
Fabio Marri
Ecatombe al Ventasso: maratona con 61 classificati e 66 fuori!
Busana (RE), 13 luglio – Il maltempo sembra prendere di mira le maratone reggiane: dopo il disastroso esito di quella del Tricolore lo scorso dicembre (ma d’inverno, ci può stare), ora, in piena estate, a leggere la graduatoria della 20^ Ecomaratona del Ventasso (43 km dichiarati con 2100 metri di dislivello) viene da sospirare: solo 61 gli arrivati, e dietro loro, una lista ancor più numerosa di 66 DNF (molto ottimistico il numero chiuso di 180 iscritti fissato in anteprima).
E’ andata un po’ meglio nella corsa di 25 km +1100 metri D, alias “Cadoniche Trail”, che elenca 132 arrivati (13 in più dell’anno scorso) e pochissimi ritirati; così così lo short trail “Rondino” di 11km +400 m D, che alla sua prima edizione conta 70 classificati.
L’anno scorso, gli arrivati in maratona risultano 118 nella 43 km (con 15 DNF); nel 2023 erano stati 146 più 10 ritirati. Impietoso il confronto con le prime edizioni (“inventate” da un’altra gestione): in questo stesso 13 luglio, ma del 2003, la prova inaugurale assommò 161 arrivati, che l’anno dopo superarono i 250 e nel 2005 divennero 280; più della somma dei classificati sulle tre distanze del 2025.
L’esordio di Roberto Brighenti come speaker è stato bagnato ma non certo fortunato, se (a quanto racconta chi c’era, o si raccoglie dalla pagina Fb dell’organizzazione), un nubifragio scatenatosi in prossimità della cima del Monte Ventasso (1727 metri), durato – pare – un’ora sola ma accompagnato da fulmini, ha indotto gli organizzatori (o i giudici: la cosa non è chiara) a bloccare le salite alla cima per chi non c’era ancora arrivato, lasciando proseguire la gara solo a quanti erano già passati. Sembra poi che all’arrivo venisse chiesto a chi tagliava il traguardo di mostrare il proprio Gps per verificare se avesse corso tutto il tracciato o solo la parte decurtata. Chi si trovava al “cancello” del lago Calamone, a 22,5 km, prima dell’ascensione alla vetta, riferisce che tutti i “fermati” condividevano la scelta; ma che qualcuno non fosse d’accordo lo si desume da commenti come questo, leggibili su Fb: “i giudici hanno fermato corridori che erano in regola con i tempi; li hanno trattenuti e fatti salire fino alla metà del monte Ventasso per poi farli scendere dicendo che annullavano la gara causa forte pioggia… Questo non è successo, e non si può accettare senza protestare. Mi dispiace per l'organizzatore che non ha protestato per farsi valere: quando si annulla la gara si annulla per tutti”. Oppure: “non abbiamo deciso noi di fermarci e tantomeno eravamo in ritardo, anzi 40 minuti di anticipo al cancello, i giudici ed altri addetti hanno fatto le tarantelle, del tipo “chi ha passato il muro è sopravvissuto, chi è rimasto da questa parte condannato a morte”, e l'organizzazione non ha mosso un dito, anzi hanno pubblicato le premiazioni, che vergogna… complimenti per la gestione di un'ora di pioggia”.
Da interpretare il racconto del "Resto del Carlino", edizione reggiana del lunedì: "Solo sul percorso lungo l’organizzazione è intervenuta fermando temporaneamente la gara, che poi è ripresa quando pioggia e vento sono calati di intensità". Una sorta di "neutralizzazione" che sembra strana. Purtroppo, il regolamento e il buon senso dicono che in montagna non si scherza, e sappiamo bene i guai passati da organizzatori di gare in cui c’è scappato il morto. Quasi sempre va bene (ricordo una UTMB 2010 sospesa per valanghe, poi ripresa con una nuova partenza a Courmayeur, con lo scatenarsi di una bufera sul col Ferret a quota 2600, eppure portata a termine), ma se va male, è male per tutti.
Con tutto questo, atteniamoci alla classifica ufficiale riportata dal sito iRunning a 24 ore dall’evento, che vede un arrivo quasi allo sprint per la 43 km, risolto a favore di Jacopo Fontanini (1996) in 3.43.13, davanti a
Marco Biondi (1982) 3.43.49; più staccato il terzo, Fabrizio Ridolfi (1990) 3.56.10. Tra le donne, netto successo di Dinahlee Calzolari (1995, 4:41:16), 25 minuti davanti a Galina Teaca e quasi mezz’ora su Rossella Munari.
La 25 km, che non prevedeva la salita al Ventasso, è stata vinta da Jacopo Mantovani (1980) in 2.02:19, e da Leda Bonicelli tra le donne (2.42:50); nella 11 km successo di Pietro Salati, con lo stesso 57:17 del secondo Manuel Cecchini (si tratta di due ventenni); più netto, quasi scontato il primato femminile di Isabella Morlini, classe 1971, quinta assoluta in 1.09:04, quasi due minuti sulla seconda Dorothee Christine Chassagnard che ha dieci anni di meno.
La parola, se lo desidera, a chi c’era.
Gli “Oratorii” di Prignano piacciono perfino a Giangi
Castelvecchio di Prignano (MO), 13 luglio – In una domenica da allerta gialla regionale per bufere in arrivo, splende un limpido sole a Castelvecchio, 450 metri slm nell’alta valle del Secchia, teatro oggi di una delle ben quattro gare non competitive che offre la provincia (senza citare la maratona del Ventasso, a poche decine di km, che attrae il meglio dei trailer regionali).
Questa camminata rientra nelle molteplici iniziative allestite dalla Pro-Loco di Prignano (località, per sua sfortuna, servita da una delle peggiori strade della provincia), che quasi ogni settimana propone camminate e passeggiate sui riposanti sentieri di queste parti. Oggi era il tema degli “Oratori” (ma meglio scriverlo con due I, altrimenti uno pensa al plurale di “oratore”; troppo complicato scrivere la î col cappellino), le chiesette disseminate per i colli: in questo caso, tre. La più adatta a noi podisti era la seconda, quella dedicata a San Rocco (foto 12 del servizio messo insieme da Roberto Mandelli), taumaturgo che tra le tante sue prerogative ha anche la protezione dei pellegrini.
Pubblico non delle grandi occasioni, stanti quelle che Luposport chiamava “comitanse”: la partenza dei camminatori, alle 8,30, vede sì e no una cinquantina di persone, cui si aggiungono altri sparsi, fino al via per i “podisti” alle 9, dove siamo al massimo un centinaio, con la presenza di spicco della Guglia di mamma Emilia e dei runners castelnovesi di Nube e Massimo Calzolari.
Tre percorsi, di 4, 7 e 10.2 km, quasi totalmente sterrati, stile-trail, con un dislivello che nel giro lungo supera i 520 metri. Il fatto è che nei primi 2 km si scende di 180 metri fin quasi a toccare le rive del Secchia (che qui è femminile: La Secchia; sulla sponda reggiana è invece transgender, Il Secchia). Poi si entra nel trail vero e proprio, sentieri (benissimo sfalciati e ottimamente segnalati), con una salita immediata di 67 m al km 3, dopo di che le salite sono quasi terminate per quelli dei percorsi brevi, mentre chi ha scelto il più lungo (la maggioranza) deve montar su esattamente di altri 210 metri tra i km 7 e 8 (e qui credo che l’unica a correre sia la campionessa sorridente Sonia Del Carlo), salendo sino a quota 600, per poi ridiscendere verso il luogo di partenza. Mi consolo scaricando il cronometro su Strava, secondo la quale i miei 12’/km con 152 bpm equivalgono a 7:40 se proiettati su percorso piano.
Al traguardo (per la verità, non segnato) si trova, dopo i due ristori liquidi intermedi, un ristoro di lusso, dove oltre ad acqua, tè freddo e succhi di frutta, sono esibite squisite torte casalinghe e fette di anguria (con preghiera di prenderne solo una ciascuno per lasciarne a tutti).
Sopraggiunge Giangi, che notoriamente commisura il valore di una gara alla qualità dei ristori (se non è alta, chiede il rimborso della quota), e sotto il suo cappellone da cowboy (foto 16-17) categoricamente afferma che le corse di Ercole Grandi (appunto il factotum delle camminate in quest’area) sono sempre molto generose. In aggiunta, ai 3 euro dell'iscrizione corrisponde un sacchetto di tigelle alias crescentine.
Torniamo a casa soddisfatti: uno spruzzo di pioggia, presto abortito, ci prende verso le 14. Al tg della principale emittente locale, il meteorologo per eccellenza (malgrado il cognome manicomiale) annuncia novità cui non saremmo proprio arrivati: ci sarà qualche acquazzone, ma l’ultima decade di luglio e la prima di agosto saranno le più calde dell’anno, poi si rinfrescherà un po’. Davvero, con questo cambiamento climatico, accadono cose mai viste.
Ma è proprio “gentile” chi si dà al “jeffing”?
L’estate è la stagione più problematica dei giornali, impegnati a riempire le pagine con qualsiasi contenuto, pur di raggiungere quel 30% di testo che consente di buttarci dentro non oltre il 70% di pubblicità ammesso a certe condizioni. E spesso non basta parlare del caldo o dell’esodo o fare traino nascosto a qualche ristoratore, negoziante, cineasta o Proloco, e si è costretti a riciclare, magari fingendo di dire cose originali. Ecco dunque l’inserto “Salute” del “Corriere” di ieri, domenica 6 luglio, che oltre alle raccomandazioni sui cibi sani e proteici e su come prevenire l’artrite, lancia una grande novità per noi podisti, “Il Jeffing. Rivoluzione gentile del jogging”.
L’autrice è nientemeno che Anna Fregonara, che compie gli anni il giorno di Sant’Ambrogio (quest’anno saranno 55), laureata a Milano in Lettere con 108, avvenente nutrizionista bionda, titolare del blog duevoltesano, e da qualche anno firma fissa del Corriere e delle edizioni Cairo. E per di più, anzi soprattutto (dal nostro punto di vista), si dichiara “maratoneta” (tesserata per l’Atletica Lambro, il sito Fidal le attribuisce 5:15 alla maratona di Firenze del 2024, e 2.28 alla mezza di Milano del marzo scorso). Dunque, il meglio della competenza teorica e pratica.
Eccola dunque raccomandare sul primo quotidiano d’Italia il “metodo Jeffing”, questa alternanza tra corsa e camminata che sarebbe stata lanciata nel 1973 da Jeff Galloway, “ex olimpionico statunitense”. La definizione della Fregonara è ripetuta anche nella didascalia della foto, ma non per questo cessa di essere errata: un “olimpionico” non è mai “ex”, la sua vittoria resta per sempre, non è come un primato destinato a essere cancellato. E poi (lo ripeto, anche se so che non tutti sono d’accordo e il malvezzo persiste), “olimpionico” è chi ha vinto (nike, nikao come avrebbe detto Fidippide arrivando ad Atene) una olimpiade, non chi vi ha partecipato: nelle fonti inglesi, Galloway è detto semplicemente Olympian o Olympic athlete; partecipò infatti alle olimpiadi di Monaco 1972, sui diecimila metri, finendo 11° su 16 nella prima eliminatoria col tempo non trascendentale di 29:35 che gli costò l’immediata eliminazione e gli sarebbe valso dai due ai tre doppiaggi se si fosse trovato di fronte al vincitore della finale, Lasse Viren.
Se fosse vero, come avalla la Fregonara in chiusa di articolo, che a 80 anni ha “esattamente le stesse misure che aveva alle Olimpiadi”, questo sì che sarebbe un portento: ma bisogna vedere che parola inglese corrisponde alle nostre “misure” (i giornalisti italiani hanno poca fantasia nel tradurre dall’inglese, indulgendo alle cosiddette “traduzioni servili” come tariffe o deportare).
Quanto alla novità della procedura di allenamento, a parte che il vangelo per principianti “corri un minuto e cammina uno, poi corri due minuti e cammina uno” ecc., lo si legge da almeno vent’anni in tutte le tabelle, incluse rivendicazioni di proprietà e accuse di plagio, gli stessi concetti dell’articolo del Corriere sono esposti da mesi nel “Men’s Health” italiano https://www.menshealth.com/it/fitness/ginnastica-esercizi/a64228571/jeffing/ (aggiornamento 26.3.2025), compreso il paragone col fartlek. Scrive “Men’s Health” (che cita correttamente la sua fonte nel “Journal of Science and Medicine in Sport”): Per molti versi, il jeffing è la versione più pedestre di un altro approccio di allenamento dal nome misterioso: fartlek. In svedese, "gioco di velocità", fartlek è un termine per una sessione continua e non strutturata composta da intervalli a ritmo misto. Riscrive il Corriere: Il jeffing presenta somiglianza con il fartlek, che in svedese significa ‘gioco di velocità’ (ma aggiunge che sarebbe per atleti evoluti, mentre il jeffing è per tutti).
Quanto al termine ‘nuovo’ che si vorrebbe imporre, entrambe le fonti precisano che si tratta di derivato dal prenome di Galloway: lo diceva già l’ennesimo libro sulla corsa per le donne, Run Mummy Run: Inspiring Women to Be Fit, Healthy and Happy, di Leanne Davies e Lucy Waterlow (2018, cap. 2).
In attesa che i dizionari online più aperti ad ogni sozzura neologistica lo includano, “Men’s Health”, evidentemente più a conoscenza dello slang, avverte: Jeffing non ha niente a che fare con le parolacce. Excusatio non petita, perché lo dice? Dai dizionari storici si apprende che il jeffing era un gioco d’azzardo praticato un tempo (oggi però almost entirely out of practice, secondo l’autorevole dizionario inglese di Oxford) lanciando in aria delle specie di dadi che su una faccia avevano incisa una tacca, che doveva restare sul lato alto. Se andava male, la parola jeffing assumeva un significato affine al termine usato da Fantozzi per la Corazzata Potemkin.
Probabilmente da ciò, o dal comportamento del giocatore perdente (ma ammetto di non aver trovato spiegazioni convincenti) si è diffuso il modo effing and jeffing, qualcosa come “urlare e imprecare”: il traduttore Reverso di Google (https://context.reverso.net) porta vari esempi, tra cui He started effing and jeffing and, "Anybody mentions the effing photofits to me again, they'll be doing traffic for the rest of their service, tradotto "Cominciò a urlare e imprecare: "Chiunque menzioni ancora quel c* di identikit, dirigerà il traffico per il resto della sua carriera" (suppongo sia la minaccia di un capo-poliziotto ai suoi dipendenti).
Insomma, un po’ come se dagli insegnamenti dell’ottimo Gianni De Madonna si traesse, in Italia, un verbo “madonnare”. Collega Fregonara, tu chiamalo, se vuoi, un modo gentile.
Il solito successo del “Vertical Ospitaletto”
Castelvetro-Ospitaletto (MO), 2 luglio – La numerazione ufficiale del sito iRunning dice che è la quinta edizione, io insisto a dire che se non è la decima poco ci manca (cfr. https://podisti.net/index.php/cronache/item/10462-vertical-ospitaletto-da-record-brava-sonia-formi-fratellanza.html – personalmente ne ho corse sette “registrate”, più una sotto forma di allenamento di gruppo per il Capodanno 2022, alla faccia del Covid); ma numeri a parte, sottolineo l’ennesimo successo di partecipazione e di qualità. Questa volta, nella giornata più torrida (dicono) dal 1884, siamo 185 arrivati, appena sotto i 190/191 delle due ultime edizioni: se pensiamo che nel 2021 eravamo in 93, il 6 luglio 2022 in 107, la matematica dice che Sonia Del Carlo e amici hanno raddoppiato.
Ai fedelissimi modenesi, si sono aggiunti negli anni i bolognesi (incluso perfino un classe 1982 che ha finito di scontare una squalifica Fidal di 15 mesi, e suppongo che adesso pensi solo a correre: cfr.
https://www.fidal.it/upload/files/Sentenza%20Betti%20%26%20altri%20TF_RG%208_signed.pdf ;
https://www.podisti.net/index.php/notizie/item/9048-squalifiche-fidal-15-mesi-a-marco-mazzetto-12-a-luisa-betti-9-a-federica-boifava.html), i ferraresi e romagnoli, e atleti di caratura nazionale, come Alessandro Giacobazzi, originario di queste parti, ma tesserato per l’Aeronautica, già campione italiano di maratona, e che ad Ospitaletto ha confermato con 26:01 i suoi successi del 2024 (25:34) e 2023 (25:50). A quasi un minuto di distanza è giunto Mbarek Ourras, tesserato per la Gnarro Jet di Bologna; nettamente più staccato (2 minuti esatti dal vincitore) il terzo, Luca Venturelli del Cesena Triathlon. Il primo dei modenesi è Filippo Capitani, che col suo sesto posto in 29:39 capeggia la nutrita schiera dei Modena Runners, con Giuseppe Castiello appena dietro, Francesco Quiroga decimo, William Talleri 16°: appena davanti alla prima donna, Giulia Cordazzo della Fratellanza (31:00), due minuti abbondanti prima di Enrica Bottoni (Corradini, 33:04), e più di tre sulla terza Francesca Badiali (ancora Fratellanza, 34:15).
Sono tutti nomi noti a queste classifiche: Venturelli e De Francesco erano stati secondo e terzo l’anno scorso, Talleri decimo; De Francesco era stato il leader del 2022, con Castiello terzo; la Bottoni aveva vinto nel 2024 davanti alla Badiali (seconda anche nel 2023), e così via. I nomi di molti di questi protagonisti erano stati scritti sull’asfalto, una coppia per ogni km. Oltre a questi segnali, la strada era contrassegnata nello stile Touring Club da freccette >>>, da uno a tre secondo la pendenza del momento (il dislivello riconosciuto è di 390 metri, pesante soprattutto negli ultimi 4 km).
La novità era rappresentata dall’assenza come speaker di Roberto Brighenti, sostituito da una squillante presenza femminile; immancabile come fotografo Italo Spina, come sempre al gancio del figlio Gianluca (39:59) e della moglie Cecilia Gandolfi, una fedelissima di questa manifestazione e abbonata a un piazzamento di categoria, sebbene questa volta si sia accontentata del penultimo posto assoluto, sopravanzata persino dal mitico Lolo Tiozzo, classe 1945, che anzi stava quasi per raggiungermi sul traguardo…
Ecco, a proposito dei fedelissimi (che vedete anche nelle due foto scelte da Roberto Mandelli per questa copertina), rilevato che stavolta Giuseppe Cuoghi ha fatto solo da spettatore, in coda si è ripetuta la lotta di domenica scorsa alla Bismantova: vinta oggi da Simona Malavasi, che con una gara in rimonta ha superato di quasi un minuto il suo omonimo ma non parente Paolino Malavasi, di 3 abbondanti il sottoscritto e di 5 Cecilia. Per Paolino e Cecilia c’è stata gloria coi terzi posti di categoria; a bocca asciutta il sottoscritto e Lolo, penalizzati dalla soppressione della categoria M 75 (che l’anno scorso c’era). Si festeggia anche in casa Perricone: Gaetano terzo M 65, la consorte Annarosa Mongera prima F 50; e in casa Botte coi due secondi posti di Antonio M 55 e Barbara Giovanelli F 55 (in copertina, e nella foto 20 con un perplesso Cuoghi). Mi pare si tratti invece solo di cuginanze, ma il cognome Pigoni resta agli onori delle cronache con Carmen abituale vincitrice F 60 e Matteo primo M 50.
Noi altri, compreso Maurito Malavasi (sebbene avanti 9 minuti a papà Paolino - nella foto 21 accanto a “zia” Simona), ci siamo accontentati di un bel pacco gara, tre etti di mortadella (distribuita a cubetti anche al ristoro finale), altrettanti di parmigiano, mezzo kg di pasta e un curioso logo metallico (vedi foto 4) dove però la pendenza della gara è alquanto addolcita.
Chi voleva ha poi ritrovato il ristorante locale Lo Spino (sebbene non con cena convenzionata come dichiarato dal volantino, anzi, meglio lasciar perdere “quelli della corsa”), cibi saporiti serviti all’aperto, nella deliziosa brezza serale (foto 27-28).
La gara era all’interno del circuito Five Road Race, che tra una settimana propone la staffetta nei luoghi govistici di Borzano, per chiudersi poi con la maratonina di Correggio a ottobre. La classifica dei sempre presenti è finora guidata da Simone Romagnoli (ottavo a Ospitaletto) ed Elena Malvolti (oggi 9^ donna, e prima F 45).
Castelnovo Monti (RE): alla “Preda”, siate felici!
29 giugno 2025. Doverosamente premetto i risultati dei primi.
Uomini:
1) Patrick Francia (Atletica Reggio), 55'37 2) Fabio Ciati (Atletica Reggio), 55'53 3) Simone Corsini ( MDS Panaria), 57'21
Donne:
1) Vittoria Vandelli (La Fratellanza), 1:08.10 2) Eleonora Chiara Turrini (La Guglia Sassuolo), 1:12.33 3) Silvia Torricelli (Tricolore Sport Marathon), 1.12.36
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Era l’8 luglio del 2000 quando a Castelnovo ne’ Monti, località reggiana a 700 metri sul mare, celebre perché addossata alla Pietra di Bismantova, ma anche beneficiata da un eccellente impianto sportivo con tanto di perfetta pista di atletica, si disputò il primo Gir dla preda (allora non ci si vergognava dei nomi in dialetto), in pratica la circumnavigazione allargata del nobile scoglio celebrato da Dante, su una distanza dichiarata di 16,5 km.
Chi scrive c’era, e ci tornò anche l’anno dopo, il 24 giugno del 2001, quando la corsa costituì una delle due tappe del “Giro dell'Appennino-Reggiano”, officiato allora come ora da Roberto Brighenti. Se non fosse scritto nella mia agenda, stenterei a credere nel mio tempo di 1.21:26 che, sommato agli altri tempi del “Giro”, mi valse un premio di 50mila lire (un’inezia rispetto alle 240mila vinte da mia moglie, prima assoluta, che quei soldi li fece fotocopiare a colori e mettere in quadro). Oggi sarei arrivato nono assoluto, appena dietro il mio compaesano e compagno di squadra Giuseppe Castiello, e davanti all’altro collega MRC Filippo Capitani…
Ventiquattro anni dopo, è il caso di rinfoderare i sogni di gloria contentandosi di una partecipazione non competitiva: d’altronde, se non esistono premi di categoria ma solo per i primi 50 assoluti e 30 assolute, ci si chiede se valga la pena di spendere 20 euro per “vincere” alla fine un salame, premio destinato a 62 degli 80 premiati totali, che sì e no ripaga il costo del pettorale (cercando sul web, dalle parti di Roberto Mandelli si trovano anche prezzi inferiori ai 18 euro al chilo, https://www.ortofrutticolamonzese.it/product/salame-nostrano-int-1kg-meta-500g-al-kg/#:~:text=%E2%82%AC5.50%20a%20conf.).
È ovvio (non a Giangi, ma a tutti gli altri) che il valore di una gara non si misura dal premio, però il mio amico Ideo Fantini (oggi tra gli organizzatori, o perlomeno i collaboratori) ricorda bene che nella prima maratona del Ventasso, un anno dopo e a pochi km da qua, lui vinse tre salami e io due, semplicemente per i nostri piazzamenti da M 50.
Per la cronaca, oggi l’iscrizione non competitiva da 3 euro dava diritto a un kg di gramigna “paglia e fieno”: teoricamente, si sarebbero dovuti percorrere solo 5 km, ma chi fa 130/150 km a/r in auto (o in moto, nel caso di Rambo Benassi) per correrne solo 5?? Giusta, comunque, la “punizione” inflittami al traguardo (malgrado la tentata intercessione affettuosa di Paolo Giaroli), di non farmi transitare sotto lo striscione ma deviarmi a lato, passando sotto silenzio questo anonimo, anzi vergognevole, arrivo. Mentre Cecilia Gandolfi, competitiva che mi ha preceduto di un centinaio di metri, per tutto il suo giro di pista finale è stata giustamente celebrata da Roberto Brighenti, che per lei ha sciorinato raffinati giochi verbali degni di Bergonzoni al Festival Filosofia: “ha messo la freccia e non l’ha più tolta! Arriva coi suoi occhiali da sole, sola!”.
Il nostro gruppetto di modenesi in trasferta senza pretese si era ricompattato intorno al km 12, dove stava il terzo ristoro e il “cancello” fissato in 1h30 (sulle 2h30 di tmax finale) sotto la sorveglianza di Paolo Giaroli, che però lo aveva già elevato di 10 minuti causa clima (stavamo tra i 26 e i 29,5 gradi). Ci rientravamo in abbondanza, e ci siamo persino fermati per le foto: Emilia Neviani in verde col suo scudiero Alberto Tollari della Guglia, Assunta Fava con Paolino Malavasi quale scudiero, Cecilia il cui scudiero Italo era al km 5 a fotografare, più un paio di non identificati (chi vuole, veda l’album messo insieme da Mandelli Podisti.Net Photo Gallery | 29.06.2025 Castelnuovo Monti (RE) - 24^ Giro della Pietra di Bismantova - Foto di Daniela Gianaroli e AA VV, alle foto 25-30, 33-35).
Mentre per tutti gli altri vanno viste e riviste le centinaia di foto trasmesse tempestivamente da Nerino Carri ( https://podistinet.zenfolio.com/p1015442473 ) e Domenico Petti (https://podistinet.zenfolio.com/p937529278), con un piccolo supplemento personale di Italo Spina e degli amici del MRC.
Si era partiti puntuali alle 9, con gli auguri a Pietro Boniburini che oggi compie 74 anni e prega di risparmiargli le ironie sulla Juve; ironie che invece vanno alla corsa reggiana di ieri, “da Reggio alla Reggia”, con ben 8 classificati (ovviamente ha vinto la Morlini, prevalendo su due rivali in tutto; mentre i maschi erano addirittura 5, regolati da Francesco Denaro che tre giorni prima aveva vinto la staffetta di Correggio). Devono essere delle teste quadre, anzi cubiche, all’ufficio sport del comune di Reggio, per programmare una corsa alle 16,30 del 28 giugno, con temperatura di 37 gradi: ma sembra che i politicanti si fossero riservata la serata per altri festeggiamenti, e la salute dei podisti può andarsene via, insieme al buon senso.
A Castelnovo, Brighenti ci invita a vestirci di bianco, catechizza debitamente i non competitivi a non intralciare, e finalmente saluta il via con “siate felici!”.
Dopo la salita dalla conca degli impianti sportivi, la strada ricalca alla rovescia il tracciato seguito dal Giro d’Italia nella tappa qui conclusa e propagandata dalla Rai come se si fosse saliti sulla Pietra (in realtà, alla base: in cima alla Pietra ci sono i luoghi descritti nelle foto 42-52, decisamente poco ciclabili).
Al km 5, dove è appostato Italo, si devia a sinistra (sud-est) verso il traguardo volante di Vologno, circa a metà gara; poi ci si riavvicina alla Pietra, sempre su strada chiusa alle auto, e stavolta dal lato soleggiato; ma i ristori sono belli freschi, e verso il finale un benemerito residente offrirà le deliziose minigoccioline della sua doccia artigianale.
Cecilia mette la freccia, per dirla alla Brighenti, e se ne va (vabbè, siamo sui 7’ a km, che diventeranno 6:30 nella discesa finale); Paolino e Assunta tengono un ritmo sufficiente per starmi cinquanta metri avanti, qualche altro dei non comp si ferma all’ingresso dello stadio oppure raggiunge direttamente, contromano, la zona ristoro e spogliatoi sotto la tribuna; mentre lo speaker Roberto da Rubiera si sposta in zona premiazioni per far salire sul palco i primi. Gli arrivati con cronometro sono 318 (87 donne), risultato lusinghiero e meritato (crepi l’avarizia).
Ce ne fossero, di gare come questa.
La Beer Run di San Donnino mette tutti d’accordo
Modena sud, 27 giugno – Disertata dalle società ufficiali (nessuna tenda in loco, nemmeno quella del Cittanova perché Peppino è al mare) siccome “non è del coordinamento”, snobbata dai fotografi locali evidentemente stanchi del giorno prima a Correggio, eppure questa prima edizione del “Beer run”, organizzata in concomitanza con la tre giorni di Festa della Birra nel parchetto di San Donnino, ha goduto di un discreto successo di partecipazione.
Sicuramente, alla partenza nell’ora giusta delle 19,30, eravamo un paio di centinaia, sia reduci dal mesto Correggio del giorno prima (Rambo Benassi, Simona Malavasi, “Nube” Montecchi peraltro in veste di sbandieratore), sia “nuovi”, dai coniugi Vecchiè a Lucio Casali alla famiglia Malavasi al completo ecc.
Va detto che il contorno della festa (inclusiva anche una féra di zavaj che spaziava dalle musicassette al telefono col cerchio girevole dei numeri, dai giradischi al contenitore dell’acqua calda nelle vecchie stufe Zoppas), i vari stand di birre artigianali e soprattutto la monumentale Paella che il monumentale chef Giancarlo Gorrasi esibiva, hanno invogliato ulteriormente.
Si aggiunga il percorso collaudatissimo della San Donnino Ten (https://podisti.net/index.php/cronache/item/12417-modena-11-san-donnino-ten-largo-ai-ventenni.html), che per un terzo era anche all’ombra, l’organizzazione perfetta prestata dai Modena Runners e amici (e qui, dopo i castelnovesi di Nube, Daniela Cavalieri, Dinamite Ray ecc., cito Giuseppe Castiello, campione di Novi, venuto qua con tutta la famiglia non per raccogliere una facile vittoria ma per fare servizio, incluse le figlie che gestivano la custodia bagagli), la chiusura al traffico garantita anche da due vigili, perfino uno speaker di lusso come Giorgio Reginato, per non tacere della lattina di birra data come “pacco gara” (di fronte ai canonici 3 euro di iscrizione) e dello squisito tè freddo e acqua freddissima offerti al ristoro intermedio e finale dalla famiglia cioccolataia Bandieri da Formigine.
Insomma, è stata la perfetta gara non competitiva d’estate, utile per scambiarsi pareri su certi tronfi vincitori di categoria (lelò l’à fat sol vintun chilometer e i l’àn premiè listàss) e su certi alberghetti lungofiume che si prestano a incontri semiufficiali, e a concertare presenze in corse imminenti (èt vést che a Ràz a ghe sol des iscrétt? quesi quesi a m’iscrévv anca mè e a vag a premi) o più a lunga gittata, fino a uno stupefacente matrimonio ferragostano, non a Venezia ma sul lago d’Orta dove nessun invidioso verrà a rompere i cosiddetti, anche perché il gretino sarebbe costretto a correre una 50 km.
La serata si è conclusa, per podisti o semplici appassionati, con una cena all’aperto accompagnata da dj. L’unica obiezione possibile è che il gnocco fritto, molto morbido e buono, però costava una cifra folle, quasi da matrimonio veneziano: ma, come fece Rambo di fronte a uno scarparo che voleva solo pagamenti in contanti, si può sempre dire “grazie tanto, tienti pure la tua merce”.
Le staffette rivitalizzano Correggio in declino
27 giugno – Questa corsa serale si presentava come “15^ Camminata Festa del PD”, ma nei ricordi degli anziani e dei mezzi-età si va molto più indietro, quando la gara era organizzata dal compianto Franco Pederzoli all’insegna della festa dell’Unità o di alberature varie: ad esempio, il 10 luglio 1999 il sottoscritto e due più giovani amici misero a punto il programma del nascituro “Podisti net” proprio a Correggio, prima durante e dopo l’8^ “Camminata della Quercia” (era già avvenuta la svolta della Bolognina).
Mentre oggi, in questo festival che come sempre si svolge nel cosiddetto “Salone” a lato dello stadio dove Daniele Adani tirò i suoi primi e i suoi ultimi calci, è proibito citare “L’Unità”, se citi il nome antico del Partito ti trattano come un provocatore, e la Quercia ha ceduto il posto ad altri vegetali dagli incerti esiti elettorali.
Allo stesso modo, è stata presto dimenticata l’esperienza podistica delle Tre Sere di Correggio, nate qui a imitazione postuma delle mitiche Tre Sere di Carpi: ma, nostalgie a parte, prendiamoci quello che c’è, e dopo aver constatato un disastroso calo delle presenze, visibile alla partenza ufficiale della non competitiva alle 19.30, quando eravamo al massimo in una trentina (sta a vedere che è stata vincente la concorrenza della sagra parrocchiale di Anzola Emilia!), va detto che invece ha riscosso interesse la seconda edizione della Staffetta a due, circuito di un miglio da percorrere quante più volte si poteva nel corso di un’ora. Certo, non un successo travolgente (48 in tutto le coppie presenti – più della metà correggesi -, contro le 53 della prima edizione l’anno scorso), ma almeno un’occasione per vedere dell’agonismo e della gente che filava: sebbene, la classifica non dica quanti giri e dunque quante “miglia” abbiano percorso, ma semplicemente li metta in ordine coi loro tempi e non con le distanze (https://www.irunning.it/risultato_realtime.php?id=42959#).
Onore comunque alla coppia M 45 formata da Emilio Mori (benemerito organizzatore di varie gare in ambito locale) e Francesco Denaro, che hanno preceduto di 13 secondi (suppongo, a pari giri) una delle poche coppie non reggiane, William Talleri e Fabio Poggi (di San Vito, Modena), col terzo posto aggiudicato a una coppia ancora correggese ma molto più giovane (M 35), Pier Paolo Parmiggiani e Matteo Dall’Olio.
34 le squadre maschili, solo cinque quelle femminili, su cui hanno prevalso Giulia Rinieri e Valentina Mangano, F 35 ovviamente correggesi; e permettetemi di tributare il dovuto onore alle quarte, modestamente presentatesi come “C’era una volta”, vale a dire le gloriose Antonella Benatti (classe 1968, un’infinità di trofei in bacheca comprese molte Tre Sere di Carpi, e nella nostra foto-copertina) e Stefania Zambello (1978) campionessa anche di retrorunning nonché coniuge di atleta e speaker di classe.
Sulle 9 staffette miste si è imposta la coppia di ventitreenni dell’Atletica Reggio Abou Nassim Nabil e Alice Costosi, una cinquantina di secondi davanti a Michele Mascis e la prestigiosa Rosa Alfieri (classe 1970). Solo quinta la coppia che univa i carpigiani Carmine Iarrobino e Silvia Torricelli, semmai specialista, lei, delle lunghe e lunghissime distanze (mi sa che una volta o l’altra vincerà il Passatore).
Mentre i grandi ci sfilavano nella corsia a fianco, noi tapascioni e qualche partente anticipato (pochi anche loro) facevamo il giro largo, ridotto pure quello rispetto agli 8 km classici (dichiarato di 7, in realtà stava sui 6 e mezzo, che con 32 gradi potevano bastare). Provvidenziale il ristoro intermedio di saporito tè freddo; l’accorciamento del percorso ci ha risparmiato l’insulso attraversamento iniziale della periferia di Correggio, il passaggio presso la chiesa di Fazzano e il costeggiamento di un ampio terreno ex agricolo ora coperto di specchi fotovoltaici (suppongo, cinesi). Della tradizione antica restano i campi di grano (poesia dell’amore profano), le grandi rotoballe e il trattore (forse un Landini, nessuna parentela col fallimentare leader sindacale che comunque è di queste parti) che aspirava acqua dal fossato per riversarla sulla campagna assetata.
A fronte dei 3 euro di iscrizione, una bottiglia di Vermentino in omaggio (e un buono di 3 euro per la cena del festival, più o meno il rimborso del “coperto”). Rambo Benassi e Peppino Valentini del Cittanova (tra i pochissimi modenesi presenti, carpigiani a parte) hanno visto perfino della Coca Cola al ristoro finale; a me è bastata un’altra razione di tè freddo, con un grazie ai volontari (sempre meno) che si sono adoperati per la riuscita della manifestazione.
Come canta il correggese Ligabue, chi si contenta gode… così così.
Il Big Run di Nashville, una piccola sinfonia dal Nuovo Mondo
Nashville, Geodis Park, 4 giugno – Visto sul web l’annuncio di questa corsa di 5 km, che stranamente non parte alle 7 di mattino ma alle 18,30, mi chiedo: perché no? L’iscrizione gratuita, l’invito a partecipare rivolto anche alle mamme con stroller (passeggino), purché partano in coda al gruppo, mi fa pensare a un festoso happening, come le nostre sagre paesane, in cui parti quando vuoi o magari non parti neanche e ti basta scroccare le bevande e gli stuzzichini, o al limite partecipare alla magnazza finale.
Vabbè, mi dico, tanto è gratis: mal che vada mi faccio un giro per Nashville, che vale sempre la pena.
Il solito Uber per scendere dalle mie colline alla città: l’autista si chiama Simon, e dopo i primi approcci nel mio comico inglese mi risponde con una battuta in italiano. Di origine eritrea, ha vissuto per 25 anni a Milano facendo il meccanico dentista; tifoso del Milan, ha goduto come un riccio alla finale di Champions, è aggiornatissimo sul nostro campionato, e soprattutto correva le maratone con un record di 2.37 (chissà se qualcuno in zona RRRCM lo ricorda); ma nel 2007 è venuto qui e ha preso la cittadinanza Usa rinunciando a quella italiana. Continua a fare il meccanico dentista, ma arrotonda come taxi-driver: si gode le autostrade gratuite a 4 corsie, la benzina un dollaro al litro, se ne frega delle opinioni circa l’America sulla Sette o su Stampubblica, e mi fa notare che la Ferrari ha da poco aperto una concessionaria a Nashville perché l’80% dei suoi clienti sono tennesseani, disposti ad aspettare due anni per avere una Rossa; rimpiange solo la cucina italiana e non so dargli torto.
Chiacchierando, si fanno le ventidue miglia in 25 minuti malgrado il traffico intenso (che in Italia significa andare a passo d’uomo, in Tennessee, se va male, andare ai 50 km/h); l’autostrada I-65 fiancheggia la zona del ritrovo, il nuovissimo Geodis Stadium del calcio (inaugurato nel 2020, stupendo, ospita la squadra locale attualmente quarta in classifica nella Eastern Conference a un punto dalla seconda, e nei locali dello stadio ha un grande spaccio: e chi sfotte il calcio Usa ricordi che gli Usa vanno sempre ai Mondiali, l’Italia mai, e pensi ai vari Pulisic Weah McKennie Musah; nel Nashville gioca Christian Koffi con un passato in Fiorentina e Como).
Sbrigate in un minuto le formalità di ritiro del pettorale (mio pezzo https://runsignup.com/Race/TN/Nashville/thebigrunnashville), e notato che è fornito di chip, c’è tutto il tempo per una passeggiata attorno allo stadio e all’attiguo grande velodromo scoperto in cui i ciclisti stanno gareggiando, nel nuovo quartiere sorto dove c’era la Fiera (c’è anche il Barista Parlor, un elegante bar di fianco allo stadio). I podisti e le loro famiglie stanno arrivando, si gira anche tra i vari stand, fra cui quello della maratona di Nashville che oggi, come tante altre negli Usa, in questo 4 giugno Global Running Day (nel quale molti Big Run sono programmati un po’ ovunque) offrono iscrizioni scontate; quello del major sponsor Brooks (e della catena di negozi sua concessionaria, Fleet Feet), quello della squadra di calcio, e altri ancora, tutti posati su un bel verde di erba artificiale. Tanto per gradire, accetto l’offerta di un caffè freddo (ripetuta nel dopogara). Il pettorale (ribadisco, gratuito) dà diritto a una birra e un gelato (propriamente, una granita) dopo la corsa, a vari sconti, a premi a sorteggio che vanno dalle scarpe Brooks ai biglietti per lo stadio, tutte le partite tranne una già esaurita… “excluding the Miami match... we know, we tried” (si tratta della famosa Inter Miami dove giocano Messi, Suarez, Busquets, Jordi Alba ecc., a pari punti col Nashville: il match, ultima gara della regular season, ci sarà in ottobre e i biglietti più economici costano 160 dollari...; volendo risparmiare, si può andare a Fort Lauderdale in luglio per il match di andata, e bastano 77 dollari).
Un’occhiata al percorso, che partendo e arrivando sotto le tribune dello stadio (costruito su una collinetta, 14 metri sopra il piano stradale), percorre in parte larghi marciapiedi pedonali, in parte una corsia riservata delle strade dintorno (la Wedgewood, la Benton) e alla fine risale facendo alla rovescia gli ultimi 500 metri già fatti in partenza. Il segnale del miglio 3 è sul penultimo rettilineo prima della svolta per il traguardo, regalando il panorama della città col mitico grattacielo “Batman” sullo sfondo. Le foto allegate saranno poi inviate a Roberto Mandelli (l'unica cosa che in America non hanno), che provvederà ai soliti capolavori di cesello e inserimento.
Temperatura attuale 31 gradi, moderati dal clima secco di queste parti e da una deliziosa brezza. Siamo in quasi mille (i classificati risulteranno 953, di cui 547 donne), la pista è larga 5 o 6 metri e dunque si parte al passo, scattando solo dopo il transito sotto l’arco con relativo rilevatore chip (nel mio caso, una quarantina di secondi); le prime centinaia di metri sono affollate, poi ci si distende e già dal segnale del primo miglio riusciamo a impostare la nostra andatura (il mio cronometro registra 5:28 per il secondo km, peraltro in discesa; la contropartita sarà il 6:05 del penultimo km fatto risalendo). Strade perfettamente chiuse al traffico, transennate e ben segnalate (vedo solo un giovanotto al mio fianco tagliare l’ultimo curvone guadagnando una ventina di metri).
Lo speaker al traguardo dice i nomi di tutti; le classifiche con annesso diploma compaiono all’istante sul proprio telefonino, inviate per email (https://www.athlinks.com/event/395744/results/Event/1113981/Results); e il giorno dopo si possono scaricare gratis le foto in altissima risoluzione (anche sopra i 20 mega ciascuna), esattamente come accade in Podisti.net: https://www.fleetfeet.com/s/nashville/events-and-races/event-and-race-photos-2, https://www.dropbox.com/scl/fo/zt0xf8q8asbpz7e2peamo/AA_wR6F3OiCZytYMtFD8ntI?rlkey=nog9wfj3hq4orhug3nj8853f6&e=1&st=9e60f4do&dl=0.
Altrocché le tapasciate de noantri, dove l’eventuale “giornalista” al traguardo deve distinguere tra chi ha corso sul serio, chi ha accorciato il percorso, chi è partito prima, chi ha fatto solo il giro attorno al campanile ecc. E le corse dove il diritto di far foto è venduto in esclusiva a chi poi ce le farà pagare 9.99 l’una… Questo è un altro mondo, un Nuovo Mondo dove anche il podismo (inventato qui, nella forma attuale) merita la sua Sinfonia.
Vince Preston Webb, ventitreenne, in 17:57 equivalenti a 5:46 sul miglio, superando il ventiduenne Gabe Hernandez (18:09) e l’altro ventitrenne Anthony Cadle (18:20). Prima donna (decima assoluta) è la quarantenne Mary Zider, 19:51, un minuto abbondante sulla 26enne Jennifer Adams, quasi due sulla terza, la 33enne Esther Lok. E c’è gloria anche per i vecchietti: il sottoscritto, coi suoi 9:33 al miglio (fate voi le equivalenze) risulta primo over 70 (su 4, per chiarire), e perfino mia moglie, venuta qui per farsi una passeggiata, camminando risulta vincitrice del suo age group. Beninteso: le classifiche sono fatte col chip time, il gun time caro alla Fidal è citato solo tra parentesi (e a proposito di Fidal: qui non sanno neanche cosa sono le idoneità A e B e le dichiarazioni di responsabilità). Bella medaglia; dove hai ritirato il pettorale, adesso ti “stampano” con timbri un diploma a colori dove il tempo conseguito appare sopra la scritta party like a runner ‘festeggia come un corridore’.
Poi si va a prendere la birra, e a fare una fila più lunga per il gelato; tra i due erogatori di street food presenti in zona, alla “pizza assurda” da 17/20 dollari (ho letto che negli Usa esiste una decina di modi diversi di fare la pizza, generalmente alta e soffice) preferisco l’empanada alla sudamericana, carni molluschi o vegetali, insaporiti da cumino, avvolti in una sfoglia che si frigge e si può consumare intingendola in un formaggio liquido che somiglia allo squaquarone: pittoresca, e non male anche in altri sensi, la ragazza che frigge e poi sporgendosi dal pulmino strilla il nome del cliente cui spetta quel piatto.
Let’s party like a runner. E’ solo un anteprima della grande festa che incombe su Nashville da domani giovedì fino a domenica, la Country Music Association Fest, con spettacoli a pagamento e gratuiti in ogni angolo della città (https://cmafest.com/schedule/). Venerdì, al Nissan Stadium (l’altro grande stadio di Nashville, dedicato al football e caro ai podisti perché traguardo della maratona di aprile), si esibirà Kelsea Ballerini, tennesseana residente a Nashville dai suoi 15 anni, figlia di un italiano che ha fatto la scelta giusta: passare l’oceano e venire da queste parti.
L’Uber che mi riporta sulle colline arriva con un ritardo di 4 minuti sull’orario annunciato: incredibile, per ragioni opposte, sia in Tennessee sia in Italia.
Nashville, maratonine come ciliegie: interessante la Hometown col suo “age percentage”
31 maggio – In qualunque stagione si capiti a Nashville si trova, oltre alla ben nota atmosfera musicale da cui nacque (per dirne solo una) Pretty woman, una mezza maratona, col suo rituale contorno di percorsi minori. C’ero capitato (per ragioni extrapodistiche) a metà marzo, imbattendomi nella mezza di S. Patrizio (https://podisti.net/index.php/cronache/item/12919-nashville-il-fascino-di-una-piccola-maratonina-nella-giovane-america.html); ci sono tornato, per un’altra feconda e festosa occasione di famiglia, a fine maggio, ed ecco spuntare l’annuncio di questa Hometown Half Marathon & 5k/10k (più un miglio, più un Kids Run), verosimilmente alla terza edizione, da disputarsi in un grosso parco alla periferia sudovest del centro storico, presso il Community College (università statale), non lontano dal celebre parco del Centenario (quello col Partenone ricostruito) dove Robert Altman ambientò giusto cinquant’anni fa il leggendario film Nashville in cui Keith Carradine canta I’m easy.
Questa corsa non è certo la più importante della stagione nashvilliana, che ha avuto il suo clou nella maratona e mezza maratona Rock ‘n roll di fine aprile e della cui edizione 2018 rispolvero la maglietta (volendo, domani ci si potrebbe trasferire a Memphis, sempre Tennessee, per un’altra mezza dello stesso circuito); eppure nei tre percorsi principali ha radunato 450 sportivi: 172 sui 21 km (consistenti in un doppio giro, quasi a ferro di cavallo, nel grande parco attiguo, con 220 metri complessivi di salite e discese), 161 sui 5 km e 119 sui 10 km (anche i 5 e i 10 si incamminavano, alle 7 di mattina, sullo stesso nostro percorso, ma invertivano la marcia in “turn around” prima di noi).
Si tratta perlopiù di amatori nel senso più pieno del termine: nei nostri avantindree, ho visto correre su livelli alti solo il capofila dei 5 km, il 44enne Jacob Carrigan (tennesseano di Antioch) che ha chiuso in 16:47, due minuti e mezzo davanti al secondo. Di Nashville è la vincitrice donna, la 34enne Paula Saewert, che ha chiuso in 20:21, anche lei davanti di 2 minuti e mezzo sulla seconda.
Interessante anche il tempo del primo sui 10 km, Joshua Wiseman, un 22enne dello Iowa che ha chiuso in 36:18, 5 minuti sul secondo. Giovane pure (27 anni) la prima donna, Madeline Powell da Brentwood (un paesone poco a sud, dove si trova una delle poche chiese cattoliche della contea), vincitrice in 45:21, questa volta però con soli 22 secondi su Amy Walworth, altra tennesseana, ma 43enne.
Di Brentwood è anche il vincitore della maratonina, il 21enne Tanner Wright, che col suo 1.16:39 ha dato 9 minuti al secondo. O meglio, alla seconda e ovviamente prima donna (su 76), Kristen Robison, 40enne tennesseana di Knoxville, che ha chiuso in 1.25:41, due minuti abbondanti sul secondo uomo, il diciassettenne Park Tatum di Nashville. A 1.34:04 è giunta la seconda donna, Brennan Lovejoy, 31enne tennesseana di Mount Juliet.
La cosa curiosa delle classifiche (pubblicate, si può dire, in tempo reale sul sito dell’organizzazione https://runsignup.com/Race/Results/144051#resultSetId-554620;perpage:100) è che ai tempi, sia clock time sia chip time, e ai piazzamenti assoluti e di categoria, aggiungono un age percentage che da noi non ho mai visto: la legenda precisa che la cifra percentuale indica il rapporto della singola prestazione con l’optimum relativo all’età dell’atleta (una specie di variante riveduta delle classifiche compensate che si facevano vari decenni fa). Secondo questo parametro, la miglior prestazione assoluta è della Robison, col 77,8% della miglior prestazione possibile; mentre Wright è secondo con 75,8%… E il sottoscritto, relegato dal cronometro (2.16:15) al 118° posto assoluto, si vede promosso dal percentage addirittura 20° con 60,8%: dettaglio personale a parte, trovo che sia qualcosa di meglio delle classifiche di categoria tradizionali, dove patetici anzianotti menano vanto dei “podii” raggiunti, anche con tempi ridicoli, grazie alla scarsità o mancanza di avversari. Sempre per dare un’idea, ultimo assoluto di questa classifica ricalcolata è la 29enne Carli Crutcher di Nashville, che col suo 3.15:11 aveva vinto la categoria F 25-29, ma con una prestazione del 33,3% rispetto all’età; mentre la 59enne Una Ussels da Murfreesboro (cittadina a est di Nashville, dove pure - tanto per cambiare - si svolgerà tra poco una maratonina), ultima della classifica cronometrica col suo 3.16:53, la sopravanza di 31 posizioni grazie al 41,7%.
A proposito di tempi: verso metà gara sono stato raggiunto da uno dei numerosi pacemaker (uno ogni dieci minuti tra le due e le tre ore!), con la targhetta 2:20: per un po’ l’ho seguito, poi non ce l’ho più fatta (ma lui si era ridotto a un solo seguace), eppure il cronometro mi diceva altro. Infatti, pur arrivandogli dietro, sono stato largamente sotto il tempo indicato: diciamo che il pacer aveva fretta.
Il percorso, come detto, partiva da un piazzale retrostante i palazzi universitari, dotato di ampi parcheggi gratuiti, e presto entrava nel parco percorrendolo grosso modo sul margine esterno, prima a fianco di un grosso campo da golf, poi degli stabili del vicino ospedale di Ascension-St. Thomas, e infine in un bosco, con docili salitelle e attraversamento su ponti di legno di vari torrenti o torrentelli. Il giro di boa avveniva grosso modo dopo 3 miglia e mezzo, dopo di che si ripercorreva il tracciato fino al traguardo, da dove i semimaratoneti ripartivano per il secondo e ultimo giro. Nessun controllo chip tranne quello al traguardo, ma qui il grado di onestà dei podisti è leggermente superiore a quello italico che dà il meglio di sé al Passatore…
Percorso tortuoso come deve essere nello stile dei vialetti di un parco (un paio di volte c’era addirittura il cartello “curva cieca”), totalmente asfaltato o cementato, salvo i ponti di legno prima dei quali era scritto che se pioveva potevano essere scivolosi. Segnatura con frecce ad altezza di circa un metro, e frequenti cartelli di incoraggiamento sul tipo “Corri e sorridi”, “Adesso corri, ti riposi dopo”, “Corri, Forrest, corri”. Ristori regolari, circa ogni due miglia, ma solo liquidi: acqua americana dal tipico sapore clorato, e più raramente idrosalini. Più consistente il ristoro finale, con le confezioni a base di frutta (“organic fruit twist”) o dolciumi o salatini rigorosamente in buste chiuse. Al traguardo, oltre alle foto ufficiali (n. 24 e 25 del nostro album) inserite nella classifica ed a scaricamento gratuito: confrontate con l’Italia…) si veniva insigniti di una pesantissima medaglia in acciaio sbalzato da 20 cm di diametro, al cui interno stava un’altra medaglia girevole, che riproduce il profilo dei principali grattacieli o monumenti delle città del circuito Hometown gestito da https://runsignup.com/MemberOrg/BodiesRaceCompany/Page/Events
(le più prossime sono quella già citata di Memphis, poi le mezze di Milwaukee, Dallas, Houston, Wichita, Columbus, Kansas City, Cincinnati, verrebbe voglia di farle tutte alla scoperta di un’America che non è solo New York). Inutile dire che della medaglia si è appropriato il mio nipotino dei riccioli rossi, che adesso gira esibendola a tutti e vorrebbe perfino giocare a soccer con quella.
Detto, per onestà, che l’iscrizione a queste gare costa da un minimo equivalente a 15 euro per le gare più brevi, ai circa 70 che ho pagato io (ma sembra che si possano fare iscrizioni cumulative a più gare del circuito, spendendo molto meno), non mi resta che chiamare un Uber (puntualissimi, usatissimi, economici) che dopo 7 minuti dalla prenotazione arriva sul luogo dove gli ho detto di venire (vedi foto 34) e mi riporta alla casa in collina dopo 28 miglia. Due giorni dopo, l'organizzazione mi scrive avvertendomi che, come partecipante a questa gara, riceverò uno sconto del 10% sulla prossima manifestazione similare in loco, prevista per il 28 giugno.
Our next event is All American 4 & 8 Mile- Nashville on 06/28/2025, and we would love to see you there. To show our appreciation for joining us last weekend we want you to take 10% off if you preregister for the next event within the next week! Just use code: HomeRun (Expires 06/09/2025 ) at checkout to use your 10% off!
C’è tutto il tempo per vedere le imprese epiche del Giro e quelle ridicole della truppa di Inzaghi (ero stato ottimista dicendo, all’allenatore ispanico di soccer del nipotino secondo cui Barcellona-Inter era stata la vera finale, che sarebbe finita 4-1 per il PSG). Poi mi affido a Mandelli per i servizi fotografici, e come diceva Ruggero Orlando, da Nashville passo e chiudo.
Pochi ma buoni al “Multitrail” di Casina, con gli acuti di Gabrini e Morlini
25 maggio – A Casina l’Appennino reggiano comincia a fare sul serio: si sta appena sotto i 600 metri slm, in piena area canossiana, ma una dozzina di km a sud si è già a Castelnovo Monti, al cospetto della Pietra di Bismantova; proseguendo ancora si è a Busana/Ventasso, e infine al passo del Cerreto. Tutti luoghi ben noti ai podisti, per manifestazioni in natura, impegnative ma alla portata di (quasi) tutti. Questa odierna di Casina è una quasi-novità (seconda edizione assoluta), che amplia l’offerta della “Marcia dei due laghi”, calendariata a luglio: anche qui, di laghi ne vediamo due ma si tratta dello stesso Lago dei Pini, percorso nei due sensi all’inizio e a circa 3 km dalla fine, che prima di farci rientrare nel magnifico centro sportivo del paese ci porta a compiere un periplo erboso al limitare del centro urbano.
Bel giro, quello dei 21 km con 700 metri di dislivello, e quello accorciato per complessivi 12 km +370 D: molti saliscendi, mai lunghissimi né durissimi, nel senso che i più veloci hanno potuto correrli per intero o quasi, mentre gli altri hanno volentieri camminato lungo le salite più sassose, gustandosi panorami naturali (la Petra e il Cusna) e opere dell’uomo come castelletti, pievi, campanili, e magnifiche case in sasso. Ma il fondo prevalente del tracciato era sull’erba, accuratamente tagliata dagli organizzatori (ai bordi gli steli arrivavano anche al metro), organizzatori cui va dato atto anche di una perfetta segnalazione scritta e dell’impiego di molti sbandieratori (tra cui ho riconosciuto il vecchio compagno di qualche gara, Paolo Casotti, prodigo anche di qualche foto); tre ristori, di acqua, tè, frutta, biscotti, più uno extra che a richiesta offriva anche il vino. E a chiudere il gruppo Paolo Giaroli, “scopa” d’eccezione dei 21 (mentre il cugino Angelo si è cimentato nei 12, facenti parte del campionato provinciale reggiano).
Un po’ deludente la partecipazione numerica (cui però si dovrebbe aggiungere anche chi ha corso o camminato nel tracciato non competitivo), 88 gli arrivati nel percorso più corto, 67 in quello lungo (con tre ritirati): certamente la concorrenza con altre gare prestigiose (dal Passatore alla modenese Marcia dei Tori, solo per stare vicini), e forse i prezzi di iscrizione non proprio economici (25 euro per la 21, che salivano a 30 il giorno della gara) hanno tenuto lontano il grande pubblico.
Sui 12 km, per pochi secondi non si è verificata la sorpresa di una donna vincitrice assoluta: la sempiterna Isabella Morlini, classe 1971, con 1.04:44 non solo ha vinto tra le donne distaccando di 7 minuti la seconda, Leda Bonicelli classe 1993, ma ha sfiorato la vittoria assoluta che è invece toccata al 25enne Matteo Rossi con 1.04:25. Dietro la statistica reggiana è arrivato il secondo uomo, Niko Teneggi (1.05:03).
A chiudere il lotto i due coniugi cavriaghesi adottivi Huyn Thi Lang e Du Bien Sen, e le due modenesi sorelle Gandolfi: la più giovane Margherita non ha avuto pietà della sorella maggiore Cecilia, il cui rampollo Gianluca Spina, impegnato sui 21 km, è arrivato soli 21 minuti dietro la mamma.
Senza storia la mezza maratona, dominata da Riccardo Gabrini (classe 1992) in 1.29:56, che significa quasi un quarto d’ora meglio di Fausto Gualdi da Campogalliano, che però ha 21 anni di più, e ha battuto di una ventina di secondi il terzo, Claudio Franchi.
Ottima anche qui la prestazione della prima donna, Camilla Rizzardi, venticinquenne reggiana di Ramiseto ma tesserata per i modenesi di Mud & Snow, quinta assoluta in 1.48:26. Modenese (sassolese) pure la seconda, Eleonora Chiara Turrini, giunta a quasi otto minuti, e a sua volta con 10’ di vantaggio sulla terza, Chiara Poletti. Modenesi anche i due che hanno chiuso gli arrivi, il sottoscritto (che avrebbe vinto la categoria M 70… se ci fosse stata) e Ginetta Palandri, scortata da Paolo Giaroli e nell’ultimo tratto da Paolo Casotti.
Dopo un’ora e mezzo dal suo arrivo, le classifiche complete erano già online nel sito iRunning: l’organizzazione si vede anche da questo.