Cinque Mulini studentesca: primi con la nostra “San Carlo“ di Inverigo!
San Vittore Olona, 14 gennaio - Dal lontano 1933 questo è il teatro all’aperto della Cinque Mulini, la campestre (o cross che dir si voglia) più famosa e antica al mondo. Tutti i più grandi atleti sono passati giocoforza da qui, da Cova a Bordin, da Panetta a Baldini all’ultimo Yeman Crippa, per citare solo qualche campione italiano, tralasciando kenyani e etiopi che da tempo dominano la scena internazionale.
Se la domenica si sfidano nel fango i professionisti, da 28 anni al sabato tocca alle scuole essere protagoniste; i ragazzi dagli 11 ai 19 anni (scuole medie e superiori) hanno la possibilità di cimentarsi in una vera gara, con tanto di pettorale, di classifica, di pacco gara e di premiazioni, correndo sullo stesso percorso dei grandi (ovviamente ridotto) e assaggiando la fatica di un vero cross.
Ho scoperto questa gara sei anni fa e da allora, con la pausa obbligata dal Covid, ho sempre portato qui i miei alunni a correre; i primi due anni eravamo un piccolo gruppo, pochi ragazzi sparuti e infreddoliti, ma poi la voce è girata, l’entusiasmo è cresciuto e ci siamo ritrovati in 60-70 persone: non importa che il ritrovo fosse al sabato mattina presto (la scuola al sabato è chiusa), che fossimo distanti circa 45 minuti e che la temperatura fosse, in certi casi, abbondantemente sotto lo zero. Quest’anno temevo che la ripartenza post-covid fosse più difficile, visto che gli ultimi che avevano corso alla 5 Mulini hanno ormai finito le medie; e invece, al netto di qualche defezione dell’ultim’ora, eccoci in 53 ai nastri di partenza.
Arriviamo a San Vittore ma ci accorgiamo che la partenza e l’arrivo non sono più allo stadio del cross, ma poco più in là nella zona del Vallo, vicina ai mulini Meraviglia e Cozzi; quando giungiamo sul posto stanno per iniziare le gare delle superiori; il numero è ridotto rispetto alle medie ma la velocità è alta e i ragazzi sono agguerritissimi.
Sbrigo la pratica del ritiro e della distribuzione dei pettorali e mi avvio con i ragazzi a fare il primo riscaldamento. Terminata la fatica dei più grandi parte la prova dei ragazzi diversamente abili, sempre bravissimi, e a seguire l’attesissima gara dei professori. Insieme a tanti insegnanti di Educazione Fisica (o Motoria, bravo chi capisce come si chiama ufficialmente la nostra materia), tra i quali ci sono anche io, partecipa pure un preside e qualche professore di altre discipline.
Se nelle edizioni precedenti potevo contare su un’ottima forma, frutto di tante gare e allenamenti su ogni distanza e terreno, ora che da un bel pezzo sono quasi fermo le certezze non sono più quelle di un tempo. I ragazzi della mia scuola sanno delle mie vittorie alla gara studentesca, tanti di loro conoscono anche la passione che nutro per la corsa e sono al corrente delle soddisfazioni che mi ero tolto gareggiando, ma racconto sempre loro che prima o poi troverò un professore più giovane o semplicemente più forte di me che mi batterà. Oggi però, con la maglietta regalatami dagli alunni con la scritta “Super prof. Colombo“ e con il tifo sfrenato che gli stessi mi fanno a bordo campo, mi diventa difficile poter deludere le attese; parto dietro a un collega, che corre forte e mi darà del filo da torcere, ma dopo la prima rampa effettuo il sorpasso e a poco a poco prendo qualche metro di vantaggio che mantengo fino al traguardo. Il percorso è uguale per tutti, un chilometro misto di salite e discese, tra prato e fango, molto vario e divertente ma anche decisamente duro; non è stato facile oggi tenere un ritmo così alto.
Aspetto gli altri insegnanti per complimentarmi con tutti, nel solito clima festoso che contraddistingue la nostra gara e devo addirittura rilasciare una breve intervista a una rete locale che trasmette in diretta l'intera manifestazione; poi resto in zona traguardo per potermi gustare partenze (da lontano) e arrivo dei miei ragazzi, per restituire tifo e incitamenti a tutti quelli che concludono la loro fatica. Rispetto agli anni passati bisogna dire che il tracciato è anche più bello, ma in zona arrivo manca la cornice del pubblico, parte fondamentale di ogni gara.
La mia scuola (San Carlo di Inverigo) ottiene grandi piazzamenti: vinciamo la gara della prima media maschile con Lorenzo e quella di seconda femminile con Caterina, ci piazziamo sul podio anche con Carlotta e Carola tra le prime, e con Mattia tra le seconde.
Dopo le gare di terza non resta che attendere la classifica finale degli istituti. Veniamo da due vittorie consecutive nelle nostre ultime partecipazioni ma oggi non sono convinto che il detto “Non c’è due senza tre“ si avveri; altre scuole del circondario sono andate forte e hanno ottenuto sicuramente molti punti. I miei ragazzi non sono ancora ripartiti per tornare a casa, sono ancora tutti al di là delle transenne ad aspettare il verdetto; ho promesso loro che in caso di vittoria li avrei chiamati sul palco a festeggiare. E così è: di soli sei punti superiamo la Bonvesin della Riva di Legnano, sei miseri punticini, merito dell’appporto di tutti, di chi ha vinto, di chi si è classificato tra i primi ma anche di chi è arrivato dietro, senza mollare un centimetro, sprintando magari anche nel finale per guadagnare una posizione.
Salgo sul palco con gli altri insegnanti e il sindaco di San Vittore mi consegna la coppa del primo posto; poi chiamo tutti i ragazzi della mia scuola che invadono il campo e corrono ad alzare il trofeo. E mentre intonano cori per il sottoscritto, il simpatico e preparato speaker mi fa forse il complimento più bello: vedere dei ragazzi così appassionati ed entusiasti è fantastico e vuol dire che il loro professore sta svolgendo un buon lavoro.
Ed è proprio così: l’essere riuscito a portare tanti ragazzi a fare fatica (perchè correre implica fatica), riuscire a motivarli e ad appassionarli, vedere un gruppo così unito e gioioso è per me il regalo più grande, al di là di vittorie e piazzamenti ed è quello che mi spinge ogni giorno a svolgere con entusiasmo il mio ruolo di insegnante ed educatore e mi fa venire già voglia di tornare qui tra un anno per riprovarci ancora.
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