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Cara Carlotta, senza conoscerla la ringrazio per la considerazione, e per il garbo con cui espone le sue perplessità. Fa bene a respingere l'idea che noi di Podisti.net ci accaniamo sui condannati per doping: il fatto stesso che in qualche caso abbiamo dubitato della fondatezza di certe 'inquisizioni', o della proporzionalità di certe pene, ci ha fatto passare, presso certi account Fb, e presso testate concorrenti (che sperano di lucrare su un nostro ridimensionamento), quali difensori dei dopati. Certo, chi strilla invocando galere e relative chiavi da buttare, o pene di morte per tanti o tutti (non solo nel settore sportivo), fa più ascolti di chi cerca di ragionare senza cedere all'ira o ai bassi istinti.
Ciò posto, che in molti "prendano chissà cosa" per vincere i prosciutti o i 200 euro del premio, è probabile (nel senso che può, e soprattutto deve, essere provato, anche incrementando i controlli); che tutti i vincitori di tutte le gare abbiano la fiala proibita in frigo è un'esagerazione. Che si vada a sorpresa in casa di un atleta che non sta gareggiando e si scopra che si cura con una sostanza che (in caso di gara) costituirebbe additivo illecito, a me personalmente sembra a volte un metodo da polizie segrete d'oltrecortina.
E chissà quanto strillerebbero, le vestali dell'antidoping, se citassi Gianni Brera il quale magnificava Coppi che, per battere il record dell'ora, si aiutò con 7 pastiglie di anfetamina: Brera la chiamava "ergogenia medicamentosa" e non la condannava, anzi, la salutava come ingresso della modernità nello sport. Certo, poi c'è stato Simpson... e Riccò... e Barbi; e, aldilà dei danni alla salute (che comunque il dopato procura a sé, nello stesso modo che se li procura chi abusa di alcoolici o di tabacco), chiunque gareggi vorrebbe sapere che l'avversario parte nelle sue stesse condizioni e, se lo batte, è perché ha cuore e muscoli migliori e niente tigri nel motore.