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Set 17, 2021 Giovanni Baldini 2892volte

28^ Jungfrau Marathon tutta nuova: un decollo con perfetto atterraggio

L'arrivo spostato più in alto, all'Eigergletscher L'arrivo spostato più in alto, all'Eigergletscher Giovanni Baldini

11 settembre - La Jungfrau Marathon, a mio modesto parere, rimane sempre la numero uno. E’ l’unica maratona che desidero ripetere fino a quando le mie forze lo consentiranno, avendo cioè  sulle gambe una forza propulsiva atta a sfidare la forza di gravità per salire duemila metri  e passa, e tagliare il traguardo dei 42 km e 195 metri, quest’anno posto sotto la parete nord dell’Eiger. In termini semplicistici, il versante nord del monte  Eiger, per l’alpinismo,  può essere paragonabile a quello che nel campo automobilistico rappresenta la Ferrari. Ma la corsa è intitolata al monte  Jungfrau, la stella indiscussa, che puoi vedere bene  con tutto il suo candore anche da Interlaken:  a cui si affianca, con l’Eiger, l’altro superbo  quattromila del Monch in una triade di eccezionale bellezza. Per essere sintetico mi permetto di coniare l’acronimo di E.M.J.
Si può certamente parlare di decollo quest’anno perché, a seguito della sospensione dell’edizione 2020 per l’arcinota emergenza, la partenza e i servizi connessi sono stati trasferiti all’aeroporto  di Interlaken  che si trova vicino all’abitato di Wilderswill; ciò invece dell’usuale partenza sull’ Höheweg (il corso dell’elegante cittadina dell’Oberland bernese) che costeggia il pratone (Höhematte)  dove è stata installata la ruota panoramica come quella del Prater di Vienna.
Ed è proprio dalla pista che sono “decollati” i 2229  maschietti  e  le 680 femminucce classificati, in direzione della stazione ferroviaria dell’Eigergletscher sulla Jungfraubahn a quota m. 2320, ripartiti  equamente in   otto blocchi, con partenze scaglionate di trenta minuti a partire dalle ore 7,15 fino alle ore 10,45 di una radiosa giornata di sabato 11 settembre 2021.
Da notare la contrazione dei partecipanti (generalmente superiore alle quattromila unità) vista l’assenza di atleti extra-europei. Il criterio di assegnazione era stabilito in base alle passate prestazioni cronometriche, e a me era stato assegnato il primo turno, cioè quello “elite”. Pur lusingato, per non incorrere in una figura barbina, realisticamente ho pensato bene di cambiarlo con uno di coda in quanto per i primi 26 chilometri devi avere un comportamento  stradaiolo che ho un po' perso, pur difendendomi ancora abbastanza bene nelle erte.
Infatti al quindicesimo km, a Zweilütschinen, dove si uniscono le acque dei due impetuosi fiumi glaciali delle Lütschinen bianca e nera,  il mio ritmo ha avuto un crollo. Insomma il tempo massimo di sei ore e trenta è decisamente stretto per chi ha intenzione di affrontare la gara come un trail, considerando che nelle classiche pianeggianti maratone cittadine sovente è concesso un tempo limite di otto ore, perciò qui devi correre senza trastullarti più di tanto.
L’organizzazione, impeccabile come sempre, ha anteposto la sicurezza. Mascherine e gel erano disponibili a iosa. Chi non era in possesso del certificato di vaccinazione,  poteva sottoporsi il sabato precedente dalle ore 14,00 alle ore 20,00 , al dannato/benedetto test, al costo di 20 chf. Queste erano le condizioni per accedere al campo di volo e ritirare il pettorale (che si poteva ritirare solo il giorno della gara) e i controlli sono stati rigorosi.
Il centro maratona, però era stato trasferito a Grindelwald al terminal dell’avveniristica cabinovia Eiger Express: ma su questo argomento tornerò in seguito. Altre varianti importanti: eliminato l’originale giro di cinque km di Interlaken, sulle suggestive note di Conquest of Paradise di Vangelis (prologo invero poi copiato dall’UTMB di Chamonix), la corsa si è sviluppata su un altro anello della stessa distanza lungo la riva sud dell’amenissimo  lago color turchese  di Brienz,  in direzione di Iseltwald, per  ricollegarsi poi al percorso originale in prossimità di Gsteigwiler. Ciò ha comportato il superamento di due discreti strappi di salita. Tuttavia, queste partenze scaglionate hanno avuto l’effetto positivo di portare una certa relazione d’intimità col paesaggio e poter godere in tranquillità degli immensi scenari di beatitudine.
Insomma:  non più affollamenti che causavano ingorghi negli ultimi tre km di sentiero alpino,  niente bagni di folla, ed  orchestrine (tra cui quelle originali degli amici della casseruola), campanacci e Alphorn. Concesso solo il suono delle cornamuse sulla morena del ghiacciaio dell’Eiger.
Per essere coerente con la proverbiale precisione elvetica,  segnalo l’accesso alla Promenade di Lauterbrunner per una scalinata, e il flusso dell’acqua della Staubbach (la vertiginosa cascata che discende da Mürren) è risultato leggermente inferiore rispetto a quello del 2019.  Le gigantesche  falesie della  Lauterbrunnental sono famose per gli sport estremi come il base jumping  (e,  purtroppo,  capita  che qualcuno ci lasci le penne).
Quando transitavo vicino alla Trümmelbachfälle (l’ennesima meraviglia naturalistica costituita da una serie di cascate delle acque di fusione  che discendono dall’E.M.J.) avvertivo fragori che erano il segnale dell’apertura dei paracadute di due temerari giovani; e provavo per loro grande ammirazione.
Rimanendo coi piedi a terra e con un’andatura di lumaca, arrivavo ad affrontare il tiraccio chiamato the wall (il muro) al suono del notissimo  motivo dei Pink Floyd Another brick in the wall,  per salire alla sciccosa  Wengen, famosa per la discesa libera di coppa del mondo di sci del Lauberhorn. Da qui i cartelli delle progressive kilometriche con tanto di coordinate geografiche, sono collocati ogni duecentocinquanta metri. Con le gambe inchiodate, salire il sentiero è risultato un Calvario anche per via di una fastidiosa nausea. A Wengen i patimenti cessavano e le gambe iniziavano a girare a dovere.

Costeggiando in parte la pista della discesa libera e della ferrovia a cremagliera della Wengernalp,  si arriva al cospetto delle Tre Stelle delle Alpi  e le emozioni che si provano le lascio immaginare. Poi, per l’atterraggio (visto che si è partiti da una pista di aeroporto), invece di puntare in discesa in direzione del  valico di Kleine Scheidegg,  ovvero il tracciato classico, per raggiungere l’ambita meta si è avuto il supplemento di salita abbastanza feroce di circa 130 m. d+ in cui riuscivo pure a correre.  Non è esagerato aggiungere una quindicina di minuti in più rispetto al tempo impiegato nel  percorso originale,  ma questo è un dettaglio irrilevante e l’organizzazione, mossa a compassione, ha giustamente classificato atleti giunti al traguardo dell‘Eigergletscher ben oltre le sei ore e trenta.
Dopo il fine gara, cioè alla consegna della medaglia e della t-shirt finisher, e il brindisi di birra analcolica, è mia consuetudine scendere a valle percorrendo l’Eiger trail. Ma degli ammassi nuvolosi si addensavano sulla famigerata parete nord dell’Eiger e, non essendo attrezzato per la pioggia, optavo per raggiungere Grindelwald utilizzando l’avveniristica cabinovia Eiger Express inaugurata il dicembre scorso,  in grado di  trasportare 2200 persone l’ora. Vidi anni fa il plastico del progetto molto discusso, data l’esistenza della ferrovia a cremagliera della Wengeralp e la funivia per Männlichen, ma l’opera e stata decisamente voluta dalla maggioranza  dei Grindelwalder;  e non credevo  che   fosse realizzata in tempi record, con un costo di poco inferiore al  mezzo miliardo di chf  (tutto a carico della società privata che gestisce la ferrovia della Jungfrau).
Nel 2019 avevo notato la fase dei completamento dei piloni. La costruzione è abbastanza impattante, tuttavia è una meraviglia della tecnica pur somigliando a un immenso stenditoio. Le cabinovie panoramiche con sistema di sbrinamento, ospitano 25 persone su poltrone riscaldate con visioni  mozzafiato della parete nord dell’ Eiger  e della Lutschinental,   in quindici minuti compiono i cinque km e mezzo di tragitto che il treno  percorre in quarantacinque minuti. I terminal, ultra tecnologici perfettamente integrati col paesaggio (e in questo gli svizzeri sono maestri) sono paragonabili a quelli aeroportuali. In quello a valle di Grindelwald/Grund era ubicato il Marathon Village,  e il deposito  bagagli nel parcheggio coperto, indi un dedicato camminamento ti conduce alla fermata della  ferrovia della Berner Oberland Bahn per ritornare a Interlaken.  
Devo dire pure che l’abbondante piatto di pasta al ragù compreso nel prezzo d’iscrizione non è stato così male.
Ci sarà, nel signorile comprensorio,  l’assalto dei barbari come si teme? Dubito fortemente. I prezzi non sono affatto popolari, qui si predilige un turismo di qualità e facoltoso, considerando che un caffè espresso non lo paghi meno di tre euro e mezzo e il cambio euro/chf e quasi alla pari. Non oso consultare il sito web per sapere quanto costa  uno skypass. Tuttavia, domenica mattina, invece di salire gratis sull’Harder Kulm sulle Prealpi bernesi sopra Interlaken, mi sono concesso la passeggiata sulle pittoresche  rive dell’Aare frequentate  in passato da Goethe, Byron e Mendelssohn. Poi, approfittando del biglietto gratis a/r compreso nel costo d’iscrizione del treno delle ferrovie federali svizzere, ho raggiunto l’aeroporto di Zurigo via Lucerna utilizzando il treno panoramico dell’Interlaken Express immerso in uno scenario fiabesco. Tre giorni di soggiorno in Svizzera per correre la Jungfrau Marathon spero in futuro ancora di permettermeli.
Infine non dimentico, per quanto mi riguarda,  la protagonista assoluta: la Jungfrau/Vergine Maria  … Mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae.   Amen.

 

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