Fabio Marri
Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua.
Spilamberto (MO), 26° GP Montanari – Corrispilamberto
Un po’ danneggiato dall’imminenza della maratona di Reggio questo Gran Premio ormai classico, nato sull’onda della passione per il ciclismo della famiglia Montanari, ma nel quale presto il podismo si è ritagliato uno spazio importante.
Gara “fuori coordinamento”, e dunque soggetta a subire anno dopo anno la concorrenza delle corse ufficiali low cost (oggi era stata fissata a San Damaso, dunque a una decina di km), eppure capace di richiamare, ogni anno per l’Immacolata, un centinaio e più di appassionati, dai cacciatori di prosciutti ai dilettanti purissimi, che corrono solo per il piacere di farlo.
Ne cito uno sconosciuto ai più, Massimo Bedini, classe 1960, ex arbitro di calcio, tesserato Fratellanza, 6h06 nell’ultima maratona di Ravenna, che pur sapendosi destinato agli ultimissimi posti delle classifiche si iscrive a tutte le gare competitive; e conoscendolo da anni, direi che sia anche migliorato: oggi ha superato di pochi secondi l’ora, sui 10 km del tracciato, e non è nemmeno arrivato ultimo (lo trovate nella foto 301 di Teida Seghedoni).
Dicevo che la maratona di Reggio dell’indomani ha indotto molti abituali frequentatori di questa gara, ma iscritti alla 42, a disertarla, oppure a presentarsi per camminarla in modalità non competitiva (possibilità non prevista dal regolamento, ma praticata e tollerata). C’è anche chi l’ha corsa senza pettorale, ma evidentemente se lo poteva permettere, e qui non c’erano vigili genovesi a sbatterlo fuori.
A proposito di vigili: le strade, deliziosamente immerse nella campagna a sud di Modena (guardate l’anatroccolo delle foto 29-31) erano perfettamente chiuse al traffico e sorvegliate sia da vigili sia da volontari. Si è corso su un anello di 5 km da ripetere due volte; cronometraggio e giudici di gara Uisp, senza chip ma con rilevamento manuale. La partenza è avvenuta in un paesaggio nebbioso, poi è spuntato un pallido sole a festeggiare gli arrivi: è andata di lusso, rispetto al ghiaccio che ci aveva colto in altri anni.
Ha vinto un abbonato a questo genere di gare, Omar Choukri della Panaria, in 32:10 (foto 71-76), facendo il vuoto dietro sé col lasciare a oltre due minuti il compagno di squadra Marco Rocchi, che a sua volta ha prevalso di un soffio su Emilio Mori correggese.
Più combattuta la gara femminile, che ha visto al traguardo le prime tre in meno di un minuto: l’immagine di copertina del servizio fotografico (e la foto 106) ritraggono la lotta al primo giro tra Laura Ricci (Corradini) e Daniela Ferraboschi (Panaria): ha vinto la prima in 38:03 (vedetela sorridere incantevole nella foto 239), 19 secondi davanti alla rivale; terza Gloria Venturelli (Rcm) in 38:58.
E mentre, dopo l’arrivo dei podisti e degli handbikers, andava in scena il mitico terzo tempo a suon di crescentine, vin brulé e caffè assolutamente compresi nel prezzo d’iscrizione di 5 €, toccava ai ciclisti di cimentarsi nelle competizioni di cross e di mountain bike, forse ancor più sentite (date le tradizioni della Casa) della gara a piedi.
Mandellinovecentomila. Anzi, di più
Domenica scorsa, 2 dicembre, pubblicando su Podisti.net il 966° servizio fotografico relativo al 5° Eurotrail Città di Paderno Dugnano, Roberto Mandelli ha raggiunto la cifra di 900.292 foto pubblicate sulla nostra testata. Non da oggi, la presenza di Roberto agli eventi sportivi è considerata dagli organizzatori un sigillo di qualità, e molto spesso, accanto e oltre alla rituale scaletta per riprendere un po’ più in su del pianoterra, gli vengono forniti ‘ascensori’ di maggior efficacia, come appunto la gru che domenica è servita per issarlo fino a 25 metri d’altezza.
Ridisceso a toccare l’erba o l’asfalto, Mandelli (classe 1949, ferreamente sposato, padre e nonno premuroso, nonché fratellone che si interessa pure ai santuari mariani della Lombardia) è stato ed è conteso dal popolo podistico femminile, che se lo ruba e pretende i cosiddetti selfie da mettere nei propri privatissimi album ma anche da mandare in giro per suscitare invidia nelle colleghe cui non è arrisa una simile fortuna.
Alla cifra di 900mila e rotti, dobbiamo poi aggiungere la rielaborazione ‘a comando’ di tante foto, proprie e altrui, per creare combinazioni e fotomontaggi spiritosi: un valore aggiunto ai nostri resoconti e alle nostre critiche. Da Forrest Gump a Fantozzi a tanti altri, molti sono i personaggi catapultati all’interno di maratone e ultramaratone, la cui presenza dice più di tanti commenti. Se le foto sono di Mandelli, non fermatevi al primo sguardo…
Mandellinovecentomila. Anzi, di più
Valencia: risultati straordinari, e Straneo ottava
2 dicembre - La maratona di Valencia “Trinidad Alfonso” si colloca sempre più tra le grandi d’Europa, sia per il numero di partecipanti (oggi ventiduemila, di cui duemila italiani, che dunque stanno trasformando questa gara nella loro New York europea), sia per i risultati tecnici ottenuti, grazie al percorso estremamente piatto e alla temperatura ideale, oggi, di 13 gradi in una giornata soleggiata.
Come apprendiamo dal comunicato della IAAF (https://www.iaaf.org/news/report/gebrselassie-valencia-marathon), dietro al vincitore Leul Gebresellassie, etiope venticinquenne affacciatosi alla ribalta della maratona quest’anno con la gara di Dubai a gennaio (2.04:02), che oggi ha trionfato in 2.04:30, altri due atleti sono scesi sotto le 2.05: il marocchino naturalizzato per il Bahrain El Hassan El Albassi (2.04:43, nuovo record asiatico) e il keniano Mattew Kipkcoech Kisorio (2.04.53). Il vincitore, aiutato fino verso il 30° km da cinque lepri, è comunque riuscito a correre la seconda metà della gara più veloce della prima (1.02 contro 1.02:30; da notare che lo stesso atleta aveva corso la mezza di Valencia nel 2017 in 59:18), e ha preso il vantaggio decisivo solo al 40° km. Tempi sotto le 2.05:30 anche per le posizioni dalla quarta alla sesta maschile: solo a Dubai si era fatto meglio.
Mandellinovecentomila. Anzi, di più
Battuto il precedente miglior tempo ottenuto a Valencia (2.05:15), e stabilito il record cronometrico di sempre per maratone svolte in Spagna.
Grandi risultati pure nella gara femminile, dove l’etiope trentenne Ashete Dido ha corso in 2.21:14, superando al km 37 la quarantunenne keniana Lydia Cheromei (2.22:10, primato mondiale W 40), che era partita a razzo col supporto del connazionale Simon Kipngetich (e guardata a breve distanza, in bicicletta, da Miguel Indurain), e aveva passato metà gara in 1.09:32; terza l’altra etiope Tinbit Weldegebril (2.23:37). Negative split anche per la Dido: 1.10:52 / 1.10:22.
Ottava Valeria Straneo, tornata a correre questa distanza due anni dopo la maratona olimpica di Rio, con 2.30:26. L’azzurra (1.14:26 alla mezza) ha dichiarato di aver sofferto nella seconda parte, ma di essere soddisfatta della sua prestazione.
Di contorno alla maratona si è svolta la 10 km (evento bronze della IAAF), vinta dallo svedese Jonas Leanderson (28:41)e dalla etiope Abreha Tsige (32:03), entrambi coi record della manifestazione.
Primi dieci della maratona (fonte: IAAF)
Uomini
- Leul Gebrselassie (ETH) 2:04:30
- El Hassan El Abbassi (BHR) 2:04:43
- Matthew Kisorio (KEN) 2:04:53
- Tsegaye Kebede (ETH) 2:05:20
- Norbert Kigen (KEN) 2:05:21
- El Mahjoub Dazza (MOR) 2:05:26
- Sammy Kitwara (KEN) 2:06:20
- Solomon Kirwa Yego (KEN) 2:06:24
- Deribe Robi (ETH) 2:07:33
- Benson Seurei (BHR) 2:07:37
Donne
- Ashete Dido (ETH) 2:21:14
- Lydia Cheromei (KEN) 2:22:10
- Tinbit Weldegebril (ETH) 2:23:37
- Aberu Mekuria (ETH) 2:24:35
- Ana Dulce Felix (POR) 2:25:22
- Pamela Jepkosgei (KEN) 2:39:45
- Stephanie Twell (GBR) 2:30:12
- Valeria Straneo (ITA) 2:30:26
- Hanna Lindholm (SWE) 2:30:35
- Demisei Fadisu (ETH) 2:34:21
Modena 23 dicembre: ‘regolari’ e dissidenti si sfioreranno
Non togliamo a Modena il primato della provincia nella quale si corre tutte le feste dell’anno (tranne una o due.. peccato), e al minor prezzo di tutta Italia, sebbene la provincia sia regolarmente classificata tra le prime dieci del Paese quanto a reddito e risparmio individuale.
In questa fine di 2018 però ci sarà una domenica in cui non si corre (o meglio, si va a correre in provincia di Bologna, a Crevalcore: a memoria, direi sia l’unica volta nell’anno che si sconfina a est, mentre di solito Modena attinge in caso di necessità o a furor di popolo dal reggiano), e un’altra in cui si corre due volte, il 23 dicembre. Addirittura una delle due gare con iscrizione gratuita, mentre l’altra è ‘offerta’ alla terrificante quota di 5 euro, competitiva inclusa.
La prima è la rituale ‘Camminata di quartiere’, che da anni beneficia dell’intervento diretto del Comune di Modena (da cui vanno, o andavano secondo le ultime notizie pervenute, mille euro alla polisportiva che si accollava l’organizzazione): si svolgerà nel quartiere industriale di Modena est, su un percorso grosso modo identico a quello che si pratica da decenni alla vigilia di Pasqua; nel 2017 questa gara si era fatta il 26 dicembre, in collisione con una storica manifestazione bolognese preferita da molti. Partenza ufficiale alle 9,30 (rispettata grosso modo dal 10% dei partecipanti), iscrizione gratuita, percorsi fra i 3 e i 15 km, mezzo chilo di pasta in omaggio, ristoro finale con fette di panettone cui solitamente le società partecipanti aggiungono altre torte e lo spumante nell’imminenza del Natale. A volte come premio per i bambini (da contare sulla dita di una mano quelli che corrono mescolati agli adulti) si aggiunge qualche figurina Panini o gadget similari.
La seconda gara, relativamente nuova, organizzata dal “Modena Runners Club” che si avvale nel contemporaneo supporto di Csi e Uisp ma non del geriatrico Coordinamento podistico modenese (da cui il club è polemicamente uscito l’anno scorso), e però è inserita nel circuito regionale “Corriemilia”, si svolge a San Donnino, dunque 5-6 km a monte lungo il corso dello stesso fiume Panaro sotto cui si tiene la camminata di quartiere.
Così recita il comunicato degli organizzatori:
Abbiamo eseguito la certificazione del nuovo percorso gara con il sig. Sarzi Guido tramite bicicletta calibrata: due giri da 5 Km, ancora più veloce e spettacolare. Considerata la logistica e l’elevato standard organizzativo (premiati 70 atleti tra assoluti e categorie + primi 50 uomini e 20 donne + prime tre staffette maschili e femminili + 2 traguardi volanti M/F) ci candidiamo fin da ora per il campionato provinciale UISP 2019, il regionale UISP 2020 ed il nazionale UISP 2021.
La gara giovanile (che nel 2019 entrerà nel circuito UISP regionale) sarà uno spettacolo soprattutto per gli esordienti con un percorso consigliato dal tecnico Omar Zoboli di Nonantola. Invitiamo pertanto a passare voce a tutte le società che hanno un settore giovanile.
La Christmas Walk sarà a marchio CSI (che ci ospita); non abbiamo di proposito inserito la distanza bensì la durata della camminata per distinguerla dalla corsa. I partecipanti (obbligati a partire tutti insieme visto che il percorso non è segnato e verrà segnalato solo dopo le 9.00) si iscriveranno come i competitivi e avranno anche loro un pettorale ed un premio (stesso pacco gara) a fine camminata.
L’iscrizione è di 5€ per tutti.
E ancora, con ulteriori precisazioni:
Dopo la partenza della Christmas Walk sono previste le gare promosse dalla UISP modenese: prima la manifestazione giovanile con una spettacolare corsa di bimbi (esordienti) nel rettilineo di partenza/arrivo; a seguire la gara delle categorie ragazzi/e e cadetti/e sulla distanza di 1000 e 1500 metri con medaglia e gadget per tutti.
Infine alle ore 10 la corsa di 10 km e la staffetta 2x5000 sul nuovo percorso di 5 km a circuito, con lo spettacolare passaggio degli atleti nella zona di arrivo con tanto di traguardo volante e cambi di staffetta. Percorso velocissimo ideale per fare il proprio record su tracciato recentemente certificato; giudici e chip UISP Modena a completare gli standard di qualità per noi imprescindibili per la riuscita di una manifestazione di livello. Per iscriversi alla gara bisogna essere in regola con la certificazione agonistica e aver pagato la quota di iscrizione che fino a giovedì 20/12 sarà di 5€. Previste numerose premiazioni di cui parleremo in un successivo comunicato.
Anche l’area di San Donnino è ipersfruttata dal podismo modenese: tra lì e la contigua San Damaso, ci si vede una decina di volte l’anno. Fino all’anno scorso accanto alla competitiva si disputava una non competitiva, col rituale obolo di 1,5 euro e molto affollata: quest’anno evidentemente no. Non siamo informati sul tracciato ‘nuovo’, ma ben difficilmente si potrà uscire da quella fascia larga circa un km e lunga due, che sta tra il fiume e la via Vignolese nei paraggi del casello di Modena sud, e in direzione nord-sud tra gli abitati di San Donnino e San Damaso: dove peraltro si sarà già corso l’8 dicembre per una ‘nuova’ Camminata dell’Immacolata (sostitutiva di una “Corsa di San Silvestro” che si disputò il 31-12-17, sette giorni dopo una “camminata di quartiere” fatta a San Donnino: insomma, facite ammuina), a circa 10 km da un’altra gara ‘privata’, da 5 euro ma apprezzatissima soprattutto per il ristoro post-gara, programmata a Spilamberto.
Viva l’abbondanza. Il mondo è bello perché è avariato, diceva una mia amica dottoressa messa sotto processo da qualche PM di larghe vedute per un reato d’opinione.
25^ Napoli-Pompei, Maratona per la Pace e per pochi irriducibili
25 novembre – I coraggiosi organizzatori della “Bartolo Longo” di Pompei, capitanati da Beppe Acanfora, hanno riproposto la loro maratona in linea, dal capoluogo campano alla Città Sepolta nonché sede del grandioso santuario mariano dove la gara si è conclusa.
La maratona si era corsa fino al 2000 (una volta con arrivo dentro agli Scavi, iniziativa memorabile e da ripetere!), poi era stata ridotta ai 28 km della distanza lineare tra le due città. Quest’anno è stata riproposta, senza troppe pretese, con servizi minimi e via via ridotti (sono stati annullati sia i premi di categoria sia il pullman di ritorno a Napoli, né si è visto l'intrattenimento musicale con presentazione dei top runners indicato per sabato pomeriggio) ma con una quota di iscrizione davvero amatoriale, 20-25 euro (30 negli ultimi giorni) con sconti per iscrizioni di gruppo.
Al termine, sono stati 147 quelli che hanno concluso la gara, partita dalla scenografica piazza Plebiscito di Napoli e che, dopo 14 km più o meno nel centro del capoluogo, su un tracciato che ha in parte ripreso quelli della Mezza e della maratona napoletane, ha imboccato più o meno la strada litoranea e, attraverso la serie continua delle cittadine costiere (Portici, Torre del Greco, Torre Annunziata) è giunta a Pompei costeggiando gli scavi e arrivando proprio di fronte alla grande chiesa nella piazza dedicata al beato Bartolo Longo.
Mandellinovecentomila. Anzi, di più
Il tempo imbronciato e un uragano durante la seconda ora di corsa si sono aggiunti ai disagi del traffico: dopo i primi 4 km a Napoli dove gli atleti hanno avuto una protezione assoluta, è cominciata una convivenza tra auto e podisti da principio sopportabile e ben regolata dalle frequenti pattuglie di vigili urbani, poi divenuta alquanto problematica intorno alla metà percorso, infine tornata più tranquilla nell’ultima decina di km, quando è addirittura apparsa una corsia dedicata. Prima, ai corridori si imponeva la scelta fra la strada (quasi sempre ciottolata, e abbastanza trafficata) e i marciapiedi a lato, con tutte le loro problematiche: sconnessioni, gradini a ogni incrocio, auto in sosta, cassette dei venditori di frutta, cacche di cane, l’immondizia sparsa che per Di Maio è solo una ceppa, e via dicendo. Si aggiungano i continui saliscendi, dal livello del mare fino ai 78 metri del km 29, che hanno portato il dislivello complessivo a superare i 400 metri.
Sufficienti le segnalazioni mediante frecce dipinte sull’asfalto, e va aggiunto che a tutti i bivii e gli incroci erano presenti forze dell’ordine o volontari; scarsini i ristori, consistenti essenzialmente in bottigliette d’acqua, che peraltro ho visto solo ai km 5, 20, 27, 30, più un po’ di frutta al 35. Ai km 10 e 15 si intuiva che ci fosse stato un cosiddetto 'abbeveraggio' dalle bottigliette vuote a terra, ma per chi marciava ai 6/km non c’era più niente da prendere.
Per fortuna, dopo un’ora di pioggia torrenziale, è smesso, e addirittura verso Pompei è apparso un po’ di sole, non però capace di asciugare l’acqua alta che letteralmente inondava la strada ai km 38-39 (anche le fognature devono appartenere alle ceppe dimaiesche).
All’arrivo, spogliatoi angusti e senza acqua corrente (salvo non andare in fondo all’attiguo refettorio per usufruire dei gabinetti collettivi), ristoro piuttosto spartano arricchito dal pasta party (ma non per i ritardatari).
Ha vinto Youssef Aich, unico marocchino in gara, con 2.36:56, e cinque minuti di vantaggio su Mario Maresca (cronometraggio tramite chip Tds, tappetini di rilevamento solo alla partenza e all’arrivo, e due o tre posti di controllo con spunta manuale); prima tra le 22 donne la W 45 Mara Calorio, tesserata Runcard, in 3.10:05. A entrambi i vincitori sono toccati (o almeno così garantiva il programma) 500 euro.
Tre supermaratoneti hanno chiuso a pari merito la teoria degli arrivi, in 5.12:29: il romano Michele Quarto, il foggiano Massimo Faleo (che qui fungeva da capogruppo del Club Supermarathon) e il milanese Vito Piero Ancora, primatista italiano come numero di maratone e che quest’anno è destinato a battere nuovi record, al pari della coppia barlettana Angela Gargano-Michele Rizzitelli che hanno concluso poco avanti.
Abuso di maratona
Stavo programmando di scrivere questo pezzo quando l’email mi ha scaricato l’articolo “Maratona, maratona, maratona e domani farei un’altra maratona” firmato per Endu da Andrea Toso . In realtà non volevo parlare esattamente di quest’argomento, cioè “quante maratone è opportuno fare in un anno?”: quando cominciai io – il passato remoto è d’obbligo – i sacri testi dicevano 2 o 3 l’anno, e infatti il primo anno ne corsi due, il secondo tre, il terzo volli testarmi correndone sette; poi, una volta liberatomi di tutti i malanni all’apparato locomotore (o almeno tenutili sotto controllo, imparato come si curano o si prevengono) mi sono assestato sulle 10-12 l’anno.
Molte per il “comune sentire” e per tecnici seri come Maurizio Lorenzini, pochissime per la prassi dei cosiddetti supermaratoneti, che non hanno più paura nemmeno delle cento maratone l’anno; tant’è vero che ogni anno perdo posizioni nella classifica annuale di “chi ne ha fatte di più”. A fine 2010 ero 25° assoluto, ma alla fine dell’anno scorso sono scivolato al 34° posto, perché i miei miserabili 655 km percorsi in un anno, in 15 occasioni diverse (sono conteggiate anche le ultramaratone) mi collocano a un miserabile 149° posto stagionale, davvero un’inezia rispetto alle 84 e 61 maratone totalizzate dal primo uomo e dalla prima donna italiana.
Ai quali (senza far nomi), e ai loro ‘simili’ si riferisce Toso (cui la Maxiclassifica cartacea assegna una sola maratona nel 2016 e nessuna nel 2017), con queste parole: “forse, collezionano patacche e pettorali per numerare le maratone, ‘ne ho fatte 100, sono a 115 tra maratone e ultra’ è la tipica sentenza, e noi ne rimaniamo un [sic] inizialmente ammirati, fino a sentire i cronometri da ritmo shopping. Tacche sul fucile…. ma certe distanze diventano dannose al nostro organismo, in radicali liberi, danni muscolari e traumi al sistema scheletrico. Le endorfine sono la droga naturale del nostro organismo e come da battuta costano meno di uno psicologo, ma tra scarpe esauste viaggi ed iscrizioni esiste forse un bilanciamento”.
Lascio impregiudicato il quesito (anche se non dubito di come la pensi Lorenzini): io però, conoscendo molti di questi supermaratoneti, parecchi dei quali più anziani di me, li vedo nonostante tutto sanissimi: c’è addirittura un medico ortopedico/fisiatra, più vecchio di me, che in carriera ho sempre battuto, finché lui ha compiuto 70 anni, e da allora mi arriva quasi sempre davanti.
Mentre i danni scheletrici, le carriere troncate per esaurimento di menischi e così via, le ho constatate, in quasi mezzo secolo che bazzico questo mondo, non tanto nei supermaratoneti (sì, due o tre sì, ma non di più), quanto piuttosto in quei giovanotti assatanati dei 3:30 a km, delle mezze corse sotto l’ora e dieci, dei trail fatti zompando in discesa da un sasso all’altro. Lo storico recordman delle maratone, Beppe Togni, correva ben oltre gli 80 anni, si può dire fino alla morte, come fa adesso il carpigiano Antonino Caponetto (lunga vita: l’ultimo nostro ‘scontro diretto’, alla fu-maratona di Carpi, si è risolto a suo favore!).
Ovviamente diverso è il discorso tecnico: se correre una maratona in 4 ore e mezzo sia “ritmo shopping” come scrive Toso (che nella sua ultima maratona ha fatto 3.59:28, giusto come feci io nella mia prima, quando non ne sapevo niente), e se dobbiamo lasciare i 42 km solo a quelli sotto i 4 minuti a km, per far regredire il mondo del podismo ai tempi che i campionati italiani li vinceva Antonio Ambu su un lotto di 50 partecipanti, è una questione (scriveva Manzoni in una parte dei “Promessi sposi” che poi cancellò) sulla quale non ardisco esprimermi.
Ma, come dicevo, l’articolo di Toso è solo un accessorio (un accidente, direbbero i filosofi aristotelici e i neogrammatici) rispetto al tema “abuso di maratone” suggeritomi dall’articolo, stavolta ‘nostro’, di Rodolfo Lollini sull’ultramaratona, per l’esattezza la 24 ore, corsa su tapis roulant in Norvegia e terminata col record mondiale http://www.podisti.net/index.php/notizie/item/2878-record-mondiale-su-tapis-roulant-264-km-in-24-ore.html
Un paio d’anni fa avevo assistito, in anteprima alla maratona di Reggio, a una ‘impresa’ analoga, non so se coronata da qualche Guinness come usa dire; record che comunque era stato superato nel 2017 da un Luca Turrini che l’aveva conseguito addirittura a Sidney. Turrini è di Bovolone (VR), località dove una volta ho corso una maratona: adesso la maratona non la fanno più, e allora i bovolonesi si sfogano sul tapis roulant? L’anno scorso mi era poi capitato di assistere a un paio delle 60 maratone consecutive che un nostro vecchio amico, Daniele Cesconetto, ha corso su tapis in prossimità della maratona di Conegliano: siccome l’aveva fatto per beneficenza, avevo commentato “a parte il Guinness dei primati (che mi lascia piuttosto scettico, specie da quando c’è anche chi fa la maratona palleggiando con due palle da basket), è una iniziativa da elogiare”.
Vedo che la moda comunque si diffonde, e addirittura diventa oggetto di scrittura, diciamo così, d’autore: sulla “Lettura” del Corriere della sera di domenica scorsa, 18 novembre, un articolo di Daniele Giglioli (un po’ troppo difficile e raffinato per i miei gusti sempliciotti, ma non per i salotti d’alto bordo dove le professoresse con l’erre moscia fanno perlomeno finta di capire) tira la volata al romanziere e maratoneta Mauro Covacich (peraltro assente dalla citata maxiclassifica dei due ultimi anni), di cui presenta una raccolta di quattro romanzi come “caparbio esperimento di autofinzione in cui il narratore si è fatto anche performer”.
A spiegare meglio (diciamo così): “Covacich stesso si è fatto performer correndo i quarantadue chilometri e rotti della maratona (specialità cui è dedito il suo personaggio Dario Rensich) su un tapis roulant, una performance intitolata non a caso L’umiliazione delle stelle”: che non è uno dei quattro romanzi ristampati ma, come leggiamo da una didascalia a parte, una “video/audio-installazione”, da cui è tratta l’immagine raffigurante - suppongo - Covacich stesso in slip con tanto di cardiofrequenzimetro e boccaglio per la respirazione a bordo, si immagina, di un tapis roulant da cui appare che abbia finora corso 29 km in 3h02 (quasi quasi ce la faccio pure io, ma non scomoderò la Nave di Teseo per raccontarlo).
Suppongo appartenga all’articolista, ma sia ispirata dal romanziere, la definizione della maratona: “disciplina espiatoria se mai ve ne furono, tortura semovente in cui si perdono chili, acqua, fiato, succhi gastrici, deiezioni intestinali, col rischio costante che ti scoppi il cuore”.
Che schifo, e che palle (nel senso di frottole e non solo). Insomma, che abuso di maratona: arrivato pure alla più antica università del mondo, quella di Bologna, il cui prorettore Enrico Sangiorgi (su “Sette”, altra filiazione del “Corriere” rimodellata dal presenzialista e piacione Severgnini: 15 novembre, p. 70), per esemplificare la scelta di concedere agli studenti di rifiutare il voto d’esame, ma una volta sola, usa questo paragone: “Allo stesso modo, se ci si trova ad allenare un aspirante maratoneta, non si inizia facendogli percorrere quaranta chilometri, ma d’altro canto non si può neanche pensare di farlo correre sempre e solo per cento metri”.
La metafora alquanto barocca (non a caso dall’università di Bologna sono usciti i più grandi studiosi del barocco, da Raimondi a Battistini, e a Bologna si è laureato pure Daniele Giglioli) dovrebbe essere spiegata così: non possiamo pretendere che uno studente superi al primo colpo un esame, dobbiamo farlo allenare e permettere che la prima volta si ritiri; ma la seconda volta, la maratona deve finirla, altrimenti…”.
… Altrimenti lo manderemo sul tapis-roulant.
Rivalta (RE) - Camminata alla Vasca di Corbelli
18 novembre - Si presentava ufficialmente come "33° Camminata di S. Pellegrino e della Vasca di Corbelli", perché nella sua lunga storia (che ha avuto varie interruzioni, e cambiamenti di stagione dalla primavera a questo inoltrato autunno) il ritrovo è oscillato tra la periferia sud di Reggio e invece le prime pendici delle colline reggiane che portano verso Bismantova e il Cerreto.
Anche la ripresa attuale della gara, che Nerino Carri ha collocato intorno alla “Vasca di Corbelli” (cioè uno specchio d’acqua circolare creato per alimentare le fontane di “Villa d’Este”, una delle ultime residenze estensi a sud di Rivalta, voluta dal duca cornificatore e cornificato Francesco III, poi acquistata dalla famiglia Corbelli) ha cambiato tracciato, fino a diventare pressoché interamente su sterrato, lungo le belle piste ciclopedonali tracciate e ottimamente tenute su entrambe le rive del torrente Crostolo e nelle campagne circostanti: una parte di queste è utilizzata anche, da vari anni, per il tratto finale della maratona di Reggio.
Molti infatti erano i reggiani e limitrofi venuti qui, in assenza di velleità competitive, per affinare la preparazione a tre settimane di distanza dall’evento: non pochi quelli che sono arrivati di corsa dalla città, o ci sono tornati, per aumentare il chilometraggio rispetto ai 18 indicati dalle tabelle (oltre, naturalmente, a percorsi minori di 4, 8 e 12 km). Gran pienone, direi, sottolineato dalla presenza di tre fotografi ufficiali di Podisti.net, incluso ovviamente Nerino (mentre Tetyana è rimasta in zona ristoro finale, a cospargere di marmellata le fette biscottate), oltre che di due fotografi ufficiali di Modenacorre (sebbene la gara ufficiale del coordinamento fosse a Mirandola). Qui trovate duemila foto, di tutti i generi.
Era la prima giornata freddina d’autunno, con temperatura alla partenza di 5 gradi, e mai sopra dei 9-10: cielo semicoperto, e quasi tutti abbiamo optato per le maniche lunghe, taluni pure pantaloni lunghi, guanti e berrettino. Percorso, ripeto, molto gradevole, a cominciare dal primo km che è stato il giro completo intorno alla Vasca. Pare che tre o quattro distratti siano inciampati su radici o simili, e addirittura venga sollecitato il ritorno all’asfalto, che sarebbe una solenne sciocchezza.
Segnalazioni ottime, addetti a presidiare i pochi incroci o tratti stradali attraversati, tre ristori in aggiunta a quello finale più che discreto (solo il tè magari lo si sarebbe desiderato più caldo), e possibilità di acquistare a buon prezzo frutta fresca e gnocco fritto: dieci pezzi a cinque euro non li trovate ovunque.
Alle Sei Majors Alessio contrappone le SixERs Minors!
Da un’ idea come sempre originale del Presidente del Passo Capponi, Alessio Guidi da S. Agata Bolognrese, è nata l’idea del circuito delle "SixERs Minors 2019", che prende spunto dal fin troppo noto e dispendioso circuito delle sei World Marathon Majors. Guidi ha convocato attorno a un tavolo (probabilmente arricchito da lambrusco e salumi) sei Maratone dell'Emilia Romagna, con cui ha concertato questo nuovo momento di sfida goliardica (dopo la celebre sfida per la maratona di Bologna), che riunirà dunque le organizzazioni degli eventi di Crevalcore, Rimini, Ferrara, Parma, Ravenna e Reggio Emilia (in ordine di calendario). Chi parteciperà entro l'anno a tutte le 6 maratone riceverà un riconoscimento finale che verrà svelato prossimamente.
L’invito pertanto è ad iscriversi, e soprattutto a finire le SixERs per poter entrare nella storia ‘minore’: e attenzione che, siccome Crevalcore nel 2019 si svolgerà per l’ultima volta, o la si fa adesso o mai più!
L’AIMS premia i migliori dell’annata
Lo scorso 9 novembre ad Atene l’AIMS (Association of International Marathons and Distance Races), fondata nel 1982 e composta oggi da circa 450 organizzatori di maratone e maratonine (tra i quali Pechino, Berlino, Boston, Chicago, Comrades, New York, Parigi e Tokyo) di 117 nazioni ha premiato, nel corso del sesto Gala “‘Best Marathon Runner”, gli atleti e organizzazioni giudicati i migliori in vari campi.
Nel settore Ambiente, il Green Award è stato assegnato alla maratona di Lucerna (Svizzera), in riconoscimento delle sue pratiche mirate alla salvaguardia ambientale e all’educazione delle generazioni giovanili in questo senso. Ad essere state particolarmente valutate sono state l’offerta del viaggio ferroviario gratuito dal confine svizzero alla sede della gara (il che si calcola che abbia ridotto del 75% l’inquinamento prodotto dai circa diecimila partecipanti nel raggiungere Lucerna), gli accorgimenti ‘ecologici’ ai ristori e la devoluzione di una parte degli incassi all’Unicef, e di un’altra parte alla riforestazione del territorio.
Lucerna ha preceduto nella classifica la Marine Corps Marathon (Arlington, Virginia - USA) e la Silesia Marathon (Katowice -Polonia). Negli anni precedenti il premio era toccato alle maratone di Milano (2013), Francoforte (2014), Houston (2015), alla mezza di Goteborg e infine alla maratona di Città del Capo l’anno scorso.
Come migliori atleti dell’anno (dal 1°-10-2017 al 30-9-2018) sono stati premiati i keniani Eliud Kipchoge e Gladys Cherono. Kipchoge, già primo di questa classifica negli ultimi tre anni, nel 2018 ha vinto a Londra e a Berlino, dove ha stabilito il nuovo record mondiale omologato con 2:01:39, abbassando il record precedente di 78 secondi, che è il miglioramento più elevato degli ultimi 50 anni.
Gladys Cherono ha pure vinto a Berlino col miglior tempo dell’anno (2:18:11). Ecco i nomi dei precedenti vincitori, tutti keniani tranne la Dibaba nel 2015:
2013 – Wilson Kipsang
2014 – Dennis Kimetto
2015/16/17 – Eliud Kipchoge
Tra le donne invece, cinque vincitrici diverse:
2013 – Edna Kiplagat
2014 – Florence Kiplagat
2015 – Mare Dibaba
2016 – Jemima Sumgong
2017 – Mary Keitany
Il primo premio per l’Impegno sociale è stato invece assegnato alla Maratona di Belgrado (Serbia), in riconoscimento del lavoro fatto a favore degli atleti con disabilità (cui è dedicato il programma “Heroes of the Belgrade Marathon”) e in genere della promozione sociale, in particolare coll’altro programma “Mama Fit”, dedicato alle donne in gravidanza o subito dopo il parto, cui nel 2018 hanno partecipato ben 500 neo-mamme.
Riconoscimenti sono andati poi alla Dhiraagu Maldives Road Race (Maldive) e alla Košice Peace Marathon (Slovacchia, una delle più antiche maratone europee). Negli anni precedenti erano state premiate
2013 – Great Ethiopian Run (Etiopia)
2014 – Tokyo Marathon (Giappone)
2015 – Maratón Internacional Lala (Messico)
2016 –Maratona di Monaco (Germania)
2017 - Maratón de las Flores Medellín (Colombia)
Infine, due premi alla carriera sono stati assegnati a personalità che hanno dedicato la loro vita allo sviluppo della maratona, come nel passato erano stati Chris Brasher (London Marathon) e Fred Lebow (New York Marathon).
Ora, il premio è toccato a Hiroaki Chosa (88enne), presidente dell’AIMS tra il 1991 e il 2010, grande animatore dello sport di massa in Giappone, direttore di corsa della Fukuoka Marathon, e particolarmente attento allo sport giovanile.
L’altro premio è andato a Horst Milde (80enne), fondatore nel 1974 della Berlin Marathon, che sotto la sua guida è passata da poche centinaia di partecipanti a più di 40mila, è stata la prima in Europa a introdurre il cronometraggio mediante chip, e continua a ottenere anno dopo anno primati mondiali. Milde fu tra i fondatori dell’AIMS per la quale organizzò a Berlino il terzo Congresso mondiale; nel 1994, poi, creò a Berlino l’ “AIMS Marathon Museum of Running”, ovvero “Marathoneum”, ricco di oltre 100mila pezzi.
Ravenna fa 20 (quasi senza dirlo): quegli 'incredibili' comunicati stampa…
11 novembre - … Ma la maratona è ottima, va detto subito: una gara che ho corso per la terza volta (la prima personale fu nel 2002, quando era già la quarta edizione – fate voi i conti…); partecipazione che quest'anno non avevo programmato, poi il re dei fotografi Mandelli mi ha prospettato l’ipotesi di vederci lì, e allora non potevo dire di no. Lui ha fatto 800 mila foto, io gli avrò spedito 8000 email e whatsapp, bisognerà pur rivedersi una volta l’anno!
Dunque, due settimane dopo Venezia, eccoci in un’altra giornata dalle previsioni meteo incerte, smentite però alla grande, con temperature ideali e mai una goccia di pioggia; anzi, sole nel finale (intendo, il finale di noi “diversamente atleti” come ci chiama Lorenzini), quando si sono toccati i 20 gradi.
Logistica collaudata, d'altra parte siamo alla ventesima edizione, dove la cifra tonda non è citata salvo che dal simbolo XX sulla medaglia; solito prezioso parcheggio in estrema periferia (lo rivedremo di passaggio durante la gara), e servizio di navette frequenti e rapide, verso la zona dove è tutto concentrato: expo, distribuzione pettorali, deposito borse, toilette, partenza-arrivo. Onore al merito, le navette faranno la spola fino alle 17,30, e quasi mi vergognerò quando sarò l’unico a bordo del bus di ritorno, che non resterà ad aspettare altri clienti (ormai rarissimi) ma partirà direttamente, tanto dietro ce n’è un altro, e un terzo lo incrociamo per via.
Causa del mio ritardo era stata l’aver approfittato di un’altra delle iniziative degli organizzatori per tenere fede al nome di “Città d’arte”: l’ingresso gratuito ai musei, e segnatamente al nuovo MAR che sorge proprio di fianco al traguardo: museo non solo ricco di pregevoli opere d’arte (tra cui l’arcinota statua di Guidarello, baciato da tutte le ragazze), ma che attualmente ospita pure una mostra sulla Grande Guerra, da Rubens a Mimmo Palladino e a quel gran furbacchione di Yannis Kounellis. Così, alle 16 passate, dopo aver assistito all’arrivo dell’ultimo maratoneta (un canadese arrivato intorno alle 6 h 40, festeggiatissimo sul traguardo ma ignorato dalle classifiche ufficiali), ci siamo trovati io e due maratoneti polacchi a entrare nel museo.
Torno indietro, alla partenza, così affollata che alla mia altezza (ingresso verde) non abbiamo nemmeno sentito lo sparo, e il real time ci attesta di essere passati sotto il via dopo oltre cento secondi. Purtroppo questi secondi non ci saranno restituiti dalla classifica finale, che addirittura ignora, non mette nemmeno tra parentesi il real time. Inutile che torni a dire cosa ne pensi: sarà la Fidal a non volere che si alterasse l’ordine d’arrivo di un campionato italiano con i dati “reali”? Forse era meglio se tanto zelo fosse stato riservato ai controlli antidoping o alla limitazione dei suiveurs in bicicletta con tanto di rifornimenti per i propri campioni (parlo per sentito dire, è chiaro che i campioni li ho visti solo al riscaldamento dentro i recinti).
Percorso in parte rinnovato rispetto all’ultima edizione cui avevo presenziato nel 2015: dopo il solito ghirigoro fra tutti i monumenti del centro storico, si esce dalla città una prima volta in direzione di S. Apollinare in Classe, poi ci si rientra per dirigersi di nuovo verso il mare, a Punta Marina (km 27-29), ivi invertendo crudelmente la direzione senza vedere il mare che sta a poche centinaia di metri, mentre ci faranno rivedere il Mausoleo di Teodorico (solo due volte, contro le tre del 2015), dotato di quel chilometro e mezzo di ghiaino e salitella finale, un po’ massacranti, al km 40,5.
Com’è come non è, nel punto più lontano del parco di Teodorico (km 39,8) è stato collocato un tappetino chip: Lorenzini nel 2016 aveva segnalato che quella era una zona per tagliatori, l’hanno ascoltato: come vedete, non tutti i giornalisti sanno essere soltanto sciacalli e p*. (Non tutti, ma buona parte, dissero di Napoleone).
Organizzazione all’altezza dell’evento: ristori ben forniti, semmai con tè e cosiddetti sali alquanto annacquati nella seconda parte; tracciato ottimamente segnalato e perfettamente chiuso al traffico; presenza di varie orchestrine o solisti sul percorso (buona l’esecuzione di “Ho in mente te” e di “Satisfaction” che mi è capitato di ascoltare; meno buona quella di “Come together” nella zona forse più triste del tracciato, fra la stazione e il porto-canale; singolare lo schiocco delle fruste al km 24/32). Insolito il calore del pubblico: nelle maratone italiane di città medio-piccole non capita spesso. Addirittura sovradimensionati i pacemaker: tre per ogni gruppo, e in genere due gruppi ad ogni scadenza oraria (per esempio due per tre alle 3h15, idem alle 4h15 ecc.): col risultato che i tre pacers delle 4.45 che vedo arrivare, capeggiati di un sosia di Totò al giro d'Italia nelle vesti di Fausto Coppi, sono solo loro, con zero atleti al seguito.
Quanto ai risultati tecnici, alla validità di quelli assoluti (vabbè, il percorso era abbastanza piatto, il Gps esagera dandomi un dislivello complessivo di 85 metri) va contrapposta la povertà dei tempi registrati dagli italiani: ormai si diventa campioni nazionali con tempi da dopolavoristi, perché gli altri sono là dove il grano è più abbondante.
Qui dove il grano è così così vengono piuttosto le croate (meno del solito, stavolta): ma alzi la mano chi di noi amatori decide di partecipare a una gara solo perché ci sarà il supercampione afroasiatico. Nel 2015 fummo in 1055 a classificarci in maratona, adesso abbiamo sfiorato i 1600 sui 42 km e i 2000 sui 21 (che non erano campionato di niente, e insomma chi li ha corsi l’ha fatto per passione o al massimo per un modesto cosiddetto ‘premio in natura’).
Così è stata la ufficiosamente ventesima maratona di Ravenna, come l’ho sperimentata passo dietro passo: al termine della fatica, Mandelli mi ha fatto fare un altro migliaio di passi sequestrandomi e scortandomi fino alla doccia di fronte alla Cà de Ven e al pranzo offerto dall’Atletica Desio: dove si si parlava di atleti africani che non vanno sfruttati per le buste dei premi ma avviati a un lavoro dignitoso, o si commentava la debacle dell’Inter mentre Mandelli rideva sotto i baffi, e della sua Juve diceva “un po’ ruberà, un po’ sarà fortuna, ma sarà anche perché sono bravi” (parole testuali che, da non juventino, sottoscrivo).
Dopo di che, pensate quello che volete dei comunicati ufficiali, tanto iperbolici da risultare ridicoli: nei due testi inviati subito dopo la gara, ricorre sette volte l’aggettivo “incredibile”, come neanche Sandro Piccinini saprebbe fare: adesione davvero incredibile da parte di runner provenienti da tutto il mondo; in campo maschile epilogo incredibile; un weekend incredibile; l’incredibile afflusso del pubblico all’interno dell’Expò; un numero incredibile che testimonia ancora una volta la crescita esponenziale; è stata soprattutto un’incredibile festa; una diretta che ha raggiunto un altro numero incredibile, quello delle 40.458 visualizzazioni.
Se tutto è incredibile, signor addetto stampa, come può pretendere che le crediamo? Dal mio piccolo di podista scarso, una cosa di quelle che ha raccontato proprio non riesco a crederla: le due vittorie olimpiche dell’ex direttore di “Correre” e di “Runners World” adombrate nella frase “Marco Marchei, giornalista sportivo ed ex azzurro olimpionico a Mosca nel 1980 e Los Angeles nel 1984”. Fino a prova contraria, olimpionici azzurri sono Bordin e Baldini, gli altri hanno partecipato e basta…
E poi, che noia, con tutti i soliti spropositi pubblicitari che sembrano dar ragione alle opinioni fresche di taluni leader politici: meraviglioso percorso romagnolo (dai, lo stradone per Punta Marina non è tanto meraviglioso!); lungo momento da pelle d’oca; un’autentica marea umana si è riversata sulle strade della città per un’autentica e coinvolgente festa; aveva fatto gridare di entusiasmo; il capoluogo bizantino riempirsi di calore e colore per un'edizione da record; un evento cresciuto in maniera esponenziale e repentina...
Organizzatori ravennati, siete bravi, siete professionali: cercate di esserlo anche in quello che scrivete.
Classifica della maratona: