Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

 22 giugno – Nella prima serata davvero estiva, con una temperatura ben oltre i 30 gradi ancora alle 9 di sera, si è svolta la seconda edizione del “Masterchallenge”, meeting di corsa organizzato congiuntamente da Fratellanza e Modena Runners Club. Adesso rimane (come nel 2022 quando però le gare si erano corse sulla pista di Fiorano), la terza prova, i 10mila su strada a San Donnino in settembre. Distanze più gettonate i 3000 (la scorsa settimana) e i 5000 metri, ma buona partecipazione anche su distanze minori, incluse le staffette.

Nell’attesa che siano elaborate le complesse classifiche a punti, si può dire che gli amatori, gli stradisti, anche quelli abituati agli ultimi posti come il sottoscritto, in gare di questo genere colgono l’occasione a prezzi davvero modici (dai 3 ai 5 euro) di cimentarsi con atleti veri, ben impostati, coi loro allenatori a bordo pista che gli danno il tempo al giro, con Brighenti sulla linea del traguardo che snocciola i passaggi e il curriculum di ciascuno come il mitico De Zan padre; col professor Pacchioni-Gigliotti a vigilarne l’evoluzione sanitaria, e perfino col tifo in tribuna delle mamme, mogli, figlioletti, pure dei compagni di squadra che in pista attendono di partire per la loro gara successiva (e allora posso immaginare che gli incitamenti agli ultimi sottintendano anche l’invito a sbrigarsi per liberare il campo di gara…).

Concorrenti da tutta la regione e anche da più lontano, e risultati che in certe gare si avvicinano a livelli da meeting nazionale: come sui 1500 maschili, dove i primi tre stanno fra il 3:44 di Mohammed Baybat (Minerva Parma) e il 3:46 di Luis Matteo Ricciardi (Sacmi Imola), con in mezzo il 3:45 di Alessandro Pasquinucci della Fratellanza. Il più vecchio ha 30 anni, ma il commander-in-chief delle operazioni, Alberto Cattini classe 1977, si piazza a metà del gruppone con 4:45.

E io preferisco guardare verso il fondo, alla lotta tra Enrico Zanella classe ’66 e Paolo Cavazzuti ’65, nei dintorni dei 5:30, mentre arranco nell’ultimo giro portando al traguardo le scarpette rosse donate da Roberto Mandelli, messe “in forma” per farle allargare di un numero, e infine richiodate coi chiodi del 6 (sempre dotazione Mandelli, integrata da due chiodi del 14 con la punta spezzata) da Dino Guidetti, compagno di squadra: anche se un po’ si vergognerà di avere in gruppo uno come me di cui la Fidal sancisce il Pb in 6:53 (ah, bravo, sei stato sotto i 5 a km!, si complimenta una vecchia amica involontariamente offensiva).

Così, tra le 27 donne, dato l’omaggio doveroso a Sara Arrigoni classe 2005 del Cus Parma per il 4:37 (lasciamo stare i centesimi, noi che ragioniamo sulle mezz’ore), io vado a dare il cinque in pista a Paola Bernini del ’64 e Barbara Giovanelli del ’69 (se dai i cinque alle prime, quelle si arrabbiano perché perdono mezzo decimo). E in mezzo ci metto Monica Barchetti, classe 1968, pluricampionessa mondiale delle 12, 24, 48 ore, cuore diviso tra Crevalcore e Las Palmas, qui con 5:40 chaperon delle ragazzine della Fratellanza.

Passiamo ai 5000 maschili, dove una freccia parte e già al primo giro ha 200 metri sul secondo. “Ma gliel’anno detto che sono 5000 e non 1500?”, si dice in tribuna. In effetti rallenta un po’ Labouiti Moslim (1993, Castenaso Celtic Druid), quanto basta per non stare sotto i 3 a km (15:00.53), e precedere di “soli” 10 secondi Luca De Francesco, doppiando metà dei contendenti. Ma io scendo come al solito a metà dei 35 arrivati per trovare il dottore e pianista-sassofonista Giacomo Carpenito, SM 50, che con 17:48 precede di poco il compagno di squadra Federico Bacchiega: con la cui mamma io corsi una maratona di Carpi anni Novanta arrivando a braccia alzate e mani intrecciate, e la foto finì sulla copertina di un rotocalco. Due vite fa; adesso Federico è papà tre volte: che boccata d’ossigeno per la nostra Italia sazia, disperata e infangata da gay pride e simile lordura.

Ma la mia simpatia va a Dino Guidetti, che dopo avermi aggiustato i chiodi con arte insieme fabbrile e scarpaiola corre i 5000, e amorosamente tifato dalla moglie “Teidina” aggrappata alla ringhiera finisce in 19:34, egh giv bavèla? commenterebbe Brighenti. E non resta che inneggiare a Maurizio Pivetti, classe 1956, palma del più anziano approfittando del mio forfait, ma non ultimo in 23:11 (l’avrei battuto o no? The answer is blowing in the wind).

Poi ci sono le donne dei 5000, non tante, ma con la vincitrice Giulia Elisi da Trieste che con 19:12 dà quasi mezzo giro alla seconda; ma io vado alla quinta, Sonia Del Carlo generazione-di-fenomeni 1974, signora di classe (un po’ delusa dal marito che si ritira), che sorvegliata in tribuna dal figlio conclude in 21:22; e alla settima, Carmen Pigoni classe 1966, pettorale n. 1 quantomai giustificato dai meriti sportivi, che fa 23:41. È da queste Maestre che lo sport atletico può solo imparare.

Mercoledì, 21 Giugno 2023 16:47

Modena: lezioni universitarie di corsa

20 giugno - Chi ha detto che all’università ci sono solo professori del calibro del rettore di Unistrasi, più bravo nei talkshow che a parlare dell’unica cosa che sarebbe abilitato a conoscere? Almeno fa eccezione Modena (con la tardiva appendice di Reggio), dove i piani superiori dello sport sono affidati a Isabella Morlini, e la parte pratica è gestita nell’egregio impianto del CUS di via Campi, a metà strada tra l’ospedale, il centro Ferrari per le indagini diagnostiche più sofisticate, la medicina rigenerativa e le facoltà scientifiche tra cui la rinomata Ingegneria meccanica.

Bene, adesso nell’ “offerta formativa” c’è anche il podismo, presentato alla cittadinanza nel tardo pomeriggio dell’ultimo giorno di primavera (astronomicamente parlando), con un raduno e corsetta gratuita (strano che Giangi non sia venuto), sulle piste ciclabili della periferia est di Modena (evitando la ciclopedonale di via Gottardi, da un decennio ridotta in stato indecente e pericoloso; ma è importante la manutenzione delle ciclabili che portano alla Coop, di quelle per podisti chissene*?).

Le nostre guide sono stati due giovani sposini che esibivano il loro piccolo Leonardo nato da 26 giorni, con le sue gambine ancora delle dimensioni di stecchi, e talmente buono che per due ore non l’abbiamo mai sentito (peccato, perché non vedevamo l’ora di prenderlo in braccio tutti noi!). Quanto ai genitori, si tratta di Katia e Andrea Baruffaldi, quest’ultimo atleta di valore, classe 87 con 33:30 sui 10 km, 1.13:25 nella maratonina, e adesso responsabile della squadra di atletica dell’Unimore (insomma, il DT che deciderà se selezionare la Morlini o … Minerva ai prossimi meeting).

Intanto, prima del via per una corsa o per il tracciato dei camminatori di 5 km dichiarati (un po’ scarsini) ci è stata fatta fare tutta la ginnastica o lo stretching che si dovrebbero ma non facciamo mai. E dopo la corsa, lezioni di tecnica: lunghezza del passo, appoggio del piede, posizione della testa (che abbiamo imparato costituire il 17% del peso corporeo, dunque va inclinata al modo giusto), movimento delle braccia, equilibrio su un piede solo ecc., e fare passi corti perché si va più forte, e non rullare perché significa che vai troppo piano… Tutte cose che sui manuali forse ci sono, ma è ben altro praticarle sul prato col Baruffaldi che ci corregge e fa vedere come andiamo più forte e fatichiamo meno se il nostro piede atterra sulla verticale del ginocchio e non più avanti…

E le signore principianti, come una top new entry, Simona Malagoli la ceramista, che corre da un anno e pensa già a dove esordire in maratona, hanno imparato, come ha imparato la gloriosa Roberta Mantovi che corre, non dirò da otto lustri ma quasi. E perfino il feldmaresciallo Di Prinzio che sta andando al Fassa running, e Mastrolia che esibiva la sua maglia sexy e vantava trascorsi amatorii (la mia prima figlia è nata perché faceva troppo freddo  a Ferrette…), si sono disciplinatamente messi agli ordini eseguendo le flessioni e il sollevamento su un piede e le respirazioni giuste. E speriamo di ricordarcelo la prossima volta che correremo, oppure Andrea & Katia riprenderanno a insegnarlo dopo la pausa estiva con dei corsi continuativi.

Iano di Scandiano, 17 giugno – L’ennesima creatura di Paolo Manelli e del gruppo atletico scandianese (da Duilio all’Orietta, a Tiziano che meriterà un discorso speciale, a tutti gli altri cominciando da chi mi ha indirizzato all’ottimo parcheggio del campo sportivo, però con un cancellino molto stretto) è diventata maggiorenne, come si suol dire in una frase che lo stesso speaker Brighenti (ai vertici della forma, giuro, e sapete che non ho peli sulla lingua https://podisti.net/index.php/cronache/item/1544-jano-re-19-maggio-15-fornacione-trail-segnali-di-stanchezza.html ) ha criticato nell’usarla.

Col tempo sono cambiati la formula e i percorsi, e non è detto che questo sia il modulo definitivo: per riassumere, una 12 km individuale e una 21 a coppie (è la nostra Monza-Resegone… salvo che Mandelli è là e non qua, seppure da lui nascano i geniali collage fotografici su restio input anche di Italo);  percorso trailizzato con eliminazione di molti tratti su strade bianche, sostituiti da sentieri e pezzi di salita brevi ma brutali, specie verso la quarta e ultima cima al termine del famigerato sentiero Spallanzani.

In compenso (o a peggiorare le cose?) è venuto lo spostamento diurno delle gare: non più partenza dopo il tramonto e arrivo a bujaun, ma partenze alle 16,15/17, sotto un sole bollente che specie nel sentiero da capre, tra i calanchi verso la prima cima del km 6, produce svenimenti o abbandoni (bontà loro, gli organizzatori al controllo sacche pre-partenza ci hanno esentato dal telo di sopravvivenza, eppure mi hanno consigliato di tenere l’impermeabile perché radio-Furnasoun prevedeva uno scroscio alle 20). Non è stato preso in considerazione l’invito di Beppe Grillo a indossare i passamontagna, sebbene avessimo tante montagne da passare.

Non so se è per l’escalation di difficoltà, o per la data insolita, già estiva (la data tradizionale di un mese fa è saltata per le famose alluvioni reali o minacciate), o per il costo di iscrizione, diciamo alticcio (non trascrivo il commento di Paolino davanti alla cassa), sta di fatto che le coppie presenti erano 58, di cui 53 arrivate, più 96 singoli nella gara individuale. L’ultima volta che c’ero stato (nel 2018) fummo 101 coppie, l’anno prima 111, prima ancora 145…

Ciancio alle bande, come diceva il campione modenese di Lascia e Raddoppia, il grandissimo Enzo Cambi (vinse 5 milioni che gli servirono a pagare i debiti di suo padre) e diciamo subito i risultati.

Anzi, vi lascio indovinare chi ha vinto tra le donne nell’individuale, perché quando corre la prof di Unimore, per le altre non ce n’è proprio. E si è risparmiata, perché 16 ore dopo doveva vincere un altro trail a Castiglione dei Pepoli (BO). La seconda è stata Matilde Roncaglia a 19 minuti, ci siamo capiti.

Tra i maschi, successo di un eroe di casa, Federico Ganassi Spallanzani (con quel secondo cognome, le strade di casa non gli fanno problemi), che con 1.03:38 ha dato tre minuti al secondo, Manuel Cecchini.

Le staffette hanno visto il predominio (9 minuti sui secondi) della mista Modena Runners-Mud&snow (simply the best) Xhemalaj-Stefani in 2.11:10, e mi è stato fatto notare che sono tempi superiori di una ventina di minuti alle precedenti edizioni, a significare l’indurimento del tracciato (ormai, siamo quasi ai tempi di una maratona su strada!); secondi, due affezionati Lauffreunde della Val Sarentino, Markus Planoetscher e Annelise Felderer, ovviamente stravincitori tra le coppie miste, mentre le prime donne-donne sono risultate altre Mud& Snow, Chiara Morotti e Anna Favaretto, un pelino sotto le tre ore, 4 minuti meglio del duo Formiginese Rinaldi-Venturelli. Festeggiate quasi come avessero vinto le terze, Badiali-Bravi dalla Leopodistica Faenza (tè bòta).

E adesso riavvolgiamo il nastro (come dicono quelli che non hanno mai visto un VHS) tornando all’inizio, all’assolato ingresso nel magnifico impianto sportivo di Iano (o Jano secondo altri; come Jonio e Jader, insomma), che da un lato confina con una moderna e rumorosa ceramica, dall’altro gode lo spettacolo di tre o quattro Furnasoun, le stupende ciminiere coniche che punteggiano questi posti e hanno dato il nome alle corse della zona (“l’è tri or ch’an vdam eter che di Trii Cros e di Furnasoun”, commentava il mio compagno di squadra Paolino, accolto in partenza da Brighenti con la frase a doppio senso, che ho messo a titolo). Tra Brighenti e Bergonzoni, come battutista scelgo Brighentl, che se la tira molto meno e non si fa invitare al festival filosofia.

Scalpitano nel recinto gli individuali della 12: Paolo Giaroli, Margherita Gandolfi al cospetto di colei che due domeniche fa aveva ringraziato per non essere venuta a Vezzano. Giaroli-cugino, anni addietro, controllava severamente le sacche; ora lo fa Nerino, che è più indulgente e gli basta che abbiamo il telefono (e siccome Paolino non ha nemmeno quello, basta il mio… mi ricordo anni fa, gente che passava il controllo poi di là dalla rete lanciava il proprio telefono al partner perché potesse essere arruolato anche lui…).

I “corti” partono, mentre noi ventunisti sbrighiamo le pratiche, tra Pellacani e l’Orietta, delle 4 firme da mettere sul modulo di scarico responsabilità (che due piantedosi… Paolino, se io firmo che faccio uso di droghe, mi lasciano correre?). Pacco gara, due lambruschi e una fettona di parmigiano, poi si va alla chiama, quasi tutti col cappello in testa data la vampa e i suoi 31 gradi. Molto apprezzabile il pettorale che segna tutte le cime, le distanze, i ristori: è la prima volta in un trail che lo consulto così spesso e lo trovo incriticabile.

Come detto, mi sono riaccoppiato (come nel 2017) con l’eterno amico-rivale Paolino Malavasi; l’altra mia coppia fissa fornasonica, Ideo Fantini (2013, 2018) non lo vedo da un po’, mentre is blowing in the wind Stefano Pistilli da Albinea, che l’organizzazione mi assegnò d’ufficio nel 2011.

Il record da battere sarebbe 3.25 con Ideo, mo l’era più curta… Sicuramente nessuno batte neanche lontanamente il nostro attuale record di longevità, 144 anni in due (beh certo, se la facevo con Cuoghi…), ma non ci sono i compassionevoli premi di categoria, e anche i premi a sorteggio non ci baciano (mi bacia sulla guancia invece Annamaria Cavallo in Acito, vuoi mettere?).

Sembravamo staccati, ma sulla prima salitaccia (quella degli svenimenti, non a caso denominata Mazzalasino) raggiungiamo presto un gruppone di almeno dieci squadre, compreso Giancarlo Greco, il Berardi del podismo, accoppiato a uno/una dal palese falso nome (ma mi assicurano che il cambio è stato regolare, solo che hanno dimenticato di trascriverlo).

Su questi single track, le scuole di pensiero sono due: o ti accodi, specie se davanti a te hai uno stupendo posteriore femminile, oppure pensi al cronometro e chiedi pista: un paio di volte esorterò Paolino (che in salita mi precede sempre) a sorpassare, perché di quella ci eravamo riempiti gli occhi abbastanza e bisognava andare avanti. Il nostro agonismo imbranato mostrerà il suo culmine alla salita del km 14, quando una magrolina in bikini dalla parte delle Tre Croci ci saluterà amichevolmente: macchè, nemmeno le diamo il cinque, che magari lei ci dava il numero. Brutta ludopatia quella del podismo.

Bei panorami, comunque, tra Scandiano, i vari fornacioni, e la zona matildica dall’altra parte, con castellucci e torri. Il sentiero diventa più bello nella parte alta, tra il circolo della caccia e la discesa a Ventoso (c’è anche un night, chissà se lì i podisti cuccano?), malgrado la salita disumana a quel casotto assurdo del km 9.

Controlli e punzonature per verificare se siamo insieme (noi due sempre in perfetta regola, mentre certe donnine intraprendenti sono invitate ad aspettare il loro maschietto attardato, per il quale non funziona il proverbio a tira piò un pel ed*** ecc.). Paolo e Cinzia Manelli come sempre ai piani alti (fra 82 anni, quando avranno raggiunto in paradiso la prof dott cav nomismat ecc. Flavia Franzoni e la sua Mortadella, proporrò che gli sia dedicata l’area sportiva di Scandiano).

Ad ogni salita imprevista che interrompe un tratto in discesa, Paolino invoca dialettalmente le divinità; in un tratto più duro delle grotte di Lourdes mi fermo un istante, e la ragazza dietro mi chiede sportivamente se ho problemi. Dopo il ristoro di Ventoso (dove gli organizzatori hanno pietosamente disposto un itinerario alternativo per arrivare al traguardo tagliando…) sarà la salita Spallanzani a fare le differenze, con i “Diversamente giovani” Giancarlo e Filomena (sì, vent’anni meno di noi!) che prendono il largo e ci daranno due minuti.

Eccoci al favoloso guado del Tresinaro, sorvegliato dai coniugi Cavallo/Acito (il luogo del citato bacio): l’acqua è deliziosamente caldina, verrebbe voglia di arrivare sul fiume fino al traguardo. Invece c’è da risalire, su un pallet malmesso e scivoloso al massimo, con l’aiuto di una corda. Siamo tranquilli? Macchè, con la coda dell’occhio vedo una coppia che ci sta raggiungendo! Non fia mai, Paolino è pessimista (is ciapen ed sicur), eh no, Brighenti sta commentando là in fondo e secondo la sua faziosa interpretazione sono io che trascino Paolino a conquistare il 48° posto, con 9 secondi su Antonio e Gaetano (32 anni complessivi in meno); e lasciamoli a fare il segno churchilliano di V, sulla Cecilia che arriva mezz’ora dopo, ma non sui rognosi malamarri.

Terzo tempo: docce. Ustionanti! Non si regolano i rubinetti, risultato che viene giù un’acqua bollente che non ci stai sotto. Lo stratagemma cui ricorriamo è prendere il tubo di gomma per lavare le scarpe e miscelare il getto freddo a quello delle docce. Mai successo nelle mie 380 maratone precedenti. Manelli, altro che ciucciare mortadella, guarda che con la Flavia ti mando all’inferno!

Poi si passa al bar-ristorante, dove svetta la voce tenorile del barista Tiziano Possessi, grande maratoneta, grande diffusore di ceramiche nel mondo e grandissimo seduttore (visitammo insieme il porto di Dresda, e lui ci provò con una insigne professoressa, figlia di un grande costruttore locale, diciamo il Berlusconi dell’Emsland): corse la maratona di Reggio-Carpi 1997 all’indomani della nascita della sua ennesima figlia dall’ennesima donna, onore al merito. Un’altra signora che ne vede le foto gli riconosce che non è cambiato per niente.

Da lui prendo volentieri due bicchieroni di birra, suscitando i sospetti di Italo secondo cui supererò il tasso per guidare fino a casa (gli racconto di quella volta a Carpi, quando fui indagato dopo una cena podistica innaffiata da un litro di bianco e un grappino, e il mio quoziente risultò 0,350, il più basso della retata). Italo beve solo acqua (a collo, ma non divulgherò la sua foto), mentre a fianco Brighenti presiede una seriosa tavola rotonda di giudici Fidal, compreso Nerino, da cui esce tutto chiaro, salvo il paesello dove “Foligni” si sarebbe smarrito, se Pecorile o La Vecchia o Camporella.

Ma il Furnasoun è anche questo, una fatica boia, una disidratazione pazzesca, e la voglia di rifarlo da domani.

11 giugno – L’estate è esplosa davvero (salvo contrordini temporaleschi annunciati), e ancora alle 18 quando è partita la gara il termometro stava sui 32. Questa è forse l’unica gara pomeridiana di domenica nel calendario modenese, grazie a un antico privilegio che le consentiva la concorrenza, a distanza di qualche ora, con la corsa del mattino (che nel caso modenese oggi era peraltro reggiana, a Castellarano con sezione competitiva). Ma a sfruttare l’occasione siamo stati meno di 250, incluso il plotone di sbandieratori e addetti vari, intruppati nella società organizzatrice Madonnina che ha vinto la classifica dei gruppi con 83, spodestando una tantum il Cittanova che si è fermato a 50.

La Madonnina, col suo presidente Gianni Vaccari di venerata memoria, a principio degli anni Novanta ideò questa gara, in combutta (che coincidenza) con un altro Gianni Vaccari, figlio del sagrestano di Freto, su un percorso che sfrutta gli oltre 4 km dell’argine del Secchia che vengono buoni anche per altre gare di questo quartiere Madonnina, in una zona storicamente abitata da modenesi illustri (basta vedere le lapidi nella chiesetta), oggi spezzata in due o tre dalla linea dell’Alta velocità e dalla tangenziale nord, ma con stradette che si prestano anche a dei buoni allenamenti podistici: come capì il leggendario Luciano Gigliotti che qui preparò l’oro olimpico di Baldini (in linea d’aria siamo a 5-6 km anche da Rubiera, e ancor meno dagli impianti d’atletica della Fratellanza).

Gara ufficialmente non competitiva, col pettorale venduto alla quota minima dei 2 euro, ma che ha visto premiati i primi arrivati tra gli adulti, sugli 8.3 km (di cui metà abbondante ghiaiata, come si diceva sul tortuoso argine modenese del Secchia), e presso che tutti i bambini che hanno corso su un tracciato ridotto. Il caldo ha fatto esibire qualche duepezzi tra le atlete, col contraltare (è il caso di chiamarlo così) di alcune suore che invece hanno camminato in completo saio d’ordinanza, incluso il velo sulla testa, e i sandali ai piedi. Via dato dal parroco, e premiazioni finali officiate da lui, dall’attuale assessora allo sport e dal di lei predecessore nonché ex presidente del CSI modenese.

Ha alternato corsa e cammino Paolo Giaroli, reduce dalla conclusione dell’intera via Vandelli in una settimana (oltre 100 km di trail scavalcando l’Appennino da Sassuolo a Massa); ha soltanto camminato l’ex donnaiolo mirandolese Ori, presente a tutte le ultime tre (Magreta, San Damaso e Freto), sempre in compagnia di rappresentanti femminili; non potevano mancare Maurito e Paolino Malavasi, reduci dalla cena al festival dell’Unità di San Damaso, con una cattiva impressione lasciata dalla frittura di pesce surgelata (“sembrava che l’avessero messa sotto una pressa”): qui invece il gnocco fritto costava 90 cent e i pezzi erano abbastanza grandicelli; dopo il discreto ristoro/rinfresco finale, era anche possibile restare a cena all’aperto.

Ci fu un tempo nel quale chi si era cimentato nel percorso lungo di Freto, facendo cioè tutto l’argine, era premiato con un voluminoso prosciutto cotto; ma occorreva esibire il contrassegno ricevuto salendo a principio dell’argine. Chi non l’aveva, perché aveva fatto solo il giro del campanile, fece cagnara, col risultato che il premio finale adesso è diventato un democratico mezzo kg di pasta, indipendentemente dal chilometraggio, e solo i più bravi sono tornati a casa con alimenti più sostanziosi. Giusto così: il gps dichiara che facendo 8600 passi a 155 battiti medi ho speso 730 calorie, dunque – per quanto riguarda me, i due Paolo Malavasi e Giaroli, la non-parente Simona Malavasi, e gli altri come noi - lo scopo fondamentale è stato raggiunto.

Modena, 8-9 giugno – Il mese più ricco di corse, guardando più alla quantità che alla qualità, ha celebrato la sua seconda settimana con due ritrovi non competitivi nel raggio di una dozzina di km dal capoluogo, alle 19,30 del giovedì e del venerdì.

Buon successo ha arriso alla Corrimagreta dell’8 giugno, con 636 iscritti a questa gara, ufficialmente non competitiva, ma che alla fine ha visto sul podio una discreta serie di meglio classificati, cominciando dall’enfant du pays Filippo Capitani (Modena Runners, anche duatleta e triatleta) che ha stradominato giungendo al traguardo in gran fretta per riprendere in braccio almeno uno dei suoi gemelli, portati nel frattempo a spasso dalla mamma Chiara Zini (lei pure atleta, ma attualmente un po’ ‘impedita’ quando corre il coniuge).

Sebbene Magreta non sia certo una delle località più turistiche della zona, il percorso è stato abbastanza gradevole, una volta uscito dall’area urbana in direzione nord (cioè verso Modena ovest), con giro di boa intorno a Corletto dove si passa anche con la camminata di Cittanova: prevalenza di campi di grano e frumentone, ancora verdi ma in buona salute, con allevamenti suini, più una antica latteria ormai dismessa e contrassegnata da un cartello “Vendesi” di improbabile esecuzione.

Organizzazione molto attenta curata dalla Formiginese (Bevini, Reginato e il dottor Soli über alles, ma anche la presenza di Marco Bortolotti era un valore aggiunto) e dall'Associazione Magreta Eventi, che gestiva soprattutto il lato festaiolo cominciando da un buon parcheggio gratuito a fianco della festa e dell’immancabile tendone gastronomico; grande quantità di segnalatori lungo il percorso di 9,5 km (più il ridotto di 3,5), chiusura assoluta al traffico salvo un paio di trattori che facevano il proprio mestiere.

Al ristoro intermedio ci è stata offerta, da una bella e invitante signora, perfino della birra fresca; più avanti, un privato offriva pignoletto. I due miseri euro richiesti per l’iscrizione sono andati in beneficenza, eppure ci è toccata una piada, oltre al ristoro finale col tè decisamente saporito servito da una Simonetta in ottima forma, come lo erano Alle-Simo, altri eroi locali di lunga lena appena tornati dalle 4 maratone in 4 giorni, e una Alessandra Fava decisamente ai massimi livelli tanto da meritarsi vari primi piani di Teida.

Cittanova, come al solito, dalla accogliente tenda che lo incorona primatista come società con 73 iscritti, tre in più della Formiginese; quanto all’aspetto bassamente agonistico della lotta per il trecentesimo posto, solito ordine d’arrivo con Maurito Malavasi che precede papà Paolino, Mastrolia, Margherita vincitrice di Vezzano, Rambo e staccatissimo Gelati. Prima era arrivato Verzoni, che però ha dichiarato di aver fatto il giro corto e, che se rinascerà, farà il ciclista, perché “mentre pedali puoi anche mangiare”.

Molti, molti meno (circa 250) eravamo venerdì 9 a San Damaso per una camminata annessa al festival dell’Unità (o come si chiama adesso). Cattiva scelta quella di mettersi in concomitanza con la gara omologa a Crespellano (Bologna: Bonaccini contro Schlein?), ad appena una ventina di km, più dotata paesaggisticamente, tanto che ci sono andati perfino Giangi e la Teida, e pure competitiva (con successo di Lofti Gribi, altro Modena Runners).

Scelta della data, oserei dire, poco intelligente dato pure che l’indomani, sabato, a Modena non si corre (e nemmeno domenica mattina); e siccome lo scopo principale di queste gare è far restare i podisti a cena, mi sa che sia stata punita come meritava, anche dalla pioggia arrivata (seppure per breve tempo) proprio quando gli ultimi stavano arrivando (mi pare sia stato l’ex boss Occhetto a dire che Dio punisce col diluvio gli imprevidenti).

Peccato, perché il giro (di 8.4 km, oppure di 6 o di 3) non è male, sebbene conosciutissimo per varie gare durante l’anno: dopo aver costeggiato i ruderi di quello che fu il ristorante l’Americano (dove in una cena di classe fine anni Sessanta trovammo le Orme e da licealini bigotti li sbeffeggiammo per i capelli lunghi cantandogli addosso con la voce di testa per accusarli di essere… una cosa che oggi non si può dire), per un paio di km si sale sull’argine del Panaro, per poi scenderne percorrendo la campagna contigua al Ponte S. Ambrogio, lungo stradette tranquille e comunque ben presidiate, anche da vigili. Due euro e mezzo, stavolta, in cambio di una confezione di merendine; al ristoro, squisiti i pezzi di torta; anche Soraya Pozzi, presente ieri a Magreta e oggi qui, ha apprezzato, malgrado l'assenza di Giangi la cui sentenza, in italiano da migranti, è stata "così bella corsa San Damaso che nessuno fatto foto" (ciao mama).

Rambo e Valentini (ancora una volta primi di società, ma con una trentina scarsa di iscritti) si affrettano a smontare la tenda per non farla bagnare dalle prime gocce. Domani, come si è detto, riposo; in compenso, domenica, doppietta reggio-modenese, con Castellarano al mattino e Freto (zona Madonnina ed ex festival dell’Unità; ma qui per la sagra parrocchiale) nel tardo pomeriggio.

Mercoledì, 07 Giugno 2023 18:10

Modena: Corricharitas feriale ma per settecento

6 giugno – Non ricordo da quanti anni si svolga il Corricharitas, presumibilmente dai primi Duemila. Di certo resta che è un gioioso incontro tra noi “normodotati” e i nostri fratelli meno fortunati, oltre che coi loro assistenti, di questa benemerita “Azienda di Servizi alla Persona dedicata alla cura e assistenza delle persone con disabilità psico-fisica grave e gravissima, rispondendo ai bisogni di tipo assistenziale, educativo, riabilitativo, sanitario, psicologico, spirituale. L’opera fu fondata nel 1942 da un santo prete già impegnato nella riabilitazione dei sordomuti, e dal 1954 si trova nella sede attuale, tra via Rosselli e via Panni a sud di Modena, enormemente ingrandita e dotata di nuovi servizi.

Insieme a noi (734 paganti, cifra più o meno uguale alla camminata modenese della domenica precedente) in questo tardo pomeriggio di martedì corrono o camminano gli ospiti che possono farlo, a piedi o in carrozzella, coi loro accompagnatori (145 in tutto). All’iscrizione minima di 2 euro (cui corrisponde un barattolo di pomodori conservati) se ne è aggiunta una da 5 che dà diritto non solo alla maglietta ma anche al pasta-party che, quando era gratuito, generava indecorose resse per pluriabbuffate da morti di fame. Per fortuna, stavolta la decenza ha ritrovato il suo spazio, sebbene più per obbligo che per convinzione.

Corsa non competitiva sul solito tracciato da 8,5 km lungo piste ciclopedonali nei quartieri Buon Pastore e Sant’Agnese (ormai congiunti dalla speculazione edilizia spacciata per “consumo zero di suolo”, come si vede quando si passa dalla neonata via Nilde Iotti); partenza abbastanza unitaria (fatto salvo il solito centinaio che proprio non ce la fa a mescolarsi col nostro gruppo disciplinato e maleodorante), e arrivi che si sono aspettati anche oltre l’ora e mezzo (stavo già tornando verso casa quando ho visto Giangi a un km dal traguardo), grazie alla giusta accoglienza anche per i camminatori che non si accontentavano del giretto truffaldino attorno all’edificio per poi tuffarsi sul tavolo del ristoro. Comunque preferisco un Giangi che parte giusto, a X e Y che partono prima e davanti al fotografo fanno le smorfiette da pride col segno V (hai vinto su chi?).

Ho notato in grande spolvero Paolino Malavasi nonostante avesse finito da due giorni la sua trecentesima maratona all’interno delle 4-maratone-in 4 giorni di Orta; il sottoscritto e Giaroli, che (con Margherita appena dietro) incorniciavamo il quadrifoglio della sua maglietta nel primo km, come appare dalla foto di Teida inglobata nel raffinato collage di Mandelli, l’abbiamo tallonato fino alla fine, ma raggiunto mai. Eppure un altro reduce da Orta, Gelati-150, l’ha fatta tutta di passo… Evidentemente Paolino ha raggiunto un equilibrio fisico che gli permetterebbe di fare 365 maratone l’anno… a patto di non fare la fine di quello di Albinea, e neanche di gasarsi come se fosse il campione olimpico.

Manca la bellissima vignolese che anni fa mi suscitò un commento ironico circa il suo fidanzato di allora che ci intralciava coi suoi ghirigori ciclistici da gelosia; Mastrolia se ne fa una ragione e si fa fotografare in compagnia della Teidina che sciorina un ammaliante sorriso. Per il resto, siamo i soliti: Margherita vincitrice domenica a Vezzano, i coniugi Rossetto, i fratelli Baldini, Lorena Ilva e Vanna le carpigiane, padre e figlio Bandieri, Reginato il formiginese che ci esorta al prossimo appuntamento, posdomani, nel suo territorio, diramazione Magreta. (Ma se dici a Giangi che a Magreta c’è un distributore di metano, lui si arrabbia e urla che è a Sassuolo; come quello di Casalgrande, venerdì scorso, sarebbe a Scandiano).

Tutti i salmi finiscono in gloria, e nei tanti spicchi di limone che ingentiliscono l’acqua freschissima del ristoro finale. Con poca spesa, e un barattolo di pomodori in borsa, ci sentiamo tutti caritatevoli.

4 giugno – Un’occasione, al momento riservata a pochi, ma preziosa, nella sua semplicità e nel fascino della scoperta di un piccolo paradiso per le famiglie e gli escursionisti. Ora anche per i trailer, grazie a questa invenzione di Paolo Manelli da Scandiano (un maestro elementare con 19 Passatori all’attivo, e “padre” della maratona di Reggio, per citare solo questo).

Il luogo è appunto Vezzano sul Crostolo, sulla strada statale che porta (continuando a citare località ben note ai podisti) a Casina, Castelnovo Monti, Busana-Ventasso e Cerreto Laghi. La stessa Vezzano era una delle mete più ambite del nostro sport, per la mitica salita serale a Canossa che purtroppo non si fa più da anni: ma intanto, Manelli ha approfittato della “Pinetina”, un’oasi naturalistica (caprioli, pavoni, tartarughe e chissà quant’altro: foto 2-6, 22-23) 4 km a sud del paese, in gestione all’Uisp, per proporre una versione trail delle gare a tempo su circuito che pure hanno caratterizzato la reggianità sportiva e che adesso forse rinascono (due giorni fa ce n’era una a Cavriago).

Certamente non c’è stato il bagno di folla che si era visto due giorni prima una quindicina di km sotto, a San Ruffino, forse anche perché il volantino e il sito non precisavano le modalità della sezione non competitiva (nemmeno il costo dell’iscrizione, che invece era di 15/20 euro per ogni staffetta e di 7/10 euro per gli individuali). Poi c’era l’allerta gialla, il giorno prima era piovuto e il percorso presentava tratti argillosi con rischio di scivolare.

Risultato, eravamo in 18, più un giudice, due fotografi e 4-5 organizzatori: come diceva Nerino Carri (le cui foto delle due partenze figurano nel collage di copertina realizzato da Mandelli) che ha redatto anche la classifica qui in fondo, non essendoci prosciutti in palio, i cacciatori di tali mercanzie sono andati altrove.

Percorso profumato di ginestre e segnato “il giusto” (definizione di due colleghi arrivati poco davanti, e che mi hanno sorpassato dopo aver recuperato un errore di percorso a un km dal traguardo), ma meticolosamente descritto prima della partenza da Manelli (che poi l’ha girato e rigirato, risultando utile anche a me che stavo per fare lo stesso errore dei due suddetti): spettacolare e minimamente scivoloso, nonché solcato da autentici crepacci, il tratto dei calanchi, circa a metà del tracciato, dopo un bellissimo passaggio di crinale da cui si ammiravano la rupe e il castello di Canossa (foto 13-20).

Il giro era quantificato in 4,2 km (un decimo di maratona! Chissà se Manelli si sta facendo delle idee) con 235 metri di dislivello per ogni giro, il punto più basso in zona partenza a circa 210 metri slm, e altitudine massima intorno ai 430 metri dopo 1,5 km; il tempo concesso erano 90 minuti, con l’ovvio avvertimento che se si tagliava il traguardo/passaggio prima di tale orario, si poteva proseguire per l’ultimo giro anche se ciò comportava l’inevitabile sforamento del tempo.

La classifica è basata sui giri, cioè sui km percorsi, e solo subordinatamente sul tempo impiegato. Tra gli individuali, solo 7 maschi sono riusciti a completare 3 giri, tutti oltre i 90 minuti, con successo finale di due provenienti dalla Bassa che più bassa non si può (Novellara, “io vagabondo che non sono altro…”), Simone Ferrari con 50 secondi su Massimo Crotti.

Le due donne partite e andate a premio (foto 24)  hanno dovuto accontentarsi di due giri (la seconda addirittura sforando i 90’); la vincitrice Margherita Gandolfi (alias cognata di Italo Spina) alla premiazione ha ringraziato le Morlini e le Ricci che non sono venute… e aggiungo Francesca Boschini, che accoppiata al compagno di 1. squadra Atletica Reggio Daniele Sidoli ha vinto la staffetta completando ben 5 giri seppure oltre un’ora dopo lo scadere del tempo, cioè stando sui 32 minuti di media a giro (ma Sidoli pare andasse sui 25, e verosimilmente avrà tirato nella prima parte lasciando alla compagna il completamento dell’impresa). Misteri gaudiosi: la seconda staffetta è arrivata 8 minuti prima, ma con un giro in meno.

2. Tra i partecipanti, l’ultimo è però il più glorioso: Raffaele Carli, toscano, tra gli organizzatori del Trail dei Malandrini che si concludeva all’Abetone; come atleta, nel 2010 varcò il traguardo delle 100 maratone ultimate (all’epoca esistevano solo le maratone vere, non le tristi kermesse attuali), e col quale arrivammo insieme a Bobbio al termine di una Abbots way (sempre per parlare di corse vere).

Ricco il ristoro nella zona traguardo (magari il tè poteva essere più carico), cui si aggiungeva un discreto pacco gara alimentare, e il gnocco fritto gratuito nell’attiguo bar “Al Pan brusèe” (che peraltro lo vendeva a prezzo stracciato, 5 pezzi per tre euro, vedi foto 28). Ci ho aggiunto l’erbazzone e una bottiglia di bianco locale, chiedendo a Nerino di aiutarmi a scolarla tutta (foto 29), e dicendoci altre cose che il tacere è bello a proposito di fotografi e fotografe con la presunta esclusiva.

Il tempo su Vezzano tiene, stiamo sui 25 gradi. L’allerta gialla può presentarsi al prossimo turno.

 

                                                            Classifica (curata da Nerino Carri)

 

Maschile

1. Ferrari Simone gruppo podistico AVIS Novellara con 3 giri in 1h39’40   

2. Crotti Massimo gruppo podistico AVIS Novellara con 3 giri in 1h40’30

  • Seidenari Davide Joy Runners con 3 giri in 1h45’00
  • Baccarani Gian Paolo Polisportiva Castelfranco Emilia con 3 giri in 1h45’50
  • Sgrò Alberto con 3 giri in 1h53’10
  • Vitale Rocco con 3 giri in 2h01’50
  • Marri Fabio Modena Runners Club con 3 giri in 2h11’10
  • Gualino Antonio Polisportiva Maranello con 2 giri in 1h12’20
  • Fornigoni Massimo Polisportiva Maranello con 2 giri in 1h17’55
  • Zanasi Paolo Polisportiva Maranello con 2 giri in 1h17’55
  • Predolini PierLuigi Lupi dell’Appennino con 2 giri in 1h19’00
  • Carli Raffaele La Banda dei Malandrini con 2 giri in 1h31’40

  

Femminile

1. Gandolfi Margherita 3,30 Team     con 2 giri in 1h27’40

2. Bertolini Laura Pico Runners con 2 giri in 1h31’40

 

Staffetta a coppie

1. Sidoli Daniele (Atletica Reggio) Boschini Francesca (Atletica Reggio) con 5 giri in 2h38’50

2. Foligno Roberto (Joy Runners) Malavasi Linda (Joy Runners)                con 4 giri in 2h31’10  

2 giugno – La gara di oggi era prevista il 21 maggio e saltò in previsione di quel gran maltempo che qui poi non c’è stato: d’altra parte siamo a 140 metri di altitudine, ha voglia il Tresinaro di straripare fin quassù. Comunque è stato un rinvio fortunato perché è incappato in una giornata splendida, con temperatura già sui 25 gradi,  e la mancanza di concorrenza perché la camminata partitica in provincia di Modena non si è fatta: dunque sono confluiti anche i modenesi, come si faceva una trentina di anni fa per il Furnasoun e si è continuato a fare per la camminata di Santa Caterina con partenza poco sotto, da Scandiano.

A occhio direi anzi che ci sono più modenesi che reggiani, e lo confermerà la classifica finale per società, coi primi due posti aggiudicati al Cittanova (che nelle foto 7-8 del servizio di Teida Seghedoni mostra la sua tenda invitante) con 63 e a Sport Insieme Formigine con 54. E questa camminata è stata prescelta anche dal nostro cofondatore Tommaso Minerva per la sua rentrée agonistica, dove ovviamente lo sforzo maggiore lo compirà la consorte Piera, medico all’ospedale di Reggio con turni quotidiani da 10 ore, ma per fortuna con energie residue per andare oggi in agilità.

Adesso l’iscrizione costa 3 euro secondo la tariffa reggiana (a Modena si riescono a spuntare ancora i 2, a Bologna i 2,50), ma in compenso il pacco gara regala tre confezioni di biscotti, e perfino quei modenesi di stretta osservanza roncaratiana che un quarto di secolo fa polemizzarono con Scandiano quando portò l’iscrizione a 1500 lire dalle 1000 che erano, adesso sono felici e contenti. Presenti anche tutti i fotografi istituzionali e perfino qualcuno in più, come Micio Cenci che per essere qua si è fatto un centinaio di km: dal lato nostro si raccomanda il servizio di Teida https://podisti.net/index.php/component/k2/item/10312-01-06-2023-san-ruffino-scandiano-re-26-camminata-dei-colli.html 
ma per la copertina ci siamo avvalsi di qualche scatto di Italo, presente con tutta la famiglia presente e futura e persino il consuocero in pectore, “comunista ciellino” come lo chiamavo quando competevamo ai 4:59 a km.

Il tracciato è un su e giù per le colline, una specie di abbozzo della Scandiano-Castellarano, con i limiti altimetrici dai 175 m del km 1,6 (dove c’è un giro di boa al limite dell’assurdo) ai 90 m del km 7-8; almeno 3 o 4 km sono sterrati, su pratoni accuratamente rasati come lo è il campo sportivo del parcheggio, tutto profumato di menta tagliata.

Tra i vari passaggi, mi colpisce una targa all’esterno del cimitero di San Ruffino, che commemora un don Carlo Terenziani parroco della vicina Ventoso, “scomparso tragicamente il 29 aprile 1945”. Scomparso? Scappato con la Perpetua verso il Paradiso terrestre del convento di Monza? No, quel “tragicamente” lascia capire quello che il guardiano del parcheggio mi dice sinteticamente (“i l’han masèe i partigian”) e che si impara dalla cronaca della commemorazione avvenuta nell’anniversario dell’assassinio, il 29 aprile scorso

https://www.24emilia.com/commemorato-a-san-ruffino-di-scandiano-don-carlo-terenziani/

Rapito a Reggio dopo la messa, “lo portarono legato nella sua parrocchia, Ventoso, lo fecero girare per le strade fra scherni e dileggi. In una nota osteria lo costrinsero a trangugiare del vino. Don Carlo non mosse ciglio e non disse una parola. La sera lo portarono vicino al muro della chiesa di San Ruffino per fucilarlo. Prima di morire, davanti ai partigiani, gridò: Viva Cristo Re!”.

Cerchiamo di non pensarci per non incorrere nell’accusa di “revisionismo storico” (che è un po’ quella di “no vax”: se uno ti sta antipatico, lo chiami no vax o revisionista e sei a posto).

La strada procede, circumnaviga lo storico Furnasoun (nato nei tempi in cui le ciminiere erano motivo di orgoglio e di prosperità, non i babau delle gretine) con sguardo in verticale sulla vicina Scandiano, scende a livello della statale dove c’è un ristoro, poi prosegue per un lungo filare di viti in leggera salita che (si diceva con Angelo Giaroli, prima che si involasse nella foto 356) ricorda un po’ il trail di Zola e potete rivedere nelle foto di Teida dalla 180 in avanti.

Poi di nuovo sull’asfalto e in prossimità dell’avant-indree di cui sopra (Mastrolia, a torso nudo nella foto 366, lo imbocca volontariamente un’altra volta per arrivare a 14 km, il suo ex collega indiano Rambo della foto 344 si accontenta invece degli 11 scarsi prescritti). Ultimo km in su, e cento metri finali in giù verso il traguardo tra le case, il banchetto di Boniburini (trionfatore di una Salso-Cavriago di anta anni fa: foto 3-4), il ricco premio e l’impeccabile ristoro reggiano.

Christian Mainini dà appuntamento per la staffetta di Cavriago stasera e il cross a circuito di Vezzano domenica (se si vuole, a staffetta pure esso): questi reggiani, i gh’avran la testa quedra, come dice Bellentani guardando la foto di Prodi, ma ne pensano sempre di nuove. Si scende, al distributore poco sotto due cartelli: cercasi benzinaio; Si ricerca elettricista/cablatore (il mestiere di Mastrolia). Ci mando Giangi, reduce da un primo piano di Teida (foto 419), per controllare se pagano più del Reddito.

29 maggio – È quasi estate ma il clima è ancora gradevole, con l’ora legale le giornate sembrano non finire mai, dunque è tempo di ricominciare con le camminate delle 19/19,30, quando chi lavora ha tempo di smontare e indossare le scarpette, e chi non ha voglia di cucinare ma nemmeno di essere spennato al ristorante può approfittare degli stand gastronomici allestiti dopo la corsa.

Anche l’area bolognese, seppure con un programma ridimensionato rispetto ai tempi d’oro, e che le recenti vicende climatiche hanno messo in ulteriore sofferenza, offre i suoi prodotti, con partecipazioni certamente più modeste (anche il Covid e la cosiddetta dittatura sanitaria hanno fatto molti danni allo sport), ma con soddisfazione di chi, ostinatamente, ci va ancora. Riecco dunque i venerdì di corsa, come quello del 26 maggio a Calcara, paese di 2300 abitanti sul torrente Samoggia, cioè praticamente al confine tra Modena e Bologna, e assorbito nel comune “allargato” che dal 2014 si chiama Valsamoggia con sede a Bazzano e perfino un casello autostradale a beneficio dei fabbricanti di fumo. Anche il nome della camminata, ovvero del suo comitato organizzatore, è un po’ arzigogolato rispetto alla denominazione classica, che tutti usiamo nel parlato, di “Festival dell’Unità”. Già, ma l’Unità non c’è più, oppure ri-c’è da poche settimane, ma non si sa se rispecchia il Pensiero del Partito, e anche il glorioso Partito non c’è più e guai a rinfacciargli l’aggettivo che vigeva fino al 1990: insomma, adesso siamo (come documenta la foto numero 10 del servizio, come sempre “itinerante” e completo di Teida Seghedoni, ottimamente anticipato dal collage di Roberto Mandelli qui sopra) a “Calcara in festa de L’Unità del Partito Democratico”. https://podistinet.zenfolio.com/f877350836

La sede è sempre la stessa, un po’ nascosta ma si fa con quello che si ha; anche la camminata vorrebbe seguire il percorso tradizionale, dei più belli della stagione tra quelli non collinari, se non che i recenti allagamenti pare abbiano reso impraticabile una parte del greto del Samoggia (foto 21), costringendo ad allungare il giro e allontanarlo dal corso del torrente dopo l’attraversamento su uno dei due oscillanti ponticelli metallici (foto 39 o 68 e seguenti), portandolo a 9 km rispetto agli 8 di un tempo.
Qualcuno maligna sulla ragione reale, che sarebbe stata quella di allontanare certi podisti dalla tentazione di piluccare dai frutteti in produzione (foto 212-214), come faceva Broccoli (oggi non visto). C’è invece Assantun Fregni, quasi nonagenario Bertoldino di Persiceto, e c’è lo squadrone del Cittanova di Modena con la sua invitante tenda (foto 1-3) che accoglie, tra gli altri, l’immancabile Lucio (foto 168), Rambo (foto 209; e riesce pure a inciampare) e perfino Giangi, attratto non si sa se dal percorso o dalla magnazza. Chiedere se c'è Cuoghi è come chiedere se la terra è rotonda; oltretutto lui è di queste parti del "triangolo della morte". 

Del greto vero e proprio percorriamo, su un bel sentiero ombreggiato (foto 126-188), sì e no un km, fino a sbucare sul ponte stradale al centro di Calcara, dove il solito cartello dice “Arrivo”, in mancanza da lì in poi di segnalazioni su come raggiungere il ristoro, il premio (eccellente bottiglia di bianco locale) e le tende. Io sto quasi per finire nelle cucine, dove mi chiedono se voglio lavare i piatti (ah, non ci sono più i volontari di una volta… neanche Liccardi si fa vedere…), poi con indicazioni stile Google-Pd-Maps ritrovo sia le signore del tè (foto 189-193) sia la tenda del Cittanova. Cenare, anche no: c’è da vedere il Sassuolo che regalerà due gol a una squadra già retrocessa.

Ma lunedì 29 si torna da quelle parti (quasi di fronte a Calcara e di fianco all’altra località podistica di S. Maria in Strada, sempre in zona-Samoggia) per la 15^ Camminata delle spighe a Le Budrie, sperduto paesello, un tempo frazione San Bartolo in comune di Persiceto (comune che malgrado l’orientamento politico mette tutti i nomi dei luoghi in dialetto, al contrario di Sassuolo old-style) reso famoso dalla sua santa Clelia Barbieri, davvero una santa, morta di tubercolosi a 23 anni dopo un’esistenza spesa in una carità eroica, protrattasi anche dopo la morte: la sua voce fu udita distintamente, anche da increduli e atei, anni dopo il decesso. Qui santa Clelia ha il suo raccolto e riposante santuario: non poteva mancare Teida, che lo ritrae nelle foto del suo servizio da 280 alla fine. https://podistinet.zenfolio.com/p995774109

A differenza di Calcara, l’accoglienza degli ospiti è gestita meglio, con un ampio prato regolamentato a disposizione per le auto da parcheggiare; la via del ritrovo (appunto dedicata alla Santa) e del successivo tendone per la cena è chiusa al traffico, che per la verità è costituito più dai cenanti che dai corridori. Non c’è nemmeno il Cittanova, eppure Lucio (foto 194) e Giangi sono venuti ugualmente (Giangi addirittura per bissare la cena della sera prima, 70 km a/r per risparmiare qualcosa rispetto a una cena da Bottura); discreto il gruppo giallo del Finale di Ottavio e Antonella, come quello del Pontelungo dell’immortale Righi, anche lui più 90 che 80 (a destra nella foto 279).
Temperatura gradevole tendente al caldo, e non manca la signorina in due pezzi nero (foto 60), lungo un percorso esattamente quotato 8,2 km, che ci porta tra fattorie biologiche e belle chiesette storiche giustamente ritratte (50, 59, 86, di sbieco in 116), con un paio di pezzi erbosi e approdo davanti al ristorante: già affollatissimo ma il cui efficiente servizio d’ordine permette a tutti di trovare posto, mentre gli aerei diretti a Bologna volteggiano su noi e lo stupendo tramonto delle foto 290 e 291 suona al pio colono augurio di più sereno dì.

Domenica, 28 Maggio 2023 19:53

Carpi, 7^ Corsa dei Leoni

28 maggio - Era il 6 giugno 2021, in provincia di Modena non si correva da più di un anno, salvo pochissimi tentativi a livello o di passeggiata o di gara super-agonistica; e noi podistae vulgares scoprimmo che questa oasi di verde e di sport, tra Carpi/Cibeno, i Ponticelli e Rovereto, era disponibile anche per la corsa: https://podisti.net/index.php/cronache/item/7306-carpi-5-corsa-dei-leoni-davvero-si-ricomincia.html. Secondo modalità compatibili coi “protocolli” di allora, che oggi sono per fortuna dimenticati: dunque in questo 2023 si è partiti in orario unico, premessa la partenza anticipata per quelli che proprio non ce la fanno a rispettare gli orari, cosicché al via con sparo eravamo sì e no in 200 (poi sono seguiti i “giovani leoni” su percorsi minori). Va aggiunto che la gara era stata rimandata dalla settimana scorsa, e oggi veniva a collidere con un Cinquemila nella stessa Carpi, una corsa nella limitrofa Concordia e, per i più ardimentosi, con il trail di Fanano/Capanna Tassoni.

Percorso più o meno uguale a due anni fa, quantificato in 9 e 12 km, forse per metà campestri; il mio Gps dà 12,5, di cui il tratto più discutibile sono gli 800+800 metri lungo un canale per arrivare e ripartire dall’altro luogo gemellato, il Club 33. Quasi un single track, che ha reso problematici gli incroci con chi aveva già doppiato il giro di boa, e magari doveva anche fare dei sorpassi. Va bene evitare le strade asfaltate, ma forse si è esagerato e si poteva trovare una via d’uscita diversa.

Gara in veste non competitiva, sebbene lo speaker in partenza avesse avvisato che al Club 33 c’erano giudici che avrebbero preso i numeri e cronometrato (?): in effetti un personaggio con taccuino era in cima all’argine, ma non abbiamo capito bene cosa facesse, o forse si è accontentato di prendere i primi, e gli altri vadano pure con Dio.

Ce la siamo cavata (i cugini Giaroli, Rambo e Mastrolia, Giorgio Diazzi e Mac Macchitelli, insomma la solita clientela di appassionati che non puntano alla salamella di premio); nei limiti del possibile, e di quanto ci consentiva la temperatura sui 25 gradi, ci siamo goduti il tracciato, ai cui margini sta anche la colonna con l’immagine della Madonna dei Ponticelli, nel luogo dove sorgeva la casa della bambina miracolata dalla Madonna nel Quattrocento (cinque secoli dopo, anche nella mia famiglia ci fu un miracolato allo stesso modo: lo zio Remo che, muto dalla nascita, tornò dal santuario e disse Cavès Piòpa, e da allora divenne guida e memoria infallibile di tutti i funerali roveretani, compresa quella Cooperativa agraria di cui però disse “mo an n’ho mia vista al mortòri”). A proposito di Rovereto, oggi a Carpi c’era anche Canèin a correre, e come guardiano del percorso Ermanno Martinelli, leggendaria spalla di Ivano Barbolini nella maratona e soprattutto nelle rimpiante “Tre sere di Carpi”.

Tre euro l’iscrizione, col corrispettivo (oltre dei ricchi ristori a base anche di torte, e di docce eccezionali) di un asciugamano, e l’impegno degli organizzatori (il Lions club di Carpi) di devolvere una cifra a una comunità per minori disagiati.

Il solito Peppino Valentini, grande raccoglitore di podisti sperduti senza collare, distribuisce un calendario delle “sue” gare da cui sembriamo tornati a quei giugni di un tempo, quando si correva quasi tutte le sere: e se il 2 giugno Spilamberto salta (non è una novità, e piangeremo in pochi), per la festa della Repubblica potremo accoppiare San Ruffino di Scandiano la mattina e Cavriago la sera, ma anche andare a Comacchio per la rituale mangiata di pesce: e speriamo che nessun socio-psico-vecchion-qualunquologo se la prenda,  come se l’è presa con Bruce Springsteen, con chi vorrà passare qualche ora all’aria aperta da quelle parti.

 

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