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Lug 06, 2022 2636volte

I “Racconti di corse” di Francesco Colombo, da tapascione a “keniano bianco”

Un arrivo a Cinisello nel 2013 e la copertina del libro Un arrivo a Cinisello nel 2013 e la copertina del libro Roberto Mandelli

Come per tanti di noi, lo sport dell’infanzia e adolescenza di Francesco Colombo era il calcio, con l’atletica scoperta solo dopo i 25 anni causa un serio trauma patito giocando tra amici. C’erano buoni presupposti, come l’essere stato l’unico capace, all’Isef, di correre i 3000 sotto i 12 minuti, finché la curiosità lo spinse a una 10 km serale di Cesano Maderno, nel 2013, con scarpe da ginnastica consumate, un 68° posto finale su 454, e le foto di Arturo Barbieri. La passione era scoppiata e non si sarebbe più fermata, salvo forze maggiori…

Nell'estate 2020, dopo il lockdown e con le gare ormai lontane – ci scrive l’autore - mi è sorta l'idea di mettere per iscritto i ricordi di quegli anni di corse. Inizialmente voleva essere solo per me stesso, poi ho voluto condividerlo con colleghi e parenti stretti, stampando qualche copia ma inizialmente senza pubblicarlo. Alla pubblicazione ho associato l'idea dell'adozione a distanza, che ovviamente farò ugualmente anche non dovessi raggiungere la cifra necessaria. In questo modo ho potuto raccontare della mia esperienza ai miei alunni della scuola media dove insegno Educazione Fisica, ai quali ho sempre provato a insegnare a non arrendersi mai e che la fatica è necessaria per raggiungere qualsiasi obiettivo”.

Siccome l’obiettivo di ogni stradista è arrivare a correre una maratona, già nel 2014 l’avvicinamento cominciò con la 21 della Montefortiana, una gran fatica intrisa da qualche “smorfia di dolore”; e *il gran balzo avvenne meno di due mesi dopo alle Terre verdiane: qualche inevitabile errore di inesperienza lo porta a una crisi di sete e alla necessità di camminare per qualche tratto, ma ne esce un 3.17 oltretutto immortalato da Stefano Morselli (qui a p. 20: è una delle tante foto da Podisti.net che arricchiscono l’opera). Curiosamente, c’ero anch’io, che andavo ancora discretamente tant’è vero che Francesco (senza saperlo) mi inflisse appena 40 minuti.

La moglie Federica è fedele accompagnatrice, prima da sola, più tardi con le figlie che arriveranno: una volta si cimenta addirittura in una cronoscalata a coppie da Erba: esito positivo, “pane salame e un buon bicchiere di vino rosso”, ma per il momento resterà un unicum. Mentre Francesco prosegue singolarmente (s’intende, con la moglie a bordo strada, e spesso con amici e colleghi a fianco) e, nell’unica maratona estera finora corsa, che fortunatamente non è New York ma Reykjavik, nell’agosto dello stesso 2014 scende sotto le tre ore. Tempo che sarà ampiamente battuto da un 2.43:07 a Santhià l’anno dopo, gara corsa “da soli in mezzo al nulla… non un essere vivente”, ma celebrata da un terzo posto assoluto.

Addirittura primo sarà Francesco nel giugno 2015, in un Urban Trail a Novedrate, vicino a casa, concluso con un intervento d’urgenza al pronto soccorso per suturare i guai di una caduta (che ancor oggi gli lascia “un mignolo di legno”); e malgrado tutto, a settembre verrà il successo nella prima e unica maratona del lago di Varese, con un 2.46 fotografato ancora da Arturo Barbieri (p. 42), e la premiazione con la figlia neonata Lisa tra le braccia.

Un altro evento memorabile, che non a caso Francesco ha corso 6 volte collegandolo alle vacanze estivea Castelrotto, è la mezza dell’Alpe di Siusi (ideata dal nostro amico Hartmann Stampfer), che in parte si dipana lungo un sentiero “talmente duro da far venire le lacrime”, comunque segnata nel 2016 da un terzo posto assoluto; mentre una nuova vittoria (della quale l’autore quasi si scusa) sarà nel novembre 2016 al “Barbarossa Doble Trail” di Montorfano nel comasco: in tanti sbagliano percorso, e Francesco (che ha sbagliato “meno”) si ritrova primo a sorpresa, un “insperato trionfo… pur non essendo il più forte”.

All’estremo opposto sta l’esperienza della “First Marathon”, che “non certo in un luogo suggestivo”, Calderara di Reno a fianco dell’aeroporto di Bologna, inaugurava l’anno, per “pochi coraggiosi (69 in totale)”, che si mettono in maggioranza a camminare o trotterellare chiacchierando allegramente, “stupiti della nostra andatura”. E così commenta il protagonista: “Mi domando se quelli strani siano loro … o siamo noi che ci danniamo l’anima per non perdere nemmeno un secondo… E’ solo una questione di punti di vista”. Complice un guaietto fisico analogo a quelli che (si dice) erano l’assillo costante di Zenucchi, da quella gara arriverà solo un secondo posto in 2.58. appena davanti alla prima donna.

È un’esperienza anche quella, come sul fronte opposto lo sono le scalate alla Torre Allianz di Milano del 2018 e ’19, o le corsette all’alba nelle città meta di gite scolastiche (prima che gli studenti si sveglino): finché arrivano il Covid e i lockdown, con l’autore che s’ingegna a correre sul tapis roulant o nel cortile o sulle rampe del garage di casa a Seregno, fino a completare una 42 autogestita.

I mesi che seguono, a parte le rare e avventurose vacanze strappate alle limitazioni, saranno dedicati alla raccolta delle proprie emozioni per questo libro, per dire a tutti noi che “la corsa riporta la calma, rimette in ordine i cocci e le priorità della vita”.

 

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