Dalla fabbrica all’Olimpiade? Yassine El Fathaoui si confessa (I)
Appuntamento alle 18 a Parma, alla pista di atletica dove il gruppo Forrest Minerva si allena. Sono emozionata, devo intervistare Yassine El Fathaoui, classe 1982, l’operaio che alla maratona di Berlino è arrivato primo Italiano (2:11:08), 13° assoluto, registrando il secondo miglior tempo nazionale di tutto il 2019 e soprattutto il tempo minimo per qualificarsi alle Olimpiadi di Tokyo.
Mi viene incontro sorridendo e accogliendomi con un simpatico accento emiliano.
In questi giorni mi sono documentata molto sulla sua storia e sui suoi risultati, sentendo anche i racconti di altri atleti locali che hanno corso con lui, inizio quindi subito con le domande.
Come fai a trovare la forza per allenarti tutte le sere, dopo 8/9 ore di lavoro in fabbrica?
Io non penso alla fatica, ovviamente quello che fai ti deve piacere e per me l’allenamento è una cosa naturale. Finito il lavoro vado dritto al campo di allenamento. Non mi interessa se piove o nevica, ho solo quel momento per dedicarmi alla corsa e quindi lo sfrutto a pieno.
(Inizia un po’ in sordina a rispondermi, ma bastano poche parole sulla corsa per accendere nei suoi occhi una luce particolare e nella sua voce un genuino entusiasmo).
Quando arrivo all’allenamento in macchina, prima di scendere, ho un attimo di esitazione per la stanchezza, per il peso della giornata, per i pensieri quotidiani, però appena esco dall’auto e inizio il riscaldamento passa tutto, come se il resto della giornata non ci fosse stato, è una sensazione incredibile! (Nel dirmelo mi trasmette quelle sensazioni, quello stato di benessere, quei momenti magici che solo la corsa può dare).
C’è qualche allenamento che ti piace di meno o che fai più fatica a fare?
Ridendo confessa: In atletica tutto è pesante e difficile! Io cerco di guardare allenamento per allenamento e concentrarmi su quello che ho da fare quel giorno, altrimenti rischi di condizionarti e non dare il 100%. Durante la preparazione per la maratona di Berlino gli ultimi lunghi a ritmo gara sono stati pesanti dal punto di vista psicologico: non essendo professionista mi alleno spesso da solo, non ho qualche gruppo che mi aiuta. Quando riesco a trovare un amico che mi segue in bici diventa invece tutto più facile.
A proposito della preparazione per Berlino, quanto è stato difficile preparare una maratona con il caldo e l’afa della pianura padana di luglio e agosto?
Non ho avuto mai problemi con il caldo, quando ho iniziato a correre nel 2008 uscivo a mezzogiorno, i miei compagni di calcio (all’epoca giocavo ancora) mi dicevano che ero matto a correre in quelle condizioni, ma per me era normale così (alza le spalle, sembra veramente non capire perché, per i comuni mortali, correre in estate sia un problema). Tutti mi avevano detto che sarebbe stato difficile fare la preparazione in luglio e agosto. Ovviamente con il caldo le prestazioni non sono al massimo, ma più fatica fai, più soffri, più poi vai forte in condizioni migliori come Berlino!
Il 2019 per te è stato un anno molto importante, Roma, Padova ed infine Berlino, ce lo vuoi raccontare?
(Raccoglie un attimo le idee e poi parte come un fiume in pieno a raccontarmi queste imprese, la sua voce tradisce l’emozione nel ricordare quei bellissimi particolari).
Alla fine del 2018 ho avuto un piccolo infortunio che mi ha tenuto fermo un paio di mesi. In quel periodo ho deciso di cambiare squadra, lasciando il Casone per cercare nuovi stimoli con la squadra del Forrest Minerva. Ho iniziato la stagione facendo i Master di Cross. Nella prima gara ero teso, ci tenevo a fare bene per il nuovo gruppo, perché da me si aspettavano molto, ma io non ero allenato. Sono riuscito, faticando, a vincere la prima corsa nonostante avessi ripreso ad allenarmi da due settimane. Poi le altre fasi sono andate meglio e sono riuscito così a diventare campione regionale. Da quella vittoria sono andato a fare i Nazionali di Cross in Sardegna: quella gara è stata molto emozionante, dallo sparo in poi sono stato sempre davanti a tutti. La mia squadra era lì per fare il tifo per me, e sono stato molto felice ed orgoglioso di aver vinto il titolo nazionale per loro. Ho ricevuto tantissimi complimenti, anche da persone che non conoscevo, e questo mi ha dato una grande iniezione di fiducia.
Sul resoconto Fidal troviamo: “Nella prova degli SM35 vinta dal fenomenale Yassine El Fathaoui (Circolo Minerva) con un ritmo indiavolato…”
Tornato a casa ho scoperto con stupore che l’organizzatore della maratona di Roma, Andrea Giocondi, mi aveva invitato alla Maratona di Roma. Di solito una maratona si pianifica 3 mesi prima, io invece ad 1 mese dalla maratona stavo ancora facendo i Cross (6 km), ma i risultati ottenuti e le belle sensazioni che stavo avendo mi hanno convinto a mettermi alla prova nella capitale. Per questo motivo ho deciso di fare la straMilano come test. Nella mezza maratona sono arrivato secondo italiano dietro a Dini con 1:05:31, con passaggio ai 10.000m sotto i 31 minuti (30:20), risultato inaspettato soprattutto per l’altissimo livello che c’era in gara. Dopo 2 settimane sono andato a Roma, quando ero là, vedendo gli altri atleti élite pensavo: io qui non c’entro niente. Sono partito con l’idea di arrivare sotto le 2h e 20’, un tempo che per la mia squadra sarebbe stato un ottimo risultato. Fin dalla partenza sono rimasto con il gruppo di Bona (Bona Francesco C.S.. Aeronautica Militare) e Ahmed (Ahmed Nasef soc. Atletica Desio). Pensavo di faticare , ma al 21°km ero ancora con loro, mentre fra il 25°km / 27°km Bona iniziava a rimanere indietro. Siamo rimasti io e Nasef, ma lui ha iniziato ad allungare e a distanziarmi di qualche metro, è un’atleta esperto, con maggiore sicurezza sulla distanza della maratona. (Poi si interrompe, mi guarda e con orgoglio mi domanda): …e sai cosa ho fatto? Ho pensato: non mi interessa, ci provo! non lo lascio andare, così l’ho seguito. Gli ultimi km, quando ho capito che stavo chiudendo bene ho iniziato a tirare ancora di più! (Alla fine il distacco è stato di soli 7 secondi).
(Il suo racconto è ricco di dettagli, mentre parla sembra di essere lì con lui, a 3’ al km ad inseguire Nasef! Si percepisce la soddisfazione e l’importanza che questa gara ha avuto).
Roma quindi è stata la svolta?
Si, perché se chiudi una maratona in spinta , vuol dire che ne hai ancora! È stato un risultato inaspettato, una gioia immensa, soprattutto per il modo in cui è arrivato, stavo bene, le sensazioni in gara erano state ottime e pur non avendo avuto il tempo di prepararla nel modo corretto sono riuscita a chiudere in 2:17:04.
Hai deciso di fare Padova dopo solo 2 settimane per confermare il risultato?
Volevo rifare Amburgo, dove nel 2018 avevo fatto 12° assoluto e 1° italiano, ma non avevano più posto. Allora ho cercato una maratona in Italia ed ho trovato Padova, città in cui non ero mai stato, e non sapevo come sarebbe stato il percorso. Gli organizzatori della gara mi hanno detto ‘cosa vieni a fare, hai appena fatto una maratona!’. Io invece sono andato ed ho riconfermato il risultato di Roma, arrivando 5° assoluto e primo Italiano. Quando ho finito la gara l’organizzatore mi ha abbracciato. Guardando i miei risultati di quest’anno e degli anni precedenti, si capisce che il risultato di Berlino non è stato un caso.
Appunto, Berlino: cosa hai cambiato nella preparazione per fare il salto di qualità?
La maratona di Berlino l’ho preparata nel modo giusto, ho seguito in modo scrupoloso le indicazioni del mio allenatore Giorgio Reggiani (fino a Padova ero senza coach e mi preparavo da solo). Il potenziale c’era, la testa per lavorare duramente ce l’ho sempre avuta, è bastato quindi avere un metodo, un bravo allenatore che mi seguisse e che mi aiutasse a migliorare prestando attenzione anche ad alcuni particolari.
Ad esempio?
Ho utilizzato le mie ferie per andare ad allenarmi in montagna a Predazzo, non ero mai stato in altura! Facevamo 2 allenamenti al giorno. Ho iniziato anche a documentarmi sullo stretching, un aspetto che avevo sempre trascurato. Ho seguito i consigli anche per i corretti recuperi. (Mi racconta quasi stupito che prima della Maratona ha preso una settimana di ferie per riposarsi ): …mi svegliavo al mattino, portavo mia figlia a scuola e poi non sapevo cosa fare non facevo neanche la spesa perché dovevo riposare. Anche a Berlino dopo la cena l‘allenatore mi diceva: lo sai che Bekele sta già dormendo? Quindi andavo anch’io a dormire! I Keniani fanno il riposo anche di giorno, ma io non ci riesco perché sono abituato a lavorare in officina. Se dormo di giorno, non dormo più la sera. - In 3 mesi stando sotto la guida del mio allenatore sono migliorato tanto e se potessi continuare così, dedicandomi alla preparazione potrei migliorare ancora molto perché ci sono diversi aspetti che potrebbero portarmi a limare il tempo di Berlino, per esempio una maggiore attenzione all’alimentazione, all’integrazione, impostare un lavoro di potenziamento in palestra.
Continua qui: http://podisti.net/index.php/in-evidenza/item/5178-da-berlino-a-tokyo-il-sogno-di-yassine-ii.html
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