Tutti in piazza… ma non per correre
Recentemente ho passato una decina di giorni in Lombardia, la terra italiana più duramente colpita dal Sars-Cov-2. Visitando in lungo e in largo la Lomellina, regione storica confinante con il Piemonte, mi sono reso conto che la popolazione, senz’altro tra le più provate del Paese sul piano sanitario, sembrava decisamente più ‘rilassata’ di quella che vive nella mia Umbria, in cui il coronavirus non si è quasi avvertito, così come dimostrano in modo inconfutabile i numeri.
Soprattutto all’interno di bar e ristoranti e durante le ore della cosiddetta movida, quasi nessuno indossava la mascherina e i tanto detestati assembramenti sembravano la regola. E mentre mi trovavo seduto in uno dei molti locali all’aperto della magnifica e affollatissima Piazza Ducale di Vigevano, da cittadino e da podista incallito non ho potuto fare a meno di cogliere la stridente contraddizione che altri amici su queste pagine hanno già da tempo rilevato. In breve, mi è parsa abbastanza surreale l’attuale impossibilità, che non riguarda solo l’Italia, di tornare alle nostre tradizionali gare di massa, quando in moltissimi ambiti pubblici e privati della società le persone si ritrovano stretto contatto in gran numero e per un tempo assai prolungato.
Nel dettaglio, in quella stessa serata ho stimato che solo sotto i gazebo del bar in cui mi trovavo c’erano almeno 200 persone. Ma dato che i locali occupavano praticamente lo spazio circostante senza soluzione di continuità, possiamo dire che nel complesso ben più di mille persone stazionavano in modo molto ravvicinato e senza mascherina su una superficie paragonabile a quella utilizzata per la partenza di una nostra importante gara regionale.
Ora, saltando ogni inutile preambolo, il quale potrebbe benissimo comprendere tanti altri significativi esempi, sempre da cittadino e da podista incallito mi pongo, e pongo al paziente lettore, la seguente domanda: perché viene consentito, a mio avviso più che correttamente - visto il crollo del nostro Prodotto interno lordo -, l’assembramento ai fini economici, mentre quello sportivo è rigorosamente vietato?
E ancora: come è possibile ipotizzare che assembrarsi una volta alla settimana per pochi minuti in partenza, e per un po’ più di tempo alla fine di una competizione, sia incommensurabilmente più pericoloso rispetto ad una analoga consuetudine, spesso ben più prolungata, che attualmente coinvolge milioni di persone in tutte le zone d’Italia e a tutte le ore del giorno e della notte?
Dato che in molti speriamo di riprendere a gareggiare senza gli attuali, rigidi protocolli, non vorremmo proprio che a dover pronunciare l’ardua sentenza siano i posteri.
1 commento
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Mercoledì, 30 Settembre 2020 13:06
inviato da Mark
Che dire: a suo tempo si scatenò la caccia al runner untore, forte anche della scarsa propensione sportiva di chi ci governa in ogni ordine e grado, nonché nelle rampogne degli influenti Ferragnez, eminenze grigie in materia. Ora ne paghiamo le conseguenze...
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