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Giu 01, 2020 Claudio Romiti 18860volte

Provocazione: se riprendessimo le corse entro giugno?

Il viceministro Sileri a Quarta Repubblica 20 aprile Il viceministro Sileri a Quarta Repubblica 20 aprile Mediaset - R. Mandelli

Credo che mai come in questo momento così complicato per il Paese e, di conseguenza, per il vasto mondo dello sport, si senta la necessità di un dibattito franco e onesto su come muoversi da qui in avanti.  In tal senso mi sembra doveroso esprimere in anticipo un sincero ringraziamento agli amici di Podisti.Net per avermi offerto la possibilità di (come si suol dire) gettare un sasso nello stagno.  Schierandomi sin dall’inizio di questa pandemia nel fronte minoritario di chi non la considerava così grave come veniva sbandierata da gran parte dell’informazione nostrana, oggi la situazione mi sembra tale, soprattutto guardando con attenzione l’andamento dei numeri che ci vengono proposti quotidianamente, che non mi pare una eresia ritenere ragionevole la ripresa dell’attività agonistica entro il mese di giugno.  Una ripresa la quale, visto il carattere eminentemente regionale del podismo amatoriale, potrebbe essere autorizzata in subordine perlomeno in quelle regioni in cui i riscontri dell’infezione da Covid-19 sono minimi, come nel caso dell’Umbria, in cui risiedo oramai da 25 anni, e dove da alcuni giorni non si riscontra alcun positivo e c’è una sola persona ricoverata in terapia intensiva.

A tale proposito mi sono preso l’ardire di promuovere una petizione (http://chng.it/qGkTc4Qhr5)  sulla piattaforma change.org, proprio per contrastare nel mio piccolo un dilagante allarmismo che sta da tempo paralizzando l’intero Paese e che, secondo moltissimi studiosi, a partire da tanti clinici che operano in prima linea, appare tanto ingiustificato quanto estremamente autolesionistico.   
Mi riferisco, in particolare, al primario delle terapie intensive del “San Raffaele di Milano, Alberto Zangrillo, il quale  da alcune settimane sta ammonendo il fronte catastrofista,  portando a sostegno delle sue tesi evidenze empiriche molto significative (in sostanza in questo grande ospedale lombardo non ci sono quasi più ricoveri per Covid-19 dai primi d’aprile), circa i danni a lunga scadenza che un blocco eccessivo determinerà, compreso un aumento esponenziale di decessi anticipati per aver completamente trascurato tutto il resto delle gravi patologie che affliggono la cittadinanza. 
Sulla stessa linea è schierato il professor Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie Infettive del “San Martino” di Genova, il quale ha annunciato il 29 maggio che il suo reparto tornerà alla normalità, in quanto – ha dichiarato - “il trend calante dell’epidemia continua, prova ne è che abbiamo difficoltà ad arruolare i pazienti negli studi clinici, di patologia ne sta circolando molto poca e quasi nulla”. 
Tutto questo, poi, è confermato da altri tre scienziati piuttosto accreditati, come il professor Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, che starebbe per pubblicare alcuni documenti scientifici secondo cui il virus avrebbe subito una decisiva mutazione in senso benigno, così come storicamente è sempre accaduto a queste tipologie di virus. 
Anche il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, e l’illustre virologo Guido Silvestri, che opera in una grande università americana,  sostengono da tempo la medesima impostazione. Silvestri, in particolare, sta pubblicando a cadenza quotidiana interventi molto approfonditi, alcuni nel sito del ‘rigorista’ Roberto Burioni, nei quali attacca in modo abbastanza esplicito il fronte dei catastrofisti.  Significativo un suo passaggio, riportato il 30 maggio da alcuni quotidiani:
Mi segnalano in molti che i due “bollettini del catastrofismo” un tempo noti come ‘Corriere della Sera’ e ‘Repubblica’ sono sempre più in difficoltà nel trovare spunti per darci il nostro ‘panico quotidiano’. Per esempio cominciano a riporre le loro ‘speranze di disastro’ in un ritorno di SARS-CoV-2 in autunno – cosa che io in effetti temo (però verso Dicembre/Gennaio, a dire il vero) visto che questo virus sta dando tutti i segni di una forte stagionalità (e quindi comportandosi come gli altri coronavirus). Ma trovo buffo che i bollettini del catastrofismo adesso puntino sul ritorno del virus a fine anno quando per molte settimane negavano – contro ogni evidenza – la stagionalità di COVID-19, sposando invece teorie bizzarre come quella dei 150.000 ricoveri in terapia intensiva per l’8 di giugno, che se voleva essere uno scherzo non ha fatto ridere nessuno“.

  Ora, scusandomi per queste citazioni - a mio avviso necessarie -, si dovrebbe giungere rapidamente alla conclusione che allo stato attuale, in cui il virus nella stragrande maggioranza dei casi – sempre più isolati - si comporta al massimo come una blanda forma influenzale, non ci sono i termini per impedire la ripresa, seppur nell’ambito di ovvii protocolli di sicurezza, delle nostre corse podistiche popolari. Ovviamente ciò avverrebbe, così come in tutto il resto nelle nostre normali attività umane, nell’ambito di un ragionevole rischio calcolato.
Tuttavia, e qui concludo, continuare a proibire anche durante l’estate l’organizzazione di tali kermesse sportive, nel vano e velleitario tentativo di rincorrere il mitico rischio zero - che mai potrà essere raggiunto -, equivarrebbe a bloccare la nostra nobile e gloriosa attività sportiva di fronte a qualcosa di simile a un raffreddore, se il rapido andamento dell’interazione tra il Covid-19 e l’uomo proseguirà secondo il percorso indicato dai summenzionati esperti.
Come ha dichiarato con grande preoccupazione lo stesso professor Zangrillo in una recente diretta televisiva, molti altri virus analoghi faranno la loro comparsa nelle nostre opulente società, e non possiamo pensare ogni volta di affrontarli nel modo allarmistico e paralizzante con cui lo stiamo facendo anche quando l’emergenza non c’è più da tempo.

 

 
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5 commenti

  • Link al commento Giulio ANGELINO Domenica, 14 Giugno 2020 18:15 inviato da Giulio ANGELINO

    Bellissimo intervento, che condivido al cento per cento. Unica piccolissima critica: nell'elenco dei virologi di buon senso e coi piedi per terra non è stato menzionato il dottor Giulio Tarro, per due volte candidato al premio Nobel, l'uomo che sconfisse il colera a Napoli, insomma: una delle eccellenze italiane nel campo della scienza.

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  • Link al commento Claudio Bernagozzi Lunedì, 08 Giugno 2020 13:19 inviato da Claudio Bernagozzi

    Gent.mo Andrea Basso,
    da Organizzatore da oltre 40 anni condivido in pieno il suo commento.
    Dall'inizio emergenza Covid-19 ho perorato proprio che si pensasse alle aumentate Responsabilità in capo agli Organizzatori che, credo molto più facilmente in questa situazione, potrebbero in un batter d'occhio sconfinare sul penale.
    Poi non voglio stigmatizzare le scelte di altri Organizzatori.
    Personalmente ritengo non si possa ripartire prima del 2021, sempre ben contento di sbagliarmi.
    Claudio Bernagozzi

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  • Link al commento Claudio Romiti Giovedì, 04 Giugno 2020 00:39 inviato da Claudio Romiti

    Gentile signor Lollini, io credo che non sia produttivo usare i morti come una clava. Lo hanno già fatto ampiamente in tanti in questo disgraziato Paese. Io mi sono limitato a sostenere una tesi condivisa da tanti liberi pensatori. Ossia che il Covid-19 non è la peste, così come in molti ancora si ostinano a presentarcela, bensì una infezione seria che ha colpito in gran parte i soggetti immunodepressi. Soggetti che andavano protetti al massimo grado. D'altro canto in Italia ogni anno muoiono circa 700 mila persone all'anno. Di queste ben 50.000 per infezioni contratte negli ospedali a prescindere dalla natura del ricovero. Ma, a quanto pare, nessuno si è sognato di bloccare completamente il Paese per questa catastrofe di cui nessuno parla. A mio avviso uscire il prima possibile da questo clima di paranoia collettiva sarebbe nell'interesse di tutti.
    Un cordiale saluto.

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  • Link al commento Rodolfo Lollini Mercoledì, 03 Giugno 2020 16:35 inviato da Rodolfo Lollini

    Gentile Signor Romiti,
    io credo che la vera "provocazione" nel suo pezzo sia stata quella di rivendicare quanto segue: "Schierandomi sin dall’inizio di questa pandemia nel fronte minoritario di chi non la considerava così grave come veniva sbandierata da gran parte dell’informazione nostrana..."
    Credo che tutti i famigliari delle vittime, causate dalla gravità della pandemia o dalla iniziale incapacità di fronteggiarla poco conta, la percepiscano come una frase difficilmente accettabile ed io sono con loro.
    Tornando alle gare, è certo che se l'evoluzione della pandemia continuerà con questo trend, può darsi che si vada per un via libera, seppure con qualche precauzione, tra pochi mesi.

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  • Link al commento Andrea Basso Mercoledì, 03 Giugno 2020 12:28 inviato da Andrea Basso

    Gentile Claudio,

    permettimi di fare un'osservazione che purtroppo quasi nessuno ha avuto il coraggio di fare, che a mio giudizio spiega qual è la principale criticità della ripresa per gli eventi di massa.

    Il nocciolo del problema, al di là degli aspetti logistici per garantire un distanziamento sociale sufficiente, è la responsabilità penale degli organizzatori.

    I runner sanno (o dovrebbero sapere) che in base alla legge italiana l'organizzatore è obbligato all'acquisizione e alla verifica della certificazione medica dei partecipanti, e in caso di inadempienza è passibile di condanna penale. Le norme di riferimento non sono semplicemente quelle sportive, è lo stesso Codice Civile che lo prevede.

    Art. 2050 - (Responsabilita' per l'esercizio di attivita' pericolose). Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attivita' pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, e' tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

    In giurisprudenza ci sono diversi casi di sentenze in cui Organizzatori (o Enti) sono stati condannati per aver contravvenuto a questa norma.

    Ora, analogamente a quanto avviene per le certificazioni mediche, può avvenire per il Covid-19. Un runner potrebbe sostenere di aver contratto la malattia in seguito alla partecipazione ad un evento, e l'organizzatore avrebbe l'onere di dimostrare il contrario, e di provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo.

    Ma quali sono le misure idonee? Ad oggi non c'è una lista UFFICIALE di attività preventive da implementare che possano, se effettivamente adottate, scagionare inequivocabilmente l'organizzatore. Inoltre, quali sarebbero effettivamente i costi di implementazione di queste misure? Perché se si tratta di misurare la temperatura a tutti all'ingresso dell'area tecnica, poco male (alla Milano Marathon, di cui sono coordinatore generale, già "passiamo" al metal detector tutti i partecipanti, aggiungere termoscanner manuali sarebbe facile)... ma se incominciamo a parlare di tamponi o altri test, i costi aumenterebbero esponenzialmente.

    Sfortunatamente l'organizzatore italiano è esposto ad una serie di responsabilità (e rischi ad esse connessi) che non trova uguali nel resto del mondo. E questo purtroppo rallenterà il ritorno alla normalità,

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