Maratona d’Havet: brutti ricordi, grandine… e titolo regionale!
23 luglio - Premessa. Alzi la mano chi in gioventù non ha mugugnato e ritenute superflue le raccomandazioni dei genitori? Tutti, io per prima. Passano gli anni, si matura, si diventa genitori, nonni e quelle raccomandazioni riconosciamo che erano giuste.
Venerdì sera a mezzanotte tra il 21 e il 22 è partita la 50 miglia delle Piccole Dolomiti. Uno dei trail più belli e più duri ci siano. Personalmente la tentai due volte ma causa le Creste del Summano da fare con il buio non riuscii mai a finirla. Da anni mi accontento pertanto di fare la Recoaro Marathon. Dura pure questa, ma alla mia portata (penso ancora per poco). La mattina del 22, dopo giorni di temporali e grandinate mai viste in tutta la mia vita, sono partita da Recoaro. Non mi dilungherò nel dire che il gruppo organizzatore, l’Ultrabericus Trail, è a mio avviso il migliore nel panorama dei trail.
Ore 8, Riccardo ci dà il via. Giro della piazza, saluti a Francesca del Bar Divine e inizia la salita verso le Fonti di Santa Giuliana. E no, cavoli, dopo pochi metri mi giro e... sono ultima. Per fortuna Daniela rallenta un poco quindi divento ultima alla pari.
Il percorso lo conosco più della strada che porta a casa mia ma l'eterno incubo dei cancelli non mi abbandona fino al primo cancello situato presso il Rifugio Campogrosso. Mi complimento con me stessa: davano tre ore e lo passo in un’ora e cinquanta minuti. Mi fermo pochi minuti al ristoro, ristoro stile Ultrabericus cioè dove c'è di tutto, e riprendo il cammino. Mi aggancio a tre compagni di viaggio, compagni che mi aiuteranno fino all'arrivo. Bruno che conosco, Daniele alla sua prima maratona e Eliana già compagna alla Durona Trail. E inizia il tratto più duro di questa manifestazione, la salita del Carega. I cartelli mettono tre ore per arrivare al Rifugio Fraccaroli, io spero di riuscire in due ore. E lungo questa salita arriva, come sempre la "maledizione" della Trans d'Havet. YURI! Non è possibile, dico tra me e me. Discussioni politiche a non finire. Lui romagnolo, io padovana. Le nostre urla le hanno sentite pure i trentini. Ma Yuri è giovane e trotterella via.
Finalmente arrivo a Bocchetta Fondi e mi appresto a fare una brutta discesa per risalire poi verso il Fraccaroli. Si alza un nebbione e inizia a far freddo. Secondo controllo. Modestamente, ho impiegato due ore esatte. Purtroppo mi aspetta un’altra discesa e io ho paura. Cammino sulle classiche "uova". Prima di girare verso il sentiero che mi porterà al Rifugio Scalorbi, mi devo fermare un attimo. Ho il terrore delle rampognate di Pollini ma devo uscire di pochi metri dal sentiero. Avviso i miei tre compagni di avventura e faccio breve “tappa”. Il cielo è nero come la pece, lampi e tuoni che si rincorrono. Qua si mette male, dico tra me.
Arrivo al Rifugio Scalorbi e iniziano a cadere i primi goccioloni d'acqua. I volontari invitano tutti ad entrare ma io non mi voglio fermare. A questo punto metto in atto il suggerimento della mia povera mamma: "Gabriella (è il mio secondo nome) rispetta sempre le regole, se ti succede qualcosa la gente ti combinerà con un CAPEO DE MONA". Tradotto, dirà che te la sei cercata. Ma io sciocca non sono, e nello zaino ho tutto il materiale obbligatorio. Indosso giacca antipioggia pesante con il frontino, berretto di lana, guanti in pile, scaldaorecchi ecc. Purtroppo inizia a grandinare, chicchi grossi e in pochi minuti il sentiero sembra un letto bianco. La temperatura è scesa di molti gradi ma io, imbottita da far paura, proseguo. Arrivo a Passo Tre Croci e la perturbazione è passata. Mi raggiungono i tre compagni e piano piano ci avviamo verso le Creste del Falcone. E qua ammetto di meditare un omicidio nei confronti di chi fa il percorso: allora, alla nostra destra c'è una bella mulattiera abbastanza agevole, a sinistra le famigerate creste. Non faccio a tempo a imboccare il sentiero che subito scivolo, il terreno è fangoso. I tre angeli mi aiutano a rialzarmi e subito scivola pure uno dei compagni.
E dopo gran fatica ecco il Rifugio Montefalcone. Quest'anno non mi sono fermata a prendere il caffè perché non volevo arrivare ancora una volta ultima. Sella del Campetto e Marana. Le gambe tremano. La vista del sentiero dove ebbi l'incidente lo scorso anno mi mette ancora un po’ di paura.I tre compagni mi rimangono vicini e la paura passa. Inizia la mulattiera che ci porterà a Malga Rialto, ultimo ristoro superfornito. Quanti amici, Alpini, Cai, Soccorso Alpino. Tutti gentili.
Mancano circa 8 chilometri e inizio a correre. Cavoli, sono i miei sentieri, posso chiudere gli occhi e non avrei problemi. Vedo Valdagno e so quanti metri mancano al traguardo. Volo e arrivo in 9 ore e tre quarti. Non male per una che si avvia verso i settantun anni.
Sorpresa finale. La maratona era valida per il titolo di campione regionale di trail corto. Meraviglia, categorie A B e C. Io vinco il titolo della categoria C.
I ringraziamenti sono più che dovuti. Organizzazione da premio Nobel. Posso abbracciare tutti?
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