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Mar 22, 2020 4643volte

Parla il presidente Fidal: il calendario agonistico, gli atleti, i dubbi

Il 27 marzo ci sarà una riunione del consiglio federale, già programmata da tempo. La ragione principale, per quanto a mia conoscenza, è (era?) la rivisitazione del calendario gare, completamente rivoluzionato dagli eventi legati al coronavirus.  C’è chi ha semplicemente annullato l’edizione 2020 ed altri invece che cercano disperatamente una data, facile prevedere un affollamento nel periodo settembre-novembre, organizzatori che magari si litigheranno i clienti/podisti a colpi di sconti e offerte speciali. Non sarà facile, per nessuno. In ogni caso la mia impressione è che, in base al recente sviluppo della situazione, sia oggi prematuro fare ipotesi di calendario, anche se sarebbe bello, una sorta di segnale che la vita sportiva riprenderà. Sarà quindi una riunione dalla quale emergerà poco o nulla.

Alfio Giomi, presidente della Fidal:

Quando questa mattina, dopo aver letto delle ennesime, immani difficoltà in cui si sta dibattendo il nostro Paese, mi sono apprestato ad approfondire i temi del Consiglio federale del 27 marzo, mi sono chiesto quanto fosse congruo, in un momento come questo, pensare all’attività sportiva. E la risposta è stata: lo è più di sempre, perché ci aiuta ad affrontare una fase difficilissima, sapendo che ne usciremo e che c’è un domani. È quindi con questo spirito che affrontiamo le difficoltà di oggi, preparandoci al meglio per quando finiranno. 

Dobbiamo però ammetterlo: quando tutto questo sarà finito, non potremo ripartire come se nulla fosse stato. I tempi per il ritorno alla normalità saranno lunghi, e dovremo, tutti insieme, organizzarci per superarli al meglio. Con questo spirito ci prepariamo alla riunione di Consiglio del 27 marzo, nell’ambito del quale costruiremo e rafforzeremo tutti quegli strumenti che ci consentiranno di superare l’ostacolo. Sarà allora, che i valori fondanti dell’Atletica Italiana potranno fare la differenza.


Tutti insieme, ce la faremo.

Un messaggio un po’ banale, un po’ scontato, ma forse in questo momento è difficile dire di più. Invece ci sono dei problemi da mettere sul tavolo, certamente molto meno gravi rispetto a quanto sta accadendo, tuttavia si deve pensare che la vita continua, deve continuare. Non credo che sia blasfemo cominciare a pensare o immaginare il dopo coronavirus, vale per tutte le attività, vale per l’atletica. Ed allora, nel frattempo, piacerebbe sapere cosa sta effettivamente facendo la federazione rispetto al movimento dell’atletica; la domanda più immediata riguarda gli atleti che possono o potrebbero concorrere per le gare più importanti; il primo pensiero va alle Olimpiadi di Tokio (se si faranno) ma anche più semplicemente ai campionati italiani. Per accedere ci vogliono dei minimi, in termini di tempi e misure, ma senza gare, come si fa ad ottenerli? Prima ancora, in mezzo a tutti gli stop che la situazione impone, come possono allenarsi? Per chi vale la possibilità di farlo? Fidal ha definito una lista di atleti autorizzati, questi i criteri:  

Atleti-di-interesse-nazionale-ecco-i-requisiti

Con questo si definisce un primo elenco di atleti che potrebbero allenarsi. Bene, ma dove? Gli atleti dei gruppi militari (Esercito, Aeronautica, Fiamme Gialle, etc) di norma hanno a disposizione i propri centri sportivi, opportunità utile soprattutto per le specialità classiche dell’atletica (salti, lanci, prove veloci e multiple, mezzofondo). Per tutti gli altri è più complicato, semplicemente perché i centri sportivi sono chiusi. A proposito degli altri: ci sono diversi atleti che non appartengono ai gruppi militari, né sono inclusi nella lista “atleti di interesse nazionale”, eppure posseggono già i minimi per i campionati italiani. Ne cito alcuni che mi vengono subito in mente: Omar Bouamer (29:48 sui 10.000 mt), Francesco Carrera (29:29, 10.000 mt), Nicola Bonzi (1:05:14, mezza maratona). Allargando il discorso ci sono altri atleti meno noti ma comunque in possesso dei cosiddetti “minimi”, che sono ad esempio in campo maschile 3:51 per i 1500 metri; 31’ per i 10.000; 9’20 per i 3.000 mt siepi. Quali possibilità riserva loro la federazione di potersi allenarsi? Vale a tutti gli effetti l’autocertificazione?

In mezzo a tutti questi discorsi c’è un’altra complicazione: grazie alla battaglia scatenata contro chi corre allenarsi per strada diventa un’attività ad alto rischio, sono in aumento gli episodi di intolleranza.

 

 
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