare come vengono trattati i maratoneti in tante occasioni, seppure a fronte di costi d’iscrizione non a buon mercato. E dunque domani a Bologna partirà un giro alla buona tra amici. Leggendo il cartello/regolamento, pare che se vorrete viaggiare a sei al chilometro, starete sicuramente in compagnia.

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SERVIZIO FOTOGRAFICO

Per la sesta edizione del Valtellina Wine Trail, il comitato organizzatore ha scelto di uscire dalla valle per la conferenza stampa di presentazione. La cornice scelta è prestigiosa, la sede centrale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore dove di certo non mancano ambienti bellissimi e ricchi di storia. La sala biblioteca Negri da Oleggio, dove si riunisce anche il senato accademico, è senza dubbio fra questi.

Autorevole la lista dei relatori intervenuti, tra cui: Francesco Casolo (Referente Corsi di Laurea Scienze Motorie e dello Sport Università Cattolica di Milano), Martina Cambiaghi (Assessore Sport e Giovani Regione Lombardia), Fabio Molinari (Dirigente Ufficio Scolastico Territoriale di Sondrio), Marco Scaramellini (Sindaco di Sondrio) e Marco De Gasperi, il sei volte campione del mondo di corsa in montagna che fa parte del comitato organizzatore.

Presenti a Milano anche i rappresentanti dei principali sponsor, tra cui il Charity Partner Fondazione Opera Don Bosco, con Stefano Arosio che ha dato la parola anche a chi Vi scrive, per parlare di “Gran Criterium Internazionale”, il mio libro sulla corsa, i cui proventi sono interamente destinati a questa Onlus e che fino ad ora ha già incassato oltre 12.000 euro. Il libro è stato inserito nel pacco gara del Wine Trail, con l’obiettivo di raccogliere altri fondi, stavolta per la missione di Macallè. Grazie ad un accordo con IVECO i ragazzi della missione saranno preparati per diventare dei meccanici in grado di dare assistenza tecnica ai mezzi pesanti che circolano in Etiopia.

Questa kermesse, disegnata tra i vigneti, i filari e le più rinomate cantine di Valtellina, sabato 10 novembre si presenterà con un format ancora più bello e accattivante. Accreditati 2500 concorrenti da 28 differenti nazioni, con pettorali già esauriti da tempo e richieste pressoché doppie, ma in Valtellina si vuol fare qualità e non quantità. Per far vivere un’esperienza unica ai concorrenti sui terrazzamenti più celebri della provincia di Sondrio. Come di consueto saranno tre le distanze previste: 42, 21 e 12 chilometri a cui si aggiungerà una non competitiva di 3,5 chilometri al giovedì, riservata agli studenti. Programma alla mano, i primi a prendere il via dall’abitato di Castione Andevenno saranno i runner della 12 chilometri. Qui, come lo scorso anno, confermata la doppia formula agonistica e amatoriale per dare a tutti la possibilità di vivere l’evento da protagonisti. Posticipato alle 14 lo start della maratona e della mezza per correre le fasi finali di entrambe le prove nella penombra, con le luci frontali accese. Apprezzare i colori delle vigne nel loro massimo splendore ed un tramonto infuocato sui vigneti è il nuovo grande regalo che gli organizzatori hanno voluto fare ai concorrenti di questo trail.

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Venerdì, 21 Settembre 2018 00:16

Maratona, i venti migliori di sempre

La tabella delle prestazioni maschili è eloquente:

 

 

         TEMPO

      ATLETA

                 NAZIONALITÀ

                  LUOGO                       

ANNO      DATA     

1

2h01’39”

Eliud Kipchoge

KEN

Berlino

16.09.2018

2

2h02’57”

Dennis Kipruto Kimetto

KEN

Berlino

20.09.2014

3

2h03’03”

Kenenisa Bekele

ETH

Berlino

25.09.2016

4

2h03’13”

Emmanuel Kipchirchir Mutai

KEN

Berlino

28.04.2014

4

2h03’13”

Wilson Kipsang Kiprotich

KEN

Berlino

25.09.2016

6

2h03’38”

Patrick Makau Musyoki

KEN

Berlino

25.09.2011

7

2h03’46”

Guye Adola

ETH

Berlino

24.09.2017

8

2h03’51”

Stanley Kipleting Biwott

KEN

Londra

24.04.2016

9

2h03’59”

Haile Gebrselassie

ETH

Berlino

28.09.2008

10

2h04’00”

Mosinet Geremet

ETH

Dubai

26.01.2018

                                                                                                                                   

Da notare che 8 prestazioni sono state effettuate a Berlino, 1 a Londra e 1 a Dubai. La prestazione più datata dei primi 10 è quella di Gebrselassie (2h03’59”) e quella più recente di Kipchoge (16.09.2018). Nei primi 10, figurano 6 atleti keniani e 4 etiopi, a testimonianza dello strapotere africano nell’endurance. La nuova prestazione di Kipchoge migliora di ben 1’18” il precedente record, da parte dell’unico atleta riuscito sinora a correre sotto le 2h02”, per la precisione a 2’52” al km. Un solo atleta sotto le 2h03”: Kimetto con 2h02’57”, 4 anni fa. Mentre altre 7 prestazioni sono sotto le 2h04’. Alcuni tra questi migliori 10 atleti d’élite lo sono o sono stati anche nelle gare in pista sui 5˙000 e 10˙000 m: la maratona si fa sempre più veloce e più tecnica. Con la best performance di Kipchoge aumenta la differenza cronometrica con il record femminile, detenuto dalla britannica Paula Radcliffe con 2h15’25” a Londra nel lontano 13 aprile 2003, ovvero più di 15 anni fa.

 

        Migliori prestazioni mondiali femminili

 

 

        TEMPO

      ATLETA

                  NAZIONALITÀ

                  LUOGO                  

             DATA

1

2h15’25”

Paula Radcliffe

GBR

Londra

13.04.2003

2

2h17’01”

Mary Keitany

KEN

Londra

23.04.2017

3

2h17’56”

Tirunesh Dibaba

ETH

Londra

23.04.2017

4

2h18’11”

Gladys Cherono

KEN

Berlino

16.09.2018

5

2h18’31”

Vivian Cheruiyot

KEN

Londra

22.04.2018

6

2h18’34”

Ruti Aga

ETH

Berlino

16.09.2018

7

2h18’47”

Catherine Ndereba

KEN

Chicago

07.10.2001

8

2h18’58”

Tiki Gelana

ETH

Rotterdam

15.04.2012

9

2h19’12”

Mizuki Noguchi

JAP

Berlino

25.09.2005

10

2h19’17”

Roza Dereje Bekele

ETH

Dubai

28.01.2018

 

Nelle migliori 10 prestazioni femminili ce n’è una che fa la differenza, quella appunto della capolista. Compaiono 4 atlete keniane e 4 etiopi, 1 britannica e 1 giapponese. 5 prestazioni sono di questo 2018, quindi qualcosa si sta muovendo. Tra le migliori prestazioni femminili è la gara di Londra quella con maggior numero di performances (4), mentre Berlino ne ha 3. In considerazione dei tempi ottenuti dalle donne sulla distanza di mezza maratona, si ritiene che il record femminile sui 42,195 km possa essere migliorato, e ovviamente da parte di un’africana. L’attuale migliore prestazione sulla mezza è della keniana Joyciline Jepkosgei (1h04’51”) a Valencia il 22 ottobre 2017, ovvero correndo a 3’04” al km (= 19,514 km/h). Ma l’opinione pubblica è ancora troppo concentrata sugli uomini, come in fondo avviene nelle gare in pista.

E resta da risolvere il problema se accettare o meno solo i primati ottenuti in gare esclusivamente femminili (cioè senza lepri maschili), come avviene alle Olimpiadi o nelle competizioni internazionali ufficiali. [F.M.]

 

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Ieri a Berlino Eliud Kipchoge non solo ha stabilito un nuovo record mondiale. Ha anche disintegrato il precedente. Chi corre sa bene come ripetere una prestazione sia difficile, come superarla, anche per pochi secondi, molto dura. Ebbene in questo caso il miglioramento è stato di ben 78 secondi. Un’enormità. Andando a scorrere la storia del primato, per trovare un miglioramento superiore al minuto è necessario tornare indietro di oltre cinquant’anni. Era il 3 Dicembre 1967 quando a Fukuoka, in Giappone, l’australiano Derek Clayton fermò le lancette, ai tempi c’erano ancora, sul crono di 2h09’36”. Primato precedente 2h12’ netti. Però erano altri tempi e non è solo un modo di dire.

Ricordiamo che il trentatreenne keniano era stato anche il protagonista di quella splendida operazione di marketing chiamata “Breaking 2” che aveva avuto luogo il 6 Maggio del 2017 a Monza. Sia chiaro, in quella occasione non c’era stato solo del fumo, ma anche un buon arrosto, perché correre in 2h00’24” una maratona, non era cosa facile, seppure col contributo di un auto che regalava una bella scia, numerose lepri fino all’ultimo chilometro ed altri aiuti minimi, ma sempre fuori regolamento come i rifornimenti volanti. Da allora però, tornati alle gare ufficiali ed omologate, di miglioramenti non se n’era vista l’ombra, ne da parte sua che da parte di altri atleti che facevano parte di quel progetto.

Poi il botto nella capitale tedesca con 2h01’39”, ed allora sarebbe bello capirne le cause. Quanto è dipeso dai tanto decantati nuovi materiali? Quanto da nuove tecniche di allenamento? Giorgio Rondelli, dalle colonne della rosea, sostiene che il nuovo recordman, più che per una maratona si sia allenato come per un diecimila, ovviamente con le dovute proporzioni. Però con tante ripetute da un chilometro ma anche quattrocento metri. Ovviamente a ritmi mostruosi e numeri elevati. Anche 15 sui mille e fino a 20/25 per il giro di pista. Velocità tra i 2’40” ed i 2’50” al chilometro che se uno non ci pensa sembrano andature esagerate, ma se si vuole tenere la media di 2’53” per 42 maledetti chilometri, sono l’unica risposta possibile. Se ci siano anche altri metodi di allenamento, situazioni legate ai bioritmi (a Monza si parlò anche di questo) o altro ancora, di lecito sia ben chiaro, purtroppo non ci è dato di saperlo.

Dai Eliud, dicci qual è il tuo segreto. Nel frattempo ancora tanti complimenti. Malgrado fossi già a ritmo record, sei stato capace anche di un notevole “negative split” tra la prima e la seconda parte della gara. Prima mezza in 61’06” e seconda parte in 60’03”. Semplicemente mostruoso.

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il 33enne keniano, campione olimpico a Rio, Eliud Kipchoge ha battuto il record mondiale fermando il cronometro dopo 2:01:39. ben 78 secondi in meno del precedente record stabilito sempre a Berlino nel 2014 da Dennis Kimetto con 2h02'57".
Kipchoge ha avuto l'assistenza di diversi pacer che lo hanno portato a passare in 14'24" ai 5000, 29'21" ai 10.000 e 1h01'06" alla mezza maratona. Dal 25esimo chilometro Kipchoge è rimasto solo dopo essere passato in 1h12'24". Da quel momento, anziché calare il ritmo, il keniano ha accelerato ancora trasitando ai 35 km. in 1h41'00, ai 40 in 1h55'32". Il finale, tra due ali di folla incredule per quanto stavano vedendo, è stato uno spettacolo straordinario.
"Mi mancano le parole per descrivere come mi sento", ha detto Kipchoge.
"È stato davvero difficile ma ero preparato a correre la mia gara, ho dovuto concentrarmi sul lavoro che avevo svolto in Kenya e questo è ciò che ha aiutato a spingermi: la mia squadra di coaching, la mia gestione, l'organizzazione".
Ricordiamo che Kipchoge era stato anche il "vincitore" e il primatista mondiale del tentativo di scendere sotto le due ore in maratona, organizzato a Monza lo scorso 17 maggio dalla sua marca di scarpe: record cronometricamente riuscito (2.00:25), sebbene non nella misura sperata, e in ogni caso non omologato per le troppe difformità rispetto alle regole in vigore (automobile frangivento davanti, alternanza di lepri, rifornimenti non regolamentari ecc.). Di tutte queste condizioni, a Berlino non ce n'era nessuna, a parte le lepri (tre nella prima metà come mostra il filmato qui sotto allegato; poi due, una sola verso la metà gara, e poi ovviamente nessuna): come si vede, solo nei primi km Kipchoge è stato ben 'coperto' dai compagni, ma poi spesso è uscito affiancando gli altri e 'strappando' in qualche occasione.

Amos Kipruto è giunto in seconda posizione in 2h06:23, mentre l'ex detentore del record mondiale Wilson Kipsang è giunto terzo in 2h06:48.
Tra le donne vittoria per la keniana Gladys Cherono con il record della corsa in 2h18:11, in una gara guidata nella prima mezza dall'etiope Tirunesh Dibaba in 1:09:03, con
Cherono, Ruti Aga, Edna Kiplagat ed Helen Tola molto vicine tra loro.
Cherono aveva già vinto a Berlino nel 2015 e nel 2017 e quest'anno con 2h18'11 ha migliorato di oltre 1 minuto il record della gara ottenuto dalla giapponese Mizuki Noguchi nel 2005.
in seconda posizione è giunta Ruti Aga in 2h18'34", terza la Dibaba in 2:18:55.
È stata la prima maratona della storia in cui tre donne hanno chiuso sotto le 2h19.

È la magia di Berlino, circuito piatto, veloce, fluido: una maratona che, dopo i primi anni di sostanziale indifferenza, hanno scoperto anche gli italiani (e le relative agenzie di viaggio, peraltro aggirabili perché è consentita l'iscrizione diretta). Una maratona dove i servizi, anche per gli amatori, sono di primo livello: solo lì, tra le cosiddette majors, al traguardo ci sono docce calde per quarantamila. E su tutto il percorso c'è un pubblico come si decanta e stracanta per New York, che ti spinge ad ogni metro. La maratona ideale, insomma, non solo per divertirsi ma anche per fare il tempo. E senza prosciugare il conto in banca. [F.M.]

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Si è ufficialmente compiuto nei giorni scorsi l’ultimo atto della Maratona del Lamone 2018, ovvero la cerimonia di consegna alla onlus Il Mantello del ricavato delle camminate della solidarietà, introdotte nel cartellone degli eventi collaterali della maratona proprio in occasione dell’edizione di quest’anno. L’assegno, del valore di 750 euro, è stato consegnato ad Alberto Schwarz, presidente dell’associazione di Russi che si occupa di fornire aiuto e sostegno alle persone in difficoltà, in occasione dell’assemblea di bilancio della coop che si è svolta al Teatro Comunale di Russi.

In quel contesto, Lucia Sassi, presidentessa del GS Lamone, ha annunciato la prima grossa novità dell’edizione del 2019, ovvero un nuovo cambio di data. La 43ª edizione della Maratona del Lamone si correrà, infatti, domenica 14 aprile 2019, visto che la domenica precedente è occupata dalle maratone di Roma e Milano, che hanno anticipato per non incorrere appunto nella domenica delle Palme.

“Scegliere di rimanere nella stessa data sarebbe stata una sconfitta quasi certa,  così si è chiesta la disponibilità e la collaborazione dell’arciprete don Pietro e del consiglio pastorale della Parrocchia locale che hanno accettato che la Maratona possa svolgersi la domenica delle Palme”.

Ad indurre il consiglio direttivo del GS Lamone, da Lucia Sassi a Davide Tondini fino a tutti i consiglieri, ad operare un nuovo cambio è anche la forza derivata dal grande successo ottenuto dall’edizione di quest’anno, in termini di atleti partecipanti alla Maratona e alle altre iniziative, tutte confermate per il 2019: dalla 5.000 per Russi alle podistiche di 10 e 3 km, dal Gran Premio promesse di Romagna al nordic walking per finire con la seconda edizione della camminata della solidarietà: “Per noi del GS Lamone organizzare questa Maratona – precisa la Sassi – è ogni anno una scommessa sempre più complicata, sempre più onerosa, ma ogni anno sempre più bella da vincere. Ci spinge il patrimonio dei volontari, con il loro prezioso lavoro, delle associazioni, con la loro collaborazione fattiva,  e dei nostri fedeli sponsor, con il loro fondamentale sostegno, che ogni anno credono in questo evento sportivo di grande rilevanza nazionale”.

Ovviamente confermata la collocazione della Maratona del Lamone come prima tappa del Trittico di Romagna, che si completa con la 50 km di Castel Bolognese (il 25 aprile 2019) e la 100 km del Passatore (25 e 26 maggio 2019). Aperte le iscrizioni ad un prezzo speciale di 20 euro fino al 31 ottobre 2018.

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Una corsa “eroica” la maratona del 18 maggio 2018 a Vittorio Veneto, una edizione unica in occasione del centesimo anniversario della fine della grande guerra; e una corsa bella, bella, bella, tra i luoghi della guerra, con partenza dal Viale della Vittoria e arrivo alla Piazza del Popolo, passando dal 26 chilometro per la “ salita degli eroi”, 150 metri di dislivello spaccagambe pressoché da camminare, il tutto in compagnia di un pacer d’eccezione: Giorgio Calcaterra. Che dire, una bella corsa che si è snodata lungo percorsi completamente inibiti al traffico, nel silenzio di una giornata dalle tinte invernali, fitte nuvole grigie per fortuna senza pioggia. Un percorso non banale con i suoi seicento metri di dislivello positivo totale condensati principalmente nei primi due terzi di gara, che regalano sul finale un lungo tratto in discesa dove lasciare girare le stanche gambe, condizione ideale per Fabio, maestro della corsa in discesa. Una corsa inaspettata per me, chiusa in quattro ore e mezzo, un vero successo e una gioia indescrivibile per una maratona regalami il 6 marzo in occasione del diciottesimo del mio figlio più grande: il mio regalo per la festa del papà, in anticipo di due settimane! Fino ad allora non avevo in previsione nessuna corsa, ma Carla con la complicità di Maria, la bionda, e Massimo mi hanno iscritto per la distanza regina ... ero molto dubbioso, lì per lì avrei preferito la mezza ma hanno avuto ragione … la maratona, molto meglio, un esperienza unica. L’inaspettato regalo mi aveva gettato nel panico più completo: leggendo il biglietto credo di essere rimasto veramente di stucco con un espressione che nascondeva la felicità per la carambata. Consapevole di non avere una vera preparazione specifica, mi faccio prendere da un’ansia fomentata dal terrore di non riuscire a finirla. Come essere sereno? nelle gambe ho solo un 30 km percorso due settimane prima a Salsomaggiore, in condizioni meteo estreme.

I compagni di avventura sono la certezza di una trasferta all’insegna del divertimento: al gruppo rodato, in questo giro si è aggiunto Lorenzo, il ‘gigante buono’, un giovincello poco più che maggiorenne dalla stazza di un armadio a due ante e dall’appetito insaziabile, che affronterà la sua prima gara competitiva cimentandosi nella mezza maratona con Marco, il nostro Speedy Gonzales, con Vera e Rosmarino … Tutti gli altri sono iscritti per la maratona: questo sulla carta … ma non andrà proprio così. Partenza dai rispettivi domicilii scaglionata su quattro differenti equipaggi: il primo dal parcheggio del centodiciotto con itinerario a tappe intermedie per cantine vinicole seguendo il fiuto del cowboy, il secondo guidato dalla Highlander Angela … la donna inossidabile dal podio sicuro, il terzo direttamente da Fano con Fabio maestro di corsa in discesa, e l’ultimo dalla coppia d’assalto capitanata dall’imprevedibile Rosmarino guru della corsa alternata stop and go. Il viaggio si presenta subito in salita, come la corsa dell’indomani, mettendo in difficoltà l’equipaggio: una foratura all’auto del cowboy ci obbliga ad un cambio di programmi; dopo la sosta ad una nota cantina di Sirmione, ci porta a Verona alla ricerca di un gommista prontamente trovato con l’ausilio della tecnologia; l’attesa della riparazione viene superata con uno spuntino frugale, dove (caso vuole) una associazione di pronto soccorso ha un piccolo stand promozionale … Maria la bionda e Cristina Robocoop ne approfittano per controllare pressione e saturazione, tutto ok, parametri perfettamente nella norma, possono correre serenamente … e così faranno. Io sono troppo in ansia per la gara, non mi misuro, già ipotizzo un mio probabile ritiro, se poi i valori fossero fuori dai limiti il morale precipiterebbe sottozero con evidenti nefaste conseguenze, molto meglio restare nel dubbio. Alla domanda “tutto bene?” tutti hanno ricevuto da me, fino ad un minuto prima della partenza, la stessa laconica ed ermetica risposta “per niente”.

Al ritiro dei pettorali Rosmarino, da calabrese focoso, incitato da Marco, vedendo la medaglia appositamente coniata per la maratona stupisce tutti modificando l’iscrizione e passando dalla mezza alla maratona! Gli diamo tutti del pazzo, se io mi sento impreparato lui lo è ancora di più! Salvo allenamenti di nascosto di cui non abbiamo avuto modo di sapere, è reduce da una trasferta in Germania a base di birra e crauti, nessun allenamento sulle lunghe distanze se non la mezza di Bergamo durante la quale la Bionda, una donna! gli ha dato più di sette minuti di distacco, ferendo pesantemente il suo orgoglio di maschio del sud. La cosa fa sorridere tutti, e mi rincuora, se ci prova lui … perché non posso provarci anch’io? Dopo il cambio iscrizione, passata l’iniziale euforia, l’ansia incomincia a prendere anche lui, che la stempera fumando con Elena, e poi con un pesante e rumoroso riposino pomeridiano. Il gruppo si ritrova compatto alla cena pre gara, per comodità la scelta ricade su buffet presso l’albergo dove si passerà la notte … Oltre all’orario da ospedale, una cena a buffet veramente triste in un contesto da mensa aziendale, il tutto illuminato da una luce bianca fredda di faretti a led. Mangiare guardando il tavolo delle colazioni coperto da un lenzuolo bianco suscita, fra l’altro, lo sguardo perplesso della mitica Angela, una vera Highlander che però domani si riconfermerà prima di categoria nei master settanta.

Ritrovo ore otto e un quarto, consegna borse nelle tende militari appositamente montate dagli alpini, interminabile fila al bagno per lo scarico, foto di gruppo ed avvicinamento alla zona di partenza … vediamo Calcaterra, mitico, ci avviciniamo per una foto che ci concede con grande discrezione regalandoci la possibilità di postarla.

Il nostro Fabio, uomo dalla corsa veloce in discesa, si posiziona per correre un pezzo con Calcaterra che farà il pacer delle 3h30 … ritrovatolo all’arrivo con il solito sorriso da orecchio a orecchio ci racconta di averlo anche superato nelle prime discese; e scopriamo che anche Lorenzo non solo ha terminato la sua prima gara con un buon risultato cronometrico ma è anche stato premiato con il secondo posto di categoria; senza dimenticare Marco con il best time sulla mezza riconfermato l’ottimo stato di forma. Vera invece ormai è una veterana della corsa, e si fa trovare bella fresca come una rosa.

Torniamo alla gara dei 42 e rotti: si parte tutti insieme, per me la strategia è cercare di risparmiare le energie in modo tale da arrivare alla “salita degli eroi” con abbastanza fiato e gambe in modo da poterla affrontare camminando senza problemi, perché finita la salita saremo intorno al trentesimo chilometro, ed è li che inizia la maratona. Inizialmente l’idea è seguire il palloncino delle 5 ore, ma non riesco, e mi accodo a quello delle quattro ore e mezza con Maria Massimo e Rosmarino; il resto della truppa procede secondo la propria strategia di stare intorno alle cinque ore. Durante il percorso, per i primi dieci chilometri Rosmarino procede secondo la sua tecnica dello start and go, si ferma, cammina un pochino e poi riparte e mi supera … lo fa per alcune volte e poi nonostante i miei consigli di conservare le energie prende e va … non mi preoccupo … sono certo di ritrovarlo intorno al trentesimo. Ma sbaglierò di brutto, saranno stati i gel, sarà stato il peperoncino …. fatto sta che ha varcato l’arco di arrivo dandomi ben dieci minuti, un impresa che l’indomani racconterà ai colleghi e amici … per noi un insegnamento: se vuoi … puoi. Corro per un tratto con Massimo e Maria che la sera prima, durante la cena buffet da ospedale, ha scommesso con le due sciure di farsi bionda se arriverà entro le cinque ore … se continua così credo che da lunedì sarà “la Bionda” … e in effetti dovrà pagare pegno, passando il traguardo subito dopo di me.

Massimo uomo dal passo veloce ci saluta e parte per riprendere Rosmarino e ristabilire l’ordine cosmico, perché va bene che arrivi prima di me … ma prima di lui è inconcepibile! Mi fermo a tutti i ristori, mangio banane e bevo coca cola in abbondanza, i gel inizio a prenderli poco prima della salitona, che affronto da subito camminando con il terrore di non riuscire più a correre al termine del tratto di oltre un chilometro e mezzo. E invece … il cervello comanda e le gambe rispondono, anche grazie al chiassoso incitamento dei ragazzi in carrozzella spinti da stupendi volontari che caso vuole, fino al trentesimo, stavano costantemente alle mie spalle. L’importante per me, come per tutto il gruppo, era arrivare, è una maratona da affrontare come una avventura ricordando la storia passata per non dimenticare perché, come cantava De Gregori … la storia siamo noi, siamo noi padri e figli! Passato il trentaduesimo chilometro la tensione si scioglie completamente, ne mancano solo dieci, incomincio a sorridere, male che vada camminando al traguardo ci arrivo, la medaglia dell’Eroica sarà al mio collo, anch’io sarò “eroe”.Gli ultimi chilometri sono tutti in discesa, un vero toccasana, che mi permette di fare un arrivo lungo il rettilineo che porta a piazza del Popolo in scioltezza a testa alta, non ingobbito dalla fatica come in altre occasioni. Partimmo in 14, più o meno giovani e più o meno forti, per tornare tutti “eroi” con la nostra medaglia al collo a brindare con una pinta di birra. Una corsa unica, un’organizzazione impeccabile. Grazie per la bella esperienza.

https://www.youtube.com/watch?v=jGZA8sO5Nlk

Informazioni aggiuntive

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Oltre alla famosissima maratona all’aperto, da tre anni New York accoglie anche una versione indoor. Quarantadue chilometri che tradotti sulla pista da 200 metri, si trasformano in ben 211 giri. Sebbene possa sembrar strano, la maratona indoor non è certo una novità di questi ultimi tempi. Dorando Pietri, dopo i giochi olimpici del 1908, campò per molti anni negli USA sfidando diversi avversari ed ingaggiando una lunga serie di rivincite con Johnny Hayes, la medaglia d’oro di Londra dopo la sua squalifica. Il tutto quasi sempre al coperto e come motore di un enorme giro di scommesse.

La riunione si è svolta in questo weekend, all’Armory Track, la pista che ha raccolto l’eredità del Madison Square Garden per questo tipo di gare. Questa corsa claustrofobica ha anche qualche vantaggio, in quanto vento e freddo rimangono fuori dalla porta. Inoltre ogni ora è consentito di cambiare la direzione in cui si corre, onde evitare infortuni. A ciò si aggiunge la musica, che secondo alcuni partecipanti è capace di dare una carica supplementare, in aggiunta a quella del pubblico.

Prima che alziate la mano domandando com'è possibile che i giudici da un lato vietino le cuffiette e poi in questo caso consentano la musica, ci teniamo a precisare che sul fatto che questi record siano riconosciuti dalla federazione mondiale abbiamo qualche dubbio. Se si cercano sul sito IAAF, in effetti non se ne trova traccia.

Come già avvenuto nelle precedenti tre occasioni, anche questa volta è andato tutto come da copione ed i due primati, maschile e femminile, sono stati nuovamente abbassati da Malcom Richards (2h19:01) e Lindsey Scherf (2h40:55). Certamente questi over trenta non sono atleti di primissima fascia, però tra vittoria e bonus record entrambi si sono messi in tasca 7000 dollari. L’anno scorso il montepremi per i vincitori con record era di 6000 dollari. Anche in questo caso un nuovo record.

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Sabato, 03 Febbraio 2018 16:04

Maratoneti italiani nel 2017

Secondo il tradizionale inserto MaxiMaratona a “Correre” di febbraio (e in www.maximaratona.it), nel 2017 sono stati 39460 gli italiani che hanno concluso una 42,195 km. Si tratta del quarto anno-record consecutivo: i maratoneti italiani avevano oltrepassato quota 38000 per la prima volta nel 2014 (38254) e quota 39000 nel 2016 (39098). In MaxiMaratona è presente l’elenco di tutti i nomi e i tempi dei maratoneti italiani nell’anno alle spalle. Rispetto al 2016, il nuovo è che gli uomini hanno smesso di diminuire, com’era accaduto consecutivamente nelle due stagioni precedenti: 32755 contro i 32704 del 2016, cioè + 51.

Prestazioni Tra gli uomini, il miglior crono lo ha segnato l’azzurro Daniele Meucci ai Campionati Mondiali di Londra con 2h10’56”, che gli è valso il 6° posto. Solo 10 atleti sono riusciti a scendere sotto le 2h20’ e altri 43 sotto le 2h30’. Tra le donne, notevolissimo il 2h28’34” dell’azzurra pediatra di Aosta Catherine Bertone, nella velocissima Berlin Marathon, 6^ donna, ma soprattutto record SF45, oltre che personal best. Seconda dell’anno la debuttante Sara Dossena, classe 1984, con un passato nel triathlon, che con 2h29’39” è stata 6^ a New York. Anna Incerti è la 3^ donna che è riuscita a scendere sotto le 2h30’ con il 2h29’58” di Milano. Altre 9 atlete sono scese sotto le 2h40’ e altre 9 sotto le 2h50’. Nel totale, le prime 44 performance sono sotto le 3h. La 100^ è Francesca Corno con 3h09’49” (Milano, 2 aprile). In totale, nel 2017, 56 atleti/atlete italiani sono scesi sotto le 2h30’. La fascia più frequentata è quella 3h45’-4h00’ (6908) con +3,2% rispetto all’anno precedente, seguita dalla fascia 3h30’-3h45’ (5946) con + 1,9% rispetto all’anno precedente.

Donne ancora in crescita Anche nel 2017 è proseguita la crescita della presenza femminile: le lady della maratona risultano essere ben 6705, in aumento del 4,9% rispetto al 2016, quando erano 6394. Per il terzo anno consecutivo è l’aumento delle donne l’elemento maggiormente responsabile della crescita quantitativa complessiva della maratona italiana, in quanto la presenza maschile progredisce di poche unità. Dove hanno corso La Maratona di Roma (2 aprile 2017) risulta ancora la più frequentata tra le italiane, con i suoi 13318 finisher, anche se in calo rispetto ai 13˙881 del 2016, soprattutto a causa del maltempo che ne ha ostacolato l’ultima edizione. Alle spalle della maratona della Capitale, registrano notevoli incrementi Firenze (26 novembre) con 8438 arrivati, Venezia (22 ottobre) con 5908 e soprattutto Milano (2 aprile), che con 5303 finisher fa registrare il miglioramento più significativo di tutto il panorama nazionale della specialità. Non smette di diminuire il numero di maratone italiane capaci di totalizzare 1000 finisher, probabilmente per il numero notevole di gare in calendario (74).

Gli italiani all’estero Tra le big maratone del mondo, la più amata dagli italiani si conferma ancora una volta la classicissima New York City Marathon (5 novembre) con ben 2762 italiani arrivati su un totale di 50646 finisher. Per il 3° anno consecutivo è la Maratona di Valencia (19 novembre) a conquistare il 2° posto, con 1559 italiani al traguardo, seguita da Berlino (953, 24 settembre), Atene (834, 12 novembre) e Barcellona (634, 12 marzo). Nel 2017, infine, i 39460 maratoneti italiani hanno prodotto un totale di 62˙860 crono. Insomma, i maratoneti italiani si confermano amanti delle grandi maratone estere, con un aumento notevole per quella epica di Atene.

Maratoneti italiani 2017

Atleti con più partecipazioni Di seguito l’elenco di italiani e italiane che hanno corso più maratone nel 2017. C’è da premettere che la statistica è relativa alle gare prese in esame, elencate a pag. 5 di MaxiMaratona 2017: 74 in Italia e 127 all’estero (generalmente, maratone su asfalto, esclusa buona parte delle eco-maratone, tutte le maratone-trail e tutte le ultramaratone). È più che probabile che qualche atleta che non compare in classifica abbia corso una maratona, e qualcun altro abbia corso altre maratone oltre a quelle che si trovano nell’inserto. Sia tra gli uomini che tra le donne c’è un nome che prevale sulla massa: Vito Piero Ancora con 55 maratone e Giovanna Carla Gavazzeni con 48, che acquistano ancor maggior spessore considerata l’età non giovanile. Dal punto di vista qualitativo spicca il milanese Marco Bonfiglio, ultrarunner di valore, con 29 maratone di cui 12 sotto le 3h. Da segnalare il 4h20’03” (Verona) di Antonino Caponetto, arzillo veterano, classe 1931. Per un quadro più completo bisognerebbe considerare anche le ultramaratone. Così le 55 maratone di Ancora acquistano un maggior spessore se si aggiungono alle 23 ultra, di cui 3 sui 100 km, del 2017 e il totale di 1047 (maratone + ultra) alla fine del 2017: la carriera sportiva pare proprio non essere finita considerato l’entusiasmo, benché l’età inevitabilmente avanzi. Il “re” Giorgio Calcaterra ne ha corse solo 3, ma con best 2h33’07” (Roma) a 45 anni; e senza considerare il Passatore in cui domina da oltre un decennio.

Uomini (solo maratone su asfalto): 1°) Ancora Vito Piero (55) - 2°) Saviello Paolo (43) - 3°) Gambelli Ferdinando (41) - 4°) Arena Marcello (36) - 5°) Tundo Giuseppe (35) - 6°) Bigi Luciano (34) - 6°) Pelagalli Leandro Giorgio (34) - 8°) Sansone Carmine (33) - 8°) Simonazzi Marco (33) - 10°) Gambaiani Mauro (32) - 11°) Bonfiglio Marco (29) - 11°) Liccardi Mario (29) - 11°) Tasca Elvis (29) - 11°) Pacinotti Pierpaolo (29) - 11°) Melani Alessandro (29) - 16°) Rizzitelli Michele (28) - 16°) Trinelli Roberto (28) - 16°) Gennari Luciano (28) - 19°) Pino Domenico (27) - 20°) Alimonti Daniele (26) - 20°) Cerqueni Vittorio (26) - 22°) Capecci Francesco (25) - 22°) Faleo Massimo (25) - 22°) Fanelli Luigi (25) - 22°) Martino Domenico (25) - 22°) Nicolussi Motze Bruno (25) - 26°) Guerrieri Graziano (24) - 26°) Boiano Roberto (24) - 26°) Cortella Massimo (24) - 26°) De Santis Mirco (24) - 26°) Teggi Maurizio (24) - 26°) Frattini Silvio (24) - 26°) Giammanco Michele (24) - 34°) Gemma Lorenzo (23) - 34°) Gorgone Salvatore (23) - 36°) Busetti Fabio (22) - 36°) Funghi Enzo (22) - 36°) Ponchione Alessandro (22) - 36°) Toschi Gianfranco (22) - 40°) Cannito Francesco (21) - 40°) Biagini Andrea (21) - 40°) Gioffrè Antonino (21) - 40°) Nicassio Antonio (21) - 44°) Alessandri Salvatore (20) - 44°) Capezzera Girolamo (20) - 44°) Vandelli Aligi (20) - 44°) De Francesco Vito (20) - 48°) Balzaretti Christian (19) - 48°) Lo Bianco Carmine (19) - 48°) Maggioni Roberto (19) - 48°) Nadjd Peyma Kambiz (19) - 52°) Facchinelli Daniel (18) - 52°) Borghi Lorenzo (18) - 52°) Neve Santo Maurizio (18) - 52°) Salimbene Giorgio (18) - 52°) Zerbinati Libero (18) - 52°) Trani Giuseppe (18) - 58°) Grotto Antonio (17) - 58°) Masiero Domenico (17) - 58°) Polidori Alfio (17) - 58°) Scarpa Franco (17).

Donne 1^) Gavazzeni Giovanna Carla (48) - 2^) Esposito Monica (34) – 3^) Betti Luisa (29) - 4^) Carolina Agabiti (28) - 4^) Gargano Angela (28) - 4^) Lettieri Rosa (28) - 7^) Sansone Patrizia (27) - 7^) Ranzuglia Giulia (27) - 9^) Zanaboni Maria Rita (25) – 9^) Razzolini Ilaria (25) - 11^) Di Pietrantonio Cristiana (23) - 11^) Lillo Luigina (23) - 13^) Caselli Gianna (22) - 14^) Corradini Eleonora (20) - 14^) Repetti Wilma (20) - 16^) Grilli Paola (19) - 17^) Gatti Carolina (18) - 19^) Carolin Edi (17) - 20^) Paroni Mariasole (16) - 20^) Zorzella Simona (16) - 22^) Jukic Sara (15) - 22^) Borgoncino Maria Cristina (15) - 22^) Noris Paola (15) - 25^) Bacchi Simona (14) - 25^) Bonizzotti Daniela (14) - 27^) Dileo Maria Rosaria (13) - 27^) Memmi Tamara (13) - 27^) Di Felice Anna Maria (13) - 27^) Introcaso Isabella (13) - 27^) Satta Marinella (13) - 32^) Moretti Antonella (12) - 32^) Vercellone Debora (12) -32^) Catani Raffaella (12) - 35^) Arienti Stefania (11) - 35^) Mocellin Marina (11) - 35^) Pozzi Ilaria (11) - 35^) Magnago Lisa (11) - 35^) Tricarico Sabrina (11).

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Miami, la città più meridionale degli Usa (non a caso, scelta come luogo d’esilio da 125mila profughi cubani, che hanno ricostruito una “piccola Avana” nel settore ovest della città), ha perlomeno quattro volti: 1- una Downtown che conta forse più grattacieli di Manhattan, toccati da tre linee di metropolitana sopraelevata e gratuita (Metro Mover) più un’altra linea, il Metro Rail, diciamo nello stile della S-Bahn di Berlino, a modico pagamento (l’equivalente di € 1,50 a corsa, 4 euro per un giorno intero); 2- la favolosa Miami Beach, isola nello stile di Venezia, congiunta da più ponti alla terraferma, e con una spiaggia bianca di 10 o più km affacciata sull’Atlantico, dove l’auto più comune è la Ferrari e i frequentatori vanno da Simona Ventura a Trussardi/Hunziker ecc., non più Versace (ma l’accesso alla spiaggia è gratuito, e puoi anche girare sui Trolley bus, gratuiti essi pure); temperatura attuale dell’acqua come a Rimini a inizio luglio, mentre l’aria oscilla tra i 21 e i 26 gradi; 3 – i quartieri a sud, raggiunti dal Metro Rail, molto verdi, con ottime soluzioni urbanistiche (mitica è la zona di Vizcaya e Coral Gables), case a uno o due piani annegate tra la vegetazione: volendo, si prosegue in auto verso sud fino all’estrema punta della Florida, Key West, dove abitava Hemingway; 4- la citata Little Havana, pienamente latina, con osterie, musica, movida, rivendite di sigari cubani e nicaraguensi (quelli economici costano 6-8 dollari l’uno), traffico di auto e smog, piena di distributori di benzina a prezzi ridicoli (faccio rifornimento per l’equivalente di 50 eurocent al litro).

In più, il 28 gennaio c’è la maratona, una delle tante organizzate in Florida (solo nel weekend precedente ce n’erano una a Tampa e una a Orlando, cioè Disneyworld; a breve se ne svolgerà una nelle vicinissime Bermuda e una 'spaziale' nei pressi di Cape Canaveral): gara che è sempre considerata a rischio, perché in Florida si concentra la metà di tutti gli uragani statunitensi, e infatti, delle 20 edizioni finora programmate, questa è la 16^ che arriva al termine (negli ultimi anni una fu annullata del tutto, una ridotta alla mezza, e l’anno scorso si corse sotto una pioggia torrenziale con 7 gradi). Le previsioni del tempo danno un peggioramento giusto per mezzogiorno di domenica 28, con 50% di probabilità di pioggia, e certezza di venti forti da ovest: la partenza della gara è fissata a scaglioni tra le 5,50 e le 7 di mattina, dunque si dovrebbe arrivare in tempo, come in effetti sarà: nessuno si bagnerà, mentre il vento fino a 40 km/h sarà una costante della gara, purtroppo più contro che a favore (e vallo a spiegare a chi non c’era, come mai il vento spirasse soprattutto contro… diciamo che sui tre ponti percorsi tra Miami e Miami Beach, in un tracciato fatto un po’ a 8, si rischiava anche di cadere a mare o almeno di essere sbattuti sui gard-rail, mentre nel tratto dove il vento doveva essere a favore correvamo nell’interno, tra i grattacieli o grandi alberature come a Vizcaya – comunque dichiaro che almeno verso il km 15 e il 38 ho sentito alle spalle una piacevole spinta, purtroppo durata poco).

La lamentela sul vento è stata una costante nelle dichiarazioni dei top runners: come scrive il Miami Herald, “The breeze combined with a humid starting time temperature of 73 meant any hopes of personal bests were blowing in the wind” (Bob Dylan ci soccorre!); “the problem today is wind – so much wind, everywhere. We had to struggle a lot”, dichiara il vincitore, il keniano di Eldoret Hillary Too, con 2h 23.02, mezzo minuto meglio dell’etiope Teklu Deneke, il quale insiste: “the wind was very bad and it was hot”. Modesto il tempo della vincitrice donna, la russa Lyubov Denisova, che con 2.40:53 ha vinto 4500 dollari che le serviranno per pagare gli studi della figlia negli Usa: e sul vento dice semplicemente “Terrible”. La mezza maratona, che partiva e correva insieme a noi fino al rientro sulla terraferma di Miami-Downtown, è stata vinta dal keniano Julius Koskei (1.05:47) e dalla etiope Senbeto Geneti (1.07:43).

Maratoneti italiani 2017

Sono 2918 i classificati nella corsa “full / completo” (come dicevano i cartelli), 14mila nella mezza; ci si aggiungono i 5 km, il Kids run, la corsa per le carrozzelle e per altre categorie di disabili, assistiti da volontari. Mi ha commosso vedere un uomo senza un braccio che spingeva il baby-jogger di un handicappato grave. L’organizzazione è semplicemente perfetta, nello stile americano: dal momento dell’iscrizione (100 dollari, cioè 80 euro: bruscolini!) sei bombardato da email quasi quotidiani, che si intensificano nell’ultima settimana; l’Expo è nel quartiere delle arti, suburbio un tempo degradato e oggi luogo privilegiato per artisti, hippies, negozi tipici ecc.: ci si va con navette gratuite che partono sia dal centro sia da Beach. All’interno dell’ampio capannone (ingresso previa perquisizione dello zaino), c’è la consueta distribuzione di gadget, bevande, cibi vari, tutto gratis (penso alla tirchieria degli espositori nostrani); massaggi, tapis roulant ecc. Una ventina di box distribuiscono senza code il pettorale (che include il chip monouso) e il pacco-gara, in sostanza ridotto a una maglietta.

Sconsigliato usare le auto per raggiungere il luogo della partenza, giusto sul porto e nel centro commerciale di Bayside: il Metro mover (alle cui stazioni peraltro i maratoneti possono parcheggiare gratis) ha tre fermate nel raggio di 200 metri, e infatti alle 5 di domenica mattina è uno spettacolo vedere i podisti che si dirigono verso le varie stazioni e montano in carrozza. Noto che la maggioranza non ha zaini da depositare al “Gear check” (ingresso che ricorda un po’ quello di Fort Wadworth a New York, ma senza controlli polizieschi): evidentemente sono residenti locali che semplicemente escono da casa (o dall’albergo).

Italiani, pochissimi (nelle posizioni di rincalzo vedo un Francesco Maino da Busto Arsizio, 136° in 3h 27, e un Gabriele Giachi da Lamporecchio, 146° in 3 h28; tra le donne, Samantha Di Giacomo, Tamara Gozzi, Paula Nicchiarelli, Francesca Balestrazzi sono classificate da Miami, Daniela Piaggio dall’Honduras, Tiana Baroni da Boston, e via così). Ma nella mezza c'è addirittura una signora di Reggiolo, Sabrina Strazzi: speriamo che Morselli le estorca un commento... Prevale la lingua spagnola, parlata dai tanti centro- e sudamericani (Perù, Argentina, Guatemala, Colombia mi sembrano le magliette più frequenti): infatti la gara degli amatori è vinta da un argentino di chiara origine italiana, Sebastian Castellani, in 2h 41, e da una colombiana di Medellin, Ana Maria Naranjo, in 3h19.

L’italiano che fa parlare di sé le cronache è Stefano De Leo, 37 anni, che però risulta residente a New York: taglia il traguardo della sua prima maratona in 3.59:50, e aspetta l’amica di Brooklyn Sofia Hedstrom, 39 anni e 20 maratone corse: quando questa arriva in 4.19, Stefano inginocchiato le chiede in inglese di sposarla (“Sofia, will you marry me?”). La risposta è Yeah, e il commento: “When it’s right, it’s right”.

Il percorso è, almeno nella prima metà, da pelle d’oca: si parte al buio, e il sole sorge dall’oceano ormai a Beach: nell’isola si percorrono circa 3 km sul lungomare forse più famoso del mondo, Ocean Drive, per avviarci di nuovo verso Miami attraverso il ponte Venezia e l’isola di S. Marco. Di nuovo tra i grattacieli, poi quelli della mezza vanno al traguardo mentre noi pieghiamo a destra (sud) verso il segnale del miglio 14; da questo punto i ristori (finora regolarissimi ogni miglio, con acqua, gatorade e talora frutta) diventano anche ‘strani’: ghiaccioli colorati, spicchi di ananas, birra ghiacciata, sciroppo di cocco, cioccolato in barrette… Ci si allontana dal mare verso Vizcaya, poi al punto più meridionale del Coconut Grove, dopo il km 30, si fa il giro di boa tornando sull’Atlantico e in pieno vento, che soffierà alla grande sull’ultimo ponte verso Beach; dove però non arriviamo perché a un’isola intermedia facciamo inversione rientrando in Downtown al km 39.

Tifo abbastanza sensibile, e i soliti cartelli spiritosi: “Va più forte, dice tua moglie, perché così lei torna prima a dormire”; “Corri come se Weinstein ti stesse inseguendo”; “Su una scala da 1 a 10, tu sei 13,1” (cioè la lunghezza in miglia della maratonina). Parecchi i pacemaker, scaglionati grosso modo ogni quarto d’ora: il loro cartello reca non solo il tempo finale ma anche la media a miglio; moltissimi i bagni chimici (direi più che a New York) lungo il percorso.

Sfioriamo Little Havana e, dopo un crudele ponte piazzato al km 41,850 (almeno secondo il mio Gps, che alla fine darà 43,090), torniamo al luogo di partenza-arrivo per l’apoteosi finale, una medaglia dorata da almeno tre etti, e l’abbondante ristoro comprensivo di birra (obbligatorio dimostrare di essere maggiorenni!): sul prato verde del Bayside Park ci mettono in mano una o più scatole di cartone, contenenti pasta asciutta, formaggio, torta e altro. Chi corre col cellulare acceso, ad ogni rilevamento chip (cioè ogni 5 km) riceve un sms che lo informa sul tempo netto, lordo, media al miglio, piazzamento: io lo leggo solo dopo l‘arrivo, insieme all’email che riassume il tutto e aggiunge addirittura le foto e due video personali presi durante la gara. La mia prestazione tecnicamente orrenda (da jetlag, tallonite, vesciche, turismo pedestre e bagni di mare) è confortata dal piazzamento di categoria (6° su 22) e dal rilevamento che negli ultimi 2,195 ho superato 53 persone. Per forza: al traguardo c’era mio figlio americano, che guarda con crescente preoccupazione gli slanci senili del papà; mica potevo farmi vedere moribondo, e almeno negli ultimi 0,195 il Gps sentenzia che vado ai 4:55/km (meglio non rivelare cosa mi diceva dieci km prima…).

L’American way of marathon non prevede che ci siano docce sul traguardo: ma c’è il Metro mover che ci aspetta (una corsa ogni minuto, H24), e volendo possiamo anche rituffarci nell’acqua calda calda dell’Oceano: questa volta, la mia spiaggia prescelta si chiama Hollywood, non proprio da Oscar ma ci si può accontentare.

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