Le prime cinque tappe del Sicily Ultra Tour 2021
4 settembre - Prima tappa da Gela a Marina di Ragusa di 55,2 km.
Pioviggina mentre siamo schierati sotto lo striscione di partenza della seconda edizione del Sicily Ultra Tour, nato dalla passione del gelese Antonio Tallarita, trapiantato a Reggio Emilia. “Piove una sola volta l’anno a Gela, e doveva farlo proprio oggi!”, si sente esclamare. Sono certamente lacrime di commozione che scendono dal cielo per un evento unico in Italia. I 15 concorrenti, tra cui il tedesco Hans Lachman, si accingono a percorrere l’intero periplo dell’isola in 14 tappe per un totale di circa 784 km.
La partenza non viene data da un luogo qualsiasi, ma da capo Soprano, dove sorgono i resti delle mura timoleontee, uno dei tanti siti archeologici di Gela, città dalla nobile storia, fondata nel VII sec. a. C. dai coloni di Rodi e Creta.
Attraversiamo il centro storico ancora dormiente, passiamo davanti alla Chiesa Madre e dilaghiamo nell’area archeologica di Molino a Vento, aperta esclusivamente per noi podisti, dove giungiamo compatti. Antonio Tallarita è stato perentorio: “Il Sicily Ultra Tour è soprattutto un viaggio culturale che vuole indagare l’anima vera dell’isola, non è esibizione muscolare”.
La pioggia continua a cadere, ma giunge gradita sulle braccia nude. Ci inoltriamo in strade dell’entroterra con ai bordi tamerici, finocchi selvatici e canneti.
Il mare appare in tutto il suo splendore a Scoglitti, quando da un pezzo ha smesso di piovere. Un tempo importante porto di pesca, attualmente si è convertito in splendido rifugio di imbarcazioni da diporto. Alte sono le dune, ma su tutte domina l’altura ove sorge Camarina, e per qualche chilometro ci troviamo nel bel mezzo del Parco archeologico di questa colonia fondata dai Corinzi.
La Sicilia non è solo storia passata, è anche attualità. A Punta Secca passiamo in rassegna i luoghi resi celebri dal commissario Montalbano: il faro, il ristorante, l’abitazione e la spiaggia, nonché il busto del pacioso Camilleri. Foto a non finire, un buon gelato, e via di gran galoppo lungo la marina, tutta sole e vita, alla ricerca del Parco archeologico di Caucana, ove riceviamo il benvenuto dai responsabili del sito.
Non finisce mai la pista ciclabile che orla il litorale di Marina di Ragusa. Sono luoghi amati da Salvatore Quasimodo, e una statua lo celebra riportando i versi della sua poesia più famosa: “Ognuno sta solo sul cuore della terra …ed è subito sera”. Finalmente raggiungiamo il porto turistico in cui dondolano imbarcazioni milionarie, e la prima tappa viene archiviata.
Si dorme a Scicli in una magione baronale degna del sito UNESCO.
5 settembre – Seconda tappa da Marina di Ragusa a Marzamemi di 62,3 km.
Siamo in sei alla partenza. Sapevo che sarebbe stato il giorno più duro perché, in una gara a tappe, è la seconda la più difficile, non l’ultima, come generalmente si crede. E’ dal terzo giorno in poi che l’organismo comincia ad adattarsi alla fatica, inonda il torrente circolatorio d’endorfine e la rende più sopportabile.
Di primo mattino fa già caldo, attutito dalla brezza marina. L’Africa non è lontana e se ne percepisce il profumo.
Ci allontaniamo dalla costa, pur rimanendo il mare sotto il nostro sguardo. La campagna è diventata una interminabile successione di serre. All’interno di esse si realizza “l’effetto serra” dando origine a temperature sui 50°C che favoriscono la maturazione precoce di prodotti esportati in tutto il mondo. L’occhio resta atterrito, ma l’economia prospera.
Serre, sempre bianche serre lungo tutto il percorso! Il termometro segna 36°C e ho l’impressione di trovarmi in una di esse per una lenta cottura. Rimpiango la pioggia che ho maledetto il primo giorno, e sotto un cielo terso stupidamente la invoco.
Nei pressi di Pozzallo smetto di correre. Quando cammino divento il più lento, il più noioso e il più intrattabile del mondo. A Pachino sono stracotto, e Antonio Tallarita pazientemente mi aiuta a superare il momento difficile.
Impiego circa dieci ore per raggiungere l’agognato traguardo, buon ultimo. Gli altri concorrenti non sono giunti in condizioni meno disastrose delle mie. La doccia e la cena, nell’agriturismo dove trascorreremo la notte, mi fanno dimenticare le pene patite. Angela e io siamo gli unici ad accettare l’invito di passare la serata a Marzamemi, un borgo di pescatori diventato, negli ultimi anni, attrattiva internazionale, grazie alla ristrutturazione della tonnara.
6 settembre – Terza tappa da Noto a Siracusa di 43,2 km.
Siamo in sei alla partenza, che viene data non da Marzamemi, come da programma, ma da Noto, dove il tardo barocco raggiunge vette altissime.
Il cielo è coperto, c’è aria di pioggia, che non tarda a venire giù dopo i primi chilometri. Leggera all’inizio, diventa sempre più forte fino a diventare violenta con il concorso del vento. Va bene così! Non rimpiango il sole di ieri. Se proprio devo morire, preferisco di broncopolmonite, non di colpo di calore.
Le vere difficoltà arrivano dalle strade allagate, che diventano prima fiumi e poi laghi da guadare.
Velocemente superiamo Avola e gli altri paesi che si affacciano sullo Ionio, e si giunge a una decina di chilometri da Siracusa. A questo punto una pattuglia di polizia municipale ci prende in consegna e ci scorta fino al traguardo, situato all’ingresso del Parco monumentale della Neapoli. Nel frattempo ha smesso di piovere, e possiamo scorrazzare nell’Anfiteatro romano, nella latomia del Paradiso e nella grotta dei Cordari.
7 settembre – Quarta tappa da Aci Castello a Taormina di 45,7 km.
Il cielo non promette nulla di buono. E’ più nero delle pietre laviche che caratterizzano il territorio.
Il via viene dato ai piedi del castello che sorge sulla grande rupe vulcanica e dà il nome al paese. La costa è disseminata di faraglioni, “scogli dei Ciclopi”, grandi massi aguzzi che la leggenda vuole scagliati da Polifemo contro Ulisse. Non è suggestivo solo il paesaggio, anche gli insediamenti umani, ricchi di tradizioni e arte, sono fittissimi lungo il litorale, immersi in giardini di agrumi. Sono sette quelli che hanno il prefisso “Aci”, il pastorello innamorato della ninfa Galatea: il più piccolo è Aci Trezza, dove Giovanni Verga ha ambientato la vicenda de “I Malavoglia”, il più grande Acireale, per dipendere direttamente dalla corona di Spagna.
A Giarre perdiamo di vista il mare, per rivederlo a Riposto, 24° km, scortati dalla polizia municipale fino alla piazza principale del paese per ricevere l’omaggio dell’assessore allo sport.
All’improvviso si alza il vento, nuvoloni neri coprono l’Etna, nascondono Taormina e scoppia un temporale che ci accompagna fino all’arrivo. A Giardini Naxos ci prende in custodia la polizia municipale che ci guida fino all’ingresso del Museo archeologico, dove ad attenderci c’è l’assessore alla cultura per consegnarci una medaglia. Qui termina la tappa e la pioggia.
Ceniamo e pernottiamo in un hotel a quattro stelle situato su un’altura della costa, che offre un panorama sul mare calmo, mentre il sole tramonta.
8 settembre – Quinta tappa da Taormina a Messina di 49,3 km.
Si parte dal mare ai piedi di Taormina. Siamo in sette per essersi aggiunto da ieri l’indiano Pandian.
Nel cielo non c’è una nuvola, la temperatura gradevole, il vento mite. Attraversiamo una serie di piccoli paesi affacciati sul mare, che si susseguono come le perle di una collana. Spettacolari sono gli squarci panoramici sul mare immenso che, in vista della Calabria, si restringe fino a diventare uno “stretto”. Una polizia municipale ci prende, un’altra ci lascia, come in una staffetta, più efficiente di quella che ci ha permesso di vincere la 100 m a Tokio. Tutte le strade principali di Nizza di Sicilia e di Alì Terme sono chiuse al traffico. Al nostro passaggio, scocca qualche applauso, ci scattano foto e risuona qualche “bravi!”.
A 20 km dal traguardo, all’ingresso nell’area metropolitana di Messina, veniamo affidati a una pattuglia. Sotto la loro protezione attraversiamo quadrivi e piazze, per noi sempre a semaforo verde, fino al davanti del Duomo di Messina.
Alla partenza della sesta tappa di domani si presenteranno soltanto in quattro: Antonio Tallarita, Giuseppe Merenda, Hans Lachman e Alessandro Pioli. Messina è la porta d’entrata nell’isola, per me e Angela è quella di uscita, come da programma.
A fine gara, indirizzo il navigatore alla volta della Puglia. Ci attendono le chiare, fresche acque di “Le cale d’Otranto” per ridare vigore alle stanche membra.
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