Il “Governement Response Stringency Index” è uno studio internazionale sulle misure per contenere il Covid-19 che sta facendo molto scalpore. Da tale studio risulta che l’Italia, su un punteggio da 1 a 100, si dimostra il Paese che ha adottato le misure più restrittive, con un preoccupante 94, a soli sei punti dal lockdown assoluto. Eppure registriamo la più alta mortalità per milione di abitanti, la quale ha sfondato la cifra tonda dei mille decessi. Norvegia, Svezia e Finlandia, ad esempio, pur non raggiungendo l’indice di 50 – con un minimo di 28,7 per la Norvegia, toccato in autunno - , registrano assai meno morti di noi, soprattutto nella cosiddetta seconda ondata. Tant’è che Jon Miltimore, che ha commentato lo stesso studio per “Foundation for economic education”, dopo aver sottolineato la migliore performance economica in Europa degli Stati scandinavi in questo anno drammatico, dichiara: “Il virus non sembra preoccuparsi delle politiche che vengono messe in atto: Belgio, Spagna e Italia sono i Paesi più colpiti nella nuova ondata, anche se hanno attuato i lockdown più duri”.
Ora, e qui casca veramente l’asino, se accade che molte delle misure adottate appaiono palesemente insensate, oltre che vessatorie per i diritti civili dei cittadini, ragione impone di sottoporle almeno ad una analisi critica.
Tra queste, a colpire in modo particolare chi svolge la nostra amata attività sportiva, spicca il divieto di uscire dal proprio comune. Divieto che vige stabilmente nelle le zone rosse e arancioni; a Natale e Capodanno nell’intera nazione.
Ebbene, dal momento che in un Paese di circa 8.000 Comuni, alcuni enormi, come quello di Roma, altri talmente minuscoli che in poche centinaia di metri si può sconfinare in quelli limitrofi, è accettabile ciò che è accaduto all’amico del povero Simone Massetti, podista tragicamente morto cadendo da un dirupo, il quale si visto irrogare una sanzione di 400 euro per essere uscito dai confini comunali?
Inoltre: chi ha elaborato questo cervellotico, e verosimilmente incostituzionale, divieto lo ha fatto perché intimamente convinto della sua straordinaria efficacia?
Infine, prendendo spunto dal presunto sconfinamento dell’assessore lombardo Giulio Gallera durante un allenamento di 20 km: pensiamo seriamente che un podista alle prese con un “lungo” debba portarsi dietro una mappa dettagliata del proprio territorio, onde evitare di violare un divieto del genere (contro cui si sono già pronunciati vari presidenti di regione, dal leghista Zaia al piddino Bonaccini)?
Io capisco l’indignazione di coloro i quali, con qualche ragione, ritengono che soprattutto chi si trova ai vertici di una qualunque amministrazione pubblica non possa derogare dalle regole che egli stesso ha contribuito spesso ad adottare. Tuttavia, oltre al fatto che stiamo parlando di norme espresse da un Dpcm, le quali come è noto non hanno forza di legge, personalmente avrei approfittato della ‘scivolata’ di Gallera, se tale è stata, non per l’ennesima caccia al podista-untore che viola il confinamento comunale, ma per mettere in evidenza la kafkiana assurdità di una simile misura.