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Apr 23, 2024 Paolo Brambilla 948volte

Padova – La mezza chiusa "in un battito d’ali"

I vincitori ufficiali e i vincitori morali I vincitori ufficiali e i vincitori morali Roberto Mandelli - originali Comitato organizzatore

21 aprile - Dopo ben quattro anni mi sono deciso, indosso nuovamente il pettorale in una gara ufficiale alla mezza maratona di Padova, il numero 7326 stampato sul foglio rettangolare su sfondo giallo non mi dice un gran che e la numerologia non mi aiuta. Scopro con una ricerca sommaria come tale numero sia semplicemente il codice riferito alla produzione Lego di una ventina d’anni fa: il risveglio della Sfinge. 
Mi pare una coincidenza, parlare di segno Divino è un po' eccessivo. Di certo una casualità che ben si presta a segnare il risveglio del Troop dopo un periodo un po' troppo lungo di inattività. Un periodo di stanca ma non per questo meno significativo, anzi. 
Si sa che a voler cercare, scavando scavando, qualche cosa si trova sempre. In realtà quel numero è anche il codice di un ciuccio in gomma naturale per neonati, di un cuscinetto obliquo a sfere e di una sentenza del TAR Lazio riferita ad un problema di ricorso su un accesso negato ad atti amministrativi.

Queste sono solo fantasie, la realtà dei fatti è altro.

Tutto ha inizio con un’iscrizione alla competizione perfezionata mesi e mesi prima in sede della polisportiva. Da subito è diventata la scusa per lanciare sfide azzardate. Nei fatti il mio fiato e le mie gambe erano appena sufficienti per fare pochi chilometri ad un ritmo blando: il puntare a stare sotto le due ore nella mezza regina era un miraggio allora quasi impossibile… appunto, una sfida.

Disinteressato completamente all’organizzazione, delegata ai compagni di avventura, mi ritrovo sabato venti aprile al parcheggio del casello di Trezzo con i compagni.

Siamo divisi in due equipaggi. In sette siamo … come i nani di Biancaneve. Analogamente ai personaggi della fiaba ognuno ha un proprio tratto caratterizzante, tutti diversi in un mix che funziona. Il Giallo, il bianco, il nero, il rosso, il verde … l’alto, il basso, lo snello e il grasso … insomma tutto l’arcobaleno.  Anche i caratteri sono variegati, c’è il riflessivo, il pignolo, il brontolone, il coraggioso, il temerario, l’incosciente. Per tutti una scommessa (vinta) ci accomuna: passare sorridenti l’arco al prato della valle sfilando davanti alla balconata d’onore.

In un baleno ci troviamo nelle gabbie per la partenza. Io dopo una notte passata russando rumorosamente, suonata la tromba del risveglio, sono ad Abano Terme ammassato nel mezzo di una fiumana di corridori di tutti i colori e forme, affiancato dagli amici della Di.Po Atletica. Può sembrare una banalità ma lì nella mischia il sentire l’inno di d’Italia mi ha fatto luccicare gli occhi. Un luccichio che ho rivisto all’arrivo in tutti i miei compagni: Stefano, Samuel, Mario, Francesco, Domenico, Chiri.

Il corridore lo sa che quella linea sotto l’arco di arrivo è semplicemente un punto misurato che dichiara la distanza percorsa nel tempo fissato dal timer. Tante volte, negli allenamenti lo fa per noi il gps che indossiamo. In gara però è diverso e quella linea li, quando la vedi in lontananza sul rettilineo, ti dà una scossa, ti fa accelerare anche se sei scoppiato, e soprattutto ti fa scoppiare il cuore e brillare gli occhi.

Ad Abano, dopo aver bevuto alla fonte della Madonna del Santuario e guardato il cielo per cercare ispirazione o semplicemente pensare a chi da lassù ci protegge, con lo sguardo offuscato dall’età o semplicemente dalla tensione (per non chiamarla emozione) vedo davanti a me i palloncini verdi dei pacer delle due ore e dieci. Molto più avanti ci sono quelli rosso sangue delle due ore: il mio obbiettivo. 
Come deve essere in tutte le avventure il traguardo deve essere sfidante …  non in termini assoluti … per il mio fisico non più asciutto e  anzi notevolmente appesantito, le due ore lo sono. In attesa dello sparo decido che il disquisire sulle diete non fatte ha la stessa efficacia dei rimpianti per gli allenamenti non portati a termine ossia “ il nulla” e quindi non ci penso, andrà come deve andare.

Prima che la gara abbia inizio con lo sparo, in quei minuti di passeggio con i compagni mi rivolgo a loro con onestà. Gli auguro una buona corsa e contemporaneamente li sfido con uno scherzoso pronostico, ossia che da quel momento in poi non avrebbero più visto la mia faccia ma solo il mio posteriore. Mi scuso in anticipo, non sarei stato di compagnia, la gara del ritorno doveva essere una corsa solitaria, un percorso personale per ritrovarsi o meglio per risvegliarsi proprio come la sfinge rimasta per troppo tempo assopita.

La corsa è ben organizzata, nessuna auto a dare fastidio, i ristori con acqua sono precisi e dal quindicesimo ci sono anche i gel presi come una benedizione divina. Sul tragitto purtroppo poca gente, il collegamento tra Abano e Padova è un tratto periferico con dei rettilinei noiosi che sfiancano l’anima e vanno affrontati più con la testa che con le gambe. Qua e là qualche spettatore però c’è, ci sono alcuni gruppi musicali. L’unica stranezza che noto è un musicista in frac che suona un piano nero a coda adagiato sulla goccia spartitraffico di una rotatoria alle porte di Padova.

Non indosso orologi gps, appena possibile inizio a correre cercando di aumentare progressivamente la velocità, vorrei prendere subito i pacer delle due ore ma lo reputo non opportuno, sono lontani centinaia di metri, il ritmo delle due ore sulla mezza è per me già fin troppo ambizioso. Seguo una ragazzina molto carina con due belle trecce che sta tenendo un ritmo gara più veloce di chi sta intorno, supera allunga il braccio destro come i Vigili Urbani mostrando una mano curata con unghie smaltate perfettamente di rosa.

Al quinto chilometro prendo i pacer delle due ore, la gara è lunga, tengo a bada la presunzione di poter spaccare tutto, decido di stare con loro fino al quindicesimo e così faccio, poi vado avanti a sensazione.

Cerco di tenere la frequenza del passo, mi iniziano a superare in molti, ma non i palloncini, e quindi mi rilasso. I chilometri scorrono troppo lentamente, la doppia numerazione con la maratona mi confonde, entrando in centro a poco meno di due km dall’arrivo tiro fuori il telefono per la foto, un palloncino rosso mi supera e incominciano a darmi qualche metro, fino a una decina.

Siamo uomini o caporali? Passata la chiesa di Sant’Antonio penso agli allunghi malamente fatti durante gli allenamenti su via della Santa con gli amici delle diciotto per provare ad allenare il cambio di ritmo. Accelero, le gambe seguono il cervello, non era scontato, li raggiungo e mi metto alle spalle dei tre pacer. Vedo che si chiamano e rallentano per passare sotto l’arco insieme, rubo alcuni scatti sfruttando la posizione,  guardo il timer, “kattso” segna già il 59, spingo per le ultime falcate, supero l’arco, mi giro e lo guardo nuovamente, gli faccio una foto, mi viene da ridere … un'ora cinquantanove minuti e cinquantasette secondi … obbiettivo centrato per un nonnulla, tre secondi, un battito d’ali di farfalla.

Un nonnulla che ti cambia la prospettiva, una piccolezza che può modificare le condizioni del nuovo inizio, piccole cose che possono creare grandi cambiamenti … mi ricordo nuovamente la teoria del caos. Non so se questo sarà stimolo per mettermi veramente a dieta e correre con più metodo. Non mi interessa, per ora mi godo il momento e continuo a correre … chissà, forse, un domani, di nuovo maratona. Ora per tutti e per me, guardandomi, so che è una cosa impossibile da realizzare … ma poi può arrivare uno sprovveduto con poca memoria che non lo sa (o si è dimenticato) che è impossibile e la fa di nuovo come già fatto in passato.

Al ritorno a casa sono accolto come un campione, sul tavolo trovo una maglietta con stampato il risultato e sul retro un estratto della canzone di Vecchioni con Alfa cantata a Sanremo, per me molto significativa nel quale mi riconosco “corro perché mi fa stare bene” .

Gli occhi nuovamente luccicano di felicità perché mi suona nella mente tutto  l’ultimo ritornello della canzone a cui mia moglie Carla “La Santa” ha tratta la frase … C’è chi corre perchè scappa, c’è chi corre perché insegue, Io corro perché solo quello mi fa stare bene. Salgo su questo palco per giocare con la vita, più basso è il punto di partenza e piu alta è la salita, ma spero che il panorama valga tutta sta fatica. Non so cos’è l’amore ma a volte lo percepisco, in un tramonto, uno sguardo. Se mi guardo intorno penso che sono fortunato, non so chi ha creato il mondo ma so che era innamorato …

Vado a letto sereno, non fermate le vostre ali, perché alla fine vola solo chi ha il coraggio di osare e non ha paura di cadere ma il coraggio di rialzarsi e ripartire.

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