Terre del lambrusco: un weekend post-antico
In questo fine settimana, nel quale gli oracoli più consultati sono stati i bollettini meteo e i comunicati di annullamenti gare, i modenesi e limitrofi (con qualche bolognese e una discreta pattuglia reggiana) sono insperatamente riusciti a correre le gare previste dal calendario annuale sia al sabato sia la domenica.
Si è cominciato sabato 10 a Cortile, frazione orientale di Carpi al confine con Novi e Cavezzo, terra di Lambrusco Salamino (oltre che di bianchi decisamente mediocri): sarà forse per l’aria quasi extradoganale, ma è stata sfatata la triste abitudine carpigiana di sopprimere le corse al penultimo minuto (cominciando dalla maratona e finendo coi trail intitolati a Olmo albero nonché atleta). Fallite anche le previsioni del tempo che davano pioggia al 65%, e insomma alle 15,30 si sono ritrovate, sotto il sole o quasi, a occhio 3-400 persone per il 25° Giro di Cortile, una non competitiva che nel percorso più lungo dichiarava km 7,800, rivelatisi poi 8,500: quasi tre dei quali, i più pittoreschi, sull’argine sterrato del Secchia (a sua volta discretamente gonfio, sopra il livello delle campagne circostanti). Tracciato in parte nuovo, rispetto a quelli assai più monotoni che si svolgono in estate, e che veniva a toccare quello dell’ultima tappa del trail notturno di qualche mese fa con partenza dalla vicina frazione di S. Martino Secchia.
Anche se la gara era non competitiva, come al solito qualcuno, ovvero il sempiterno Valentini del Cittanova, si è premurato di prendere giù i primi arrivati, che la locale Gazzetta colorerà coi suoi titoli ad effetto, sul tipo “A Cortile incanta Gianluca Mazzi”: infatti il portacolori de La Patria (veramente sul quadernino sta scritto “Massi”) ha prevalso su Luca Raimondi e Matteo Guidetti. Tra le donne, pronostichiamo un titolo quale “Delirio del pubblico e mimosa d’oro per Silvia Torricelli” (altra valente carpigiana), mentre non sono sicuro, nemmeno con l’aiuto di Italo Spina, di decifrare bene il brogliaccio per il nome della seconda arrivata, che sembra Laura Lipintola o qualcosa del genere; terza Morena Cerchiari. Ordine d’arrivo, ovviamente, garantito dall’onestà dei partenti anticipati, che al traguardo si chiamano fuori.
Solito euro e mezzo di iscrizione, che oltre al ristoro intermedio e finale ha garantito mezzo chilo di pasta per tutti. Un po’ di nostalgia per chi ricorda come a Cortile, nello stesso parchetto oggi sede del ritrovo, anni fa in questa occasione stava seduto Ivano Barbolini per vendere in anticipo, a 5 euro, i pettorali delle sue leggendarie Tre Sere. Non mancava invece nemmeno oggi Pietro Boniburini, ex campione e apprezzato scarparo, che pare abbia fatto notevoli affari (io pure ho corso oggi con delle Mizuno che mi vendette lui un anno fa).
Il tempo per una doccia e una dormita, e rieccoci alle 9 di domenica 11 a Solignano, comune di Castelvetro cioè terra del lambrusco Grasparossa e del Pignoletto: è la 37° edizione della Camminata, che nei primi anni si svolgeva in forma competitiva (ricordo un Rossano Galli che sorpassò in tromba, sull’ultima salita, noi che facevamo i 15 km, e ci fermammo ad applaudirlo e incoraggiarlo); ma ben presto è stata roncaratizzata a non competitiva, su un percorso giudicato il più bello della provincia di Modena (esclusa l’area montana), non a caso scelto da molti di noi come terreno di allenamento, singolo o collettivo: e il ricordo va purtroppo a un altro che non c’è più, quel Gianni Vaccari che tutti gli anni riusciva a radunare qui cento e più amici, la vigilia di Natale, per una sgambata su percorso identico a quello di sempre, dai 90 metri di Solignano Nuovo alla Bolognina (dove oggi si è spinta Teida la fotografa per i suoi scatti itineranti) e su per via Medusia ai 200 metri del castello di Levizzano, dopo 6 km con un breve tratto di sterrato, e ai 311 della Madonna di Puianello dopo 8,5, al culmine della salita dei Buricchi impegnativa e pittoresca.
Solignano 2018
Da lì il ritorno a Levizzano per un’altra strada, e la lenta discesa, con qualche strappetto, verso la chiesa di Solignano Vecchio (altro luogo panoramico, anche per la presenza di storici tini Maselli, ora collocati in un parchetto come tane per giochi di bambini); indi una serpentina un po’ ripida, e un’ultima salitina dove si è di nuovo appostata Teida a scattare, porta al traguardo (che comunque non è marcato in nessun modo) dopo 18,600 km (per un totale di 325 metri di dislivello). Erano disponibili anche percorsi di 15 km (il più gettonato, direi) e su distanze minori.
Iscrizioni alla quota di 1 euro, roba da “reddito di cittadinanza”, che dà diritto a quattro ristori lungo il percorso maggiore, più ovviamente il ristoro finale, dove riceviamo anche una confezione di piade; purtroppo non c’è più il ristoro “di-vino” presso uno dei tanti agriturismi della zona, intorno al km 14. Pensare quando, nei tempi del podismo antico, la bottiglia di vino era il premio più tipico…
Piove (blandamente) alla partenza e per la prima ora di gara: le previsioni meteo davano pioggia al 90%, forse per questo non si vedono le folle oceaniche di altri tempi, sebbene l’elenco delle società in classifica (dominato dalla solita Cittanova, che ha comprato ben 180 pettorali!) dia un conteggio di almeno mille iscritti tesserati per qualche gruppo.
È possibile che i più competitivi siano andati alla vicina Pieve di Cento, per una 21 tra i gioielli del podismo regionale; altri patiti di “fango e neve” sono andati a trail nel parmigiano o nel ravennate (in effetti, un anno fa anch’io ero a Langhirano con Massimo Muratori per il trail a coppie, ma oggi ci troviamo entrambi qui per una giornata di quasi-scarico); di qualche altro, già podista di rango, si sa che “è andato a mangiare il pesce”. Ah – dico -, bella idea, quella di fare una corsa in riviera e poi restare là a pranzo! – Macché corsa in riviera, quelli sono andati a mangiare e basta! – è la risposta. Le fatiche e le glorie antiche finiscono sui tavoli dei ristoranti rivieraschi a mangiare pesce del Vietnam.
Certo non eravamo in mille alla partenza, stante l’abitudine (qui piuttosto consolidata) di partire prima con la giustificazione, normale in questa gara, che “non ti aspettano”, inteso che sbaraccano tutto. Cosicché dalle foto traspaiono alcuni ex campioni (soprattutto appartenenti alla società del citato Roncarati, o a gruppi che a lui si ispirano) bellamente per strada mezz’ora o più prima del via. Peggio per loro, che si sono beccati tutta l’acqua, mentre su noi regolari, dal passaggio per Puianello, non solo è smesso di piovere ma è persino spuntato un barlume di sole, con temperatura salita fino ai 10 gradi. Cosicché quel tal podista di Mirandola che ha corso in canottiera (direi l’unico, tra tanti impermeabili e berretti e guanti) non ha patito freddo.
E posso attestare che almeno fino alle due ore e mezzo di gara gli incroci erano presidiati e il ristoro finale in piena efficienza. Ma in questo weekend post-antico, i corridori antichi, gli ex atleti che un tempo si sfidavano sulle nostre dolci alture, per ogni anno che passa aumentano di numero e accentuano i loro vizietti post-sportivi: finché artrosi od osteoporosi od obesità o propensione alle mangiate di pesce vietnamita non li separino dal nostro mondo. Quanti torneranno a Solignano tra vent’anni?
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