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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

Mercoledì, 11 Agosto 2021 10:38

Cominciato il giro a tappe del Cilento

10 Agosto - Dopo la pausa forzata del 2020, è ripartita la “Transmarathon”, ovvero il giro in 4 tappe del Cilento e Vallo del Diano, organizzato dalla Libertas Agropoli e in prima persona da Roberto Funicello, che si avvale di una collaudata schiera di collaboratori grazie a cui durante l’anno si svolgono altre qualificate competizioni: la mezza maratona Città di Agropoli, gara di rilievo nazionale; l’altra mezza Agropoli-Paestum, la Maratona dei Templi alias Paestum Marathon (7 novembre) e la 50 km dal profondo valore storico, Paestum-Velia.

È il momento del giro a tappe, della lunghezza di circa 10 km ciascuna, generalmente sulle colline: questo martedì si è cominciato da Piano Vetrale, graziosissimo paesino a 575 metri di quota, famoso per i murales che ne ingentiliscono centro e periferia raccontando le storie della sua gente: dalla coltivazione delle piante aromatiche e medicinali alla dolorosa emigrazione e, a volte, al rientro dopo qualche anno, magari della “francesina” che ricompare con una bimbetta “matta come lei”, per la nostalgia della “parmigiana” (suppongo, di melanzane).

Ebbene, a Piano Vetrale si è svolta la regolarizzazione delle ultime iscrizioni, la distribuzione di pettorali e pacchi gara, e infine la partenza, con mezz’ora di ritardo per mitigare il gran caldo. Il percorso, quantificato in 9,5 km, congiungeva la frazione col suo capoluogo-rivale, Orria, circa 80 metri più su, attraversato prima di scendere nuovamente al punto di partenza accumulando in tutto circa 200 metri di dislivello complessivo. Obbligo di mascherina in partenza e subito dopo l’arrivo, due ristori con bottigliette d’acqua ai km 4 e 7, percorso chiuso al traffico.

Sono stati classificati 128 competitivi, regolati da Giorgio Mario Nigro che ha chiuso in 33:03, appena 10” su Giovanni Vitolo. Non c’è stata storia tra le donne, una ventina, dove una consumata cacciatrice di scalpi come Ana Nanu (rumena naturalizzata romagnola e sposa del supermaratoneta Solerte Righini) ha vinto in 39:15, con tre minuti abbondanti sulla seconda Rosmary Antico.

Cronometraggio manuale con supporto informatico, che ha consentito poco dopo l’arrivo degli ultimi di procedere alle premiazioni, assolute e di categoria, con l’anteprima della consegna di una targa-ricordo a due partecipanti tra i più celebri in campo nazionale: la coppia barlettana Michele Rizzitelli e Angela Gargano, che meno di un anno fa (alla maratona di Pescara, cui eravamo presenti) hanno raggiunto il numero di 1000 maratone concluse ciascuno. I due sposi non hanno intenzione di smettere, e infatti sono reduci da una serie di maratone “consecutive” a Curinga (CZ).

Su questa e le successive premiazioni, svoltesi nella suggestiva piazzetta antistante la chiesa di Piano alla presenza del sindaco locale, ha presieduto il principe degli speaker podistici, il modenese Roberto Brighenti, qui giunto grazie all’amicizia col plenipotenziario agropolitano per il Nord Italia, Valentino Ristallo.

Mercoledì 11 la seconda tappa, 10 km con sede a Prignano (una quindicina di km a monte di Agropoli). Seguirà il riposo di giovedì, per concludere con le tappe di venerdì 13, dal santuario della Madonna del Granato a Capaccio, e l’ultima di sabato 14 ad Aquara, terra natale di San Lucido a 500 metri di quota.

Sono possibili anche iscrizioni per le singole tappe, telefonando a 368 977950, E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

7 agosto – Nel settimo anniversario della scomparsa di Giancarlo Corà, fondatore e rifondatore (1993-2003) della società Corriferrara, già inventore della maratonina di Ferrara (la cui prossima edizione si svolgerà il 26 del mese prossimo) e della Diecimiglia, e resuscitatore nel marzo 2011 della maratona della sua città (qui sotto riporto uno stralcio dal mio commento di allora), il figlio Massimo e tutto il suo gruppo sportivo hanno riportato in vita, in questa fase di Covid sperabilmente calante, anche il trail del Castello di Mesola, ideato nel 2017 su una distanza inizialmente quantificata in 25 km. In un angolo della maglietta-omaggio sta scritto “Da allora tra le stelle corri con noi!”.
Questa volta le distanze ufficiali erano di 21 e 10 km per le due gare competitive (cui si aggiungeva una 10 km ludico-motoria): in realtà, i nostri Gps hanno indicato distanze tra i 22,7 e i 23,5, con un dislivello di circa 90 metri, che sembrerebbe difficile in un’area che sta in parte sotto il livello del mare, eppure è stato realizzato, soprattutto con le salite e discese lungo l’argine del Po nei primi 8 e negli ultimi 2 km. Il numero di iscritti era stato limitato, per prudenza, a 350 (150 ciascuno nelle due competitive, più 50 camminatori), e già una settimana prima dell’evento le liste erano state completate.
Ci si è poi messa di mezzo l’ “invenzione” del green-pass (nome barbaro, che nessun paese estero usa: ma noi se vò ffò l’americani der Kansas City), che sebbene ridimensionata dalla solita arte del compromesso (a pranzo su un lido ferrarese, poche ore prima, nessuno mi ha chiesto niente), era stata introdotta nel regolamento, causando la presumibile rinuncia di molti iscritti: sta di fatto che la classifica finale annovera 127 arrivati per il giro corto e solo 96 per il lungo; sebbene in quest’ultimo i partenti fossero una ventina in più, finiti poi nei ritirati anche per l’urgere del tmax fissato in 3 ore. Da aggiungere poi la schiera dei non competitivi.
Garantisco comunque che, all’ingresso nella bellissima piazza del Castello di Mesola, sotto l’argine del Po di Goro, i controlli sono stati scrupolosi (foto 22; il collega podista che mi precedeva nella fila ha avuto problemi, perché il suo cellulare aveva il vetro spaccato non permettendo allo scanner del controllo di leggerlo bene); dopo dei quali, e della misurazione della temperatura (questa, operazione davvero inutile, capace di far sfuggire gli asintomatici e invece di bloccare chi ha la febbre per un ascesso dentale), ci hanno avvolto attorno al polso un braccialetto cartaceo, che a nessuno è sembrato imitare la stella di Davide. Signori no-tutto, quando all’ingresso in certi musei, dopo che avete pagato, vi appiccicano alla giacca un adesivo di libera circolazione, vi sentite davvero degli ebrei perseguitati?
Dopo la benedizione del sindaco e del parroco, partenze in mascherina (chi ce l’ha, chi no, chi se la toglie subito: quando vedo che non l’ha quasi più nessuno, dopo 250 metri me la metto anch’io al braccio), differenziate di un quarto d’ora tra i due percorsi. In teoria ci sarebbe una minima dotazione obbligatoria per chi fa il lungo, ma non tutti abbiamo uno zainetto o marsupio per contenere gli attrezzi (il mezzo litro d’acqua sembra richiesta eccessiva, a fronte dei 4 ristori con acqua, talora anche tè e succhi, disposti lungo il percorso).
La gara breve è vinta da una vecchia conoscenza di queste parti, Rudy Magagnoli, in 37:07 con 40 secondi di vantaggio sull’altro ferrarese Mattia Bergossi (totale 96 uomini arrivati). Molto più lento il ritmo delle 31 donne, regolato da Francesca Moscardo in 47:09, due minuti sulla seconda Alice Munerato.
La vincitrice appartiene al GR Taglio di Po, località che nella storia si è rivelata fatale a Mesola: che quando fu fondata, a fine Cinquecento, era un’isola, avamposto sul golfo di Goro e Volano dove sorgevano i porti dello stato estense; se non che all’inizio del Seicento, quando il papa estorse Ferrara agli Estensi, i veneziani si vendicarono deviando il Po appunto nella località che fu chiamata “Taglio”, e mandando il fiume (foto 11, 15) con tutti i suoi detriti a ostruire i porti ferraresi, salvando però la laguna di Venezia (dove adesso, nel loro stile-piangina, piangono per l’acqua alta). Risultato, il Delta si espanse nella maniera che vediamo oggi dalle carte geografiche, creando un’infinità di paludi malsane da cui solo le grandi bonifiche tra Otto e Novecento (ben visibili durante il giro lungo) ci hanno salvato, favorendo il proliferare dei cervi e delle zecche loro ospiti abituali (una ha provato a mordere sul collo pure me, ma ha cambiato idea presto).
Più del doppio di tempo hanno impiegato i protagonisti dei 21 o meglio 23, che per almeno 7 km si svolgevano dentro il Boscone della Mesola, su sentieri e carrarecce, spesso con l’insidia delle radici emergenti (e con un clima che, all’interno del bosco di latifoglie, era ancora più pesante che nei tratti all’aria aperta). Ha vinto Giuseppe Del Priore dell’Edera Forlì in 1.23:55, con due minuti abbondanti sul “figlio d’arte” Fulvio Favaron tesserato Zola Predosa, e 8 minuti sul terzo, l’altro bolognese Christian Dall’Olio. Le 14 donne superstiti sono state regolate da una ferrarese ‘ariosa’, Elena Agnoletto da Formignana in 1.44:01, tre minuti su Giorgia Bonci da Russi, e addirittura nove sulla terza, Federica De Caria.
Sentiero ben segnato, e come detto da Corà in partenza, “nel dubbio tirate dritto”: sufficiente la presenza di addetti, con spade luminose nel finale, agli incroci più dubbi. Una sola perplessità ha attanagliato per pochi attimi il sottoscritto e la coppia di triatleti varesini che stavano con me, al km 17 dopo il suggestivo passaggio dalla torre di S. Giustina della foto 16: tirare dritto lungo il canale o tenere la sinistra seguendo certe lucine accese? La soluzione (suggerita dall’ultimo sbandieratore) era tirare dritto, poi tenere la destra a tutti gli incroci, rimanendo insomma sull’argine del canale, a battagliare con le zanzare fino alla risalita finale sull’argine del Po, quando i Gps avevano segnato da un pezzo il km 21 e invece mancava ancora qualcosa fino al traguardo che avevamo visto prima del tramonto (foto 6-7) e ora è illuminato come nella foto 17.

All’arrivo, ci aspettano acqua e birra ghiacciata, una medaglia di legno autentica (la mia ha venti cerchi), un sacchetto ristoro e la possibilità di una modesta risciacquatina negli adiacenti bagni pubblici, aperti ancora dopo le 21 (segno di civiltà, a differenza di quanto capita nelle città insigni dove se hai un certo bisogno devi cercare un cespuglio, e le poche fontanelle pubbliche sono in genere fuori uso).
E’ stata una faticaccia, ma anche l’occasione per conoscere delle aree cosiddette (ex) depresse, come Codigoro (foto 2-3) o la spiaggia di Volano, dove eravamo stati qualche settimana fa dopo la corsa di Pomposa. D’accordo, il mare non sarà quello di Sicilia o Sardegna, ma qua almeno i boschi non bruciano, e alle 9 di sera i 25 gradi possiamo anche considerarli una temperatura accettabile. E' stato anche l'addio alle mie scarpe, ormai scarpacce, Asics gel Pulse H, comprate nel 2015 da Decathlon che me le fece pagare 50 € contro gli 88 del listino; mi hanno accompagnato in 7 maratone, compresa l'ultima New York personale del 2016, e da ultimo nelle tre maratonine autogestite per prati e boschetti corse durante il lockdown di aprile-maggio 2020. Dalla foto 23 vedete che hanno già prestato il loro servizio: deo gratias, amen.

APPENDICE. 28 MARZO 2011. Giancarlo Corà e la rinascita della Maratona di Ferrara (cronaca d’epoca)

Molto nobile l’idea dell’attivissimo Corà, e del team che organizzava la grande maratonina di Ferrara, di subentrare alla vecchia e non meno gloriosa organizzazione della maratona di Vigarano (la cui decadenza cominciò proprio col trasferimento a Ferrara), che nel 2010 aveva gettato la spugna protestando, fra l’altro, contro la concorrenza sleale di Treviso (oltre che quella, meno prevedibile, di un turno elettorale). E se è destino che Treviso intralcerà sempre una maratona emiliana (nel suo gioco di squadra, più o meno voluto, con Roma: prima vittima, temporibus illis, fu Piacenza), era tuttavia giusto che una delle culle del maratonismo italiano e una delle regioni dalla pratica podistica più elevata e popolare ritrovassero la loro maratona, apprezzata non per i coloured strapagati ma per la partecipazione di noi ‘poveri’, dilettanti puri (al limite della risparmiosità e della taccagneria).
Dieci euro per l’iscrizione fatta fin dall’anno scorso (e ricordo Corà girare appassionato per tutte le manifestazioni in regione, a raccogliere moduli compilati), 30 euro come cifra massima pagabile alla vigilia, sono quasi da record ovvero da medaglia dei servizi sociali. Tanto più che la rinuncia a una data forte come quella di metà febbraio, che radunava migliaia di appassionati per la mezza e le gare minori non competitive, potrebbe aver privato gli organizzatori di un incasso certo, a fronte di spese per la maratona che sono indubbiamente elevate. Ad esempio il controllo del traffico, rigorosissimo quasi ovunque, ha visto impiegati centinaia di addetti e decine di vigili, polizia stradale e simili: e vada ad onore del team la frasaccia che ho sentito da un fighetto su auto di lusso, bloccata sui viali di Ferrara al nostro secondo rientro, verso mezzogiorno: “Dovreste correre alle 5 di mattina!”; e la risposta fiorita sulla bocca di un podista: “Alle 5 siamo a letto con tua moglie, corriamo dopo!”. A parte che alle 5 di stamattina (se non prima) ci eravamo davvero alzati, noi delle province limitrofe, complice l’inutile ora legale (i cui vantaggi sono paragonabili ai blocchi settimanali del traffico d’inverno, cioè lo zero virgola) e la situazione dei parcheggi ferraresi, non a ridosso della partenza.
Con tutto questo, alla fine la maratona registra 644 arrivati (su circa 800 iscritti; più i 1100 della maratonina), finalmente un italiano (modenese!) al secondo posto: molti meno dei 2200 di Treviso, ma un progresso rispetto ai 500 scarsi delle ultime edizioni 2008 e 2009 della Vigarano/Ferrara; e si consideri l’altra concomitanza della vicinissima Milano Marittima-Ravenna, che ha portato via altri 300 potenziali podisti, oltre alle maratone o “lunghe” minori organizzate in altre regioni. Evitata invece, una volta tanto, la concorrenza della frequentatissima maratonina e corsa regionale di Pieve di Cento, a 30 km.

Diciamo delle tante cose belle, che rendono comunque positiva questa esperienza: intanto, Ferrara è una città tra le più belle d’Italia, e il giro pressoché completo attorno alle mura, circondate da prati dove sgambavano jogger, giovani famiglie con bimbi e cagnetti; il costeggiamento dell’antico Po di Volano, su cui passeggiarono Ariosto e Copernico; l’arrivo dentro il Castello, sono cose che restano nel cuore.

Quanto ai ristori nostri, va elogiata la distribuzione su più tavoli lungo un centinaio di metri ogni volta; un po’ meno la qualità, perché se l’acqua abbondava sempre (e andava a spreco, in bottigliette troppo grandi), e non mancava una misteriosa bevanda idrosalina (abbastanza diluita!), la frutta (mele o arance) compariva solo dal 15, con biscotti dal color di cioccolato, l’uvetta verso il finale (salvo che non me l’avessero mangiata tutta i 460 che mi hanno preceduto!), banane mai. Regolamentari gli spugnaggi, salvo che al principio le spugne erano poche, più avanti venivano pescate da vaschette con acqua stagnante e sempre più marrone, dove non osavo nemmeno intingere la mia spugna personale. Molto abbondanti peraltro gli addetti, anche con passaggio al volo delle bottigliette. Buono il ristoro finale, dove finalmente compariva il tè mancato per tutta la corsa; da notare anche l’offerta del tipico pane ferrarese, purtroppo chiamato Italian Bread nella pubblicità del principale sponsor (il cui nome domina anche la medaglia). Più che adeguato, sempre rapportando al prezzo, il pacco gara, forte di una maglia tecnica a maniche lunghe (ma oggi, coi suoi 20 gradi, era il primo giorno dell’anno che ho corso in maniche corte!), alimentari (incluso aglio tipico!) e bagno schiuma che portavano molto su il peso.

Dopo il traguardo, molti colleghi cercavano le docce che ai tempi gloriosi erano sotto tendoni militari a cento metri dal traguardo (fatto che io ho sempre portato ad esempio, contro quelle maratone opulente che risparmiano sulla doccia); in mancanza di cartelli indicatori, li ho portati alle docce pubbliche della darsena, indicate sul sito, a 5-600 metri e sottodimensionate fin dai tempi della sola maratonina (mi ricordano, un po’ in meglio, le code che si fanno a Russi). Se non altro erano comode al parcheggio, che però si pagava (sia pure la miseria di un euro).

Baragazza (BO), 1° agosto. “Signore mio, cosa hai messo insieme questo 1° agosto!”, ha esclamato Herr Bragagna dopo le due medaglie d’oro italiane (rectius: una e mezza) di questo pomeriggio. Nel mondo piccolissimo delle corse amatoriali su strada, anche sull’Appennino bolognese si è verificato un evento fuori dell’ordinario di questi due anni: una gara non competitiva, senza classifiche, senza la gherminella delle “gare nazionali”, e persino (ma diciamolo sottovoce) con le docce e quasi senza mascherine…

Sarà un caso, ma l’evento è accaduto esattamente 17 mesi dopo quel 1° marzo 2020 in cui, a Vaiano (comune confinante con Castiglione dei Pepoli, sotto la cui giurisdizione si è corso oggi), si era svolta sotto il nubifragio l’Eco del Monte Maggiore, nel giorno che tutta l’Emilia Romagna era diventata “rossa” anche in campo sanitario, col divieto della maratona di Bologna (ma per fortuna Vaiano è in Toscana dove non valevano gli editti del nerovestito assessore alla Salute emiliano). Sono passati dunque 17 mesi, durante i quali il Comitato podistico bolognese è evaporato, e non più di 3-4 gare non competitive sono state organizzate per iniziativa di singole società. Oggi si è ripreso in questa località posta alla base della salita, con relativa Via Crucis, per l’antico santuario della Madonna di Bocca di Rio, originato da apparizioni quattrocentesche e ‘benedetto’ anche, ai tempi belli, dall’arrivo di corse con partenza da Prato.

Pure la gara di questo 1° agosto passava da Bocca di Rio: il percorso corto da 7 km direttamente nel piazzale del Santuario, dove sgorga un’acqua freschissima e ricercata dagli utenti; mentre il percorso lungo, dichiarato di 18 km sebbene il mio Gps ne certifichi 15,8 con 510 metri di dislivello, sfiorava il sito intorno ai km 5 e 12, tra i quali era collocato un piacevole itinerario trail nella “Foresta delle Cottede” (foto 2-10).

Tassa d’iscrizione, i canonici 2 euro, che davano diritto a un pacco gara (due grosse piade e una bottiglietta d’acqua) più 5 ristori d’acqua sul percorso lungo. La conclamata bufera da allerta arancione ha risparmiato i nostri luoghi (tra i 627 metri della partenza e i 1050 del punto più alto, verso il km 8), regalandoci una temperatura ancora un po’ altina, fino al 27 gradi. Partenza “suggerita” alle ore 9, quando però eravamo rimasti in pochi (come testimoniano le foto 23 e 26 di Italo Spina, appositamente giunto da Sassuolo come vedete nelle foto 3 e 12); sarà difficile, dopo un anno e mezzo di partenze ‘a cronometro’ causa Covid, sradicare la consuetudine già anteriore del “partéss prémma”. Ma intanto ce la teniamo, illudendoci che basti a disperdere per l’aria il Sars-Cov-2 (che poi la notte prima, ad Argelato BO si sia svolto un rave party, ovviamente no mask e free sex&drug, dovrebbe far capire agli assessori no pod chi sono gli ‘untori’).

Gara classica, giunta alla quarantesima edizione, ben segnalata (tranne forse il paio di km più trail, su per una carraia sassosa, dove una freccetta ogni tanto ci avrebbe confortato, mentre non mi restava altro che guardare le spalle della Signora Ceci), e popolata finalmente di tanti camminatori e amatori senza bisogno di certificato agonistico. Restava l’obbligo della mascherina prima della partenza e dopo l’arrivo, e del distanziamento tra 1 e 2 metri: sagge norme, ma un po’ superate dai tempi nei quali noi podisti ci ritroviamo ormai tutti ultramaggiorenni e vaccinati. Ancora utile il tracciamento, cioè il rilascio di una dichiarazione in base alla quale dovremmo essere raggiungibili se si verificasse un caso: ma si sa che il tracciamento è stata la grande lacuna nella gestione italica dell’epidemia, che malgrado misure anche draconiane (mi torna ad apparire l’allora assessore alla salute regionale, che perfettamente vestito di nero, camicia inclusa, ogni giorno in tv digrignava “non è il tempo delle corsette, vi chiudo tutti in casa!”) ha collocato il nostro paese nelle posizioni di coda, quanto a morti e infettati, del mondo civile. E certo, non per colpa dei podisti.

Comunque il peggio è passato, sebbene il rettore del santuario di Bocca di Rio alla fine della messa (foto 13-20) racconti che un certo cardinale non potrà presenziare alle solenni celebrazioni dell’Assunta perché attualmente in missione in Albania; e siccome l’Albania non è Unione Europea, al ritorno il cardinale, seppure vaccinato e negativo ai tamponi, dovrà fare dieci giorni di quarantena (io non credo alla “dittatura sanitaria”, ma alla stupidità dei politici influenzati dai virologi da salotto credo eccome).

Un cartello appeso al portico del Santuario dice “sono più le occasioni perse di quelle sfruttate, questo è il vero peccato”. Ma aggiunge una cosa che vale anche per noi modesti podisti della domenica: “vorresti essere migliore di quanto ci è concesso di essere? Non pretendere di essere più bravo, accetta di essere quello che sei”.

Mira il tuo popolo, o bella Signora – che pien di giubilo oggi ti onora: e alla fine della gara o delle celebrazioni, dopo usufruito anche (per chi voleva) della doccia calda messa a disposizione nel luogo di ritrovo (anche questa, la prima bolognese dopo 17 mesi) ha riempito ogni tavolo dei ristoranti, dalla cucina prevalentemente toscana tra ribollita e cinghiale, in tutto il comune.

29 luglio – Nonostante la stagione estiva ormai avanzatissima, la quarta prova serale del Challenge Circuito di Fiorano ha radunato sulla pista di atletica di Spezzano, a ridosso del fresco delle colline, 120 atleti (di cui 40 donne) sulle due prove degli 800 e 3000 metri, addirittura incrementando di una dozzina di unità i partecipanti all’ultima manifestazione del 24 giugno.

Non diremo di Yoannes Chiappinelli, che doveva venire ma non è venuto, perché la nostra simpatia va ai corridori amatoriali molto più che agli stipendiati dalle Forze Armate; per fare un nome, a quel Giancarlo Bonfiglioli, cinquantenne che di giorno costruisce case, alle 8 di sera si allena nelle stradette di periferia o, quando può, va alle manifestazioni come questa. Oggi ha concluso i suoi 800 metri in 2:10 che valgono 846 punti e lo piazzano al sesto posto nella classifica generale compensata.

I giochi, per lui e tutti gli altri, si completeranno con i diecimila su strada programmati a San Donnino (casello Modena sud) il 19 settembre: allora avremo i verdetti di questo originale tentativo del Modena Runners Club (di cui abbiamo già parlato) di compenetrare pista e strada, fondo e mezzofondo, corridori di tutte le età che possono confrontarsi con colleghi ricevendo la giusta valutazione delle loro prestazioni senza avvilirsi nelle penose “premiazioni di categoria”.

Vediamo intanto cosa è successo nella quarta prova (terza e ultima in pista tra quelle valide per il Challenge). Dei 40 finisher maschi sugli 800 metri (divisi in 4 serie) ben 11 sono stati sotto i 2 minuti: il podio ha visto premiati:

 

1

2I

41

SQUASSINA Filippo

2001

PM

BS521 FREE-ZONE

1:51.48

2

4I

21

GAVASSO Sebastiano

1997

SM

VI626 ATL.VICENTINA

1:51.76

3

5I

6

BIZZOCCHI Wondwosen

1992

SM

BO007 S.E.F. VIRTUS EMILSIDER BO

1:52.59

 

Tra le 19 donne, hanno primeggiato

 

1

2I

99

TESSARO Gloria

1991

SF

VI626 ATL.VICENTINA

2:16.65

2

4I

11

DALLASTA Stefania

1987

SF

FI007 TOSCANA ATL.EMPOLI NISSAN

2:17.38

3

2E

1

AVANZINI Matilde

1997

SF

PR436 CIRCOLO MINERVA ASD

2:18.86

 

Sono poi partite le 6 batterie (2 femminili e 4 maschili) dei 3000 metri, che sostituivano come da programma i 5000 delle prime due serate. Anche qui, buoni tempi per i primi, con netta prevalenza del reggiano Bergianti davanti a due atleti ‘d’importazione’:

 

1

52

BERGIANTI Andrea

1986

SM35

RE106 CALCESTRUZZI CORRADINI EXCELS.

8:46.77

             

2

51

BAZHAR Taoufik

1979

SM40

MO459 ATLETICA MDS PANARIAGROUP ASD

8:58.01

 

 

 

 

 

EQUIPARATO/A

 

             

3

48

ALI Islam

2000

PM

CO912 MULTISPORT CANTU' 2012

9:02.30

 

 

 

 

 

EGIPT

 

 

Tra le 21 donne ha vinto con altrettanta nettezza Fiorenza Pierli (seconda nel precedente turno sugli 800, e già capofila della classifica master):

 

1

29

PIERLI Fiorenza

1980

SF40

RE106 CALCESTRUZZI CORRADINI EXCELS.

9:49.23

2

37

VETTOR Giulia

1994

SF

PR068 C.U.S. PARMA

10:03.51

3

23

FABRIS Marta

1991

SF

VR835 A.S.D. TEAM KM SPORT

10:10.63

 

La prestazione della vincitrice vale 984 punti e le fa portare il vantaggio sulla seconda (Lara Gualtieri, oggi assente) a quasi duecento punti. Va comunque notato che valgono solo le due migliori prestazioni, e dunque basta aver partecipato a due prove su pista per concorrere all’esito finale decretato dalla strada a settembre.

La Pierli è l’unica delle prime cinque donne master ad aver partecipato a tre prove, e dunque a dover scartare un risultato; mentre le sue rivali si sono presentate, tutte, due sole volte. Tra esse era presente questa volta la reggiana Daniela Paterlini, giunta ottava nei 3000, che ha scalato posizioni ritrovandosi ora al terzo posto assoluto.

La classifica del Challenge maschile issa al momento sui primi tre posti tre atleti che avevano saltato la penultima prova e dunque non hanno ‘scarti’: Manuel Dallabrida (M 45, oggi quinto assoluto nei 3000), Marco Moracas (M 60, 23° nei 3000) e Taoufik Bazhar (M 40), come si è detto secondo nei 3000, ma penalizzato quanto a punteggio dall’età relativamente più giovane. Tra il primo e il terzo intercorrono 150 punti, dunque l’esito finale sembra più incerto che tra le donne.

Grande soddisfazione per l’esito delle quattro serate da parte della società organizzatrice, che dopo aver raccolto le masserizie e riconsegnato ‘pulito’ il campo di gara, ha festeggiato con una festosa ‘pizzata’ (a prevalenza vegetariana) in un locale sassolese.

26 luglio - Nei tempi ante-Covid-natum, per S. Anna (appunto oggi) i coordinamenti podistici modenese e reggiano si gemellavano in una gara sulle colline di Castellarano (bè, per i nostalgici duri e puri era esistita anche, in un’altra frazioncina chiamata Sant’Anna, una camminata dell’Unità, sepolta però dalle macerie del Muro).

Poi è successo quello che sappiamo, e dalla fine di febbraio 2020, salvo iniziative isolate di singole società, non ci sono più state le classiche gare non competitive di massa. In provincia di Modena si è ricominciato da poco più di un mese, ma – salvo un paio di casi, come al Club Giardino di Carpi, o in altri luoghi collinari dove però ci si orientava verso il tipo-escursione  – sempre in forma competitiva; cioè niente camminatori o comunque non agonisti, quelli che numericamente costituivano forse l’80% della massa podistica.
I quali invece sono stati invitati a Sassuolo, con la benedizione del Coordinamento modenese e la presenza prestigiosa dello speaker Brighenti richiamato d’urgenza da Livigno, addirittura per una corsa nuova, fortemente voluta dal “Gruppo sportivo Totip” di Pippo Ansaloni (foto 15 del mio albumino messo insieme come al solito dal Mandelli: https://podistinet.zenfolio.com/p459607342 ), storico gestore di una tabaccheria e ricevitoria sportiva a pochi passi dalla partenza.
E’ vero che il “piazzale Porrino” indicato dal volantino è ignoto a tutti i navigatori e Gps, e pochi minuti prima del primo via (la partenza era consentita tra le 19 e le 20) abbiamo incontrato nel centro di Sassuolo l’altra presenza di grido del fotografo Italo Spina (foto 1-2-3, e alla meta nella foto 9) che, in assenza della coniuge, cercava appunto il ritrovo (tempestivamente raggiunto invece dal collega Nerino, che ha già scattato le prime decine del suo mezzo migliaio di foto https://podistinet.zenfolio.com/p262814954 ).

Chiedendo e tirando a indovinare, abbiamo trovato tutti il posto, poco dopo la chiesetta di S. Anna (appunto: foto 4-8 del sottoscritto), al confine della zona pedonale tra i due parchi Ducale e Vistarino, ampiamente usufruiti dal podismo locale.
Vabbè, quanto a fake news circolava anche, su una chat di podisti, la notizia di una imminente grandiosa eclissi lunare, la più estesa mai vista… salvo che era un’eclissi di tre anni fa. Almeno piazzale Porrino esiste, sebbene avrei da ridire sulla mania di rinominare le strade ad ogni cambio di regimetto (che a Sassuolo avviene regolarmente, e ce ne accorgiamo dall’apparizione o scomparsa del nome dialettale Sasôl sui cartelli stradali) o ad ogni suggerimento della moda. Vuoi celebrare uno? Dagli il nome di una strada nuova, e lascia in pace quelli di via Belmeloro che adesso si trovano in via Andreatta, dando un’ulteriore scusa alle poste per non recapitargli la corrispondenza.

A ogni modo, nel nostro luogo iscrizione supereconomica, anzi sottocosto, perché ai rituali due euro della tariffa pre-Covid corrispondono una bottiglia di lambrusco di marca e una bottiglietta di minerale (oltre a un buono sconto del 20% per acquistare altro vino). Si continua la formalità della autodichiarazione e del tracciamento, ma comincia ad aprirsi la possibilità di esibire il green-pass spazzaproblemi, e di fare a meno delle mascherine (gli spazi sono tutti all’aperto, e meno male che la grandinata pomeridiana si è conclusa da tempo, lasciando solo una benefica scia di aria fresca, facciamo 27 gradi): ma la signora Ceci usa la mascherina anche nel primo giro, poi saggiamente la toglie (rinunciando però agli elogi dai suinifici partenopei).
Non ci sono ancora le tende né il deposito borse, ma Brighenti sa provvedere pure al controllo de visu e collaborare alla gestione del traffico, sulla base del tormentone “A m’arcmand, a v'aspet tott!” reso 'virale' (come si dice oggi) da un tardo imitatore del rimpianto Gianni Vaccari (foto 9-11).

Il percorso è misurato, forse con un po’ di generosità, in 3,7 km, che raddoppiati diventerebbero 8,4 (sic) secondo il volantino, diciamo 7,0 secondo il Gps. Qualche dubbio viene nella piazzetta un tempo adibita a ritrovo delle tende, dove qualche freccia resa poco visibile dalle auto parcheggiate può indurre a svoltare troppo presto (foto 19-20, e nella 21 si vede la parte nord del tracciato che minaccia di esser esclusa). Ma l’importante è ritrovare i vecchi amici che avevi perso da un anno e mezzo (a parte i superagonisti alla Paolino Malavasi, che si era preoccupato non vedendomi nei ‘suoi’ ultratrail dell’ultimo mese; però dalle foto di oggi non mi sembra corra a un gran ritmo, a differenza dell’austero e solitario prof ligure di San Donnino che si impegna allo stremo anche nelle corse attorno al condominio e schiaccia il cronometro nel millimetro esatto del traguardo…); riecco la storica coppia sassolese Franca-Evaristo alle iscrizioni (foto 25-26 di Nerino), la premiata ditta cioccolatiera Bandieri da Formigine (mia foto 12), la farmacista Rossana, di Maranello con estensione sportiva fino a Formigine; Nossa Senhora Auxiliadora do Brazil con marito sassolese un passo indietro e un po’ su di peso (foto 282 e 426 di Nerino), Mameli a cui il lockdown ha prodotto un significativo rialzo dei globuli rossi e presto riprenderà a suonare il suo Inno al podismo; la giovane e graziosa podista-stretcher delle foto 16-18, e soprattutto (per quanto mi  riguarda) il Giuseppe Cuoghi della Cavazzona, che ribadisce la compaesanità con Raffaella Carrà (altrocché ‘bolognese’ o igeotamarina: suo cugino Athos Pelloni era il più grande produttore di formaggio della Cavazzona, oltre che driver e possessore di cavalli da corsa, su cui Cuoghi scommetteva arrivando a vincere quasi come il suo stipendio da bancario costretto alle trasferte quotidiane in pullman fino alla sede obbligata di Verona….).

Insomma, anche tagliato il traguardo sotto gli scatti di Nerino e Italo, non si vorrebbe mai venire via: Brighenti conversa amabilmente senza microfono, anche i cioccolatieri di Formigine indugiano a festeggiare, adesso che il buio nasconde gli orrori edilizi di Sassuolo, mentre le luci artificiali illuminano le bellezze che Nerino va a passare in rassegna. Consoliamoci che il gruppo Totip dà appuntamento, tra poco più di un mese sempre da queste parti, per la Sassolissima Night; il resto, dopo un ultimo passaggio dalla contigua pista di Fiorano giovedì prossimo (dove correrà Yohannes Chiappinelli), ce lo diremo allora.

4 luglio – Ripartono le non competitive Fiasp, in quel territorio della Bassa lombarda (unito alla Bassa emiliana, Mirandola e dintorni) che è sempre stato il nocciolo duro del podismo all’antica, fatto più di “bagulament” in allegria che di agonismo cronometrato (c’è spazio per gli uni e per gli altri, a saperlo trovare, come c’è un tempo per vivere e un tempo per morire secondo il Qohelet).

Paradossalmente, il Covid ha trasformato in quasi-regole quelle che apparivano eccezioni a malapena tollerate, come la partenza libera e a gruppetti ridotti se non addirittura individuali: in quest’anno e mezzo in cui personalmente (e alla faccia degli iettatori squalificati) mi sono fatto un sacco di competitive lungo mezzo Stivale, mi è capitato spesso di partire da solo o comunque distanziato dai colleghi. Beninteso, col chip che alla fine dava a ciascuno il suo tempo e la sua classifica.

Prima, molto spesso avevo biasimato (e non me ne pento) l’anarchia delle partenze nelle gare non competitive: pazienza le fiaspate, che hanno nel non-agonismo e nell’apertura a tutti il loro fulcro vittorioso, ma continuava a seccarmi la gente che, convocata per le 9, partiva alle 8,30 onde approfittare dei ristori finali prima che arrivassero i corridori rispettosi degli orari, e come cavallette infilava nelle proprie bluse o sportine della spesa bottiglie e panini e dolcini trovati sui tavoli dell’arrivo.

Ma non era il caso di oggi: qui sulle due sponde del Po vige un podismo fatto anche di camminatori, di anziani che domenicalmente si ritrovano per raccontarsi i loro fatti, dove nessun giudice al traguardo stabilirà che Pinco Palluccio ha vinto la categoria M 75 correndo a 7:30/km e battendo l’unico altro concorrente che avendo una gamba sola ha fatto i 12’ a km.

Qui si arrivava al ritrovo (uno di quei meravigliosi centri del Mondo Piccolo di Guareschi, o se volete un Rio Bo di Palazzeschi: un argine, una chiesina, un prato di fianco, una strada sola che finisce nella scalinata contro l’argine), si pagano 2/2,5 euro per l’iscrizione, si riceve un pettorale con nome-cognome-anno di nascita, ci si incammina quando si vuole, e al traguardo ti danno un chilo di pasta e un po’ d’acqua o di tè da bere (se va bene, c’è anche la lingòrria, mentre è ormai finita nel mito degli estinti la polenta col lardo ad la Tajada).

Quando impari dal calendario l’esistenza di questa Marcia di Scorzarolo, se non sei di queste parti devi per forza consultare Google Maps e altre fonti, da cui apprendi che:

Nella frazione o località di Scorzarolo, in 39 case risiedono centodiciannove abitanti, dei quali cinquantotto sono maschi e i restanti sessantuno femmine.

Vi sono cinquanta individui celibi o nubili (ventisei celibi e ventiquattro nubili) quarantasette individui coniugati o separati di fatto, e sei individui separati legalmente, oltre a due divorziati e quattordici vedovi.

A Scorzarolo risiedono quindici cittadini stranieri o apolidi, sette dei quali sono maschi e otto sono femmine. Sul totale di quindici stranieri 6 provengono dall'Africa e 9 dall'Asia.

Non c’è banca né farmacia né albergo (un meraviglioso ristorante “Terrazze sul Po” lo vedremo però in gara). Bè, cinquanta celibi su 119 è una bella cifra per i cacciatori/cacciatrici di sistemazione e magari di cittadinanza... Basta sopportare in un anno otto mesi di nebbia e quattro di zanzare, e si vive benissimo. Anzi, lo raccomanderei. In questi posti il tempo scorre più lentamente: se giri con l’auto, devi mettere nel conto che ogni tanto devi fermarti perché due che si sono incrociati davanti a te si fermano a chiacchierare sulla raccolta dei pomodori o sugli storioni del Po o su dove avranno sepolto Saman (io punterei su queste parti, non su quelle dove la cercano: a scavare la sabbia o il fango del Po basta una paletta da bambini..).

Poi si cerca di capire il perché del nome della gara, scoprendo che "i Bagulun da Scursarol" sono una associazione di volontariato addetta alla cura e gestione del verde pubblico, organizzazione di feste, sagre e mercatini, tra cui la processione del venerdì santo, la sagra del Paese, la Cena sotto le stelle; e naturalmente questa corsa.

Mah, con tanti bagoloni che imperversano a pagamento in tv per spiegare che la vaccinazione eterologa va male, anzi va bene, anzi va così così, mi sembra che questi almeno qualche cosa concreta sappiano farla.

Parcheggio più che sufficiente di fianco alla partenza; percorso segnatissimo (magari – oso dire – misurato un po’ con l’elastico, dato che i 12 km dichiarati saranno grosso modo 10), in parte sull’argine del Grande Fiume, in parte nella campagna fertilissima dove i malghetti sono un bosco che fa ombra, e i canali garantiscono acqua perenne per le colture (zucche come da queste parti non nascono in nessun altro posto).

Dopo meno di mezzo km una rampa porta sull’argine, verso la confluenza dell’Oglio e il mitico ponte di chiatte di Cesole. Tante altre chiatte sono arenate e servono da casette private, o chissà, da ristorantini con attorno una balera come usava nei tempi del miracolo economico, a da pied-à-terre per cena romantica con una delle nubili di cui sopra: confesso che oggi, ogni tanto devio dal percorso per visitare posticini affascinanti, tanto non devo battere nessuno, e anzi è bello quando raggiungi qualcuno fermarsi a scambiare le impressioni.

Purtroppo fra le prime notizie che ricevo c’è quella della scomparsa del grande Franco Pederzoli da San Martino in Rio: 76 anni, se ne è andato in fretta lunedì scorso. Podista navigato, più volte finisher del Passatore, organizzatore di camminate nella sua zona (citerò solo l’ultima, la Tre Sere di Correggio), fino all’estremo si era impegnato nel sociale: mi dicono che nell’ultimo anno, in tempo di pandemia, passava tutti i giorni a controllare che nella mensa scolastica tutto fosse a posto e in sicurezza, e se qualcosa era rotto, lo sistemava lui. Di Uomini come Franco ce ne sono sempre meno (lo dico anche dopo aver raccolto alcune confidenze che mi faceva): santo subito, aggiungo.

E continuiamo, come ci avrebbe detto di fare anche lui: un primo ristoro si apre a fianco di una meravigliosa villa nel verde adibita ad agriturismo, un secondo è sull’argine di un canale dal nome dialettale. Il fotomontaggio di Mandelli vi dà un’idea del fascino impensato di questi luoghi.

In tutti i ristori ci si ferma a scambiare qualche bagolada: con Sara, signora bionda di classe, che a Novi gestisce con Claudia il negozio di una azienda vinicola con sede centrale al Cavezzo, e garantisce la bontà del suo lambrusco; con Uber da Viadana, compagno di tanti ultratrail (rievochiamo la notte passata nel seminario di Bobbio, con Mario, alla vigilia della Abbotts Way). E mi permetto una deviazione anche verso una casetta di campagna, dove quattro micini nati da poco cercano affetto.

Si sale di nuovo sull’argine, ed ecco riapparire Scorzarolo, come apparve a Guareschi il paesello che poi divenne l’immagine-tipo del borgo di Peppone e don Camillo. Ma no, non deve finire così presto: tiro dritto lungo l’argine, arrivo fin dove quattro-cinque persone stanno facendo il bagno in Po (come lo facevo io nell’estate del 74 quando non avevo i soldi per le spiagge ufficiali): poi ridiscendo con calma verso le 39 case e le 24 nubili di Scorzarolo.

C’è un po’ di afa e, come prevedibile, i vestiti sono mogli di sudore: ma a cinquanta metri dal traguardo c’è una meravigliosa fontanella pubblica (di quelle che dovrebbero rendere obbligatorie in ogni paese e città), e complice il poco affollamento riesco a ripulirmi alla perfezione. Così da essere pronto per ripercorrere il ponte di Cesole, mai così in pendenza (un tipo in Panda si blocca sulla salita beccandosi le maledizioni di chi deve passare); e puntare poi su Sabbioneta, una delle cittadine più belle d’Italia (parola d’onore), organizzatissima nella tutela e visita dei suoi monumenti. E dove un pranzo per due, in una centralissima bottega-ristorante, compreso dolce, vino (un lambrusco mantovano che sa ancora d’uva), acqua Lauretana (alle cui fonti avevo appena corso, in quel di Biella), e caffè costa 27 euro. Si spende di più mangiando a casa.

Altro che cashback annullato due giorni prima dell’avvio, con tipica decisione da Repubblica di Bananas. Oggi posso dire di essermi ripagato, e non solo nel portafoglio, i 190 km di viaggio fatti per venire alle 39 case di Scorzarolo e alle stupende geometrie di Sabbioneta.

 

SERVIZIO FOTOGRAFICO - CLASSIFICA GENERALE - 26 giugno - Dopo la forzata interruzione del 2020, si è svolta nel tardo pomeriggio di sabato la seconda edizione dei “Diecimila della bilancia”, una gara che già al suo esordio nel 2019 aveva suscitato commenti molto favorevoli http://podisti.net/index.php/cronache/item/4351-la-prima-10-km-di-campogalliano-corsa-e-birra.html

e quest’anno si presentava come campionato regionale Uisp sui 10 km oltre che come prima gara competitiva stradale in provincia di Modena (una delle più pigre a ripartire, come si è già lamentato).

Non sarà un caso che ad organizzare questa gara sia stato lo stesso poliedrico personaggio che poche settimane fa aveva riacceso il podismo nel capoluogo della Ghirlandina, con un 5000 sulla pista del vecchio ippodromo di Modena http://podisti.net/index.php/cronache/item/7289-modena-5000-del-novisad.html:

risponde al nome di Emilio Mori, podista di vaglia, e nella vita ex fonditore e idraulico, poi pianista, regista radiotelevisivo e infine organizzatore di eventi sportivi.


L’abbinamento Uisp ha pressoché quadruplicato i partecipanti, e il tetto prestabilito dei 300 (prudenzialmente limitato causa le fatiscenti norme anticovid, proprio nella città dove risiede il presidente della regione) era stato raggiunto vari giorni prima della scadenza, con un doppio svantaggio: molti che lo desideravano non hanno potuto iscriversi, e d’altra parte le troppo favorevoli condizioni di iscrizione (dai 10 ai 15 euro a seconda delle date, ma da pagare solo il giorno della gara) ha fatto sì che dei 300 iscritti si siano presentati in poco più di 240, con un discreto danno economico per chi organizzava (e aveva predisposto un pacco gara non male, da asciugamano a maglietta e perfino a “mascherina filtrante precauzionale”: come ‘precauzionarsi’ dalle zanzare mettendo le inferriate alle finestre).

Solo in extremis, coi fattivi uffici della giudice Fidal Simona Neri e il beneplacito del Governatore (lui sì che lo è) Uisp - Fidal –quant’altro Christian Mainini, si è riusciti a sostituire qualche rinunciatario con chi stava in lista d’attesa. Ma un altr’anno sarà meglio trovare un modo per punire i fedifraghi (certo, ci sarà sempre uno che si stira il muscolo deltoide o si becca la variante delta, ma 60 su 300 proprio no).



Ciò nonostante, ampi parcheggi esauriti già un’ora prima del via, peraltro con riserve di posti disponibili entro 150 metri. Preparativi in ghingheri, con The Voice Brighenti, The Advisor Bernagozzi, e lo schieramento di tutti i migliori fotografi tranne Nerino Carri che… correva, dopo aver però piazzato la consorte fotomunita in un punto strategico.

Si è rivista tanta gente che il proibizionismo sembrava aver mandato in letargo, eppure fino al 2019 costituivano il nerbo del podismo modenese: citando a caso, la Ilva da Fossoli, Pivetti da Modena/Formigine (in veste di atleta), il cioccolataio Bandieri Ottanta-voglia-dicorrere, che ha riformato la coppia con Cecilia Gandolfi; e appena fuori dei confini Soraia Pozzi, gli immancabili cugini Giaroli, l’hockeista Cuoghi della Cavazzona (che sportivamente si è aggiudicato il 229° posto, lasciando davanti a sé le 86 primavere di Giovanni Sirotti); e così via.

Circuito di 4 giri, due dei quali più lunghi di circa 400 metri rispetto a quelli “corti”, tutti con passaggio davanti al santuario campestre della Madonna della Sassola, e gli ultimi 500 metri su una ombreggiata pista ciclopedonale con curve abbastanza ‘tecniche’. Ovviamente chiusura assoluta al traffico; un ristoro di acqua, non propriamente ghiacciata, dopo circa 5,500 km, ripetibile nel giro successivo dunque verso l’8.

Ha vinto nettamente Luca De Francesco, 39 anni a breve, accreditato di un 32:14 sui 10mila in pista, due mesi fa, di un più stagionato 32:08 sui 10mila stradali, di 1.09:59 alla mezza di Verona 2020, e di tre under 2:30 alle maratone di Reggio (visto che va forte, sta a vedere che Saverio Fattori e quelli del suinificio lo autorizzeranno a farsi i selfie).



Qui ha celebrato il suo fresco tesseramento per i Modena Runners con un 32:18 in progressione: quelli della mia stazza, intenti al loro secondo giro, sono stati doppiati dai primi due, al loro terzo. Era ancora in testa Mamadi Kaba dalla Guinea ma tesserato Castenaso, ma la gente tifava Luca e lo spingeva “dai che lo prendi!”,  e così è stato, con un vantaggio finale di 29 secondi, e di un minuto e mezzo su Marco Ercoli, il ‘gemello’ che già avevamo ammirato in pista a Spezzano. Seguono i migliori nomi del podismo regionale, inclusi alcuni già presenti nel 2019: sesto William Talleri (terzo nel 2019), 9° Federico Davoli (ottavo due anni fa), 19° Paolo Calamai, cui basta peggiorare 21” per perdere 14 posizioni, a riprova di quanto si fosse elevato il livello qualitativo.


Appena dietro Calamai arriva la vincitrice femminile, Federica Proietti della Corradini, che con 37:09 precede di un minuto e mezzo la compagna di squadra, altra habituée della pista di Spezzano, Fiorenza Pierli. Un’altra ‘spezzanese’, e protagonista annunciata, Laura Ricci, sembra incappi in una crisi e abbia bisogno del compagno di squadra Andrea Rovina per chiudere quinta in 40:54. Ottima cosa è l’acqua, esordiva Pindaro, e anche l’oro, ma noi tesseremo le lodi di Giuseppina Luongo, del Lamone, che arriva ultima donna, ma terza della sua categoria, in 1.14:34.

Ce n’è di che sbizzarrirsi per Roberto Mandelli, concittadino del Pessina goleador azzurro, che sulla base delle foto più o meno amatoriali ricevute si profonde in fotomontaggi d’arte, affiancando anche (con un atto di forza) il vincitore a braccia alzate, il sottoscritto intento a dribblare Italo e Morselli, e il gruppetto di Simona Neri nel momento in cui William Talleri affianca e supera. Contento lui, contenti tutti quelli che erano a Campogalliano in questa elettrizzante serata di un sabato italiano.


24 giugno – Due gare, sugli 800 e i 5000 metri, nella seconda puntata del “Challenge Circuito di Fiorano”, organizzato nella frazione di Spezzano da Modena Runners Club (della prima serata abbiamo già detto http://podisti.net/index.php/cronache/item/7317-il-podismo-accorre-alla-pista-di-fiorano-per-una-festa-innovativa.html )

Hanno concluso la propria corsa 66 atleti (di cui 24 donne) sugli 800, e 42 (con 8 donne) sui 5000, gara che ha registrato uno spettacolare incremento tecnico, con ben 7 corridori sotto i 15 minuti, tutti nella prima delle tre manches maschili (più una femminile), cui ha assistito Stefano Baldini al seguito dei suoi ragazzi.

Ha vinto abbastanza nettamente Luis Matteo Ricciardi, ventottenne della Sacmi di Imola (tre atleti piazzati nei primi 9), con quattro secondi e mezzo sul secondo.

1          83        RICCIARDI Luis Matteo      1993    SM      BO014 ATL. IMOLA SACMI AVIS            14:34.09         

2          60        CASINI Marco           1999    PM      MO403 DELTA ATL. SASSUOLO 14:38.52

3          84        ROSSI Davide           2000    PM      MO052 A.S. LA FRATELLANZA 1874     14:40.68         

 

Tra i primi dieci, ben tre ragazzi del 2003; agli ultimi due posti, due M 70, che potrebbero essere nonni dei primi e hanno replicato migliorandola la prestazione della prima serata.

Le otto donne sono state regolate dalla ferrarese 49enne Chiara Damiani in 20:09, 41 secondi davanti alla reggiolese Rita Bartoli.

Giovanissimi in cattedra, come era da aspettarsi, negli 800: ha vinto in 1:54:95 il diciannovenne Marlon Bettuzzi della Fratellanza, davanti al sedicenne Kevin Lodi. Il primo master è decimo, il quarantasettenne Alessandro Bianchi, con un più che rispettabile 2:04 .

 

1          10        BETTUZZI Marlon    2002    JM       MO052 A.S. LA FRATELLANZA 1874     1:54.95           
2          25        LODI Kevin   2005    AM     VI614 G.A. BASSANO        1:55.91           

3          20        FERRETTI Roberto   2001    PM      RE106 CALCESTRUZZI CORRADINI EXCELS.            1:56.11

 

Tra le donne ha prevalso la ventitreenne Giada Fuligni con un secondo scarso su Fiorenza Pierli, che di anni ne ha 18 in più ed era stata seconda anche nella prima giornata sui 1500 metri.

 

14        FULIGNI Giada        1998    SF       MO497 MODENA ATLETICA       2:14.10

20        PIERLI Fiorenza        1980    SF40   RE106 CALCESTRUZZI CORRADINI EXCELS. 2:15.0

10        DALLASTA Stefania 1987    SF       FI007 TOSCANA ATL.EMPOLI NISSAN 2:15.78           

Aggiornata dunque la classifica ‘compensata’ master, che al momento annovera 55 uomini e 28 donne over 35. Ricordo che per entrare in classifica si potranno scegliere i due risultati migliori dei quattro eventi in pista (i due prossimi, a luglio), sommandoli poi ai 10 km su strada programmati in settembre.

Fiorenza Pierli incrementa il suo vantaggio in campo femminile, dove solo Lara Gualtieri sembra poterla impensierire.

1

PIERLI Fiorenza

CORRADINI RUBIERA

SF40

968

889

 

 

1857

2

GUALTIERI Lara

LA FRATELLANZA

SF45

882

876

 

 

1758

3

CORRADINI Rossella

LA FRATELLANZA

SF55

806

707

 

 

1513

 

Tra gli uomini, assenti stasera i due capofila Marco Moracas e Manuel Dallabrida, passa in testa il ferrarese Luciano Magagnoli, M 65, che dopo i 1500 di due settimane fa stavolta si è cimentato sui 5000 (19:44)

1

MAGAGNOLI Luciano

C. ATL.COPPARO

SM65

797

763

 

 

1560

 

2

VIGNOLI Andrea

ACQUADELA

SM45

747

700

 

 

1447

 

3

GENTILE Fabrizio

MRC

SM45

701

724

 

 

1425

 

 

Ottimi balzi in avanti di altre tre cinquemillisti, Fausto Barbieri, Fabio Poggi e Giacomo Carpenito, ora nelle prime posizioni di rincalzo. E accanto a Carpenito, del comitato organizzatore, vorrei segnalare anche il suo presidente Alberto Cattini, che si è preso un solo intervallo nelle cinque ore della serata (dedite sempre a trasportare premi e consegnarli sotto i podii di ogni singola gara, con mascherina d’ordinanza per l’ultima volta), per correre gli 800 in 2:24: quello che si dice “cantare e portare la croce”.

Ci si ritrova, per chi non va in vacanza, sempre a Spezzano il 15 luglio per una serata dedicata alle staffette, la 4x400 e una più inedita 3x2000.

SERVIZIO FOTOGRAFICO - 20 giugno – Il bosco, o foresta, del Cansiglio (spartito tra Belluno e Treviso, senza escludere Pordenone) non so se rientri nella sterminata popolazione dei “patrimoni dell’umanità” (non capisco nemmeno questa corsa degli enti locali a ottenere il bollino dell’Unesco, con patteggiamenti vari e accordi sopra o sotto il banco), ma è un luogo ben meritevole delle migliaia di turisti che alla festa lo percorrono (con le famiglie, coi cani, in solitudine), a piedi, in bicicletta, a cavallo, e affollano le numerosissime aree picnic, ad onta del fatto che gran parte della zona “non ha campo”, insomma i whatsapp e in molte aree anche gli sms e le chiamate vocali non partono (che bello! un giorno senza telefonino).

Il bosco è curato benissimo (perché i boschi vanno curati, gli alberi tagliati quando è ora: altro che riserva naturale dove edera e rami spinosi soffocano tutto), i sentieri sono ben tenuti, la segnaletica è eccezionale, in più ci sono due musei della gente cimbra e un giardino botanico da perderci un giorno intero. Lascia un po’ a desiderare la ricettività: per esempio il rifugio Sant’Osvaldo, su cui si impernia la gara, sembra sprangato (lo ritroveremo in mani cinesi?); però c’è in giro un sacco di venditori di cibo “da strada”, e i ristorantini al chiuso o all’aperto fanno il pieno e devono mandare indietro i potenziali clienti (tornato dopo la corsa al mio alberghetto, alle 14,30 non c’era più niente da mangiare).

Quanto allo sport, questa è una zona ad alta densità podistica: alla base del Cansiglio, dal lato di Conegliano stanno Cappella Maggiore e Fregona, teatro di storiche maratone su asfalto e su trail (ovvero Troi come si dice nella lingua locale, stupenda varietà di tedesco antico: ae, vae, drae, fire, fife, sese…); dal lato di Alpago, lungo la mitica SS 51 delle Dolomiti, ci sono le corse attorno al lago Santa Croce, e appena più su, Longarone, Zoldo, Cortina...

Senza dire che i nostri organizzatori, con in testa il disponibilissimo Maurizio Simonetti (che vedete nella foto 7), sono di Conegliano, già teatro di una ‘variante’ della maratona di Treviso nonché punto di passaggio della storica maratona che partiva da Vittorio Veneto, ai tempi che Luca Zaia era uno dei promotori; e in un enorme supermercato di Conegliano avviene la distribuzione di pettorali e pacchi gara di questo sabato (ma si poteva anche fare tutto a Pian di Cansiglio la domenica mattina).

Dunque, Bolkènt in Lont von Zimbarn: eccoci tutti, pochi minuti prima delle 8 di domenica, a percorrere il labirinto studiato per le norme o fisime anticovid: prova della febbre (e gli asintomatici?), dichiarazione di non soffrire di anosmia o ageusia (avrei voluto soffrire di anosmia nel mio alberghetto, dove invece l’odore dei porcini fritti impregnava fin la camera da letto; ma per fortuna la “geusia” mi è servita per gustare alcuni dei piatti favolosi serviti in tavola come da menù in foto 3).

Per eccesso di meticolosità, i nostri nomi sono spuntati sull’elenco degli iscritti all’ingresso nell’area, e poi, una volta schierati alla ‘rigorosa’ distanza di un metro, cento per ogni gruppo distanziato di 5 minuti dall’altro, due giudici passano a prendere giù di nuovo i nostri numeri (e se non basta, Morselli ci fotografa tutti). Infine c’era il tappeto dei chip: insomma, era difficile per un ipotetico truffatore padano inserirsi nella corsa partendo, che so, da quota 1350 circa dei km 9-18 (zona del monte Pizzoch) e poi buttarsi alla caccia di premi…

Premi che erano molto numerosi per la gara principe della giornata, una 30 km Fidal che ha visto al traguardo 291 atleti, anche di ottimo livello, e che in campo maschile registra i primi due, Matteo Vecchietti (2h03’31”) e Said Boudalia separati da un minuto, mentre fra le donne Sara Mazzucco (13a assoluta)  ha vinto in 2.29 con 11 minuti sulla seconda, Chiara Moretto (e siccome le due ragazze, partite un quarto d’ora dopo di noi maratoneti, mi hanno superato all’incirca verso il km 15, posso garantire che si tratta di due miss affascinanti, oltre che ovviamente di due atlete coi controfiocchi).

Scaglionamento-Covid a parte, i tre percorsi erano identici sin verso il km 12, quando i 545 cor-camminatori dei 16 km si staccavano scendendo verso la piana del traguardo, per salutare la vittoria di Simone Masetto in 1h11’43, un buon minuto sul secondo, mentre fra le donne Martina Brustolon non aveva rivali per prevalere in 1h25’06.

I colleghi dei 30 km condividevano con noi gli eccellenti ristori nel bosco (circa uno ogni 4 km, troppa grazia: al 18,5 sembrava di essere in paradiso) fino all’appostamento fotografico di Jader Valentinowski, indi al bivio del km 25, poco oltre il citato alberghetto; quando loro erano dirottati verso destra su una stradetta che, volendo, arriverebbe a Piancavallo, mentre per noi stakanovisti della fatica, giunti al punto più basso del percorso a 900 metri slm dopo una fantastica discesa in cui il mio Gps stupiva segnando punte di 5:03/km, cominciava una salita lieve ma costante di una decina di km.

Al posto di un ristoro che ci saremmo aspettati, da un ceppo secolare spunta la scritta “Tutto andrà bene” (foto 32): ma si entra di nuovo nel bosco e nessuno soffre troppo, fino al successivo ristoro del km 29 (come sempre, acqua, tè fresco, uvetta, banane e tanto simpatico ciacolar in veneto/furlano/mòcheno/bisiacco e ostregassa de na beverassa). Siamo sul sentiero 0 ovvero anello del Cansiglio, una riposante stradetta ghiaiata che passa dal sito archeologico neandertaliano del Palughetto e dal Colle Piova, stazione di arrivo di una ferrovia del 1841 a forza di gravità. L’idillio si interrompe al km 39, quando l’ottima segnaletica (guardate nella foto 40 i cartelli portati a valle dopo la fine) ci dirotta verso una discesa di 500 metri, il tratto più trail dell’intero percorso, dopo di che sbuchiamo nell’assolato piano del Cansiglio in fondo al quale, dopo due km abbondanti di strada sassosa nell’afa e nei 24 gradi delle 13/14, torniamo al prato degli ultimi metri, che avevamo percorso baldanzosi di primo mattino.

I primi (Luigi Vivian in 3.11:03 e Fabiola Giudici in 3.39:21) sono arrivati da un pezzo, ma si aspetta fino alle 6h 59 dell’ultimo, mezzo minutino scarso sotto il tempo massimo: a giudicare da quanti eravamo in partenza (due scaglioni), suppongo che ci siano molti ritirati.

Proprio i maratoneti (diciamolo senza arrossire: corridori da serie B rispetto ai campioni della 30 km) sono quelli che vengono da più lontano, e non certo per smania di prosciuttini dato che le premiazioni sono limitate ai primi 5 assoluti, poi allargate anche al primo di ogni categoria: gente da Saronno, dalla Franciacorta, dal parmense, da Città di Castello; c’è il modenese Mauro Gambaiani, con cui rileverei che l’altimetria complessiva misurata dai Gps (1400 metri, contro i 1200 dichiarati dall’organizzazione) equivale a quella per salire dal suo paese nativo, Fanano, fino in vetta al Monte Cimone, e poi discenderne. C’è un discreto numero di bolognesi, tra cui mi concede la rivincita Eduardo Guzman de la Hoz, l’ecuadoregno di Castenaso che mi aveva battuto all’ultra di Firenze ma oggi arriva duecento metri dietro…
Non chiamiamole guerre tra poveri: lasciamo pure che gli ex Atleti con la puzza sotto il naso blaterino sui social, in combutta con gli squalificati invidiosi, che chi corre una maratona sopra le 2 ore e 30 non è degno di farsi un selfie. Siamo dilettanti, che a nostre spese viaggiamo l’Italia per respirare l’aria dei suoi boschi e sentire lo scrocchiare delle foglie sotto le nostre scarpe, e alla fine di gare-modello come questa non troviamo di meglio che sederci sull’erba, sotto gli alberi, a consumare il nostro pranzo al sacco, magari con una grigliatina e qualche bottiglia del vino portato da casa.

Dopo di che, gustatevi pure i felpati duelli stile Italia-Galles dove vincono tutti senza combattere troppo: mi permetto di azzardare, però, che lo sport vero sia il nostro.

SERVIZIO FOTOGRAFICO - 13 giugno – Come si vede dalla nostra homepage, mai così ricca da un anno e mezzo, quest’ultimo fine settimana ha segnato una ripresa del podismo in tutta Italia, letteralmente dalle Alpi all’Etna. Anche l’Emilia, finora piuttosto pigra, e nemmeno troppo celere nel passare dal giallo al bianco (accade questo lunedì), ha ricominciato, e insomma ogni settimana risulta ormai ‘coperta’ da almeno un paio di eventi nel weekend e, più sparsamente, qualcos’altro nelle serate feriali.

La stagione del trail, più gestibile sanitariamente delle corse su strada, sta riprendendo, anche nel bolognese e nel reggiano seppure con gare brevilinee; per le distanze più lunghe la zona parmense è forse la più attiva, grazie soprattutto all’Uisp, dall’Abbots way (peraltro interregionale) a questo “Trail del Pan e Formai”, titolo quasi in rima, giunto all’11^ edizione dopo la forzata sospensione del 2020.

La risposta degli appassionati è stata superiore alle previsioni, dato che i programmati 100 pettorali per ognuna delle due distanze, di 10 km (+450 D) e di 21 km (+900), già esauriti una decina di giorni prima, sono stati accresciuti per la distanza maggiore, che alla fine ha contato 108 classificati (più 4 assenti, come puntigliosamente segnalano le graduatorie ufficiali), in maggioranza parmensi, ma con presenze di un certo numero anche dal reggiano e dal modenese: inclusa la fotografa-top Teida Seghedoni che per una domenica ha abbandonato i piacevoli ozi marini o lacustri per beccarsi i 30 gradi dei 400 metri di Pellegrino (località già nota come punto di passaggio e sosta per la 50 km di Salsomaggiore ideata da Giancarlo Chittolini, e che da qui affronta la salita più dura del tracciato). Vabbè che i 30 gradi della collina diventano 34 al livello padano: insomma, è cominciata l’estate, e oggi davvero non spirava nemmeno un refolo di vento.
Va comunque detto che i ristori, alle canoniche distanze di 5 km (si vede il primo alle foto 58/59) erano ben forniti di acqua fresca in bottigliette, e cibi solidi – assai meno gettonati -. Devo però dire che l’acqua più fresca, sia per lavarmi sommariamente, sia per bere, l’ho trovata al traguardo, nei rubinetti all’esterno degli spogliatoi (dove però non si poteva entrare, a parte le toilettes: vedremo se col “bianco” si oserà di più): sono i rubinetti per lavare le scarpe infangate, ma oggi di fango ce n’era una dose omeopatica e quindi i rubinetti ci sono serviti anche ad “uso interno”. D’altra parte, in queste parti (alta valle dello Stirone, il torrente al cui estremo opposto sono ambientate le storie di don Camilo), c’è la fonte Ramiola da cui sgorga l’acqua minerale Verdiana, si va sul sicuro.

Acqua fresca pure nel pacco gara consegnato alla fine, dove il formai è rappresentato da una gustosa fetta di parmigiano, e il pan da enormi grissini di produzione locale.

Il rispetto (che i comunicati ufficiali accompagnano obbligatoriamente con l’aggettivo “rigoroso”, perché, direbbe Nino Manfredi, se non è rigoroso, che rispetto è?) delle norme anticovid ha portato allo scaglionamento dei partenti in gruppetti da 20/25 atleti, chiamati e ‘spuntati’ nominalmente uno per uno, tenuti a distanza e con mascherina: per fortuna che le coeve cronache dalla riviera adriatica documentano “di mascherine, nemmeno l’ombra” e “movida incontrollata” (Tg3 Emilia-Romagna).
Fra le tante statistiche, utili, inutili o dannose che sono circolate in questi mesi e settimane (over 60? Under 18? 8, 12 o 16 settimane? “vaccinazione eterologa”, l’ultima invenzione di politici e giornalisti sprovveduti con la mente alle anziane signore che si fanno fecondare da non si sa chi??), mi piacerebbe che se ne facesse una sul “tasso di positività” dei podisti praticanti, e sono convinto che sarebbe nettamente inferiore a quello della popolazione in generale. Alla faccia dei droplet che ci saremmo sparati ansimando in corsa a due metri l’uno dall’altro, e che oggi si è ansiosi di farsi sparare nelle discoteche.
Comunque, in duecento siamo a Pellegrino Parmense, chi proveniente da Salsomaggiore, chi da Fornovo attraverso la Varano dei Melegari e dei Dallara (ma ci sono anche liguri e lombardi): misurazione della temperatura (il mio 36°1 diventa 36°9 dopo uno straccio di riscaldamento), autocertificazione, gel e, ripeto, appello nominale. Più di così!

I percorsi corto e lungo sono in comune per i primi 5 km, direi i più antipatici, perché dopo un primo km erboso e quasi in piano, cominciano salite dure e perlopiù su fondo sassoso (vedere foto 35, 61, 125 e seguenti, 172 ecc.): al km 4,500 siamo saliti di 300 metri verticali, cui i “lunghisti” ne aggiungeranno altri 100 nei 2 km successivi.

Tracciato abbondantemente segnalato, con frecce e bandelle (foto 30, 47, 336 ecc.), e perfino un paio di corde alpinistiche nei tratti più ripidi (foto 337). Rispetto all’edizione del 2016, cui avevo partecipato, i Gps mi danno un allungamento di quasi 2 km, ma un addolcimento delle salite che allora risultarono di 1100 metri contro i 1000 dichiarati: oggi siamo nettamente sotto, però la collocazione quasi esclusivamente nella prima metà fiacca i meno preparati, che dal punto più basso raggiunto al km 14 (350 m) devono salirne poco più di 100 in 4 km, trovandosi infine abbastanza spiazzati dalla salita finale, una cinquantina di metri verticali a 800 metri lineari dall’arrivo (vedi foto 337-339).

Parlo ovviamente per quelli del mio livello scarso: un collega, nel sorpassarmi su uno strappo, mi soffia “pensa che poteva andar peggio: poteva piovere!”; ma forse la pioggia ci avrebbe fatto sentire meno la fatica e la sete. Peccato, perché i sentieri/stradine dell’ultima parte sono deliziosi (come nelle foto 149, 184, 290 ecc.) e si potrebbero davvero correre tutti; ma (parlo per me) forse tirare un 5000 in pista giovedì sera e presentarsi a un trail lungo dopo 60 ore non è la preparazione ideale…

Salendo ai piani nobili della corsa, vediamo che la 10 km è vinta da Simone Pau (Italpose, società di Gossolengo, PC) in 48:10, con quasi due minuti su Enrico Fieni ed Elia Trauzzi; ma la prestazione più memorabile resta quella di Isabella Morlini, non nuova a successi in terra parmense, quarta assoluta in 51:14, con 9 minuti di vantaggio sulla seconda. La “prof”, partita un quarto d’ora dopo me, mi raggiunge appena prima del bivio tra i due percorsi, su un sentiero strettino proprio mentre io sto inciampando su una liana, diciamo un rametto orizzontale bloccato dalle due parti. Per fortuna non le frano addosso, e così sono salvi i buoni rapporti tra UniBo e UniMoRe: ma da come andava, credo che avrei potuto anche farla cadere, risollevare, fasciare e medicare, e vinceva lo stesso.

Senza storia anche la corsa dei 21, vinta in 1.45:07 dall’unico assoluto maschile (e uno dei pochissimi Runcard), Michele Tibaldi, con 7 minuti su Davide Pau (Synergy di Gropparello, PC; evidentemente consanguineo del vincitore dei 10), e un quarto d’ora su Mattia Frigeri terzo.

Più combattuta la competizione donne, affare interno fra tre ragazze parmensi, con prevalenza di Elisa Adorni (2.13:32), 47” davanti a Giulia Giordani e 4 minuti su Evgenya Kovaleva. Saggiamente, non era previsto un tempo massimo, e così le tre amiche/amici sassolesi ritratte da Teida nelle foto 22 e 23 arrivano insieme, passeggiando come avevano programmato, in 4h12. Ma il cronometraggio manuale c’è anche per loro, e risulta accurato nel conteggiare i diversi orari delle partenze.

Giusta la definizione di gara “per tutti” data dalla Uisp di Parma, che malgrado qualche annullamento calendarizza durante l’estate almeno altri quattro trail.

Un passo in avanti, e si potrà riaprire anche alle non competitive: i droplet di chi trotterella senza classifica non sono più contagiosi di chi corre col cronometro acceso e di chi, in questo momento, si sta facendo le coccole nelle zone più ‘protette’ dei parchi.

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