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Apr 12, 2018 Stefano Severoni 4435volte

Riflessioni e provocazioni su fame e cibi

Farà tutto bene? Farà tutto bene? Roberto Mandelli

Nel Dizionario Enciclopedico Italiano (1956), alla voce fame si legge:

   «Sensazione viscerale stimolata dal bisogno di cibo; è avvertita a distanza varia dal pasto, dapprima nella forma lieve di appetito, poi in quella definita di fame, caratterizzata dal desiderio imperioso di cibo, da dolori crampiformi all’epigastrio (morsi della fame), da malessere e debolezza generali, che possono culminare nel delirio. […] Fisiologicamente la fame ha lo scopo di stabilire “quando” l’individuo ha bisogno di cibo, indipendentemente dalla qualità e dalla quantità di questo. È discusso se l’origine della sensazione sia periferica, nello stomaco, o in centri nervosi superiori stimolati da modificazioni del sangue (ipoglicemia, ecc.). È certo che l’ipoglicemia da insulina provoca la sensazione di fame, mentre alcune droghe (es. la cola) la inibiscono. I dolori epigastrici da fame legati alle contrazioni spastiche dello stomaco, sono attenuati temporaneamente con la compressione della parte (es. stringendo la cintura, onde l’espressione popolare stringere la cinta). Deviazioni patologiche della sensazione normale di fame sono la bulimia e l’anoressia»[1].

L’idea della fame popolarmente intesa come una cosa penosa è confermata dal pensiero di Virgilio (m. 19 a.C.), che l’impersonifica (Fames) come un mostro dagli occhi infossati, il volto smunto, i capelli ispidi, lo sguardo selvaggio; sta all’ingresso dell’Ade. La personificazione è pure nel linguaggio comune, in frasi quali: «brutto come la fame»; «lungo come la fame», di persona lunga e magra, o di fatto che si prolunghi noiosamente nel tempo.

Secondo le discipline naturali, la fame è qualcosa di diverso dal comune intendere della medicina allopatica e del pensiero popolare, vigente nel nostro mondo occidentale.

L’igienismo ritiene che le principali cause delle malattie che colpiscono gli individui sono:

  • Nei Paesi civilizzati, la maggior parte mangia senza avere realmente fame, ma unicamente perché è giunta l’ora di mangiare. I bambini invece solitamente consumano il cibo quando hanno realmente fame, in quanto, come animali, sono dotati di istinti più incontaminati delle persone adulte.
  • Molti mangiano cibi non specifici alla specie umana, ossia alimenti che dalla natura non sono destinati all’uomo:
  1. carnami: l’anatomia e la fisiologia comparata insegnano che l’uomo non è equipaggiato per uccidere le bestie, non avendo artigli, unghie, canini, e non possiede neanche gli organi digestivi adatti a digerire una grande quantità di proteine (fegato voluminoso, intestini corti, ecc.); la carne è naturale per gli animali carnivori come i cani e i lupi, ma non per l’essere umano. Chi non è convinto di ciò, quando avverte fame vada ad azzannare la coscia di un animale (così sentenziava Plutarco, vissuto nel I sec. d.C.);
  2. latte: esso è destinato ai neonati e ai bimbi sino all’età di tre anni. Può essere somministrato fino ai sei/sette anni. Poi la secrezione che consente la digestione del latte prodotta nello stomaco dei bambini si riduce e scompare;
  3. i formaggi: la natura non produce formaggi. La caseina è la parte proteica del latte che serve ai giovani per la crescita. Gli adulti, che hanno terminato la loro crescita, non ne hanno più bisogno. I formaggi fermentati hanno un effetto catastrofico sull’organismo, in quanto favoriscono la fermentazione di tutto il bolo alimentare, che all’indomani passa nelle feci senza essere digerito;
  4. il bianco dell’uovo: contiene troppa albumina, che è indigesta e di conseguenza avvelena il corpo;
  5. il cacao: allo stato naturale contiene veleni, in particolare la teobromina; tutto ciò che è amaro non è commestibile, bensì velenoso per l’uomo; lo zucchero viene utilizzato per mascherare questo amaro. Il nostro gusto ci avverte su ciò che è buono e ciò che invece non lo è, a patto che esso non sia pervertito;
  6. i funghi contengono proteine indigeste, che avvelenano il sangue; la putrefazione delle proteine produce veleni virulenti; i funghi sono prodotti dalla natura per spazzare ed eliminare le sostanze vegetali residue.

    L’uomo assorbe molti veleni per stimolarsi: caffè, tè, cioccolata, zucchero industriale, bevande alcooliche, tabacco, prodotti chimici negli alimenti. Inoltre, egli sovente assume medicine, destinati a sopprimere i sintomi, ma che non risalgono alla causa del disturbo. Altri fattori negativi sono: le preoccupazioni; le contrarietà, l’angoscia, il rancore, l’inquietudine, la precipitazione, il sovraffaticamento, l’insonnia, il risentimento, le sovreccitazioni troppo frequenti, l’affanno, la tristezza, la paura, l’odio, la gelosia, la fretta, le ore piccole, gli abusi sessuali; l’abuso di sole, l’eccesso di vento.

   La maggior parte degli esseri umani, al risveglio, appena schiusi gli occhi dopo una notte di sonno e avere forse fumato una sigaretta, mangia e beve qualcosa. Ma al risveglio non si ha mai realmente fame: la bocca è pastosa, cattiva, talvolta amara, secca, la mente svogliata, non lucida, intorpidita. Seguendo l’istinto, si cerca di sopprimere tali sintomi di eliminazione notturna con alimenti e bevande che sovraccaricano l’organismo, le cui forze vive sono concentrate a completare il catabolismo (eliminazione notturna).

Si ricorda che la giornata è divisa nelle ventiquattro ore in tre parti, secondo i ritmi circadiani:

  • ore: 12-20: introduzione cibo;
  • ore 20-4: digestione;
  • ore 4-12: assimilazione ed eliminazione.

Secondo l’opinione medica e popolare, la fame è una sensazione dolorosa e penosa: «Ho sofferto la fame!» si afferma. Ma la fame è una manifestazione del funzionamento normale del corpo e tutte le funzioni normali del corpo producono piacere. Talune persone provano effettivamente delle sofferenze, ma ciò non è altro che la manifestazione dell’eliminazione e della disintossicazione volta a eliminare i postumi fastidiosi di precedenti pasti malsani. Chi smette di fumare o di bere caffè, risente identiche sofferenze e simili dolori, derivanti dalla disintossicazione in atto. Tali inconvenienti non devono indurre a mangiare né a fumare né a bere caffè. Le sofferenze avvertite non sono quelle della fame, bensì proprio della disintossicazione, e scompariranno non appena la disintossicazione sarà terminata; quando arriverà la vera fame, non si avvertirà più alcuna sofferenza. La falsa fame scompare in breve tempo, riappare ancora, poi sparisce nuovamente. Al contrario, la vera fame persiste e si accentua. Quindi, per distinguere e rendersi conto se lo stimolo è di vera o falsa fame, basterà attendere un’ora o poco più al momento in cui appare. Comunque, più si attende, più la vera fame sarà eccitata. Infatti, all’inizio essa si manifesterà debolmente. Nei casi di denutrizione, la fame acuta sfocia in una sensazione di venir meno, di svenimento: non si è in grado di lavorare, né fare alcunché prima di essere nutriti.

   L’appetito è una falsificazione della fame; non è espressione di un bisogno, ma di un’abitudine o di una voglia immaginaria; può essere causato da più ragioni, quali l’ora del pasto, il gusto, l’odore dei cibi; l’idea di mangiare può far scattare l’appetito. Pure i condimenti e le salse possono svegliare l’appetito; ma ciò non è la vera fame. L’appetito è una falsa fame. Appetito deriva dal lat. appetere, da ad- + petere = gettarsi, poi cercare di raggiungere; indica la voglia di mangiare.

La vera fame non si accompagna ad alcun sintomo. Non si ha mal di testa, né alcun malessere; le idee sono chiare, la mente è lucida, si è ottimisti, felici, tranquilli, sereni. La vera fame non compare necessariamente all’ora dei pasti. Sono le contrazioni ritmiche dello stomaco, che per abitudine si producano regolarmente all’ora dei pasti, che inducono a credere che si tratti di fame, mentre è una falsa fame. La vera fame può sopraggiungere spontaneamente in ogni momento della giornata, ma non in piena notte. Infatti, durante la notte i muscoli sono rilassati e lo stomaco, anch’esso un muscolo, si rilassa; non è pronto a impastare il bolo alimentare durante il riposo notturno.

SINTOMI DELLA

VERA FAME

SINTOMI DELLA

FALSA FAME

Sensazione di vuoto nello stomaco

Salivazione

 

La mente è ottimista, chiara e gioiosa

 

La fame persiste quando si aspetta

Mal di testa

Bocca secca, pastosa, cattiva

Borborigmi

La mente è depressa, fiacca

Contrazioni di stomaco, nausea

La fame sparisce quando si aspetta

  

Le ghiandole della gola e quelle della bocca hanno il ruolo principale delle manifestazioni della fame. Sono i nervi che comandano la sensazione di vuoto e di dilazione, che sale verso l’esofago e la gola. Per tale motivo durante i momenti di fatica, d’inquietudine, di preoccupazione, di collera, di odio, di emozioni negative, ecc., benché il corpo necessiti di nutrimento, esso non lo richiede e non manifesta la fame. I nervi manterranno contratti gola ed esofago. Quando le condizioni sono favorevoli, invece la fame si manifesta con la dilatazione della gola e dell’esofago.

   La vera fame è sempre una sensazione gradevole e piacevole, anche se può essere pressante. Un buco nello stomaco, un vuoto accompagnato da contrazioni ritmiche, una sensazione di rilassamento che sale dallo stomaco verso la gola attraverso l’esofago: tutti questi stimoli sono gradevoli e piacevoli.

Per comprendere ciò che è la vera fame» – scrive il dottor Shelton (m. 1985), fondatore della Dr. Shelton’s School, la Scuola della Salute, autore di oltre 40 libri e libretti – «vediamo ciò che non è, prima di cercare ciò che è. Pensate alla sete: è forse un dolore? Un capogiro? Uno svenimento? Nulla di tutto ciò. La sete è percepita nella bocca e nella gola e si prova un desiderio cosciente di bere dell’acqua. Orbene non si confonde mai il mal di testa con la sete, in quanto tale sete è molto ben conosciuta. Altrettanto capita per la fame autentica: si avverte un desiderio autentico di mangiare, ci si sente a proprio agio, senza sofferenze e malesseri. La saliva fluisce abbondantemente in bocca e sovente si desidera un cibo specifico.

 

   Alcuni dolori che si possono avvertire sono dovuti alle contrazioni spasmodiche di stomaco e di intestini, provocate dal disordine psichico o emotivo del simpatico addominale che controlla tale regione del corpo umano.

LA FAME NON È:

Il mal di testa

Il dolore addominale

I risentimenti gastrici

La stanchezza

La debolezza

Lo svenimento

La sensazione di vuoto

L’agitazione

 

Non bisogna confondere la sensazione del “sentirsi venir meno” con la debolezza. Nella sensazione della debolezza ci si sente deboli, incapaci di concentrarsi, di prodursi in uno sforzo muscolare. La vera fame non può essere provocata dall’odore, dal gusto o dall’idea di cibo, come sostengono i seguaci dell’istintoterapia. Quando si ha vera fame non si è così difficili nella scelta dei cibi. D’altra parte la vera fame non è stimolata dai condimenti, dalle salse e dal sale o da altri veleni. La saliva riversata sul sale non contiene succhi digestivi, bensì solo acqua per diluire il veleno e renderlo così meno corrosivo sui tessuti. Quando si avverte l’autentica fame, ci si soddisfa con un cibo semplice, non importa quale, senz’alcun condimento né preparazione, allo stato naturale, come fanno gli altri animali. Quando si percepisce la vera fame, generalmente non si ha preferenza per un cibo particolare, che si suppone l’odorato debba rintracciare e scovare: la fame è la migliore delle salse! Al contrario, nella falsa fame si ricerca la voglia e l’appetito; si è difficili, esigenti, si annusano cibi uno dopo l’altro per sceglierne alla fine uno solo.

   Secondo il dott. Claunch, quando una persona ammalata salta un pasto abituale, essa si indebolisce ancor prima di avvertire fame. Mentre quando una persona in buona salute perde un pasto abituale, avverte la fame prima di indebolirsi. L’essere umano ha l’istinto degli animali: quello che gli serve lo cerca, se non altro per il principio di conservazione.

   Qualsiasi cibo semplice può soddisfare la vera fame. Al contrario, nelle falsa fame il soggetto non si soddisfa, che nella scelta capricciosa di un cibo, a seconda del suo odorato e del suo gusto. Ecco il motivo per cui la pratica consistente nell’assaggiare i cibi uno a uno prima di effettuare la propria scelta, tradisce la falsa fame. La fame è un sacro princìpio nella nostra vita, princìpio che bisogna rispettare in ogni circostanza. L’errore più comune e più grave è quello di riempire il proprio stomaco, in quanto è giunta l’ora del pasto o per ordine del medico, o ancora come passatempo sociale per compiacere gli ospiti e i commensali. Quando si mangia senza sentire una richiesta naturale, non si trae vantaggio, o solo in misura ridotta, da quanto si assume. Secondo Shelton «questo modo di mangiare trasforma il corpo in una fabbrica di concimi». La vera fame rappresenta la richiesta naturale del mangiare e segnala che il nutrimento introdotto sarà elaborato dall’organismo. Al contrario, quando si annusano i cibi prima di optare per una scelta ingannatrice, si cerca di stuzzicare l’appetito e solamente una parte di quanto ingerito viene realmente digerito; le feci diventano abbondanti e non si ricava alcun vantaggio da ciò che si mangia.

   Quando s’intende conservare o ristabilire una salute persa, occorre anzitutto rifiutare tutto ciò che non è presente in natura. Tuttavia, non si tratta nemmeno di accettare tutto ciò che proviene dalla natura, dal momento che non tutto ciò che è naturale è necessariamente buono per l’organismo umano. L’uomo non è il solo animale che abita la terra. Bisogna che il naturale abbia un rapporto normale con l’essere umano e si dà il caso che non lo sia sempre. Per esempio, la belladonna è una pianta naturale velenosa per l’uomo, ma perfettamente conveniente ai conigli, i quali possono mangiarne, digerirla e trarne vantaggio.

 

3 commenti

  • Link al commento Stefano Severoni Mercoledì, 18 Aprile 2018 10:08 inviato da Stefano Severoni

    Da quando l'essere umano ha fatto la comparsa sulla terra, l'anatomia e fisiologia comparata non si è modificata. Citare la Treccani non è anacronistico. Semmai potrebbe essere criticabile una citazione da internet. Mentre l'articolo è di mia mano ed è stato pubblicato in UniversoAtletica n. 58, la rivista dell'ASSITAL, Associazione Tecnici Atletica Leggera.

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  • Link al commento Fabio Marri Venerdì, 13 Aprile 2018 19:46 inviato da Fabio Marri

    Preciso che la citazione si riferisce alla definizione da vocabolario, attinta (è vero) da un volume uscito nel 1956, ma ampiamente ricopiato anche oggi. Quanto all'aggiornamento 'medico', che indubbiamente c'è stato, non pare sia stato tale da sconvolgere la definizione. Cito le prime righe di "Fame" dal sito attuale della Treccani (http://www.enciclopediaitaliana.it):
    Fame: Sensazione viscerale stimolata dal bisogno del cibo; è avvertita a distanza varia dal pasto, dapprima nella forma lieve di appetito, poi in quella definita di f., caratterizzata dal desiderio imperioso di cibo, da dolori crampiformi all’epigastrio ( morsi della f.), da debolezza e malesseri generali che possono culminare nel deliquio.
    1. Il meccanismo della fame
    La regolazione del meccanismo della f. viene mediato principalmente da modificazioni del livello di zucchero nel sangue (a una glicemia bassa corrisponde f.) che vengono percepite a livello del sistema nervoso. Almeno due nuclei dell’ipotalamo sembrano implicati nel processo: il nucleo ventromediale, centro della sazietà, la cui asportazione bilaterale provoca iperfagia, e un gruppo di cellule laterali rispetto a questo, che costituiscono il centro della f.: lesioni in quest’area provocano anoressia, mentre una stimolazione elettrica determina iperfagia. La sensazione di f. può essere aumentata o inibita da numerosi fattori, quali livello d’attività, stati emotivi, sostanze chimiche. Deviazioni patologiche della sensazione normale di f. sono la bulimia, l’anoressia e la sitofobia.

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  • Link al commento rinaldo furlan Venerdì, 13 Aprile 2018 11:16 inviato da rinaldo furlan

    Utilizzare una citazione che risale al 1956 perché totalmente coerente con le proprie convinzioni mi sembra scorretto. Le acquisizioni scientifiche successive , pur avendo una visione globale della persona. e della realtà circostante, danno valore alle tesi esposte maniera meno filosofico ma più oggettivo ed impattante

    Rapporto

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