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Ago 02, 2020 Sebastiano Scuderi 2813volte

Le elezioni sono da fare, mancano solo le idee nuove

Master e amatori stradisti pagano ma non contano Master e amatori stradisti pagano ma non contano Roberto Mandelli

Come previsto in base alla Legge Melandri, il rinvio delle elezioni del CONI e delle sue Federazioni non è consentito, dunque la “finestra” da settembre 2020 a novembre 2021 non dovrebbe esistere. D’altra parte ogni Federazione è libera di scegliere quando tenerle, il Nuoto ha già deciso per il prossimo settembre, tutto fa pensare che il 29 novembre ad Ostia ci sarà l’Assemblea elettiva, con mascherina e altre limitazioni legate al COVID 19.

Tra poco, quindi, la campagna elettorale FIDAL dovrebbe prendere vigore, intanto già si sono presentati i tre schieramenti con i relativi programmi: solita “aria fritta” verrebbe da dire leggendo le solite frasi ad effetto che fanno da paravento ad una pochezza e inadeguatezza disarmante. Per non essere come l’Abate Casti all’epoca dell’Impero Asburgico a Milano (“non dirò mai bene…”) ho provato a leggere i tre “proclami”, e per par condicio ne parlo in ordine alfabetico. Per meglio inquadrare i personaggi ho tenuto conto dei relativi curricula, più ponderosi dei loro programmi.

Roberto Fabbricini, romano, 75 anni, da quasi 50 uomo CONI, impiegato in quasi tutti gli sport, dall’Hockey al Calcio, un uomo per tutte le stagioni.

Parla di “scelte coraggiose e competenti” e in effetti è l’unico che pone l’accento sul problema delle Società Militari: “Come spostare 700.000 euro destinati ai militari al gruppo AEC (Club élite) per atleti civili al fine di “favorire la permanenza nella propria società degli Under 20 e 23”?

Iniziativa nobile, resta però il fatto che non affronta il problema dalla base: anche se gli atleti ricevessero un sussidio durante la loro carriera, al termine dovrebbero cercarsi un lavoro, cosa alquanto problematica e vero scoglio finora insuperabile. Bisognerebbe, veramente, rifondare la FIDAL e creare una carriera professionistica per gli atleti, scaricando i vetusti CdS, che danno solo gloria e voti per le assemblee alle società, e inventando un Campionato Italiano di Atletica Leggera, come il Calcio, il Basket, il Volley e il Baseball.

Altro punto personale: Fabbricini è l’unico che tratta del Settore Master, “metà dei tesserati”, anche se la formazione tecnica specifica e l’istruttore Master auspicati non trovano riscontro nella mentalità della categoria.

Per il resto è allineato alle sviolinate generali “contributi agli allenatori, struttura tecnica centrale e regionale dialoganti, contributi alle società”; non è certo in linea con l’incipit  “rinnovata visione dell’atletica italiana.”

Bello anche lo slogan di Stefano Mei “semplice per cambiare, libero per ascoltare”.

Mei, poliziotto spezzino, 57 anni, vive a Forlì, dopo una brillante carriera come atleta, un po’ meno come “politico”: il 6 novembre 2016 nello scontro con Alfio Giomi prese solo 29.408 voti, pari al 38,14 %.

E’ l’unico che presenta un chiaro programma elettorale, tutto proiettato sull’atletica top, sulla trasparenza, sui contributi alle società, l’imparzialità, premi e incentivi ai tecnici; ma infine inciampa con il NO alla Run Card, dimenticando il contratto stipulato dalla Federazione con Infront nel 2018 che scade nel 2024.

Un tentativo di “captatio benevolentiae” verso le società che accusano Runcard di “rubare” i loro atleti.

Già esplicitata la squadra che scenderà in campo: tre del Consiglio uscente: Sabrina Fraccaroli, Alberto Montanari e Ida Nicolini, poi, in ordine alfabetico, Piero Allegretti, Piero Coin, Filippo Di Mulo, Alessio Faustini, Antonio Paone, Maurizio Salvi.

Vincenzo Parrinello, catanese di 62 anni, generale della Finanza, una carriera all’interno dell’apparato, come Fabbricini, dal 1985,  non solo nell’Atletica, d’altra parte è il Presidente  di tutti gli sport delle Fiamme Gialle da vent’ anni, è stato il vice di Giomi nelle ultime due legislature.

Capeggia “Insieme per l’Atletica”, un gruppo di 40 “volonterosi”, riuniti per dare un nuovo impulso all’atletica, ma il programma (ancora non definitivo) non sembra dare grandi idee di cambiamento: “trasparenza, rispetto delle regole, collegialità, meritocrazia” sono voci che abbiamo sentito troppe volte, sarà  importante conoscere la squadra che metterà in campo. Del Consiglio uscente sono presenti Elio De Anna, Gerardo Vaiani Lisi e Oscar Campari: non sono ancora state esplicitate le candidature, ma i nomi più gettonati, oltre ai tre suddetti, sono, in ordine alfabetico, Annarita Balzani, Maurizio Damilano, Roberto De Benedittis, Andrea De Lazzari, Roberto Frinolli, Giacomo Leone, Dino Ponchio  e Clelia Zola.

Un panorama desolante, accoccolato nel Nirvana che da trent’anni avvolge la nostra Atletica, sempre più lontana dai problemi veri che la pandemia ha messo ancor più drammaticamente in luce.

Il blocco dell’attività su strada ha praticamente prosciugato le casse della Federazione, eppure si continua a parlare solo di ripresa dell’attività su pista, che è finanziata proprio dalla strada.

Nei programmi non si parla mai degli organizzatori delle corse su strada, che per metà dovranno probabilmente alzare bandiera bianca e chiudere per sempre, né dei master, quelli effettivi, che rubano il tempo alla famiglia per praticare il loro sport, che non è solo attività fisica, ma anche e soprattutto stile di vita, di relazione con gli altri, di quell’ “avvicinamento sociale” nemico del “distanziamento” attuale; il nostro Ottaviani se n’è andato, purtroppo, ma molti, probabilmente, l’anno prossimo appenderanno le scarpe al chiodo.

Altra “tribù” trascurata, i Giudici, elemento essenziale e imprescindibile dell’Atletica: la maggior parte è “in ferie”, il volontario senza motivazione perde anche la volontà.

Andando alla radice del male, la legge elettorale è il problema dei problemi.

Il sistema basato sulle graduatorie ha generato un’oligarchia, che tende a conservare le proprie posizioni nel proprio interesse, quindi restia a cercare nuove soluzioni e osare sperimentazioni innovative.

Tenendo d’occhio solo il “delta del Po” si arriva a non avere più atleti di livello internazionale avendo quasi prosciugato la sorgente del Monviso.

E’ interessante esaminare come si è svolta la prima assemblea dopo il nuovo Statuto, che non prevede più la presenza dei delegati regionali, ma direttamente delle società.

Delle 2.352 società affiliate con 104.611 voti a disposizione erano presenti  316 dirigenti per un totale di 50.668 voti con 407 deleghe per altri 26.203 voti, totale 76.871.

Come ho già avuto modo di rilevare, il problema dei problemi è il sistema di voto, erano presenti fisicamente 316 su 2.352 società, cioè il 13,5 % con il 48,43 % dei voti, con le deleghe 723, vale a dire il 30,73% con il 73,48% dei voti.

Non parliamo della “farsa” di atleti e tecnici, rispettivamente con 136 e 155 votanti.

Giomi ha esaltato il superamento di quota 200.000 nei tesseramenti: leggendo gli ultimi dati si nota che i  Master con i Runcard, i Fit e nordic walking sono il 55% dei tesserati, i giovani il 31%  e gli “atleti” il 14%: dunque il podismo rappresenta il salvadanaio della Federazione, peccato che non se ne parli assolutamente e si continui a destinare risorse al settore assoluto e alla pista coi risultati sotto gli occhi di tutti.

Solo un candidato indipendente, arrivato, naturalmente, penultimo nelle votazioni, Cesare Manzotti, ha avuto il coraggio di rompere il politicamente corretto ricordando a Giomi e all’assemblea che erano 60 anni che l’atletica non prendeva medaglie ai Giochi olimpici e “ringraziandolo” per il “pizzo” a carico degli organizzatori di maratone e mezze maratone!

E’ questo il problema nemmeno affrontato, alla strada chi ci pensa?

 
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