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3 luglio 2023. Ci risiamo, ancora doping, e stavolta il nome è importante, il detentore del quinto tempo mondiale in maratona. Si tratta del keniano Titus Ekiru, diventato noto grazie al notevole 2h02'57 ottenuto alla maratona di Milano nel 2021, ma prima ancora aveva già vinto l'edizione 2019 della stessa gara.

Ricordiamo che nel 2021 si era trattato di una Milano Marathon "anomala", una versione particolare causa le restrizioni imposte dal covid; si era corso nei dintorni del Castello Sforzesco, un circuito cittadino di 7,5 km. 

Si viene a sapere adesso che già in questa occasione il controllo antidoping aveva evidenziato la positività al "triamcinolone acetonide"; positività confermata per altra sostanza proibita (stavolta petidina) dopo la maratona di Abu Dhabi (novembre 2021). In entrambe le circostanze pare che l'atleta sia riuscito a dimostrare che l'assunzione di tali sostanze fosse dovuta per trattamenti medici.

Ora però l'agenzia di controllo AIU (Athletics Integrity Unit), dopo aver sospeso l'atleta in via cautelare nel giugno 2022, ha rifiutato le spiegazioni fornite e aperto formalmente la procedura per approfondire la situazione. Tra le varie motivazioni, come già annunciato in altre occasioni dalla stessa agenzia, vi è quella che i trattamenti medici (veri o presunti) sono spesso orientati a coprire l'utilizzo di sostanze dopanti.

Nel caso venga provato l'utilizzo di sostanze proibite Titus Ekiru rischia fino a 10 anni di squalifica.

Ora, se verrà confermato quanto sopra, è legittimo quanto inevitabile ritenere che la prestazione conseguita alla Milano Marathon del 2021 (record della manifestazione e maratona più veloce mai corsa in Italia) sia stata ottenuta in condizioni non regolamentari.

 

 

 

 

 

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Mercoledì, 17 Maggio 2023 14:21

Doping: avanti un altro, Rhonex Kipruto

17 maggio 2023. Altro atleta, ancora keniano, che finisce nella rete, e stavolta si tratta di un pezzo da novanta. Rhonex Kipruto.

E' il primatista mondiale sui 10 chilometri, Valencia 2020 (nella foto), ma ha anche 57'49 nella mezza maratona, tempi che fanno di lui uno dei più forti atleti di sempre. Ora, inevitabile dubitare sulla qualità di questi risultati. L'intervento di sospensione è stato deciso dalla "AIU", Athletics Integrity Unit, l'agenzia che gestisce i casi di doping nell'atletica leggera.

La sospensione è provvisoria, in attesa della procedura prevista in questi casi, ed è motivata da valori anomali riscontrati nel suo passaporto biologico; come è noto, quantomeno agli addetti ai lavori, tale passaporto tiene traccia dei valori nel tempo, a prescindere dal fatto che non vengano riscontrate positività in occasioni di controlli.

Se venisse confermata l'accusa, sarebbe un'altra mazzata, l'ennesima, su Athletics Kenya, che ha visto diversi atleti colpiti negli ultimi tempi.

 

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In questi giorni si è molto parlato di Alessandro Braconi, runner da 1h19 in maratonina, ma anche massaggiatore che trafficava in ormoni e steroidi, a cui è stata comminata una squalifica fino al 2058. Lui trentaseienne dovrà aspettarne altrettanti prima di tornare su una pista di atletica o ai nastri di partenza di una gara. Vista la cifra record, la notizia è stata ripresa anche da molti importanti quotidiani generalisti. Per rendere breve una storia piuttosto lunga, diciamo solo che Braconi aveva già patteggiato nel 2020 una squalifica di 12 anni che è stata successivamente triplicata.

Come ha fatto a cadere nuovamente in errore? Molto semplice, ha gareggiato nel 2021 e 2022. Ma in quali gare? Non competitive? Qualche tapasciata a premio? Manifestazioni organizzate da Enti di Promozione Sportiva non al corrente delle sanzioni inflitte dalla Federazione? No, no, in gare FIDAL… 

Gare FIDAL?!? Come è possibile? Ci racconta tutto Maurizio Forella, Presidente dell’AVIS Marathon Verbania. Sul profilo ufficiale facebook della società, il massimo dirigente della società per cui Braconi è stato tesserato dal 2017 al 2019, precisa che i fatti relativi alla prima squalifica risalgono al 2016 e che venuti a conoscenza della sanzione comminata nel 2020, hanno immediatamente preso le distanze e radiato l’atleta, non permettendogli il rinnovo del tesseramento.

OK, ma allora chi ha tesserato “lo squalificato" consentendogli di correre liberamente? Molto semplice, spiega Forella, è stata la FIDAL stessa che ha accettato di tesserarlo con la Runcard nel 2021 e 2022. Eh si, la famosa Runcard, quello strumento con cui la FIDAL fa concorrenza (a voi trovare un aggettivo appropriato) alle società, offrendo un tesseramento a dei prezzi che conti alla mano le società non possono fare, visti gli obblighi in termini di affiliazioni e spese varie che sono obbligatorie se si vuole tenere aperta l’attività.

Insomma, oltre all’offerta speciale che taglia l’erba sotto i piedi a chi lavora tutti i giorni per fare crescere il movimento, oggi scopriamo che la Runcard è anche una specie di Legione Straniera del running italico che copia quel corpo d’oltremare francese dove era possibile arruolarsi con un'identità fittizia e senza dover rispondere a troppe domande sul proprio passato. Con buona pace degli strumenti informatici che sono a disposizione nell’anno di grazia 2023 e che consentirebbero un banale controllo incrociato. Ai confini della realtà.

Rodolfo Lollini - Redazione Podisti.net

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Mercoledì, 04 Gennaio 2023 23:51

Doping in Kenya: sarà un’altra Russia?

5 gennaio 2023. Ricorrono con sempre maggiore e preoccupante frequenza i casi di doping che coinvolgono atleti keniani, ma forse è l’intero continente africano a trovarsi nel mirino. Talvolta si tratta di “missed test”, ovvero di atleti più volte irreperibili in occasione dei controlli, che spesso avvengono fuori dalle gare; altre volte invece è stata proprio accertata la presenza di prodotti dopanti (testosterone, eritropoietina, etc.) quando i test sono avvenuti nel contesto di manifestazioni.

I nomi degli atleti keniani? Tanti, ne citiamo solo alcuni: Marius Kipserem, Philemon Kacheran, Justus Kimutai, Alex Korio. Questi in qualche modo fecero ancora più notizia perché si trattava delle “lepri” che aiutarono Kipchoge nell’impresa di correre la maratona sotto le due ore.  E poi Mark Kangogo, Lawrence Cherono. Anche in campo femminile, è notizia recente la squalifica di Diana Chemtai Kypiokei, Purity Cherotich Rionoripo (LEGGERE QUI) e Betty Wilson Kempus.

Stiamo parlando di atleti di alto livello, uomini che hanno corso la mezza maratona ben sotto i 60 minuti e/o la maratona sotto le 2h05’, vincitori delle più importanti gare a livello internazionale (Boston, Praga, Chicago, Parigi).

In totale, da inizio 2022, sono venti quelli sanzionati con lunghe squalifiche, fino a 6 anni. Un fenomeno che quindi non è più isolato ed ha attivato l’attenzione di World Athletics, la federazione mondiale di atletica leggera. Il presidente, Sebastian Coe, in una intervista avrebbe ricevuto rassicurazione dal governo keniano che per combattere la piaga investirà 25 milioni di dollari, per aumentare test e controlli. Speriamo davvero che ciò avvenga.

Siamo di fronte ad un potenziale caso Russia (bandita dalle manifestazioni per quattro anni, poi ridotti a due), quindi doping di stato che porterebbe all’esclusione del Kenya? Personalmente non lo credo, doping di stato in Kenya mi pare improbabile, non fosse altro per questioni organizzative. Di certo il problema è grosso, e il sospetto che i numeri potrebbero crescere ancora c’è tutto.

Ma come è possibile un numero così elevato di atleti importanti, quasi sempre assistiti da manager di alto livello? Per come la vedo io, sgombro subito il campo da possibili illazioni di connivenza, non fosse altro per questioni di interesse; gli atleti sono un patrimonio da accudire con molta attenzione, un atleta élite che si perde per strada (per doping ma non solo) costituisce un danno economico non indifferente. Se in fondo non è difficile trovare buoni atleti in Africa, molto più complicato è trovare e gestire i fuoriclasse, donne da 2h15/16 in maratona, o uomini che nella mezza corrono sotto i 58/59 minuti. Poi, è ovviamente una questione di immagine, un danno tutt’altro che irrilevante per la reputazione.

Il problema non è di facile soluzione, ci vorrebbe certamente un forte e sostanziale intervento di Athletics Kenya (attualmente è il paese che presenta più casi), condizioni contrattuali più decise da parte dei manager (ma queste mi risultano già esserci, in buona misura); purtroppo i controlli sono complicati in Kenya, non so nemmeno se esistono laboratori dedicati in Kenya, perché è chiaro che non si tratta di semplici esami del sangue e delle urine.

Poi c’è un altro fatto che complica notevolmente le cose, il cosiddetto  “whereabouts” (sostanzialmente la reperibilità che devono dare gli atleti). A parte le distanze (enormi in Kenya), c’è un problema culturale, la conoscenza della lingua è limitata e immagino sia complicato seguire le procedure, in particolare per gli atleti seguiti marginalmente dai manager, o non seguiti affatto. Certo che si può semplificare tutto sostenendo che se vuoi fare l’atleta devi metterti nelle condizioni di farlo, però … non è così semplice.

Infine, ma a mio avviso è la cosa che forse preoccupa di più in assoluto, è la facilità con cui in Kenya si trovano  prodotti specificamente dopanti, perché non si tratta di cortisone, per riuscire comunque a correre o sostenere allenamenti impegnativi: sono prodotti esclusivamente finalizzati al miglioramento delle prestazioni. Pare ci sia un vero e proprio business, un commercio anche su larga scala, e quando ci sono di mezzo i soldi, tanti soldi, le cose diventano molto più complicate.

P.S. la (mia) foto mostra la fase di una corsa ad Eldoret (Kenya), probabilmente la gara di corsa campestre più famosa in tutto il Kenya. La categoria è quella che corrisponde alla nostra ragazzi/allievi. Da notare che diversi di loro corrono a piedi scalzi. L'auspicio è che da "grandi" prendano la strada giusta. 

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Mercoledì, 20 Ottobre 2021 20:19

Doping: Marco Bergo squalificato per un anno

L’atleta Marco Bergo, classe 1989, tesserato per la Podistica Valle Infernotto, è stato squalificato per un anno per essere risultato positivo alla  sostanza Clostebol Metabolita, a seguito del controllo disposto da Nado Italia al termine del  “Tour Monviso Trail 2021”, disputato a Pontechianale il 24 luglio 2021, dove si era classificato terzo.

Questo la sentenza pubblicata sul sito di Nado Italia:

La Procura Nazionale Antidoping, decidendo nel procedimento disciplinare a carico del sig. Marco Bergo (tesserato FIDAL), afferma la responsabilità del predetto per la violazione degli articoli 2.1 e 2.2 CSA (ex artt. 2.1 and 2.2 Codice WADA 2021) e gli applica, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 11.2.2 e 11.6.2 CSA, la squalifica di 1 anno. Fissa la decorrenza della squalifica al 07.09.2021 e la scadenza della stessa al 06.09.2022. Dispone inoltre l’annullamento del risultato sportivo conseguito al termine della competizione “Tour Monviso Trail 2021” svoltasi in data 24 luglio 2021 a Pontechianale, ai sensi dell’art. 10 CSA (ex art. 9 Codice WADA 2021).

Per maggior chiarezza, segnaliamo che il clostebol è uno steroide anabolizzante. È il 4-cloro derivato del testosterone, che venne utilizzato dagli atleti della Germania Est. Chimicamente del tutto simile al testosterone,  varia solo per la presenza di un atomo di cloroPuò essere utilizzato sotto forma di crema per uso topico (ad esempio il Trofodermin), per la rigenerazione del tessuto cutaneo. Fungendo infatti da anabolizzante, favorisce la stimolazione della produzione di molecole complesse quali lipidi e proteine. Viene utilizzato per la cura di abrasioni, ulcere cutanee e ragadi per favorirne la cicatrizzazione sfruttandone l'effetto anabolizzante. Già diversi atleti italiani sono incappati negli ultimi anni in questo tipo di "infortunio", giustificandosi in genere con la comune disponibilità in farmacia di questo medicinale. Fu per esempio il caso del calciatore Fabio Lucioni, all'epoca in forza del Benevento, ora del Lecce, lui pure squalificato per un anno nel 2017 con una sentenza sospesa, poi di nuovo applicata ma in misura ridotta.

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Giovedì, 30 Settembre 2021 17:13

Chi dopava Salazar? Fuori i nomi!

Lo scorso 16 settembre a Losanna (CH) il TAS, Tribunale Arbitrale dello Sport, ha confermato le squalifiche per 4 anni comminate nel 2019 al medico ed endocrinologo, il dottor Jeffrey Brown, e ad Alberto Salazar, ex maratoneta e da tempo tra gli allenatori più conosciuti al mondo. Prima della squalifica era capo del famoso Nike Oregon Project che raccoglieva diversi atleti di altissimo livello.

Senza entrare troppo nei tecnicismi, diciamo pure che la coppia in questione si dava parecchio da fare in quanto il collegio giudicante ha deliberato e stabilito che il Dr. Jeffrey Brown aveva commesso le seguenti violazioni delle regole ai sensi del Codice dell'Agenzia mondiale antidoping del 2009 (WADC):

  • Complicità (Art. 2.8) nel possesso di Testosterone da parte di Alberto Salazar;
  • Traffico (art. 2.7) di testosterone ad Alberto Salazar;
  • Amministrazione (Art. 2.8) di un Metodo Vietato;
  • Manomissione (Art. 2.5) del Processo di Controllo Antidoping.

Mentre Alberto Salazar aveva commesso le seguenti violazioni:

  • Possesso (Art. 2.6) di testosterone;
  • Complicità (Art. 2.8) nell'amministrazione di un metodo proibito del Dr. Jeffrey Brown;
  • Manomissione (Art. 2.5) del Processo di Controllo Antidoping in relazione al problema della L-carnitina infusi/siringhe.

Insomma i due detenevano e trafficavano in doping ed inoltre cercavano di trovare i metodi giusti per eludere i controlli.

Sono stati presi e puniti: bene, bravi, penserete voi. Si, è vero, ma c’è un problemino. A due anni dal primo provvedimento non c’è nessuna squalifica per degli atleti. Come già scrissi nel 2019, Salazar allenava la crème de la crème: “A partire dal quattro volte campione olimpico, il britannico Mo Farah, per passare ai top maratoneti USA Galen Rupp e Kara Goucher, fino a Sifan Hassan, l’olandese fresca campionessa mondiale a Doha sui 10000 metri”. Tutti salvi ed immacolati. Questa è una presa in giro. Brown e Salazar puntavano forse al Nobel per la medicina con i loro studi? Chi dopavano? Fuori i nomi!

Rodolfo Lollini – Redazione Podisti.net

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L'AIU, l’Agenzia mondiale antidoping, ha sospeso il maratoneta 37enne El Hassan El-Abbassi del Bahrain, in seguito alla positività per emotrasfusione omologa, catalogata come Prohibited Method, ovvero come manipolazione del sangue. Il controllo antidoping è avvenuto l’8 agosto (cioè in occasione della maratona di Sapporo), con risultato riportato il 15 agosto dal laboratorio WADA di Tokyo.    

L’atleta, marocchino fino al 2013, è stato comprimario nella maratona olimpica di Sapporo, classificandosi 25° in 2h15:56.

El Abbassi aveva vinto l'oro nei 10.000 metri ai Giochi asiatici del 2014 a Incheon (28:11.20), in Corea del Sud,  e una medaglia d'argento nella maratona nel 2018 a Giakarta (2h18:22), in Indonesia. Nel 2018 ha stabilito il record asiatico di maratona in 2h04:43 a Valencia e nel 2019 era giunto settimo ai campionati mondiali di Doha (2h11:14).

NdR. Per un salutare ripasso, riportiamo da https://www.my-personaltrainer.it/autoemotrasfusione.html buona parte di un illuminante articolo su questa pratica, inventata in casa nostra (e proibita solo dal 1985). Per saperne di più, si può vedere anche https://www.antidoping.ch/it/prevenzione/formazione/mobile-lesson/m1-manipolazione-del-sangue

Prima dell'avvento dell'eritropoietina (EPO), la tecnica dell'autoemotrasfusione era piuttosto diffusa nel mondo dello sportTramite questo procedimento era possibile incrementare il numero di globuli rossi, assicurando una maggiore disponibilità di ossigeno ai muscoli. Grazie a tale proprietà l'autoemotrasfusione era in grado di innalzare significativamente il livello prestativo dell'atleta.o su presupposti fisiologici simili a quelli dell'EPO, delle tende ipo-ossigenate e degli allenamenti in altura.
L'autoemotrasfusione rientra nel cosiddetto "doping ematico o emodoping", che comprende diverse tecniche dopanti. Nel mondo dello sport viene considerata pratica illecita, in quanto unicamente tesa ad aumentare artificiosamente la prestazione sportiva. 

Il doping ematico omologo si basa sull'utilizzo di sangue proveniente da un'altra persona (donatore), proprio come avviene tradizionalmente negli ospedali.
La seconda tecnica è rappresentata dal cosiddetto doping ematico autologo (autoemotrasfusione). Circa un mese prima della gara dallo stesso soggetto vengono estratti in media 700-900 ml di sangue, che vengono poi conservati a +4°C e rimessi in circolo uno o due giorni prima dell'impegno agonistico. In seguito alla trasfusione si verifica un repentino miglioramento della capacità aerobica e della prestazione nelle prove di resistenza (ciclismo, maratona, nuoto di durata, trhiatlon, sci nordico ecc.), garantito da un aumento della massa eritrocitaria fino al 15-20%. L'autoemotrasfusione non apporta invece benefici significativi agli atleti impegnati in discipline anaerobiche (sollevamento pesi, gare di salto e di sprint, lancio del peso ecc). In alternativa alla refrigerazione, che impone un periodo di conservazione massimo di 35-42 giorni, il sangue prelevato dall'atleta può essere congelato a -65°C in glicerolo, quindi conservato anche per 10 anni con apparecchiature idonee. Ciò permette di evitare un prelievo troppo vicino al momento della gara, periodo in cui l'atleta è impegnato in allenamenti che verrebbero compromessi dal calo prestativo associato al prelievo. In pratica, l'atleta ha oggi la possibilità di predepositare il proprio sangue anche anni prima della gara.

La tecnica dell'autoemotrasfusione viene utilizzata anche nella pratica medica, per esempio in preparazione di interventi chirurgici importanti.
Nata a Ferrara nella prima metà degli anni 80, l'autoemotrasfusione causa un aumento pressoché immediato della massa eritrocitaria (entro 48 ore dalla reinoculazione si assiste ad un incremento medio dell'emoglobina plasmatica dall'otto fino al 15%). Dopo la trasfusione, l'atleta riesce così ad incrementare la propria prestazione dal 5 al 10%. 
In seguito al prelievo iniziale l'organismo impiega invece circa 6 settimane per riportare i livelli di emoglobina nella norma.
Rispetto a tale metodica l'autoemotrasfusione neutralizza inoltre il rischio di contagio (AIDSepatiti ecc.) ed evita  reazioni da sangue non compatibile.
L'autoemotrasfusione non è tuttavia priva di effetti collaterali: innanzitutto l'atleta accusa una diminuita performance in allenamento nei giorni successivi al prelievo ed il rischio che si formino coaguli di sangue dopo la reinoculazione (infartoemboliaictus) non è trascurabile. 
Inoltre l'autoemotrasfusione introduce nell'organismo importanti quantitativi di ferro, con il rischio che questi vadano a compromettere la funzionalità degli organi di deposito (fegatomilzapancreas e reni), già provati dall'intensa attività fisica.

In questi ultimi anni la pratica dell'autoemotrasfusione è tornata in voga, dopo essere stata messa in pensione dalla scoperta dell'eritropoietina ricombinante e di sostanze affini. Il vantaggio di questa metodica dopante consisteva nella mancanza di test antidoping in grado di individuare l'atleta che ne ha fatto ricorso. Sebbene l'autoemotrasfusione abbia un'efficacia inferiore rispetto all'eritropoietina, è stata proprio la mancanza di test in grado di individuarla a decretarne il recente successo. In caso di doping ematico autologo, invece, nel sangue dell'atleta si possono individuare facilmente antigeni minori dei globuli rossi del donatore, e decretare così la positività e la conseguente squalifica.

Sebbene siano stati sviluppati test antidoping potenzialmente in grado di rilevare l'autoemotrasfusione, la lotta più semplice ed efficace a questo fenomeno, ed al doping ematico in generale, deriva dal monitoraggio periodico ed obbligatorio dei livelli di emoglobina, ematocrito, globuli rossi e reticolociti nel sangue dell'atleta (passaporto biologico). Differenze significative di questi valori tra una misurazione e l'altra (ad es. >13-16% per l'emoglobina) non possono essere dovute ad una variazione fisiologica, e sono pertanto spia di pratiche dopanti o di malattie in atto. Sulla base di questi dati un atleta, anche in assenza di tracce di prodotti dopanti all'esame antidoping, può comunque essere considerato positivo quando emergono variazioni significative dei suoi parametri ematologici rispetto allo storico riportato nel suo passaporto biologico. In caso di valori sospetti, ma non sufficienti dal punto di vista statistico a decretare con presumibile certezza la positività, l'atleta viene sottoposto a specifici controlli antidoping e ad un monitoraggio più stretto.

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Ancora un keniano sanzionato per doping dall’AIU, l’Atletics Integrity Unit - Agenzia Mondiale antidoping: James Kibet è stato squalificato per quattro anni per positività al nandrolone (uno steroide anabolizzante) riscontrata nelle urine dell’atleta al termine della Corsa dei Santi, Roma 1° novembre 2019 (Kibet concluse in terza posizione in 29:56).

James Kibet, nato in Kenya il 10/11/1988, ad ottobre del 2019 vincitore della mezza di Torino in 1h03:56 (primato personale), con un record sui 5000 di 13:11.88 a Berlino nel 2017, gareggia spesso in Italia cogliendo successi in serie, tra cui anche quello al Meeting XXV aprile di Milano in 28:23.21 (sui 10mila, sempre nel 2019).  

Kibet ha ammesso la sua positività, ma durante il processo ha affermato che la sostanza potrebbe essere entrata nel suo corpo attraverso uno sciroppo di grasso di maiale, producendo anche un video dove un allevatore di suini confessava di nutrire gli animali con “integratori” chimici.
Ma l’AIU non ha accettato la giustificazione, ribadendo che è “dovere personale dell’atleta fare in modo di evitare che nessuna sostanza proibita” entri nel corpo.

Kibet allunga quindi l’elenco di atleti keniani dopati e squalificati, fra i quali ricordiamo il campione olimpico dei 1.500 metri del 2008 Asbel Kiprop, l’ex vincitrice della maratona di Boston e Chicago Rita Jeptoo, e la campionessa olimpica di maratona 2016 Jemima Sumgong.

 
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30 Dicembre - Aveva vinto la Maratona di casa, quella D'Annunziana, a Pescara, lo scorso 18 ottobre.

Nino Di Francesco, classe 1978, tesserato per la Runners Pescara, la società organizzatrice dell’evento, aveva letteralmente dominato tagliando il traguardo in 2h39:51, precedendo nettamente Antonino Tamarino (Sorrento Runners), secondo in 2h50:01, e Antonello Petrei (Daunia Running), terzo in 2h53:47.

Il 9 novembre, però, la Prima Sezione del TNA, procedeva alla sospensione in via cautelare dell’atleta, trovato positivo alla sostanza D-Amfetamina.

Oggi, il comunicato di NADO Italia, che infligge la squalifica di Di Francesco per quattro anni, vale a dire fino al 9 novembre 2024.

Ecco il testo ufficiale:

La Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, nel procedimento disciplinare a carico del sig. Nino Di Francesco (tesserato FIDAL), visti gli articoli 2.1, 4.2.1 delle NSA, afferma la responsabilità dello stesso in ordine all’addebito ascrittogli e gli infligge la squalifica di 4 anni a decorrere dal 22/12/2020 e con scadenza al 9/11/2024, così decurtato il presofferto. Visto l’art. 10 NSA dispone l’invalidazione del risultato sportivo conseguito in gara.  Condanna il sig. Di Francesco al pagamento delle spese del procedimento quantificate forfettariamente in euro 378,00.

Pertanto, invalidato il risultato sportivo conseguito in gara, la classifica maschile della Maratona D’Annunziana è così aggiornata:

1° Antonino Tamarino (A.S.D. Sorrento Runners) – 2:50:01
2° Antonello Petrei (A.S.D. Daunia Running) – 2:53:47
3° Emanuele Vigliotti (A.S.D. Road Runners Maddaloni) – 2:54:34
4° Matteo Imbriano (I Podisti di Capitanata) – 2:55:21
5° Umberto D’Agostino (Runners Casalbordino) – 2:56:22

 
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Una sospensione in via cautelare anche agli ultimi Campionati Italiani master di Arezzo, svoltisi il 9/10/11 ottobre: la marciatrice Georgeta Muresan, tesserata per la ASD Track & Field Maste Gross di Grosseto, è  stata sospesa per positività al Betametasone (un antinfiammatorio steroideo) dalla Prima sezione del TNA.

La Muresan, SF35, era giunta terza nella sua categoria, concludendo la serie, che comprendeva anche le SF40, in settima ed ultima posizione con 36:11.48.

Ecco il comunicato di NADO Italia: La Prima Sezione del TNA, in accoglimento dell’istanza proposta dalla Procura Nazionale Antidoping, ha provveduto a sospendere in via cautelare l’atleta Georgeta Muresan (tesserata FIDAL), riscontrata positiva alla sostanza Betametasone, a seguito di un controllo in competizione disposto dal Ministero della Salute (SVD) ex lege 376/2000, in occasione della manifestazione di atletica leggera “Campionati Italiani individuali su pista Master” svoltasi ad Arezzo il 10 ottobre 2020.

 
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Venerdì, 13 Novembre 2020 21:49

Doping: Elijah Manangoi squalificato per 2 anni

13 Novembre - Squalifica di due anni per il keniano Elijah Manangoi, campione del mondo dei 1.500 nel 2017, per aver mancato tre controlli antidoping, non rispettando l’obbligo di dimora: questa la sentenza dell’AIU, l’Athletics Integrity Unit, con validità dal 22 dicembre 2019 e scadenza il 21 dicembre 2021. 

Il keniano ha saltato tre controlli, il 3 luglio, il 12 novembre e il 22 dicembre, adducendo motivazioni che non sono state ritenute valide; in particolare a luglio non avrebbe raggiunto in tempo il luogo stabilito, l’università di Rongai, perché costretto a rimanere in aeroporto in attesa del bagaglio dove aveva riposto le chiavi di casa; il 12 novembre, causa traffico, sarebbe arrivato in ritardo alla suddetta università, e il 21 dicembre sarebbe stato in Austria per la cura di un infortunio, avvisando chi di dovere ma senza alcun effetto. 

Il TNA non ha ritenuto valide le giustificazioni e in base alla violazione dei whereabouts (gli atleti devono indicare la loro posizione alle autorità antidoping con 90 giorni di anticipo per consentire test fuori gara, senza preavviso, tutti i giorni dell’anno, rendendosi reperibili) ha inflitto all’atleta due anni di squalifica, pur non essendo egli di fatto mai stato trovato positivo. 

Manangoi salterà così le Olimpiadi di Tokyo, dove era dato per favoritissimo; argento ai Mondiali 2015 a Pechino e poi oro due anni dopo a Londra, era stato costretto a saltare i  Mondiali 2019 per un infortunio alla caviglia.

 

 
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Martedì, 27 Ottobre 2020 21:56

Spazio all'autodifesa di El Khalil

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato la notizia della lunga squalifica inflitta dal Tribunale Antidoping nazionale a Yassin el Khalil, atleta di origine marocchina tesserato per la Pol. Policiano di Arezzo.

http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/6628-doping-yassin-el-khalil-squalificato-per-8-anni.html

L’interessato (che dal sito Fidal viene ancora accreditato di 1.05:23 nella mezza di Padova del 28-4-2019, di 30:09 nel Diecimila di Arezzo del 25-5-2019, e ancora lo scorso 11 ottobre aveva vinto l’Ecotrail Collungo- Castelvecchio in Umbria) ci ha fatto pervenire una serie di messaggi contenenti precisazioni e giustificazioni varie, da cui estraiamo quanto possa servire a una migliore informazione; senza che questo costituisca da parte nostra un avallo o metta in discussione la sentenza.
Certamente gli argomenti sotto esposti sono stati presentati al Tribunale senza risultare convincenti, e secondo un luogo comune, le sentenze si applicano; ma a testa alta, in nome dell’art. 21 della Costituzione (
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure), che vale per noi come per il “reo” El Khalil, ripetiamo ugualmente la frase “c’è un giudice a Berlino”, nel senso che ogni sentenza può essere appellata e (quasi) sicuramente le sentenze erronee vengono riformate da un grado superiore di giudizio.
Sulla “fuga” dell’atleta dal primo controllo abbiamo già riportato la motivazione dell’imputato, che riprendiamo:

Innanzitutto mia moglie aveva appena partorito, il 7/06/2019. Nella gara di Montone, dopo aver fatto Il primo giro mi è stato detto che mia moglie stava male, ho lasciato immediatamente la gara e mi sono recato in ospedale. (Questo è tutto documentato). Poco dopo essere giunto in ospedale , ricevo una chiamata, in cui mi viene passato un signore che mi dice di essere il dottore e mi ingiunge di venire a Montone per sottopormi al test doping. Gentilmente ho risposto che non potevo lasciare mia moglie, invitando il dottore a venire all’ospedale di Città di Castello. Ciò viene confermato da Pierini Giuseppe, però condannato a 6 mesi di squalifica sotto l’accusa di intralcio e insulti verso un pubblico ufficiale (il dottore): la sentenza ha considerato solo l’insulto infliggendo la pena maggiore, cioè 6 mesi di squalifica.

Quanto ai controlli che ho saltato, premetto che non sono mai stato trovato positivo a sostanze doping. Dopo essere stato inserito nella RTP nazionale in data 5.07.2019, ho subito un controllo doping in data 10 agosto 2019, risultato negativo.
Il primo mancato controllo violato è stato in data 11/11/2019, non è dunque un secondo mancato controllo bensì il primo, nell’arco di 12 mesi. Questo controllo doveva avvenire a Pietralunga alle ore 22, ma due giorni prima, in data 9 novembre alle ore 01.38 nella wherebouts ho cambiato l'orario del controllo anticipandolo alle 5 del mattino, non più alle ore 22. Nella whereabouts puoi mettere una fascia oraria di 60 minuti, dalle 5 alle 22, quindi sono libero di cambiarla se in quell’orario io non sono disponibile. Ma il dottore incaricato del controllo non ha verificato nella whereabouts a che ora avevo la disponibilità, e si è presentato a Pietralunga alle ore 22.00 . Avevo anche, in data 11 novembre alle ore 21.13, cambiato il mio luogo di disponibilità sbagliando indirizzo (emetto cartella diversa).
Dunque, in data 11/11 il dottore viene per le ore 22 per fare il controllo, ma il controllo sarebbe stato alle ore 5 del mattino. Non ricevo alcuna chiamata nonostante nella wherebouts ci siano tutti i recapiti sia telefonici che email. Scopro solo dopo (in data 23 gennaio 2020) che il dottore in tale data e ora era venuto per farmi il controllo.

Fin qui le dichiarazioni di El Khalil. Le abbiamo riportate fedelmente, ma fin d’ora ci permettiamo di notare almeno una ‘piccola’ incoerenza: cambiare luogo di reperibilità 47 minuti prima del controllo, oltretutto dando un indirizzo sbagliato, non depone a favore di una precisa volontà di essere rintracciato.

Con questo, crediamo di aver assolto al dovere giornalistico di informare, lasciando spazio alla ‘parte’  senza arrogarci il diritto di giudicare. Al momento, c’è una squalifica, insolitamente pesante, che costituisce, fino a prova contraria, l’unico elemento certo [F.M.]

 

 
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Otto anni di squalifica per il 28enne marocchino Yassin El Khalil, tesserato per la Polisportiva Policiano di Arezzo: questa la pena inflitta dal TNA all’atleta residente a Pietralunga (PG) per aver eluso due controlli antidoping.

Secondo una ricostruzione  dei fatti che ci ha fornito lo stesso El Khalil, il 7 giugno del 2019 l'atleta si sarebbe ritirato da una gara a Montone (PG), per raggiungere all'ospedale di Città di Castello (a circa 14 km) la moglie che aveva partorito da poco e sembrava in condizioni di salute preoccupanti. All'ospedale sarebbe stato raggiunto da una telefonata del medico dell'antidoping che lo invitava a tornare a Montone per sottoporsi al controllo. El Khalil avrebbe invece chiesto al medico di raggiungerlo a Città di Castello, cosa che ovviamente non ha ottenuto. Si dice però anche (e su questo El Khalil non ci ha al momento risposto) che l’atleta avrebbe poi evitato un controllo domiciliare, portando il TNA alla doppia clamorosa sentenza.

Ecco il testo della prima: La Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, nel procedimento disciplinare a carico del sig. Yassin El Khalil (tesserato FIDAL), visti gli artt. 2.3, 4.3.1 delle NSA, afferma la responsabilità dello stesso in ordine all’addebito ascrittogli e gli infligge la squalifica di 4 anni, a decorrere dal 19 ottobre 2020 e con scadenza al 18 ottobre 2024.  Condanna il sig. El Khalil al pagamento delle spese del procedimento quantificate forfettariamente in euro 378,00”.

Questi gli articoli evidenziati:

2.3 Eludere, rifiutarsi od omettere di sottoporsi al prelievo dei campioni biologici. Eludere il prelievo dei campioni biologici, ovvero, senza giustificato motivo, rifiutarsi di sottoporsi al prelievo dei campioni biologici previa notifica, in conformità alla normativa antidoping applicabile.

4.3.1 Per le violazioni degli articoli 2.3 (Eludere, rifiutarsi od omettere di sottoporsi al prelievo dei campioni biologici) o 2.5 (Manomissione o tentata manomissione del controllo antidoping), il periodo di squalifica sarà pari a 4 (quattro) anni. Tuttavia, nel caso di mancata presentazione alle operazioni di prelievo del Campione biologico, qualora l’Atleta sia in grado di dimostrare che la violazione delle norme antidoping non è stata intenzionale (secondo quanto definito dall’articolo 4.2.3) il periodo di squalifica sarà di 2 (due) anni.

Ed ecco la seconda sentenza, quella decisiva: “La Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, nel procedimento disciplinare a carico del sig. Yassin El Khalil (tesserato FIDAL) e, assorbita la fattispecie di cui all’art. 2.3 in quella prevista dall’art. 2.5, visti gli artt. 4.3.1, 4.7.1 lett. c) delle NSA, afferma la responsabilità dello stesso in ordine agli addebiti ascrittigli e gli infligge la squalifica di 8 anni, a decorrere dal 19 ottobre 2020 e con scadenza al 18 ottobre 2028. Visto l’art. 4.8.1 dispone l’invalidazione dei risultati sportivi medio tempore conseguiti.  Condanna il sig. El Khalil al pagamento delle spese del procedimento quantificate forfettariamente in euro 378,00".

Questi gli ulteriori articoli evidenziati:

2.5 Manomissione o tentata manomissione in relazione a qualsiasi fase dei Controlli antidoping. Condotta volta a minare la procedura di Controllo antidoping ma che non rientra nella definizione di pratiche vietate. La manomissione comprende, a titolo puramente esemplificativo, intralciare o tentare di intralciare intenzionalmente l’operato di un addetto al Controllo antidoping, fornire informazioni fraudolente ad una Organizzazione Antidoping ovvero intimidire o tentare di intimidire un potenziale testimone.

4.7 Più violazioni. 4.7.1 Per un Atleta o altra Persona che si rendano colpevoli di una seconda violazione della normativa antidoping, il periodo di squalifica dovrà essere il maggiore tra: a) 6 (sei) mesi; b) metà del periodo di squalifica irrogato per la prima violazione della normativa antidoping senza tenere conto di eventuali riduzioni ai sensi dell’articolo 4.6; ovvero c) due volte il periodo di squalifica teoricamente applicabile alla seconda violazione della normativa antidoping considerata come se fosse una prima violazione, senza tenere conto di eventuali riduzioni ai sensi dell’articolo 4.6.

Se le parti in causa vorranno fornire altri chiarimenti, ovviamente fornendo qualche prova (prova però che evidentemente non ha convinto i giudici federali), restiamo a disposizione.

 
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Atri due anni di squalifica per Alessio Guidi, che si vanno a sommare ai precedenti due, con la sanzione che dunque terminerà il 22 giugno 2023.

Guidi, all’epoca presidente ed atleta della società bolognese Passo Capponi, era stata fermato per due anni dal TNA per aver organizzato una maratona a Bologna il 1 novembre del 2019 senza autorizzazione, con l’aggravante della partecipazione all’evento del plurisqualificato  Roberto Barbi, violando l’articolo 2.9 delle NSA.

Ora l’ulteriore squalifica, per aver continuato - nonostante la squalifica - l’attività di dirigente della sua suddetta società. Ecco il comunicato NADO:

“La Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, nel procedimento disciplinare a carico del sig. Alessio Guidi (tesserato FIDAL-FITRI), visti gli artt. 4.12.1, 4.12.3 delle NSA, afferma la responsabilità dello stesso in ordine all’addebito ascrittogli e gli infligge la squalifica di 2 anni a decorrere dal 23 giugno 2021 e con scadenza al 22 giugno 2023. Condanna il sig. Guidi al pagamento delle spese del procedimento quantificate forfettariamente in euro 378,00".

Ecco il testo degli articoli contestati:

4.12.1 Divieto di partecipare alle attività sportive durante il periodo di squalifica. Nessun Atleta o altra Persona squalificata può partecipare a qualsiasi titolo, per tutto il periodo di squalifica, ad una competizione o ad un'attività (con l’eccezione dei programmi di formazione antidoping e riabilitazione autorizzati da NADO Italia) che sia autorizzata o organizzata da un Firmatario del Codice WADA, da un'organizzazione ad esso affiliata, da una società o altra organizzazione affiliata ad un’organizzazione affiliata a un Firmatario, oppure a competizioni autorizzate o organizzate da una lega professionistica o da una qualsiasi organizzazione di eventi sportivi a livello nazionale o internazionale, o qualsiasi attività sportiva agonistica di alto livello o di livello nazionale finanziata da un ente governativo. Un Atleta o altra Persona che sconti un periodo di squalifica più lungo di quattro anni può partecipare da Atleta, alla fine del quarto anno di squalifica, ad eventi sportivi locali che non si svolgano sotto l’egida o comunque la giurisdizione di un Firmatario o un membro di un Firmatario, ma solo se l'evento sportivo locale è ad un livello che non può consentire di qualificarsi direttamente o indirettamente (né di accumulare punti) per competere nel campionato nazionale o in un evento internazionale e che non comporti per l’Atleta o altra Persona alcun ruolo che coinvolgano minori. L’Atleta o altra Persona che sconti un periodo di squalifica dovrà comunque rimanere a disposizione per eventuali Controlli.

4.12.3 Violazione del divieto di partecipazione durante una squalifica. Qualora l’Atleta o altra Persona violi il divieto di partecipazione di cui al comma 4.12.1, i risultati ottenuti a seguito di tale partecipazione saranno invalidati e un nuovo periodo di squalifica di pari durata a quello originariamente comminato sarà aggiunto a partire dal termine del periodo di squalifica originario. Il nuovo periodo di squalifica può essere ridotto sulla base del grado di colpa dell’Atleta o dell’altra Persona e dalle altre circostanze del caso. Sarà NADO Italia a determinare se l’Atleta o altra Persona abbia o meno violato il divieto di partecipazione e se sia appropriata una riduzione ai sensi dell’articolo 4.5.2. È possibile ricorrere in appello avverso tale decisione ai sensi dell’articolo 35. Qualora il Personale di supporto dell’Atleta o altra Persona assistano un soggetto nel contravvenire al divieto di partecipazione durante il periodo di squalifica, l’Organizzazione antidoping avente competenza nei confronti di tale personale di supporto o altra persona dovrà procedere alla erogazione di sanzioni per violazione dell’articolo 2.9 relativamente all’assistenza di cui sopra.

 
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Lunedì, 28 Settembre 2020 12:45

Il Tribunale Antidoping dà 4 anni ad Ahmed Nasef

28 Settembre 2020 – Ne avevamo parlato a fine agosto, ai tempi della sospensione (https://www.podisti.net/index.php/notizie/item/6426-doping-sospeso-ahmed-nasef-due-volte-campione-italiano-di-maratona.html), oggi è giunta la sentenza che condanna Ahmed Nasef alla squalifica per 4 anni. 

Ecco il comunicato Nado: 

“La Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, nel procedimento disciplinare a carico del sig. Ahmed Nasef (tesserato FIDAL), visti gli artt. 2.2, 4.2.1 delle NSA, afferma la responsabilità dello stesso in ordine agli addebiti ascrittigli e gli infligge la squalifica di 4 anni a decorrere dal 25 settembre 2020 e con scadenza al 24 luglio 2024, dedotto il presofferto. Condanna il sig. Nasef al pagamento delle spese del procedimento quantificate forfettariamente in euro 378,00.”

 

 
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Sospeso per anomalie nel passaporto biologico (cioè variazioni dei parametri sanguigni che potrebbero essere correlate ad assunzione di sostanze, però finora non dimostrata) Ahmed Nasef, campione italiano di maratona nel 2016 e nel 2017. Ecco il comunicato NADO Italia:

La Prima Sezione del TNA, in accoglimento dell’istanza proposta dalla Procura Nazionale Antidoping, ha provveduto a sospendere in via cautelare il sig. Ahmed Nasef (tesserato FIDAL) rilevato l’esito avverso risultante da passaporto biologico ai sensi dell’art. 22.1 delle Norme Sportive Antidoping.

Come si ricava dal sito Fidal, Ahmed Nasef è nato a Beni Mellal (Marocco) il 1° marzo 1975, vive a Monza dal 1999 ed è diventato cittadino italiano alla fine del 2014. Con l’atletica non ha iniziato nel suo paese di origine, ma solo nel 2001 seguendo il fratello Abdellah che si allenava nel Parco di Monza. Dopo aver perso il lavoro come imbianchino, dal 2008 si dedica soprattutto all’attività di runner: aveva avviato a Monza un negozio di articoli sportivi, che ha però dovuto chiudere per la crisi del coronavirus.
Ha corso una trentina di maratone, con un primato personale di 2h10:59 realizzato nel 2012 a Chongqing, in Cina, mentre ha ottenuto le vittorie più significative nella gara tedesca di Munster (2h12:22 nel 2012) e a Treviso (2h13:57 nel 2013). Il suo miglior risultato sulla mezza maratona è invece di 1h03:04, nel 2008 a Pordenone.

Come già detto, ha vinto il titolo italiano di maratona nel 2016 a Verbania in 2h20:47 e nel 2017 a Verona in 2h16:53, superando Eyob Faniel.


[F.M.] Si ritirò a Ravenna nel 2018, dove chi scrive pranzò con lui nel dopogara, ricavandone l'impressione di un bravo ragazzo, con moglie e due figli. Anche per questo, e sapendo che Nasef ha finora corso sotto lo sguardo del dottor Rodolfo Malberti (che anzi l'ha recentemente operato a un ginocchio), mi dichiaro assolutamente garantista fino a che non saranno provate le 'anomalie' (se fossero provate, naturalmente, sarà giusto che chi ha sbagliato paghi; ma da una info riservata risulta che i valori ematici 'irregolari' sarebbero comuni alla famiglia d'origine di Nasef). Ricordo bene come il calciatore Acerbi (ora nella Lazio e nella nazionale) fu sospeso alla vigilia di un Juventus-Sassuolo per sospetti del genere. Poi venne fuori che non era doping ma cancro (cosa che ovviamente non auguro a Nasef!): e anche nel mondo dell'atletica non sarebbe la prima volta che "cautelarmente" si sospende un innocente. La frase di rito è: "abbiamo fiducia nella giustizia".

 

 

 

 
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Sabato, 25 Luglio 2020 21:57

Salta tre controlli: sospeso Elijah Manangoi

Ancora un keniano, ancora un atleta di vertice nella rete dell’antidoping: l’AIU, l'Athletics Integrity Unit cioè l’agenzia mondiale antidoping di World Athletics, ha comunicato la sospensione del 27enne Elijah Manangoi, oro iridato sui 1500 a Londra (dopo l’argento olimpico di Pechino) per aver eluso tre controlli a sorpresa nell'arco di 12 mesi, violando il sistema dei whereabouts.

Presso che imbattuto per tre stagioni nei grandi meeting della Diamond League, Manangoi vanta il personale sulla distanza di 3'28"80, ottenuto a Monaco nel 2017: il decimo di tutti i tempi.

Manangoi, che puntava al podio olimpico anche a Tokyo, sarà processato e rischia una squalifica da due a quattro anni.

Da segnalare anche la sospensione del maratoneta Patrik Siele, sempre keniano, per aver rifiutato di fornire un campione di urine.

 
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Sospeso nello scorso gennaio, il 38enne keniano Wilson Kipsang, ex detentore del record mondiale di maratona e medaglia di bronzo olimpica, è stato squalificato per quattro anni per due gravi irregolarità: violazione alla normativa sulla reperibilità ai controlli (whereabouts), non rendendosi reperibile per quattro volte in una anno, e aver fornito poi false prove e testimonianze a sua discolpa.
Il provvedimento è stato adottato dall’AIU, l’"Unità di Integrità dell’Atletica leggera", ovvero l’organizzazione di controllo antidoping mondiale.

Kipsang ha vinto nel corso della sua carriera alcune delle più importanti maratone mondiali, come New York, Londra, Berlino e Tokyo tra il 2012 e il 2017; nel 2013, a Berlino, stabilì il record del mondo in 2h03:23 (migliorato l’anno successivo dal connazionale Dennis Kimetto in 2h02:57, sempre a Berlino, poi portato 2h01:39 dall’altro keniano Eliud Kipchoge nel 2018, ancora una volta a Berlino). Nel 2016 portò il suo personale a 2h03:13 a Berlino, chiudendo secondo dietro Kenesisa Bekele primo in 2h03:03. Nel 2012 aveva conquistato il bronzo olimpico a Londra in 2h09:37.
La sua ultima vittoria di spicco è stata a Tokyo nel 2017 in 2h03:58, mentre nel 2018 aveva chiuso terzo a Berlino in 2h06:48.

 
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Venerdì, 05 Giugno 2020 19:46

Doping: sospesa Salwa Eid Naser, iridata sui 400

5 Giugno - Clamorosa sospensione per doping per la ventiduenne del Bahrein (ma di origini nigeriane) Salwa Eid Naser, campionessa mondiale in carica sui 400 a Doha, dove ha corso in 48.14, terzo tempo di sempre, il più veloce dal 1985 ad oggi. 

Infatti, l’AIU, l'Athletics Integrity Unit, ha sospeso la Naser per mancata reperibilità nel sistema whereabouts, perché negli ultimi 12 mesi non si è resa disponibile a tre controlli a sorpresa nella località e nell’ora da lei indicate: rischia una squalifica di 2 anni.

Aggiornamento: La situazione della Naser sembra aggravarsi. Di seguito quanto pubblicato oggi 8 giugno da Repubblica: “Si complica la situazione della bahrenita Salwa Eid Naser. I tre controlli antidoping saltati sarebbero avvenuti prima dei Mondiali di Doha, durante i quali la 22enne nata in Nigeria ha vinto l'oro nei 400 con il 3° tempo di sempre (48"14). Rischia due anni. Nel gennaio scorso avrebbe saltato anche un quarto test”.

 
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Quattro anni di squalifica per il maratoneta keniano Mikel Kiprotich Mutai a partire dal 20 marzo 2020 e cancellazione di tutti i risultati ottenuti dal 15 dicembre 2019: questa la sanzione inflitta dalla AIU, Athletics Integrity Union, per positività al norandrosterone (che, ritrovato nelle urine, è spia dell'assunzione di nandrolone, il noto steroide anabolizzante).  

Mutai ha un primato personale di 2h09:18 sulla maratona e di 1h01:41 sulla mezza. La sua ultima apparizione risale alla Taipei Marathon del 15 dicembre 2019, quando giunse terzo in 2h17:14: risultato ora cancellato. 

 
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Avevamo già scritto sulla sospensione per doping dello svedese Robert Fsiha (https://www.podisti.net/index.php/notizie/item/5716-doping-sospeso-robert-fsiha-campione-europeo-di-cross.html) che a dicembre si era laureato campione europeo di corsa campestre.  

Giunge ora notizia della squalifica di Fsiha per quattro anni, annunciata da Ake Thimfors, presidente dell'antidoping svedese: “Abbiamo deciso che Robel Fsiha sarà sospeso dal 5 febbraio 2020 fino al 4 febbraio 2024”.

L’atleta, che ha sempre dichiarato di  aver preso solo un farmaco per curare un raffreddore, è accusato di essere risultato positivo a sostanza proibita (testosterone artificiale), riscontrata in un controllo effettuato in Etiopia il 25 novembre 2019: avrà tempo di impugnare la squalifica entro il 1° giugno.

Fsiha, 24enne proveniente dall'Eritrea e arrivato in Svezia nel 2013 con lo status di rifugiato, dopo avere acquisito la nazionalità del paese scandinavo alla fine del 2018, si laureò - lo scorso 8 dicembre a Lisbona - campione europeo di corsa campestre in 29:59 (il primo svedese della storia) davanti al turco Aras Kaya, secondo in 30:10, e al nostro Yeman Crippa, terzo in 30:21.

Ora, per Crippa si avvicina l’argento?

 
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Altri due atleti keniani sospesi per positività al doping dalla AIU, Athletics Integrity Union: il maratoneta Mikel Kiprotich Mutai e il fondista Alex Korio Oliotiptip. 

Mutai è stato sospeso per la positività al norandrosterone, senza che sia chiaro dove l’atleta sarebbe stato “beccato”. Mutai ha un primato personale di 2h09:18 sulla maratona e di 1h01:41 sulla mezza. La sua ultima apparizione risale alla Taipei Marathon del 15 dicembre 2019, quando giunse terzo in 2h17:14. 

Alex Korio Oliotiptip, sospeso invece per irregolarità nel suo passaporto biologico, il cosiddetto Whereabouts, giunse undicesimo agli ultimi mondiali di Doha sui 10000.

 

 
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L’agenzia AIU (Athletics Integrity Unit) ha comunicato la sospensione dell’atleta keniano Daniel Kinyua Wanjiru per violazione del passaporto biologico. L’atleta, classe 1992, deve la sua celebrità soprattutto per la prestigiosa vittoria alla maratona di Londra nel 2017 (tempo di 2:05:48), quando aveva battuto Kenenisa Bekele. Vincitore anche ad Amsterdam 2016, dove aveva realizzato il suo personal best, 2:05:21.

Il passaporto biologico, introdotto dalla Wada (World Anti Doping Agency), è una forma di controllo antidoping indiretto, attraverso questo vengono monitorati e registrati i parametri ematici (emocromo, emoglobina, etc) sul breve, medio e lungo termine. Le eventuali variazioni eccessive, rispetto ai parametri fisiologici di uno specifico atleta, vengono correlate all’utilizzo di prodotti dopanti (esempio eritropoietina). Ci sono state varie discussioni in merito alla validità di questa tecnica di controllo, alcuni parametri come l’emoglobina sono strettamente connessi ad una serie di variabili, come i lunghi periodi di allenamento in altitudine. Tuttavia credo vengano considerate solo le differenze più significative, dal punto di vista scientifico Wada evidentemente ritiene poco” ragionevoli” delle variazioni nel tempo superiori a 2-3 unità (valori tipici 14-18).  

La sospensione di Wanjiru non ha effetto pratico immediato, data l’assenza di gare in questo periodo, si resta comunque in attesa della convocazione per chiarire la sua posizione in merito. In una nota via social di Volare Sport, l’agenzia che gestisce questo atleta, Wanjiru si dichiara innocente e, al tempo stesso, dubbioso di riuscire a dimostrare la sua innocenza.

 
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Lo confesso, l’idea mi è venuta in mente leggendo un pezzo dove si parlava di un noto marciatore attualmente sotto squalifica che con lo spostamento al 2021 dei giochi di Tokio, vede riaprirsi la possibilità di partecipare alle olimpiadi. Però non intendo personalizzare, ma trattare l’argomento a livello generale. Con una proposta molto semplice. Visto che non siamo in tempi normali è giusto prevedere anche provvedimenti eccezionali. Se non si gareggia, che differenza c’è tra chi è correntemente squalificato e chi non lo è? Sostanzialmente nessuna, forse per gli atleti di vertice sono aperti alcuni impianti come avviene per i nuotatori, ma sono casi limitati. Pensiamo alle recenti storie di Crippa o della Bertone, atleti d’interesse nazionale che hanno avuto dei problemi durante le loro sedute di corsa.

E nessuno può gareggiare. Se non vado errato, l’attività sportiva è stata ufficialmente fermata col Decreto Legge dello scorso 9 marzo e come avete appreso l’altro giorno, il blocco delle gare FIDAL si protrarrà almeno fino al 31 maggio prossimo venturo (qui la notizia). Insomma, almeno circa tre mesi di sospensione, nel migliore dei casi. Il quesito sorge dunque spontaneo: cosa stanno scontando oggi gli squalificati? Cosa gli è precluso rispetto agli altri atleti? Nulla.

Allora quello che chiedo agli enti preposti, si chiamino essi WADA, FIDAL, NADO l'Organizzazione Nazionale Antidoping o con un altro nome (scusate per l'eventuale  imprecisione) è che in questo limbo agonistico, dove le lancette si sono fermate, lo siano per tutti. Quindi, molto banalmente, se per esempio un atleta ha in corso una squalifica fino al prossimo 30 settembre che gli vengano aggiunti questi 90 giorni, in maniera tale che la scadenza sia posticipata alla fine dell’anno. Non vuole essere un accanimento, ma solo un coerente atto per ristabilire giustizia. Se le lancette sono ferme, lo devono essere per tutti.

 
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L’etiope Berehanu Tsegu, 5° nel ranking IAAF, è stato squalificato per quattro anni per positività all’EPO a seguito di un controllo al termine della mezza di Copenaghen del 15 settembre scorso: la notizia è riportata sul sito dell’Athletics Integrity Unit, l’agenzia mondiale antidoping.

Tsegu, dopo aver inizialmente negato ogni forma di assunzione di sostanze dopanti, ha poi confessato il suo coinvolgimento, con la conseguente squalifica a far data appunto dal 15 settembre 2019, e cancellazione di ogni suo risultato dalla suddetta data (a Copenaghen aveva chiuso in seconda posizione in 59:22, che avrebbe rappresentato il suo personale sulla distanza).

Tsegu, nato il 30 settembre 1999, ha vinto il titolo africano ad agosto sui 10000 a Rabat, in 27:05.66; nel 2019 ha ottenuto grandi risultati sulla mezza, 59:14 a Lisbona, 59.56 a Yangzhou. Ancora sui 10000 ha colto un 27:00.73 a Hengelo, in Olanda, a luglio.

Ci si chiede che tipo di genuinità possano avere queste prestazioni, seppur passate indenni ai controlli.

 

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Ancora doping, ancora un keniano: la IAU, l’Unità mondiale di integrità dell’atletica leggera, ha sospeso il 35enne Kenneth Kiprop Kipkemoi per positività alla terbutalina (un farmaco broncodilatatore), a seguito di un controllo a sorpresa.

Kenneth Kipkemoi è giunto terzo all’ultima edizione della maratona di Boston, concludendo in 2h08:07, a soli 10 secondi dal primo arrivato, il connazionale , Lawrence Cherono, e a 8” dal secondo, l’etiope Lelisa Desisa.

Nella sua carriera Kipkemoi ha vinto la Rotterdam Marathon nel 2018 in  2h05:44, primato personale. Inoltre, è del 2012 la vittoria dei 10000 metri ai Campionati Africani.

Nei suoi programmi del 2020 stava il ritorno a Boston: a questo punto difficile, in attesa di conoscere l’entità della squalifica.

 

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Giovedì, 27 Febbraio 2020 16:34

Doping: squalificato Davide Di Folco per 4 anni

Continua la serie delle squalifiche per doping nel mondo del podismo italiano: è il turno di Davide Di Folco, 24enne tesserato per la Polisportiva Ciociara Antonio Fava, fermato per quattro anni per positività alla furosemide.

La furosemide è un diuretico, usato per facilitare l'eliminazione dell'acqua e dei sali dall'organismo, aumentando la produzione e l'eliminazione dell'urina. Come alcuni altri farmaci diuretici, la furosemide è inclusa nella classe S5 di una lista di farmaci vietati dalla Agenzia Anti-Doping mondiale in quanto il suo utilizzo potrebbe risultare finalizzato a mascherare il ricorso ad altri farmaci dopanti.

Numerosi i successi colti nel 2019 da Di Folco, vincitore, tra le altre, della Strafrosinone in 42:44 (12,3 km), del Trofeo Città di Sezze in 32:35 (10 km) e della 10,5 km abbinata alla Maratona di Latina in 34:53.

Ecco il comunicato di Nado Italia:

La Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, nel procedimento disciplinare a carico dell’atleta Davide Di Folco (tesserato FIDAL) visti gli artt. 2.1, 4.2.1 delle NSA, afferma la responsabilità dello stesso in ordine agli addebiti ascrittigli e gli infligge la squalifica di 4 anni, a decorrere dal 24 febbraio 2020 e con scadenza al 23 febbraio 2024. Visto l’art. 10 dispone l’invalidazione del risultato sportivo conseguito in gara. Condanna l’atleta Di Folco al pagamento delle spese del procedimento quantificate forfetariamente in euro 378,00.

Il sig. Di Folco era risultato positivo alla sostanza furosemide.

[F.M.] Sarebbe meglio trovare la 'pistola fumante', ovvero la traccia di una sostanza dopante, e non di quella che potrebbe coprire un eventuale doping. Ma se non altro, questa volta si è perseguito un atleta di livello medio-alto, e non il personaggio da fondo gruppo la cui condanna serve soprattutto ad alzare il numero dei sanzionati, e dunque a giustificare la 'produttività' dell'organo inquirente/giudicante.

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25 febbraio - Un altro caso di positività, questa volta emerso al termine della prima edizione della Maratona Maga Circe, da Sabaudia a San Felice Circeo, svoltasi lo scorso 2 febbraio, con relativa sospensione emessa dal TNA: l’SM60 Nicola Forchia, tesserato per la Nuova Podistica Latina, che ha chiuso la distanza in 4h50:58 (alla media di 6:54 al chilometro), 329° assoluto su 436 arrivati, 13° di categoria, è risultato positivo alle sostanze Benzoilecgonina – ecgonina metilestere. 

Da Wikipedia: La benzoilecgonina o benzoato d'ecgonina è il  principale metabolita della cocaina (benzoilmetilecgonina). La sostanza si forma nel fegato attraverso il metabolismo della cocaina, catalizzato dalle carbossilesterasi e successivamente escreto nell'urina, in cui si trova per un tempo notevolmente più lungo della cocaina stessa, la quale viene generalmente eliminata entro 5 giorni. La benzoilecgonina è anche l'ingrediente principale dell'Esterom, una soluzione topica usata per alleviare i dolori muscolari.

Ecco quanto pubblicato da NADO Italia:  

La Prima Sezione del TNA, in accoglimento dell'istanza proposta dalla Procura Nazionale Antidoping, ha provveduto a sospendere in via cautelare il sig. Nicola Forchia (tesserato FIDAL) riscontrato positivo alle sostanze Benzoilecgonina – ecgonina metilestere a seguito di un controllo disposto da Nado Italia al termine della gara podistica “Maratona Maga Circe 2020" svoltasi a San Felice Circeo il 2 febbraio 2020. 

[F. M.] Dal sito della Fidal apprendiamo che l'atleta sospeso è tutt'altro che uomo da prime posizioni, o comunque che miri a piazzamenti lucrosi: 2.11 nella sua ultima maratonina, 4.32 nell'ultima maratona di Milano, 15.25 nell'ultimo Passatore; due settimane dopo la gara incriminata, ha chiuso anche la maratona di Terni in 4.58. Evidentemente i controlli sono stati 'mirati' grazie a qualche soffiata. Personalmente mi auguro che, se le analisi di controllo confermassero la positività, questa dipenda dall'uso dell'antidolorifico citato da Wikipedia. E insisto, a rischio di prendermi contumelie dei giustizieri da tastiera: va bene estirpare il doping, ma bisognerebbe mirare un po' più in alto coi controlli e controllati.

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Lo svedese Robel Fsiha, campione  europeo di cross 2019, è stato sospeso dalla federazione svedese dopo alcuni test antidoping eseguiti sull'atleta, dai quali sarebbe emersa una imprecisata sostanza “illegale”.

Come riportato dai media svedesi, il 23enne di origine eritree è stata sospeso a far data dal 5 febbraio, ma il controllo risalirebbe al 25 novembre 2019, precedente quindi alla vittoria del titolo europeo, ottenuto a Lisbona nello scorso dicembre.    

A questo punto, c’è da considerare che se la positività dell’atleta fosse confermata, con conseguente squalifica, campione europeo diverrebbe il turco Aras Kaya, con il nostro Crippa secondo.

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E’ finalmente stata pubblicata sul sito della NADO Italia la sentenza relativa alla positività di Martina Caironi, l’atletica paralimpica di Alzano Lombardo: ebbene, il TNA ha squalificato l’atleta per un anno, ma - accogliendo l’istanza della stessa Caironi – il provvedimento è sospeso per otto mesi, e, considerando il periodo di sospensione cautelare già scontato, la data di termine della squalifica diviene il 9 marzo prossimo.

Il che significa che la 30enne tesserata per le Fiamme Gialle, portabandiera azzurra alle Paralimpiadi di Rio 2016, 3 ori e un argento olimpico, 5 ori e un argento mondiale, 6 medaglie agli Europei, fra 100, 200 e salto in lungo, potrà prender parte alle prossime alle Paralimpiadi di Tokyo in agosto.

Questa la sentenza:  

La Seconda Sezione del TNA così decide:

  • in accoglimento della richiesta della Procura Nazionale Antidoping, dichiara sussistenti le violazioni degli artt. 2.1 e 2.2 CSA contestate alla sig.ra Martina Caironi e, ai sensi degli artt. 4.7.4.1, 4.2.2 e 4.5.2.1 CSA, infligge alla medesima la squalifica di un anno decorrente dalla data della presente decisione;
  • accoglie altresì l’istanza formulata, ai sensi dell’art. 4.6.1.1 CSA, dalla sig.ra Caironi e, per l’effetto, sospende nella misura di otto mesi la squalifica inflitta alla medesima;
  • determina nel 9 marzo 2020 la data di scadenza della squalifica, tenuto conto del periodo di sospensione cautelare già scontato.  

Riassumiamo ora i fatti: Martina Caironi, risultata positiva alla sostanza Clostebol Metabolita in seguito ad un controllo a sorpresa il 17 ottobre 2019, è immediatamente sospesa a far data dal 9 novembre 2019. 

L’atleta ammette subito di aver usato il Trofodermin, una crema cicatrizzante che contiene il Clostebol Metabolita, uno steroide anabolizzante, per curare un’ulcera al moncone della gamba amputata, ma solo dopo aver consultato il medico federale. 

Così il TNA, certificata la violazione del Codice Wada, ha però escluso il dolo: più semplicemente, Caironi non voleva doparsi, ma nell’uso per necessità terapeutica è stata poco attenta alle indicazioni riportate sulla confezione del farmaco, che indicano chiaramente “doping”. Squalifica di un solo anno, allora, ma con lo sconto di otto mesi dovuto alla “collaborazione fattiva dell’atleta, che ha permesso di scoprire o accertare la violazione della normativa antidoping da parte di altra persona” (regola 4.6.1.1 delle Norme Sportive Antidoping), in questo caso del medico federale (a sua volta a processo fra qualche giorno) che le aveva prescritto il Trofodermin. 

“Ringrazio chi mi ha sostenuto e chi ha creduto in me, sono stati mesi difficili ma ora non vedo l’ora di tornare ad allenarmi e alle gare. È stata compresa la mia buona fede e la necessità di curarmi. Hanno prevalso rispetto delle regole e buonsenso. Desidero che questa vicenda che mi ha coinvolta non si ripeta con nessun altro”, le parole di Martina Caironi.

 

NdD: Tra chi aveva creduto e sostenuto la causa di Martina Caironi, a dispetto delle vestali dell'antidoping e dei loro allegri delatori, ci siamo stati anche noi da subito:

http://podisti.net/index.php/commenti/item/5229-doping-l-olimpionica-paralimpica-martina-caironi-sospesa-in-via-cautelare.html

Siamo lieti che il buon senso, e soprattutto l'umanità, abbiano prevalso. [F.M.]

 

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