Una maratona con santa Barbara
Rieti, 4 gennaio - Il campanile della chiesa di santa Barbara in Agro, 33 metri di altezza, scandisce la maratona. Sincronizzarsi in qualche modo con i rintocchi orari aiuta a percepire se stessi nello spazio rurale e nel tempo che scorre. E la mia diciassettesima maratona. Sono a Rieti nella seconda tappa della Befana Marathon Tour, una delle tante serie di maratone messe in piedi dall’infaticabile Felice Petroni. Per il 2022 si è messo in testa di organizzare cento maratone e ci riuscirà!
Una dozzina gli atleti alla partenza in una mattinata di inizio anno dall’insolita temperatura mite. Da queste parti la neve arriva presto, ma oggi la si vede solamente sulle cime, a occhio e croce sopra i 1500 metri di altitudine. Giro di 3,5km quest’oggi (tutto pianeggiante) da ripetere 12 volte, più un prologo di 500 metri per coprire con precisione la distanza maratona. I giri di pochi chilometri rischiano di essere monotoni, ma a me sembra che nella ripetizione ci sia qualcosa di sapiente. Il giro aiuta anche a frazionare lo sforzo. Dipende da ciascuno, ma io personalmente non soffro molto questo tipo di percorsi. I perimetri mi sembra che facilitino anche le relazioni interpersonali e in manifestazioni con numero minimo di partecipanti è cosa apprezzabile. Qualche minuto prima della partenza un podista, originario di queste parti e che lavora a Torino, si avvicina per chiedermi cosa succede. Ogni tanto, quando si trova in ferie e si allena nei dintorni, vede gruppi di maratoneti che con tanto di pettorale solcano le strade della campagna reatina. Gli spiego di cosa si tratta e lo introduco alla filosofia dei “maratoneti seriali” dove, per dirla in sintesi, la quantità conta più della qualità (spero non si offenda nessuno leggendo), dove si corre senza l’ossessione del cronometro per la pura gioia di correre.
In gara oggi c’è un forte atleta (che concluderà in 2ore e 52 minuti). Viaggia regolare con un piccolo calo solamente negli ultimi chilometri. E’ contento, ma con una discreta tensione agonistica, come è forse giusto che sia. Ci salutiamo ad ogni doppiaggio: il mio ritmo è decisamente tranquillo. Come sempre la maratona per me è un percorso. Non solo il giorno della gara, ma le settimane che lo precedono, gli allenamenti corsi nella maggior parte dei casi da solo e in un numero imprecisato di località a causa degli spostamenti che caratterizzano da sempre la mia vita itinerante. Nel percorso di preparazione per questa maratona ho corso un discreto numero di chilometri in Repubblica democratica del Congo tra fine novembre e inizio dicembre! Penso al campo in sabbia della periferia di Kinshasa, ai ragazzi che lì si allenano sognando l’Europa, ai chilometri inanellati, alla risposta che ho ricevuto quando ho chiesto se le ragazze giocano a pallone e fanno sport in Congo. “Le donne stanno a casa”, mi dicono. “Qualcuna pratica sport il sabato mattina”. Anche oggi le signore in gara sono solo due, una delle quali sulla distanza maratona.
Barbara, patrona di Rieti, significa ‘straniera’. E io mi sono sempre sentito tale. Uno di passaggio, non sempre collocabile. Leggero (anche se il mio ‘passo maratona’ comincia ad appesantirsi), un po’ imprevedibile. Anche oggi, in questa prima maratona del 2022, ho la consapevolezza di essere ospite e cerco di filare lieve. Le munizioni con cui fare fuoco (la “Santa Barbara”) si riducono e lasciano il posto alle belle esperienze.
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