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Apr 08, 2025
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Recensione Hoka Bondi 9, una scarpa per tanti ... piedi

8 aprile 2025. Oggi è, o dovrebbe essere, più facile di ieri scegliere le scarpe, l’offerta è davvero ampia, ma proprio per questo un podista, magari alle prime armi, potrebbe faticare un po’ di più a trovare il prodotto giusto per le proprie esigenze.

Allora inquadriamo subito queste Bondi 9: vanno davvero bene per la maggior parte dei podisti, semplicemente perchè appartengono alla categoria cosiddetta “massimo ammortizzamento”, quella che è, o dovrebbe essere, la preferita da chi non ha problemi di appoggio (magari causa eccessiva pronazione). Una volta si sarebbe definita categoria “A3”, in realtà si tratta di una classificazione ormai superata, grazie ai diversi materiali utilizzati rispetto a tempo addietro.

Il drop, quindi lo “sbalzo”, la differente altezza tra tallone e avampiede è di 5 mm, se vogliamo un po’ ridotto, ma ancora nei limiti, magari richiede un minimo di adattamento se si è sempre corso con scarpe aventi drop particolarmente elevati (10-12 mm). Si ricorda che le due situazioni contrapposte comportano svantaggi e svantaggi; con un drop elevato si lavora molto più di tallone, la corsa può risultare più confortevole, caviglia e polpacci “lavorano” meno, e questo può essere il limite. Al contrario, un drop basso, o addirittura zero, favorisce una corsa più naturale, un appoggio più avanzato ed un maggior coinvolgimento del piede e dei polpacci. Proviamo a dire che per chi comincia o non corre molto sono meglio le scarpe con drop alto, però è una buona idea nel tempo, attraverso il giusto adattamento, passare a “sbalzi” più contenuti. Questo discorso vale per chi corre in piano, perchè in salita tendenzialmente è meglio utilizzare scarpe più alte posteriormente, perchè il gesto tecnico quando si sale prevede già una sollecitazione importante di tendini e polpacci.

Tornando alle nostre Bondi 9 il produttore ci racconta questo:

Le Bondi 9 sono caratterizzate da una nuova intersuola in schiuma EVA applicata tramite un processo innovativo, che offre una corsa morbida e ammortizzata, divenuta sinonimo di Bondi. La schiuma è più leggera, più resistente e più dinamica, e conferisce una maggiore resistenza e comfort. Inoltre l'intersuola presenta geometrie rinnovate e un Active Foot Frame™ concentrato sul retropiede per migliorare il supporto e il controllo. Infine, 2 mm di altezza dello stack in più e un MetaRocker™ fluido garantiscono una corsa morbida e ammortizzata.

La tomaia strutturata in tessuto con traspirabilità variabile secondo le zone crea una sensazione più confortevole, mentre il nuovo collarino sagomato 3D offre una sensazione ancora più morbida e una calzata più comoda. La suola della Bondi 9 è rifinita in Durabrasion Rubber per proteggere le zone ad alta usura, assicurando trazione, passo dopo passo”.

Ci ho corso “dentro” per circa 150 km e posso confermare che il confort è elevato, si sono adattate subito e bene ai miei piedi, e i miei piedi a loro. Un passaggio importante: peso 72 chili e corro con le Bondi 9 ad un ritmo di 5’/km, per un totale di 30-40 km/settimana, prevalentemente in piano, anche perché a Milano e dintorni il massimo del dislivello che puoi trovare è rappresentato dai cavalcavia; ho un appoggio sostanzialmente neutro, una leggera pronazione, accentuata anche dai ritmi lenti a cui corro, che però non vale la pena correggere.

Le Bondi 9, ammortizzano o sono reattive? Sento spesso parlare di scarpe ammortizzanti/protettive e di scarpe reattive/performanti, ma anche di miracolose scarpe che ti proteggono e ti fanno anche andare forte. Non esistono! Una scarpa che protegge è ovviamente più strutturata e pesante, un’altra con la quale gareggiare e fare allenamenti veloci è più leggera e meno protettiva, ovviamente. Ecco quindi che i brand più importanti per gli amatori (che rappresentano il 90% del mercato) sono sempre alla ricerca di una soluzione che rappresenti il miglior compromesso possibile. Per non andare in confusione e sbagliare nelle scelte, oltre ad avere ben chiaro quanto scritto sopra, una buona soluzione è quella di alternare due paia di scarpe, secondo il tipo di allenamento o gara che si deve fare. A mio avviso nelle Bondi 9 il compromesso è ben riuscito, ottima scarpa da allenamento ma anche per distanze, come mezze e maratone, a condizioni di non avere problemi di appoggio e di non pesare troppo (diciamo 80 chili e oltre). Invece è ragionevole pensare che chi corre a ritmi veloci, diciamo vicino ai 3’/km sui 10 k e 3’30/km sulla mezza, possa trovare meno soddisfazione, salvo che per le classiche uscite lente/rigeneranti, ma credo non siano questi ultimi il principale target di Hokaper le Bondi 9.

Una divagazione sulla durata delle scarpe che, ebbene si, durano meno di una volta (e costano di più). Quando si devono cambiare? Difficile rispondere in modo preciso, di certo per le tipologie massimo ammortizzamento e stabili (le “vecchie” categorie A3 e A4) almeno 500-600 chilometri si dovrebbero fare (quelle intermedie e in genere più leggere, categorie A1 e A2, durano di meno).

Però le variabili sono tante, riassumo le principali.

La superfice su cui corriamo, l’asfalto consuma battistrada e stressa l’intersuola più rapidamente; il ritmo a cui corriamo, più è lento e più la scarpa tenderà ad usurarsi maggiormente; se il nostro appoggio non è omogeneo; se calziamo le scarpe sbagliate; se siamo un po’ pesanti…

Però non guardiamo solamente il battistrada, potrebbe anche avere un consumo omogeneo (determinato da appoggi neutri) anche dopo 7-800 chilometri, invece l’intersuola potrebbe aver perso gran parte della sua capacità di ammortizzare. Infine, “sentitevi”; nel corso degli anni chi corre avrà una sensibilità sempre maggiore e facilmente si accorgerà da solo quando è il momento di cambiare scarpe.

Le scarpe oggi durano di meno e pesano anche di meno, la (grande) differenza la fanno i materiali utilizzati, quella bella sensazione di confort, morbidità, probabilmente si paga anche in termini di durata.

Quanto dureranno le mie Bondi 9? Ve lo racconto più avanti.

 

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