Covid e gestione dello sport: la parola al Primario & podista (I)
L'epidemia della malattia da coronavirus ha costretto molti Stati a ridurre la vita sociale ed economica, e tante persone a modificare le proprie abitudini; io ho ripreso a studiare materie mediche che la mia quarantennale carriera ospedaliera di chirurgo generale e vascolare (per 17 anni Primario di Chirurgia Vascolare all’ospedale di Mantova, fra l’altro) mi aveva costretto a trascurare; in realtà, ero rimasto aggiornato sulle malattie infettive e le infezioni ospedaliere, molto meno sulla virologia e l'epidemiologia, materie che ora ho ripreso a leggere.
Podista lo sono dal 1986, quando per festeggiare la nascita del secondo figlio decisi di riprendere a fare sport seriamente, buttando quelle poche - ma sempre troppe - sigarette che fumavo. Qualità poca, però l'allenatore era più che discreto, lo zio materno Luciano Gigliotti; risultati di medio livello, 2h57' in maratona, 1h22' in mezza, 37' sui 10 K in strada, 18' sui 5 K, all’interno di una buona società, la mitica Tobacco Museum modenese del compianto amico Claudio Rebecchi, con cui ho vinto tre scudetti a squadre FIDAL amatori sui 10K, due nei 21K, due in maratona, e altri due secondi posti a squadre 21 e 42K. Non mi lamento.
Delle grandi sei maratone mi mancano Chicago e Tokyo, mai dire mai… Ne ho finite 14 su 15, per ora ho chiuso nel 2007 a New York, 20 anni dopo la prima nella stessa sede, con due risultati molto diversi. E ho corso centinaia di gare sui 30, 21, 15, 10 km.
Mi sono divertito tantissimo, sono stato bene e ora corricchio da vero tapascione; ogni tanto partecipo ad una gara con Modena Runners Club, un altro buon gruppo di amici modenesi, che spero possa ripetere i risultati Fidal amatori su strada della Tobacco, almeno sui 10 e 21 Km.
Qui ho conosciuto Fabio Marri, che frequentava il Liceo Classico Muratori un anno avanti a me ma non mi aveva incrociato. Poi lui ha studiato Lettere e percorso una magnifica carriera universitaria, oltre a dilettarsi di giornalismo: gli era capitato di intervistare lo zio tecnico di atletica e anche sua sorella, ovvero (per completare la carta d’identità), la mia mamma che a 96 anni mi è stata rubata dal maledetto virus poche settimane fa.
Ho svolto anche una intensa attività sindacale medica, come presidente per la sezione mantovana dell'associazione nazionale dei Primari per cui sono stato consigliere nazionale; in questa veste ho assistito impotente alla demolizione del Servizio Sanitario Nazionale che si è verificata tra il 2009 ed il 2017 da parte della nostra classe politica. Sono stati tagliati in tutto 35 miliardi di finanziamenti in 9 anni, con una media di 4 miliardi all'anno: ho visto il blocco delle assunzioni di medici ed infermieri (50.000 in meno), il blocco dei contratti di lavoro (dai 10000 ai 35000 euro lordi persi in 9 anni dagli operatori sanitari), il taglio di letti (a decine di migliaia, dato non facile da verificare con esattezza) fino a portare il rapporto a 3,2 letti per 1000 abitanti a fronte della Germania con 8 per mille; e ovviamente la chiusura di centinaia di reparti ospedalieri e decine di ospedali.
Aggiungo la follia del numero troppo chiuso per le facoltà di medicina, pur sapendo i politici che tra il 2020 ed il 2030 sarebbero andati in pensione decine di migliaia di medici; e ancor peggio è stato il numero molto più chiuso per le specialità mediche, che ha portato ad una carenza pesantissima di specialisti e indotto migliaia di medici neolaureati ad emigrare per specializzarsi; molti di questi poi non sono tornati, perché pagati molto meglio in altre nazioni. Tanti infermieri hanno fatto lo stesso percorso, tanti per modo di dire perché vige il numero chiuso anche per le scienze infermieristiche .
Mi pare corretto menzionare gli artefici di questi capolavori: Silvio Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta (neo segretario del PD, che come capo del governo detiene il record, con un personal best di 11 miliardi tolti in 10 mesi), Matteo Renzi, Paolo Gentiloni. Il mandante? L'Unione Europea con lo strumento del Patto di Stabilità. “Ce lo chiede l'Europa”…, come adesso ci chiede di morire senza vaccini… ma andiamo per ordine.
Ammetto che i due governi di Giuseppe Conte hanno finalmente invertito questa tendenza; hanno firmato ed applicato il nuovo contratto di lavoro, aumentato i posti in medicina e scienze infermieristiche, aumentato i posti di specializzazione, rifinanziato la Sanità, il tutto anche prima dell'emergenza COVID 19, con risultati che si vedranno tra 5 -6 anni. Purtroppo il danno enorme alla sanità era fatto, e di fronte a tutto questo scempio e alla incredibile mediocrità della classe dirigente delle Aziende Sanitarie, all'inizio del 2017 ho deciso di ritirarmi dal pubblico servizio con tre anni di anticipo e di godermi la vita senza subire e soffrire la riduzione del SSN, in cui avevo creduto per tutto il mio percorso professionale.
Mai però avrei immaginato di dover assistere alle ovvie conseguenze disastrose di quella pessima politica sanitaria: la pandemia virale che fa collassare in 15 giorni, tra il 20 febbraio ed il 5 marzo del 2020, il nostro SSN, assolutamente inadeguato a fronteggiare l'assalto del coronavirus; da quel collasso di un anno fa la nostra sanità non si è mai più ripresa, e tuttora soffre e soffrirà malgrado l'ennesima serrata di due mesi; chiudendo nuovamente tutto fino ai primi di maggio (se va bene…) stiamo evitandogli il crollo definitivo ed irreversibile. Ma di questo aspetto parlerò in seguito.
2. Veniamo a noi: Fabio mi ha stimolato ad approfondire il rapporto tra sport all'aperto ed epidemia da coronavirus, impressionato da un mio messaggio su Whatsapp in cui sostenevo che all'aperto, anche senza mascherine e solo col distanziamento, per contagiarsi occorre impegnarsi a fondo; in altre parole è necessario portare la mascherina per rispetto delle regole, ma restando ben convinti che si sta facendo un atto inutile.
È evidente che col virus che circola non possiamo organizzare Vasco Rossi a Modena Park, e nemmeno riempire il Braglia di Modena (21mila posti) o pensare di ammucchiare 5000 persone alla partenza della Corrida di San Geminiano; la partita Atalanta-Valencia del febbraio 2020 con 50.000 spettatori stipati nei due anelli inferiori di San Siro passerà alla storia per essere stata la bomba atomica che pochi giorni dopo ha messo in ginocchio Bergamo e Valencia; ed è ovvio, 50.000 persone con molti diffusori di virus in mezzo che ballano cantano urlano sputano tossiscono e starnutiscono per 4 ore non possono che innestare una deflagrazione incontenibile.
Ma tutto il resto all'aperto si può fare: mantenendo la distanza, evitando di gettare gocce naso-buccali in faccia ad un altro, di toccarsi le mani nude e poi gli occhi; occorre rispettarsi l'un l'altro anche senza mascherine (che al massimo ci proteggono… dall'inquinamento atmosferico).
Attività motorie all'aperto: tutte, con qualche precauzione. È corretto fare gare di corsa con percorsi certificati FIDAL o EPS, tenendo le distanze in partenza, la mascherina per 500-1000 metri, senza ritrovi in tenda né rifornimenti di massa a fine gara, premiazioni con distanza. L'amico Marri e altri del mio gruppo hanno corso ovunque la scorsa estate, e nulla è accaduto. Questo vale anche per il ciclismo; su 60 tappe di Giro, Tour e Vuelta nessuno dei 200 corridori in gruppo, quantunque ben vicini per migliaia di chilometri in gruppo, si è infettato. Solo la Mitchelson di Yates ha dovuto abbandonare il Giro perché in Sicilia un albergatore aveva ospitato insieme alla squadra inglese anche alcuni turisti (risultati poi infetti) senza creare la “bolla” richiesta dall'UCI; Michael Matthews se ne è andato a casa per un tampone falso positivo, cui sono seguiti tre tamponi fatti in 6 giorni, tutti negativi. Ridicolo, ed è accaduto proprio in Italia. Poi in Francia e Spagna non c'è stato alcun contagio di ciclisti.
Molti atleti noti si sono contagiati in tutti gli sport a cominciare dalla nostra nazionale militare a Wuhan a fine ottobre 2019; alcuni di loro avevano iniziato a rilasciare interviste nel marzo 2020, ma poi, guarda caso, sono stati messi a tacere da qualche superiore. Questo episodio mi ha colpito, e mi ha fatto capire che la comunicazione del dramma pandemico sarebbe stata guidata dall'alto e manipolata, come poi è stato.
Alcuni atleti in tutti gli sport hanno avuto la malattia in forma moderata restando positivi per molte settimane, ma non mi risultano ricoverati e nemmeno deceduti, a conferma che la malattia è grave, ma con un buon sistema immunitario si guarisce.
Io avrei lasciato il 10% degli spettatori negli stadi, naturalmente controllando i flussi in entrata ed in uscita e pretendendo l'uso di mezzi propri con acquisto dei biglietti in rete. In Ucraina hanno lasciato il 50% degli spettatori e hanno meno della metà dei nostri decessi per milione di abitanti: 770.
I giocatori di calcio si infettano in famiglia o con le amiche e gli amici, e alcuni contatti da spogliatoio possono far deflagrare un contagio, come pure le ammucchiate in campo dopo la realizzazione di una rete, ma di certo negli allenamenti e nelle partite all'aperto si sono contagiati in pochissimi.
E cosi è anche nelle vie dello shopping, nei centri storici durante i week end, in spiagge affollate: ovviamente rispettando il distanziamento fisico; ma per questi comportamenti lo Stato, appoggiato da alcuni miei colleghi deliranti e prezzolati in TV e sui media ci ha rimproverato e incolpato del contagio; l'hanno fatto per coprire le loro manchevolezze, e se pensiamo che qualcuno si sia infettato all'aperto facciamo parte di quei 10 milioni di italiani (che erano 6 un anno fa) che hanno bisogno di psicofarmaci e aiutini psichiatrici.. Ho raccolto decine di testimonianze tra coloro che hanno avuto la malattia, e nessuno mi ha confessato il sospetto di essersi infettato in ambiente libero: tutti avevano sospetti su eventi al chiuso.
Alcuni studiosi dell'Università di Berlino hanno pubblicato in questi giorni i risultati di un lungo ed accurato studio sulla propagazione del virus nei vari ambienti; quando si sono trovati ad esaminare i molti dati raccolti all'aperto, hanno deciso di non pubblicarli nemmeno, perché erano inconsistenti: cioè senza mascherine all'aperto non succede nulla, zero assoluto.
Io la porto sempre, solo FFP2 (non prendo nemmeno in considerazione tutte le altre soluzioni); lo faccio per rispetto delle regole e del prossimo, per non sentirmi urlare dietro da qualche imbecille e per non doverla mettere e togliere quando entro ed esco da un locale chiuso. Ma non ci credo e non ci crederò mai.
3. Chiudere le attività sciistiche, i circoli sportivi per le attività motorie all'aperto, sospendere le gare di cross regionali e tutti gli sport all'aperto e anche le palestre sono state decisioni sbagliatissime e che semmai hanno favorito il contagio: molti sono rimasti chiusi in casa a bere, mangiare e drogarsi di pillole o altro, passandosi il virus coi conviventi, le amiche e gli amici, e abbassando le proprie difese immunitarie, favorendo insomma le forme gravi e gravissime della malattia per poi trasmetterla a genitori e nonni.
È quello che succede da tre mesi e che succederà nei prossimi due: come si fa a pensare che una persona ‘latina’ tra i 15 e i 50 anni possa vivere dalla fine di ottobre senza luoghi di svago e di ritrovo? Qualcuno pensa che tutti i giorni non ci siano in Italia feste private in case, in alberghi, in locali chiusi davanti ed aperti dietro? Se qualcuno lo pensa deve riflettere sul fatto che da due mesi l'età media degli accessi ai Pronto Soccorso è scesa a 40 anni. Peraltro su Science, Nature e Lancet, importantissime riviste scientifiche che selezionano le pubblicazioni rigorosamente, da tre mesi compaiono articoli in cui veri scienziati stanno attaccando le serrate totali perché inutili e anzi dannose.
La Svizzera ha tenuto aperti gli impianti con riempimento al 50%, ma chiusi bar, baite e ristoranti in quota, cabine delle teleferiche con finestrini aperti e doppie mascherine, biglietteria in rete, hotel al 50%: risultato, 1170 decessi per milione di abitanti, noi siamo a 1710. L'Austria ha tenuto aperto le piste e gli impianti di risalita solo per i residenti nelle varie province, senza turisti stranieri: 995 decessi per milione.
In medicina contano i risultati che sono dati da numeri e percentuali, il resto non conta, e questi sono i risultati deprimenti dello Stato Italiano sotto l'aspetto delle tecniche di protezione dal virus; gli altri risultati sono peggiori; un economista del PD come Luca Ricolfi ha pubblicato un libro che riassume tutto questo: La notte delle ninfee, come si malgoverna una pandemia.
Negli ambienti chiusi possiamo parlare davvero della Corona Virus Disease o della “malattia da COVID 19” (che è femminile, ma tutti dicono il COVID); gli studi di Berlino tengono conto del tempo di permanenza (dato fondamentale) in ambiente chiuso, dei metri cubi di aria a disposizione per ciascuna persona e dell'aerosol che ciascuno emette, che ovviamente aumenta sotto sforzo, in presenza di un solo diffusore del virus; gli esperimenti (simulazioni) sono stati fatti con e senza mascherina.
Risultati:
Con mascherina: Il rischio (R0) 1 (il diffusore contagia 1 persona) è al supermercato; in una classe scolastica delle medie superiori col 50% di presenze, rischio 3; assai meno nelle scuole dei bambini; in un ufficio al 50% rischio 4; teatri cinema grandi al 30% di riempimento rischio 0,5 (ma perché sono chiusi da un anno?).
Senza mascherina: va raddoppiato il rischio riferito sopra per ogni attività; nelle piscine coperte e nei ristoranti al 50% rischio 2,5. Palestre rischio 3,5. Non è stato studiato il fenomeno nelle famiglie, negli ospedali e nelle residenze per anziani, ma qui ci aiuta la cronaca senza necessità di studiosi, basta la parola: un disastro. (continua)
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