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Mar 01, 2021 2851volte

Avanti pianissimo: e se per “fare di più” servisse uno Sputnik?

Lo Sputnik proteggerà le corse? Lo Sputnik proteggerà le corse? Roberto Mandelli

Nei tempi normali, le domeniche pomeriggio e sera per la nostra redazione (e sicuramente per tutte le redazioni sportive) erano ore spasmodiche: si trattava di inserire cronache, classifiche, fotografie, e c’era da scegliere, tra gli eventi del giorno, quelli più meritevoli di apparire in evidenza. Si faceva regolarmente l’una.
Oggi, ultimo giorno di febbraio 2021, quando la primavera è ormai nell’aria, e si comincia a correre in maniche corte e senza calzemaglie o ‘ciclistini’, è tanto se abbiamo da parlare di un record nella mezza maratona e di un altro in una lontana 42 giapponese: che si dividono l’evidenza con la lista delle corse annullate, gli auspicii per gare di giugno od oltre, e i riflessi di gare disputate una settimana fa.

C’è un amico che si occupa di calendari podistici e tutti i giorni mi messaggia con “ormai rinuncia alle corse, mettiti il cuore in pace – annullata questa – morta quest’altra – tutto in zona rossa - pandemia”. Crepi l’astrologo, però la situazione di oggi è così, e i titoli di prima pagina dei giornali si colorano di tinte da far invidia alle parrucchiere di Lilly Gruber e di Giovanna Botteri: “Avanza l’arancione scuro”, “La Romagna si tinge di scuro”. E serve poco fare dell’ironia sulla simbologia semaforica complicata dalle indecisioni e dalle ipocrisie dei governanti e amministratori: così è, se vi pare.
Poco vale se il professor Francesco Landi, primario di riabilitazione geriatrica al Gemelli di Roma, e particolarmente impegnato nel reparto dei contagiati da Covid, asserisce: “Non sono negazionista, conosco bene il Covid” (nb: l’accusa di “negazionismo” è l’arma più comoda per rifiutare il confronto con idee meno semplicistiche e grossolane del “chiudere tutto”; come se la scienza e le conoscenze non andassero avanti solo “negando” i pregiudizi vigenti), “ma dico che la pratica sportiva è essenziale per la salute e si può svolgerla senza rischi. Piscine e palestre sono un luogo di cura: la gente deve poter andare a ‘curarsi’”.

Qualche segnale di ripensamenti sta tuttavia nascendo tra chi dirige l’Unione Europea: dopo i grossolani errori di calcolo, da principio sui modi per arginare la pandemia, poi sui mezzi per combatterla (leggi vaccini, avallati a volte troppo presto a volte troppo tardi, e prenotati o pretesi con faciloneria come se bastasse un Dpcm per fabbricarli), si fa strada non solo tra pochi Stati, ma ai vertici comunitari, l’idea del ‘passaporto sanitario’, o come lo si chiama adesso,  “certificato digitale” (la parola “digitale” è magica, tutti le si inginocchiano davanti) “per aprire corsie preferenziali nei viaggi”, non solo ai vaccinati ma anche, ovviamente, a chi è guarito dalla malattia, e pure a chi abbia test negativo.
La cosa dovrebbe aprire spiragli di sicurezza e fattibilità anche per lo sport amatoriale, non solo quello disputato in stile-kermesse per pochi privilegiati cui far conseguire minimi olimpici o aggiornare gli albi d’oro, ma lo sport di tutti noi: quei “noi” la cui voglia di correre manda esauriti i numeri chiusi delle poche gare rimaste in programma (la mezza di San Benedetto, abolita 36 ore prima dello svolgimento, aveva chiuso le iscrizioni da una settimana: l’ultramaratona del Chianti, prevista fra tre settimane, ha già raggiunto la cifra massima di iscritti ed ha una lista d’attesa come i voli per la Sardegna a Ferragosto).

Un altro segnale più concreto ci viene da “fuori Italia”: “Poveri voi italiani, al ritmo d’Europa”, virgoletta un titolo del “Corriere della Sera” di questa stessa domenica 28, che nella prima riga del titolo chiarisce: “San Marino, tutti pazzi per lo Sputnik”. Mentre da noi si inauguravano le primule e i capannoni ad alto valore architettonico, ma i frigoriferi degli ospedali restavano semivuoti, nella vicina Repubblica (che, non dimentichiamo, fu la prima ad organizzare una maratona, disputatasi senza conseguenze sanitarie giusto cinque mesi fa) “ristoranti e caffè sono ancora aperti” (continuiamo a leggere il Corrierone): si conta di immunizzare in poche settimane 22mila residenti (con esclusione di chi è già guarito e dei giovanissimi) e qualche transfrontaliero lavoratore della sanità. Delle dosi necessarie, 7500 saranno del russo Sputnik, prontamente omologato; le altre saranno di Moderna e Pfizer (a proposito di Pfizer, ricordo i reciproci auguri che durante la maratona di San Marino facevamo con due atlete che allegramente correvano con la maglietta Pfizer).
L’articolo cita una sola volta anche AstraZeneca, ma solo per un paragone con lo Sputnik che (secondo un intervistato) sarebbe “più efficace”, e già impiegato con successo anche all’ombra del Titano. “Perché dovremmo farci problemi? – dicono quasi tutti” (prosegue l’articolo). Tralascio il “sarcasmo nei confronti dei dirimpettai”, cioè di noi italiani, attaccati ai si-dice sul prossimo Dpcm e sugli attuali Rt o indici di positività, e sui plateau dopo i picchi; e il rimando a Israele o Gran Bretagna che, non essendo euro-dipendenti, stanno vaccinando tutti a ritmi per noi impensabili.

In campo politico ci sono almeno due frasi storiche citabili: Vegna Franza vegna Spagna, purché se magna; o più nobilmente, non importa se il gatto è bianco o nero: basta che acchiappi i topi. Scusate se, nella settimana che vorrebbe stordirci di solo Sanremo, ci vengono in mente le parole di una canzone che vinse a Sanremo nel 1987, interpretata da tre cantanti-sportivi come Morandi, Tozzi e Ruggeri che allo sport si ispirarono:

Se la tua corsa finisse qui - Forse sarebbe meglio così - Ma se afferri un'idea - Che ti apre una via - E la tieni con te o ne segui la scia - Risalendo vedrai quanti cadono giù - E per loro tu puoi fare di più.

In questa barca persa nel blu - Noi siamo solo dei marinai - Tutti sommersi, non solo tu - Nelle bufere dei nostri guai…

Si può dare di più perché è dentro di noi - Si può osare di più senza essere eroi - Come fare non so, non lo sai neanche tu - Ma di certo si può dare di più.

 
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