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Apr 03, 2018 Alessio Zanelli 3172volte

Lamone: la dura, dolce vita del maratoneta

Alessio Zanelli Alessio Zanelli Foto Marathon Cremona

2 Aprile, Pasquetta. Una giornata usualmente dedicata al relax, alla famiglia, alla classica gita "fuori porta".

C'è però chi non sente ragioni: si corre una maratona, in qualche luogo sperduto, laggiù nel cuore antico della Romagna, festa o non festa, e dunque "si deve" andare.

In pochi si alzeranno alle 7, per una tranquilla corsetta smaltisci-bagordi della Pasqua sugli argini di casa, molti altri se la prenderanno (comprensibilmente) comoda e si sveglieranno alle 9 o giù di lì, altri ancora persino più tardi, giusto in tempo per l'aperitivo del Lunedì dell'Angelo. Ma non i maratoneti, no quelli proprio no... Perché mai sprecare l'occasione per correre l'ennesima maratona?

Guarda caso mi capita d'essere uno di costoro.

Sveglia alle 5, fuori è ancora buio pesto: sciacquata veloce, quel che basta per svegliarsi a dovere, sacra "vestizione" rituale del podista inveterato, colazione "minimalista" (caffettone americano e due biscotti due), partenza alle 5.40, sosta per raccogliere un'amica (Manuela, che ha buoni motivi, al contrario di me, per fare una simile levataccia festiva, in quanto poi andrà a vincere la gara femminile in 3h11'32"... ho detto niente!), e via verso Russi e il fiume Lamone, a oltre 200 km di distanza, dove appunto si corre una delle maratone italiane, per quanto "piccola", di più lunga tradizione (sarà l'edizione n. 42).

La mattina è bella, fresca e soleggiata, finalmente Primavera "vera", e come la gara si svolge alla fine ha ben poca rilevanza. Poco importano il caldo improvviso dell'ultima ora e il mio arrancare nei chilometri finali. Ciò che importa è aver completato e onorato la gara, organizzata con cura da gente che ha esperienza e passione da vendere e merita tutto il mio impegno e rispetto, avere così aggiunto un'altra maratona (la numero 95) alla serie, essermi in qualche modo divertito, nonostante la fatica che ogni volta aumenta di un "cicinino" e l'età di certo non più verde, e aver dato un senso diverso alla giornata. 

Come da sempre ritengo giusto che sia, a ognuno spetta il suo: a chi il rigirarsi nel letto sino a tardi, a chi il beato ozio domestico d'una tranquilla giornata di festa, a chi una rilassante passeggiata nelle vie cittadine, e a chi 42 chilometri e rotti di corsa attraverso la radiosa e sorniona campagna padana, per una volta ancora.

Quel che conta è poter fare ciò che veramente si desidera, e tornare a casa felici di averlo fatto, stanchi morti o ancora pimpanti quanto si vuole, ma comunque soddisfatti e in pace con se stessi.

Io a casa ritrovo una moglie sorridente e pronta a farmi festa e a riempirmi di coccole e baci, come fossi stato via per lunghi mesi di duro lavoro. Ma era "solo" una maratona, una delle tante, a cui ormai è abituata, ma a cui reagisce ogni volta come fosse la prima. Forse anche per questo la vita del maratoneta (almeno la mia), in apparenza abbastanza monotona e alquanto dura, spesso risulta più dolce, appagante e avvincente di quella di chi se ne resta annoiato o apatico a poltrire sul sofà di casa o, tutt'al più, a fare una "vasca" via l'altra nel grazioso ma talora soporifero centro di Cremona.

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