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Roberto Annoscia

Roberto Annoscia

29 Agosto - La 22enne etiope Yalemzerf Yehualaw ha stabilito stamani il nuovo record mondiale della mezza maratona femminile vincendo in  1h03:44 (nona assoluta) la Antrim Coast Half Marathon a Larne, in Irlanda del Nord.

È la prima donna nella storia a scendere sotto l’ora e quattro minuti sulla distanza, migliorando il precedente limite di 1h04:02 stabilito dalla keniana Ruth Chepngetich lo scorso 4 aprile ad Istanbul, dove proprio la Yehualaw era giunta seconda in 1h04:40.

Il record mondiale della mezza in una gara solo femminile rimane alla keniana Peres Jepchirchir in 1h05:16 stabilito a Gdynia, in Polonia, il 17 ottobre 2020, ai Campionati mondiali sulla distanza, dove Yalemzerf Yehualaw era giunta terza in 1h05:19.

Nella gara odierna, Yehualaw è stata invece tirata dai due pacer olandesi Roy Hoornweg e Mohamed Ali, con passaggi al 5° km in  15:05, al 10° in 30:22, al 15 in 45:25 dopo 15 km.

Secondo posto per la diciannovenne keniana Jane Nyaboke in 1h09:45 (al debutto internazionale), seguita dalla  britannica Rose Harvey, terza in 1h10:29.

Da sottolineare che Yehualaw non ha partecipato ai Giochi Olimpici di Tokyo essendo giunta quarta ai  Trials nazionali sui 10.000 metri.

Successo etiope anche al maschile con Jemal Yimer in 1h00:30 seguito dal connazionale Tesfahun Akalnew , secondo in 1h00:31 e dal keniano Shadrack Kimining, terzo in 1h00:32.

Eyob Faniel (che questo 3 settembre parteciperà come testimonial alla "Run for Children" di Treviso) sarà al via della 50^ edizione della maratona di New York, che si svolgerà domenica 7 novembre dopo un anno saltato causa Covid: ad annunciarlo gli organizzatori che hanno pubblicato la lista dei top runners partecipanti.

Il 27enne Eyob, primatista italiano sulla distanza (2h07:19 a Siviglia nel 2020) e sulla mezza maratona (1h00:07 all’aeroporto di Ampugnano – Siena), correrà la sua seconda maratona della stagione, dopo quella olimpica di Sapporo, conclusa al ventesimo posto in 2h15:11.

Favorito d’obbligo è l’etiope Kenenisa Bekele (secondo di sempre al mondo con 2h01:41 nel 2019 a Berlino), che dovrà guardarsi dal neo argento olimpico in 2h09:57, l’olandese Abdi Nageeye, dal campione mondiale 2015, l’eritreo Ghirmay Ghebreslassie e dal debuttante keniano Kibiwott Kandie, primatista mondiale sulla mezza.       

Tra le donne, spicca la presenza della 27enne campionessa olimpica keniana (2h27:00) Peres Jepchirchir. Di rilievo il bronzo olimpico, sempre nella recente Sapporo, la statunitense Molly Seidel, con attenzione alla namibiana Helalia Johannes, bronzo mondiale a Doha, alla etiope Ababel Yeshaneh (primatista mondiale sulla mezza in gara mista) e all’altra etiope Ruti Aga, terza a New York nel 2019.

Di seguito l'elenco dei top runners iscritti a New York 2021: 

Campo Atleti Professionisti – Divisione Open Maschile

Nome

Residenza

Record personale

Alvaro Abreu

Repubblica Dominicana

2:19:15

Ryan Archer

New York, NY

2:17:51

Kenenisa Bekele

Etiopia

2:01:41

Girma Bekele Gebre

Etiopia

2:08:23

Shadrack Biwott

Folsom, California.

2:12:01

Patricio Castillo

Flushing, NY (Messico)

2:11:24

Agostino Choge

Kenia

Debutto

Birhanu Dare

New York, NY (Etiopia)

2:12:21

Noah Droddy

Boulder, Colo.

2:09:09

Mohamed El Aaraby

Marocco

2:09:16

Eyob Faniel

Italia

2:07:19

Ghirmay Ghebreslassie

Eritrea

2:07:11

Temesgen Habtemariam

New York, NY (Etiopia)

2:11:42

Callum Hawkins

Gran Bretagna

2:08:14

Kibiwott Kandie

Kenia

Debutto

Abu Kebede

New York, NY (Etiopia)

2:24:30

Urgesa Kedir

New York, NY (Etiopia)

2:12:20

Abdulmenan Kasim

New York, NY (Etiopia)

2:23:08

Elkanah Kibet

Colorado Springs, Colorado.

2:11:31

Albert Korir

Kenia

2:08:03

Kevin Lewis

Richfield, Minnesota.

2:12:02

Matt Llano

Flagstaff, Arizona.

2:11:14

Brendan Martin

New York, NY

2:15:30

Nathan Martin

Jackson, Mich.

2:11:05

Teshome Mekonen

New York, NY (Etiopia)

Debutto

Abdi Nageeye

Olanda

2:06:17

Thijs Nijhuis

Danimarca

2:10:57

Benjamin Preisner

Canada

2:10:17

Giovanni Raneri

Flagstaff, Arizona

2:13:57

Jose Santana

Messico

2:10:54

Brian Shrader

Boston, Mass.

2:13:27

Thomas Slattery

Bronx, NY

2:18:35

Joe Stilin

New York, NY

2:17:15

Akira Tomiyasu

Giappone

2:10:29

Ben vero

Libano, NH

Debutto

Ryan Vai

Portland, Oregon

2:10:57

Jared Ward

Mapleville, Utah

2:09:25

 

Campo Atleti Professionisti – Divisione Open Femminile

Nome

Residenza

Record personale

Ruti Aga

Etiopia

2:18:34

Meseret Ali

Bronx, NY (Etiopia)

2:40:41

Aileen Barry

Manhattan, New York

2:44:51

Obsie Birru

Fenice, Arizona

2:35:51

Molly Bookmyer

Columbus, Ohio

2:44:07

Grace Bowen

New York, NY

2:44:49

Stephanie Bruce

Flagstaff, Arizona

2:27:47

Marie-Ange Brumelot

Shokan, NY (Francia)

2:36:23

Viola Cheptoo

Kenia

Debutto

Jessica Chichester

Brooklyn, New York

2:42:16

Krista Duchene

Canada

2:28:32

Annie Frisbie

Minneapolis, Minnesota.

Debutto

Bose Gemeda

New York, NY (Etiopia)

2:39:04

Rebecca Gentry

Brooklyn, New York (Gran Bretagna)

2:32:01

Roberta Groner

Ledgewood, New Jersey

2:29:09

Kate Gustafson

Brooklyn, New York (Canada)

2:40:06

Rachel Hannah

Canada

2:32:09

Peres Jepchirchir

Kenia

2:17:16

Helalia Johannes

Namibia

2:19:52

Ana Johnson

New York, NY

2:43:11

Grace Kahura

Longmont, Colorado (Kenya)

2:33:34

Emma Kertesz

Boulder, Colo.

2:40:56

Nancy Kiprop

Kenia

2:22:12

Sally Kipyego

Eugene, Oregon

2:25:10

Des Linden

Charlevoix, Mich.

2:22:28

Hanna Lindholm

Svezia

2:28:59

Andrea Ramirez Limon

Messico

2:26:34

Ziyang Liu

Kirkland, Washington (Cina)

2:40:17

Lanni Marchant

Denver, Colorado (Canada)

2:28:00

Ivette Mejia

New York, NY

2:38:23

Makenna Myler

Highland, Utah

Debutto

Alexi Pappas

Woodland Hills, California (Grecia)

2:34:26

Beverly Ramos

Porto Rico

2:32:43

Samantha Roecker

Filadelfia, Pa.

2:29:59

Lindsey Scherf

White Plains, NY

2:32:19

Molly Seidel

Flagstaff, Arizona

2:25:13

Leigh Anne Sharek

Brooklyn, New York

2:42:02

Emily Sisson

Fenice, Arizona

2:23:08

Kellyn Taylor

Flagstaff, Arizona.

2:24:29

Joanna Thompson

New York, NY

2:43:01

Laura Thweatt

Superiore, Colo.

2:25:38

Aliphine Tuliamuk

Flagstaff, Arizona

2:26:50

Haruka Yamaguchi

Giappone

2:26:35

Ababel Yeshaneh

Etiopia

2:20:51

N.B.: In grassetto i partecipanti all’ultima maratona olimpica

25 Agosto - Una terribile disgrazia è avvenuta nella tarda serata di ieri durante lo svolgimento della TDS (Sur les Traces des Ducs de Savoie), che fa parte del circuito dell’Ultra trail del Monte Bianco (UTMB): un atleta trentacinquenne proveniente dalla Repubblica Ceca è morto a causa delle ferite procuratesi nella caduta in un burrone durante la discesa dal Passeur de Pralognan, in Alta Savoia (Francia), al km. 63.2, probabilmente a causa del fondo reso umido e scivoloso dalle piogge cadute nel pomeriggio.

Le cronache raccontano che la squadra di soccorso presente in cima al colle sia intervenuta subito, con il supporto anche di un elicottero, trasferendo il corridore, in arresto cardiaco, in ospedale: ma ciò non è servito a salvare lo sfortunato atleta, del quale non sono ancora state note le generalità.

La gara, di 145 chilometri e 9.100 metri di dislivello, che collega la Valle d’Aosta alla Savoia, con tratti estremi, è stata sospesa, con circa 1200 atleti (su 1573 partenti),  non ancora giunti al Passeur de Pralognan, che sono stati bloccati e portati con bus da Bourg-Saint-Maurice a Chamonix.

Viceversa, i 293 corridori che avevano già superato il punto dell’incidente, hanno continuato la competizione, con 24 atleti che al momento hanno già concluso la gara.

[NdD. Avendo corso due volte la TDS, nel 2009 e 2015 (mentre nel 2010 fu annullata per eventi atmosferici estremi, e 'convertita' nella CCC), ricordo bene gli ammonimenti dell'organizzazione su quello che era il tratto più pericoloso di tutto il tracciato, quando la direzione era verso Bourg-Saint-Maurice e il Piccolo San Bernardo, ed era vietato in orario serale-notturno. Poi il senso fu invertito, con partenza da Courmayeur, e il passaggio si svolgeva, anche per la coda del gruppo, in pieno giorno. Ma allo sbocco sul crinale, che poi diveniva una cengia abbastanza ristretta fin quasi al punto-salvezza di metà gara al Cormet de Roselend, c'erano addetti dell'organizzazione pronti a 'tirarti su' se eri in difficoltà. Purtroppo questa volta non sono bastati. D'altronde, la TDS è presentata dagli organizzatori come la più 'selvaggia' delle varie gare. F. M.]

L'AIU, l’Agenzia mondiale antidoping, ha sospeso il maratoneta 37enne El Hassan El-Abbassi del Bahrain, in seguito alla positività per emotrasfusione omologa, catalogata come Prohibited Method, ovvero come manipolazione del sangue. Il controllo antidoping è avvenuto l’8 agosto (cioè in occasione della maratona di Sapporo), con risultato riportato il 15 agosto dal laboratorio WADA di Tokyo.    

L’atleta, marocchino fino al 2013, è stato comprimario nella maratona olimpica di Sapporo, classificandosi 25° in 2h15:56.

El Abbassi aveva vinto l'oro nei 10.000 metri ai Giochi asiatici del 2014 a Incheon (28:11.20), in Corea del Sud,  e una medaglia d'argento nella maratona nel 2018 a Giakarta (2h18:22), in Indonesia. Nel 2018 ha stabilito il record asiatico di maratona in 2h04:43 a Valencia e nel 2019 era giunto settimo ai campionati mondiali di Doha (2h11:14).

NdR. Per un salutare ripasso, riportiamo da https://www.my-personaltrainer.it/autoemotrasfusione.html buona parte di un illuminante articolo su questa pratica, inventata in casa nostra (e proibita solo dal 1985). Per saperne di più, si può vedere anche https://www.antidoping.ch/it/prevenzione/formazione/mobile-lesson/m1-manipolazione-del-sangue

Prima dell'avvento dell'eritropoietina (EPO), la tecnica dell'autoemotrasfusione era piuttosto diffusa nel mondo dello sportTramite questo procedimento era possibile incrementare il numero di globuli rossi, assicurando una maggiore disponibilità di ossigeno ai muscoli. Grazie a tale proprietà l'autoemotrasfusione era in grado di innalzare significativamente il livello prestativo dell'atleta.o su presupposti fisiologici simili a quelli dell'EPO, delle tende ipo-ossigenate e degli allenamenti in altura.
L'autoemotrasfusione rientra nel cosiddetto "doping ematico o emodoping", che comprende diverse tecniche dopanti. Nel mondo dello sport viene considerata pratica illecita, in quanto unicamente tesa ad aumentare artificiosamente la prestazione sportiva. 

Il doping ematico omologo si basa sull'utilizzo di sangue proveniente da un'altra persona (donatore), proprio come avviene tradizionalmente negli ospedali.
La seconda tecnica è rappresentata dal cosiddetto doping ematico autologo (autoemotrasfusione). Circa un mese prima della gara dallo stesso soggetto vengono estratti in media 700-900 ml di sangue, che vengono poi conservati a +4°C e rimessi in circolo uno o due giorni prima dell'impegno agonistico. In seguito alla trasfusione si verifica un repentino miglioramento della capacità aerobica e della prestazione nelle prove di resistenza (ciclismo, maratona, nuoto di durata, trhiatlon, sci nordico ecc.), garantito da un aumento della massa eritrocitaria fino al 15-20%. L'autoemotrasfusione non apporta invece benefici significativi agli atleti impegnati in discipline anaerobiche (sollevamento pesi, gare di salto e di sprint, lancio del peso ecc). In alternativa alla refrigerazione, che impone un periodo di conservazione massimo di 35-42 giorni, il sangue prelevato dall'atleta può essere congelato a -65°C in glicerolo, quindi conservato anche per 10 anni con apparecchiature idonee. Ciò permette di evitare un prelievo troppo vicino al momento della gara, periodo in cui l'atleta è impegnato in allenamenti che verrebbero compromessi dal calo prestativo associato al prelievo. In pratica, l'atleta ha oggi la possibilità di predepositare il proprio sangue anche anni prima della gara.

La tecnica dell'autoemotrasfusione viene utilizzata anche nella pratica medica, per esempio in preparazione di interventi chirurgici importanti.
Nata a Ferrara nella prima metà degli anni 80, l'autoemotrasfusione causa un aumento pressoché immediato della massa eritrocitaria (entro 48 ore dalla reinoculazione si assiste ad un incremento medio dell'emoglobina plasmatica dall'otto fino al 15%). Dopo la trasfusione, l'atleta riesce così ad incrementare la propria prestazione dal 5 al 10%. 
In seguito al prelievo iniziale l'organismo impiega invece circa 6 settimane per riportare i livelli di emoglobina nella norma.
Rispetto a tale metodica l'autoemotrasfusione neutralizza inoltre il rischio di contagio (AIDSepatiti ecc.) ed evita  reazioni da sangue non compatibile.
L'autoemotrasfusione non è tuttavia priva di effetti collaterali: innanzitutto l'atleta accusa una diminuita performance in allenamento nei giorni successivi al prelievo ed il rischio che si formino coaguli di sangue dopo la reinoculazione (infartoemboliaictus) non è trascurabile. 
Inoltre l'autoemotrasfusione introduce nell'organismo importanti quantitativi di ferro, con il rischio che questi vadano a compromettere la funzionalità degli organi di deposito (fegatomilzapancreas e reni), già provati dall'intensa attività fisica.

In questi ultimi anni la pratica dell'autoemotrasfusione è tornata in voga, dopo essere stata messa in pensione dalla scoperta dell'eritropoietina ricombinante e di sostanze affini. Il vantaggio di questa metodica dopante consisteva nella mancanza di test antidoping in grado di individuare l'atleta che ne ha fatto ricorso. Sebbene l'autoemotrasfusione abbia un'efficacia inferiore rispetto all'eritropoietina, è stata proprio la mancanza di test in grado di individuarla a decretarne il recente successo. In caso di doping ematico autologo, invece, nel sangue dell'atleta si possono individuare facilmente antigeni minori dei globuli rossi del donatore, e decretare così la positività e la conseguente squalifica.

Sebbene siano stati sviluppati test antidoping potenzialmente in grado di rilevare l'autoemotrasfusione, la lotta più semplice ed efficace a questo fenomeno, ed al doping ematico in generale, deriva dal monitoraggio periodico ed obbligatorio dei livelli di emoglobina, ematocrito, globuli rossi e reticolociti nel sangue dell'atleta (passaporto biologico). Differenze significative di questi valori tra una misurazione e l'altra (ad es. >13-16% per l'emoglobina) non possono essere dovute ad una variazione fisiologica, e sono pertanto spia di pratiche dopanti o di malattie in atto. Sulla base di questi dati un atleta, anche in assenza di tracce di prodotti dopanti all'esame antidoping, può comunque essere considerato positivo quando emergono variazioni significative dei suoi parametri ematologici rispetto allo storico riportato nel suo passaporto biologico. In caso di valori sospetti, ma non sufficienti dal punto di vista statistico a decretare con presumibile certezza la positività, l'atleta viene sottoposto a specifici controlli antidoping e ad un monitoraggio più stretto.

Il 14 e il 15 agosto si è svolta la prima edizione dell’Alpe Adria Ultra Trail, gara di corsa in montagna su tre distanze di 25, 63 e 137 chilometri.
Partenza e arrivo delle tre gare erano fissate a Tarvisio, con la caratteristica per la distanza più lunga di attraversare anche l’Austria e la Slovenia, passando per Faaker See e la regione dei laghi in Austria, indi il Massiccio del Mangart a Kranjska Gora, in Slovenia; per tutti il passaggio presso il Monastero del Lussari, con vista unica sulle Alpi Giulie.
La 137 chilometri, con 6.560 metri di dislivello positivo, ha registrato il terzo posto assoluto, prima donna, della valdostana Francesca Canepa (ormai alle soglie dei suoi splendidi 50 anni!) che ha concluso in 19h05:04, alle spalle di Alexander Rabensteiner e dell’austriaco Gerald Fister, arrivati al traguardo insieme in 17h46:29. Terzo uomo Oliviero Alotto, quarto in 24:02.40.
39 gli arrivati, 4 solo le donne al traguardo: dietro Canepa, con grande distacco sono giunte Tiziana Michelizza in 28h26:17, Lucia Infanti in 32h05:52 e l’austriaca Gerda Nissler in 34h10:46.

La 63 chilometri, con 4.810 metri di dislivello positivo, ha visto il successo di Mauro Rasom in 8h21:44 su Ivan Favretto, secondo in 9h07:44, e Daniel Degasperi, terzo in 9h19:51.
Prime donne Marta Ripamonti e Francesca Perrone giunte entrambe in 11h13:41, terza Asia Noacco in 12h30:58. 61 gli arrivati, fra cui 10 donne.

Infine, la 25 chilometri, con 1.970 metri di dislivello positivo, ha visto il successo dello slovacco Zan Zepic in 2h28:58 sull’austriaco Peter Prisching, secondo in 2h29:17, e Stefano Maran, terzo in 2h29:19.
202 i finisher, con 55 donne arrivate: successo di Elena Snidero in 3h10:56 su Cinzia Martini, seconda in 3h11:30, e Lara Comiotto, terza in 3h20:11.

L’evento, organizzato dall’Asd Sentierouno, ha già fissato il prossimo appuntamento per il 27-28 maggio 2022, periodo scelto originariamente anche per quest’anno, ma poi spostato ad agosto causa Covid.

Ecco il racconto della gara di Francesca Canepa (che, ricordiamo, ha un passato da slalomista, sciatrice di fondo, e pratica il podismo da poco più di 10 anni), tratto dal suo profilo Facebook:

“Vincere, ho vinto”. Questo il testo inviato a papà.

“Ma….?” Questa la sua risposta

Come dire…. mi conosce a quanto pare.

Il ma sta nel fatto che…. Casino, ne ho fatto. Perdermi, mi sono persa.

Gravemente anche, considerando che dopo il primo ristoro (km 28) mi sono ritrovata al traguardo e ridiamo, va, perché sul momento volevo …ammazzarmi!

Fortuna che in smarrimento con me c’era anche Chiara Boggio, che con pazienza mi ha spiegato come tornare al dannato ristoro. Cert,o ne abbiamo aggiunti una decina, giusto perché era già tanto divertente il caldo che faceva.

Anyway, grazie al suo esempio di paziente determinazione torno anch’io al 28 e da lì si riparte più o meno come ultime.

Io mi sentivo avvantaggiata dall’esperienza, in quanto avevo già vissuto la cosa in Basilicata, sapevo che ci avremmo messo una vita a recuperare.

Ristoro del 42: faccio il pieno di anguria e formaggio, e bevo bevo bevo, ma non è mai abbastanza, e soprattutto non è abbastanza quando hai da farne un’altra quarantina tutti in piano.

Sulla carta erano i miei, erano il tratto in cui la nota primatista italiana delle 12 ore avrebbe dovuto spaccare. Ed eccomi invece qua a tirare avanti come un tasso disidratato (più efficiente di altri, ma sempre tasso) e tutti i neuroni che urlavano solo “trova una fontana”.

Chiaramente non ne vedo nemmeno mezza, quindi uso il mio solito trucco arcaico per domandare a un brav’uomo di riempirmi il flask dal rubinetto di casa sua.

Per un po’ mi riprendo, giusto in tempo per riperdermi e farmi recuperare da tutti un’altra volta.

Considero la resa.

Ricompattata con Chiara mi sento comunque almeno non da sola, facciamo il ristoro 62 e brillantemente ci perdiamo di nuovo.

Kazzo devo ritirarmi immediatamente. Non se ne può più. Ho di nuovo sete, mi bruciano i muscoli, decido di telefonare a Oliviero [Alotto, poi quarto uomo] per comunicargli che smetto, e me lo vedo davanti col telefono in mano. Stava per chiamare me. Telepatia da stress. Il trio così composto riparte ma nella mia mente l’unico obiettivo è diventato: arrivare in base vita al 78 e staccare tutto.

A peggiorare le cose, i due camminano in modo talmente efficiente e veloce che rapidamente mi distaccano.

E questa ci mancava, manco a camminare riesco. Non che lo abbia scoperto ora, che cammino male, ma l’evidenza è agghiacciante.

Ma…. Faccio giusto qualche passo di corsa e scopro che se corro non mi bruciano più i muscoli.

Se corro funziono.

Non vedo molta scelta quindi, decido di guardare per terra (l’alternativa è vedere la gente che si diverte a fare il bagno nel fiume) e raggiungere in qualche modo la base.

Poi un pensiero mi attraversa l’encefalo e lo folgora come un elettroshock.

Il pensiero dice: “ma tu vuoi veramente essere questa lagna del Kazzo che per un po’ di sete e un più di bruciore muscolare paralizzante, ma che è passato, molla tutto? O vuoi essere la guerriera che ti sembra di essere quando hai il culo sul divano???”

L’encefalo in piena autonomia barra la casella guerriera.

Si mangia e si va.

EKEKAZZO.

Combinazione, da quando la mente è tornata sul pezzo le cose migliorano. Il gesto migliora, l’umore migliora, tutto è più facile.

Supero fino a portarmi in terza posizione assoluta che fortunatamente mantengo fino alla finish Line”.

Venerdì, 06 Agosto 2021 22:31

Tokyo: meraviglioso oro per la 4X100 uomini!

6 Agosto - "È vero, credetemi, è accaduto": la staffetta 4x100 maschile italiana vince l’oro Olimpico!

Meraviglioso il quartetto formato da Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu, che in 37.50 – record italiano – supera in rimonta la Gran Bretagna (37.51) e il Canada (37.70), ottenendo il secondo tempo di sempre in Europa e il quinto di ogni epoca al mondo. Decisiva l'accelerazione finale di Tortu che, desideroso di riscatto dopo le prestazioni così così sui 100, ha rimontato il rivale inglese superandolo negli ultimissimi metri malgrado il quasi-tuffo che l'altro ha tentato sulla linea del fotofinish.

Per l’Italia di atletica è il quinto oro, un record.

Queste le dichiarazioni rilasciate dai campioni olimpici:

Marcell Jacobs: “Prima di entrare in pista, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito che potevamo fare qualcosa di incredibile. All’ingresso abbiamo scelto di non fare nessun saluto particolare, e che il nostro saluto sarebbe stata la vittoria. Ci abbiamo creduto, è qualcosa di fantastico. Tokyo mi sta regalando tantissimo, per me è il secondo oro, chi se lo sarebbe mai aspettato. Questo forse per me vale anche di più, condiviso da un gruppo che si prepara insieme da tanto tempo e che ha fatto tante gare insieme, anche sbagliando, ma quegli errori ci hanno portato ad arrivare qui. Al cambio Fausto mi ha quasi anticipato senza chiamarlo ma è stato perfetto, poi so bene che Filippo quando si tuffa sul traguardo può guadagnare quel centesimo... Abbiamo fatto un grandissimo lavoro, con tutti, con gli altri staffettisti che sono a Tokyo e con chi è rimasto a casa e sta facendo il tifo. È un lungo percorso che ci ha portato fino a qui, siamo sul tetto del mondo. Grazie a tutti gli italiani che ci hanno sostenuto, grazie per questo sogno che mi state regalando. Siamo l’Italia, la migliore di sempre”.

Filippo Tortu: “Difficile parlare della mia frazione e non di noi, la staffetta si corre in quattro. Grazie al prof. Filippo Di Mulo e a Giorgio Frinolli che ci hanno seguito in questi anni. A tutti i compagni, a Manenti, Polanco e Infantino che sono qui, a Cattaneo e Rigali che sono a casa. Quando sono partito ho visto che il britannico era a fianco. Ho pensato solo a stare rilassato. Sapevo che se l’avessi fatto, l’avrei preso e superato. Ero più lucido mentre correvo che quando ho tagliato il traguardo, perché non potevo credere che fosse successo davvero. All’arrivo la mia impressione era di avercela fatta, però era talmente impensabile, ma poi ho visto il delirio nella nostra tribuna... Ho chiesto ai compagni se era vero, che avevamo vinto noi. Poi quando ho visto Italia sul tabellone, il tempo non l’ho nemmeno guardato. È stratosferico, ma non mi interessa. Dentro di me è successo di tutto, non mi commuovo facilmente, ma ho pianto. Per i britannici abbiamo sempre avuto ammirazione, perché hanno vinto tutto senza superstar, ma stavolta ci hanno fatto loro i complimenti. È l’emozione più bella che si possa immaginare. E la cosa più bella sarà cantare l’inno domani”.

Fausto Desalu: “Siamo un bel gruppo, abbiamo lavorato tanto. Quello che ha fatto la differenza, quel centesimo di secondo, è il grande gruppo che ci unisce, che è una cosa fantastica. Ci siamo detti l’uno con l’altro: ‘ti fidi di me?’ e ci siamo risposti: ‘sì, e pensavi che ti dicessi di no? Crediamoci, perché può succedere’... E l’abbiamo fatto! Sentivo l’emozione, perché quando sai che puoi vincere un oro, tutto deve essere perfetto. E con gli avversari c’è rispetto, dopo che è finita la gara siamo amici”.

Lorenzo Patta: “È la mia prima Olimpiade, meglio non poteva andare. Sono felicissimo, al settimo cielo. Ero molto concentrato, per fare una buona partenza e consegnare il testimone a Marcell in modo da lasciarlo andare il più veloce possibile. Ancora non ci credo, devo ringraziare loro tre e tutti gli altri compagni che ci hanno accompagnato in questo percorso”.

E' giusto dare la parola anche al neopresidente federale Stefano Mei, che di Olimpiadi sa qualcosa avendo ottenuto il miglior piazzamento italiano di sempre sui 5000 (settimo a Seul 1988), e oggi, rispondendo coi fatti alle critiche, constata come mai l'atletica italiana avesse ottenuto cinque ori. : “È un’Olimpiade strepitosa. I ragazzi hanno fatto molto più di quello che ci si potesse aspettare. A loro avevo chiesto semplicemente di divertirsi e di cercare di fare il massimo per loro“. E ancora: "Sono assolutamente soddisfatto di come stia andando qui a Tokyo, con il 60% del passaggio dei turni e fuori dal campo con una squadra che ammiro per educazione e disponibilità. La nostra è una gioventù di altissima qualità. Mi aspetto che dall'autunno i campi di atletica siano frequentati da tanti ragazzi nuovi”.

6 Agosto - Incredibile, 24 ore dopo la medaglia d’oro di Massimo Stano, Antonella Palmisano, altra pugliese di Mottola (in provincia di Taranto), nel giorno del suo trentesimo compleanno, va a conquistare il titolo di campionessa olimpica della 20 km di marcia in 1h29:12. Argento alla colombiana Sandra Lorena Arenas in 1h29:37, che precede la cinese Liu Hong, bronzo in 1h29:57.

Lo scenario è lo stesso del giorno prima, siamo sul circuito di 1 chilometro all’Odori Park di Sapporo, mille chilometri a nord di Tokyo, sull’isola di Hokkaido: anche il clima è simile con 31 gradi, 64% di umidità.

Si parte piano con i primi tre km alla media di 4:40, per aumentare leggermente al 4° (4:31), e passare ai 5° km in 23:04, con il gruppo di testa guidato dall’azzurra e dalle tre cinesi Liu, Yang e Qieyang (il podio mondiale di Doha). Eleonora Giorgi è purtroppo subito in difficoltà, dopo aver preso un'ammonizione per marcia irregolare; al 6° km si ferma per diversi minuti, piangendo, per poi ripartire ma oramai fuori gara, per quello che il telecronista Bragagna chiama spirito decoubertiniano. Valentina Trapletti è invece in fondo al gruppo di testa.

Al 10° km  Palmisano guida il gruppo al comando in 45:57, Trapletti  è ventiduesima in 46:16.

Il ritmo rimane sempre sui 4:30, al km il gruppo di testa è formato da circa dieci atlete, fino al 15° quando la piccola accelerazione della brasiliana Erica de Sena (44:25), porta a staccarsi sorprendentemente la cinese Qieyang, seguita dall’australiana Jemima Montag.

Ma il vero cambio di passo lo porta propria la nostra Antonella al 16°, con il km chiuso in 4:16, al quale risponde solo la cinese Yang, mentre si staccano la Liu, la colombiana Arenas e la già citata De Sena.

Antonella spinge ancora (17°km in 4:06), così anche la Yang soffre, prende un cartellino e perde terreno. Risale, viceversa, la Arenas che riprende la cinese e insieme cercano di inseguire la Palmisano, che intanto rischia di cadere su una boa.   

Ma il terzo cartellino e la conseguente sosta di due minuti in penalty zone fermano la cinese, mentre la Palmisano aumenta ancora con il 18° km marciato in 4:09, e vola verso la vittoria aumentando negli ultimi due km conclusi entrambi in 4:06. Dietro cerca di risalire la de Sena, che supera la Liu. Si avvicina alla Arenas, ma è  fermata dai giudici definitivamente (anche lei aveva già subito la penalty zone) e sostanzialmente la gara finisce qui, con il podio oramai definito.    

Valentina Trapletti è ottima diciottesima in 1h33:12, mentre la Giorgi, alla quale va il merito di non essersi ritirata,  chiude 52^ in 1h46:46, trovando la forza di incitare la Palmisano negli ultimi metri verso la medaglia d’oro.

Le parole di Antonella: “Non mi rendo ancora conto, sono entusiasta di quello che ho fatto!  È ancora più bello, nel giorno del mio compleanno. Volevo che tutti i sacrifici di questi anni potessero essere ripagati del tutto. Negli ultimi 5 km ho sentito tanta energia dentro, ho portato con me tutte le persone care che mi davano forza, avevo la pelle d’oca. Si è realizzato il sogno della mia carriera di atleta. Negli ultimi mesi, ho pianto tanto. Era quasi impensabile che potessi fare l’impresa quest’oggi, ho avuto problemi fisici all’anca, sono stata ferma a lungo e temevo di dover rinunciare. L’oro di ieri di Massimo Stano mi ha fatto venire i brividi, mi ha dato una carica in più, come già successo con le vittorie di Tamberi e Jacobs e con il trionfo agli Europei di calcio. È un periodo magico per l’Italia. Adesso non vedo l’ora di sentire l’inno. E di abbracciare i miei familiari e mio marito: sicuramente sarà svenuto a casa insieme al mio cane…”.

Da ricordare, infine, che, nella nostra notte, la 50 km di marcia maschile è stata vinta dal polacco Dawid Tomala in 3h50:08 davanti a Jonathan Hilbert (Germania) in 3h50:44 e al canadese Evan Dunfee 3h50:59. Ventitreesimo Andrea Agrusti in 4h01:10, ritirati Teodorico Caporaso e Marco De Luca.
Si è trattato dell'ultima edizione olimpica su questa distanza, spazzata via dai sospetti di doping e (come aggiunge il "Corriere della sera" di oggi) dall'eccessiva discrezionalità dei giudici nel valutare la regolarità della marcia degli atleti, ciò che avrebbe condizionato i risultati molto più dell'effettivo valore dei marciatori.

 

5 Agosto - E’ ancor più grande Italia: Massimo Stano, il 29enne pugliese di Palo del Colle (quindici chilometri da Bari), si è laureato stamattina (pomeriggio in Giappone) campione olimpico della 20km di marcia, regalando al medagliere azzurro dell’atletica il terzo oro, dopo quelli di Tamberi e Jacobs.

Sul circuito da un chilometro all’Odori Park di Sapporo, mille chilometri a nord di Tokyo, sull’isola di Hokkaido, Massimo si è imposto in 1h21:05, precedendo i due nipponici, padroni di casa, Koki Ikeda, secondo in 1h21:14, e Toshikazu Yamanishi, terzo in 1h21:28.

Per l’Italia è la terza medaglia d’oro sulla distanza, dopo quelle di Maurizio Damilano a Mosca 1980 e quella di Ivano Brugnetti ad Atene 2004.

Gli altri due azzurri Francesco Fortunato e Federico Tontodonati hanno chiuso rispettivamente quindicesimo in 1h23:43 e quarantaquattresimo in 1h31:19.

Giornata calda e umida (29°), con i marciatori tutti compatti, quando, poco prima del 5° km, va avanti il cinese Wang Kaihua, subito tallonato dall’indiano Kumar, con tutti gli altri in gruppo compresi i giapponesi Yamanishi (campione del mondo) e Ikeda, il russo Mizinov, lo spagnolo Martin, lo svedese Karlstrom, e il messicano Olivas.

All’8° Km i due fuggitivi sono avanti di 11 secondi (32:56), ma presto l’indiano si stacca, mentre Wang Kaihua aumenta il vantaggio a 13”: il fuggitivo cinese passa al 10km in 40:55, seguono Yamanishi, Stano e Ikeda, tutti in 41:05;   13° Fortunato in 41:17, 37° Tontodonati in 42:38.

Comincia dal 12° km l’azione decisa di Stano che riporta il gruppo di testa a riprendere Wang: il gruppo è formato da Massimo, dai due spagnoli Garcia e Martin, dai due giapponesi Yamanishi e Ikeda e dai due cinesi Wang e Zhang (è costretto a staccarsi il russo Mizinov, fermato dai giudici in penalty zone di due minuti).

Stano guida il gruppo al passaggio del 15° km (1h01:27), con gli altri sei marciatori sempre vicinissimi.

Ma l’accelerata di Stano, al 17° km in 4:04, provoca il distacco dei due cinesi e dei due spagnoli, con i due soli giapponesi a tenere il ritmo dell’azzurro, con passaggio al 18° km in 1h13:30 (parziale di 3:48).

Altro cambio di ritmo di Stano, che al 19° passa in 1h17:22 (3:52): perde contatto Yamanishi, Ikeda cerca di resistere, ma Stano è ormai lanciato verso il successo: festeggia con il pollice in bocca, dedicando il successo alla piccola Sophie nata a febbraio, per poi attendere i due giapponesi e salutare il loro arrivo con l’inchino, con un gesto altamente sportivo.

Le parole di Stano: “Me lo sentivo quest’oro. Le medaglie di Jacobs e Tamberi mi hanno dato una spinta in più, il ringraziamento va anche a loro. È stata una gara veramente dura, con caldo, umido, come piace a me. Ho sperato che piovesse e ci fosse ancora più umidità, perché so che in queste condizioni soffro meno degli altri. Non ho mai avuto ottime sensazioni in gara, anche se può sembrare strano. Negli ultimi due mesi per darmi coraggio mi ripetevo ‘sono il più forte, sono il più forte del mondo’, e anche in gara ho lavorato molto mentalmente. Mi ripetevo in testa di essere il migliore. Un mese e mezzo fa ho avuto un’infiammazione al bicipite, quindi abbiamo dovuto frenare un po’ con gli allenamenti. Per compensare quello che non ho guadagnato con il lavoro, ho dovuto lavorare a livello mentale. Questa strategia mi ha dato fiducia. La vittoria è dedicata a mia figlia Sophie e mia moglie Fatima che mi sopportano e supportano; al mio coach Patrizio “Patrick” Parcesepe, perché non si può fare un risultato da soli, ma serve intorno un grande staff. Sono veramente contento, incredulo. Spero che non sia un sogno, non voglio andare a dormire, come ha detto Tamberi. Devo ancora realizzare, non so quanto ci metterò ma spero il meno possibile per guardare ancora più avanti”.

Si chiudono in maniera deludente i Giochi Olimpici di Tokyo per Yeman Crippa: dopo il decoroso undicesimo posto nella finale dei 10000 metri, il trentino è eliminato nelle batterie dei 5000 chiudendo in 15^ posizione in 13:47.12.

In una gara dai ritmi iniziali davvero molto lenti, con passaggio ai 3000 in 8:34, Crippa cerca di dare un’accelerata ponendosi in testa al plotone, ma senza esito. Ma negli ultimi due giri e soprattutto nell’ultimo, quando i rivali cambiano passo, l’azzurro appare  scarico, spremuto, chiudendo sofferente quasi al passo.

Si qualificano il keniano Nicholas Kimeli in 13.38.87, il canadese Mohamed Ahmed in 13:38.96, lo statunitense William Kincaid in 13:39.04, l’ugandese Oscar Chelimo in 13:39.07  e Birhanu Balew del Bahrain in 13:39.42.

La seconda batteria può gestire il ritmo sulla base della lenta precedente: vanno in finale, sfruttando anche i tempi di ripescaggio, lo spagnolo Mohammed Katir, in 13.30.10, l’americano Paul Chelimo in 13:30.15, il canadese Justyn Knght in 13:30.22, i due ugandesi Jakob Kiplimo in 13:30:40 e Joshua Cheptegei in 13:30.61; l’etiope Milkesa Mengesha in 13:31.13, il britannico Andrew Burchart in 13:31.23, lo statunitense Grant Fisher in 13:31.80, il francese Jimmy Gressier in 13:33.47, il guatemalteco Luis Grijalva in 13:34.11 e l’australiano Morgan McDonald in 13:37.16.  

 “Quante batoste nella mia prima Olimpiade, spero proprio che il detto ‘quello che non uccide fortifica’ sia vero”, il commento amaro di Yeman sui social.

2 Agosto - Un settimo posto, il record italiano di Roberta Brunet (14:44.50 nel 1996) sfiorato e la migliore prestazione nazionale under 23 in 14:46.29 (quasi dieci secondi di progresso in confronto alla batteria di venerdì - 14:55.83): si chiude in maniera decisamente positiva la prima esperienza ai Giochi Olimpici di Nadia Battocletti.  

Il successo va all’olandese Sifan Hassan in 14:36.79 che precede in volata la keniana Hellen Obiri (14:38.36) e l’etiope Gudaf Tsegay (14:38.87).

La 21enne trentina è la seconda delle europee al traguardo.

Di seguito la cronaca e l’intervista a Nadia, riportate sul sito della Fidal:

5000 donne - finale - Sempre più entusiasmante Nadia Battocletti. Trema il record italiano dei 5000 metri, come non mai. Nella finale olimpica c’è l’ennesimo, enorme miglioramento di una stagione da incorniciare. Subito cancellato il 14:55.83 di tre giorni fa, con un fantastico 14:46.29 a meno di due secondi dal primato per la figlia d’arte trentina che quest’anno ha vinto a livello continentale tra le grandi (con il trionfo agli Europei a squadre) e in campo giovanile (conquistando il titolo under 23). A Tokyo viaggia con le big mondiali nei primi quattro chilometri, agganciata al gruppo, con la sua falcata leggera ed efficace. Si corre con parziali di 3:02, 6:01 e 9:01 sulla spinta dell’etiope Ejgayehu Taye, poi l’andatura aumenta (11:58) e la 21enne azzurra si ritrova da sola, all’ottavo posto, prima di recuperare una posizione ai danni della turca Yasemin Can. Furibondo l’ultimo giro che incorona la stakanovista Sifan Hassan (14:36.79), di nuovo in pista dopo il primo turno dei 1500 al mattino, dove ha vinto la batteria nonostante una caduta. L’olandese, già due ori mondiali a Doha (ma in quel caso con i 10.000 abbinati ai 1500), spazza le velleità dell’ex iridata keniana Hellen Obiri (14:38.36) e di un altro pezzo da novanta come l’etiope Gudaf Tsegay, in pista da leader stagionale ma terza in 14:38.87.

“Per la seconda volta ho assaporato l’atletica delle grandi - esulta Nadia Battocletti - Le avevo lì. Ho corso accanto alla Hassan per tutta la gara. Forse ho sbagliato a staccarmi quando le altre sono andate via, con due ragazze che non riuscivo a superare. Sono passata in 13:44-13:45 e quindi dovevo chiudere in 59-60 secondi per fare il record italiano. È stata una rincorsa. Volevo finire il più veloce possibile ma le vedevo sempre più lontane. Me le sono fatte sfuggire. Comunque è una finale olimpica, ho ventuno anni, c’è ancora molto su cui lavorare, soprattutto nei chilometri: le atlete di testa faranno 150 km settimanali, io a malapena cento. E questo fa la differenza nel mezzofondo”. Si guarda avanti, con ottimismo: “Sono tutti segnali che sto crescendo bene - continua - per quest’anno di 5000 ne ho fatti abbastanza, ora rallenterò un attimo per poi riprendere e fare qualche gara spuria per terminare la mia stagione. Poi preparo gli Eurocross di Dublino”. Che vuol dire gareggiare con così tante big? “Le vedevo a Londra 2012, mi sembravano aliene, credevo fosse impossibile correre con loro in un’Olimpiade. E invece eccoci qua. E con il papà-coach Giuliano l’avevamo immaginata proprio così questa gara. Cioè che avrebbero strappato. Rallentato di colpo. Ripartite repentinamente. Questa capacità di leggere la gara arriva dall’esperienza dei miei genitori: quello che conta è il coraggio, restare lì attaccati e non mollare mai. Già dalla batteria ho capito che devo lavorare ancora un paio di anni per stare lì con loro. Per ora sono arrivata a 4300-4400 metri. Sul resto, ci stiamo attrezzando”.

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