Curtatone: la “primavera della patria” si è fatta maratona
14 maggio – In una giornata nella quale mezza Padània stava in allerta rossa (questi amministratori pubblici sempre pronti a pararsi il ** da eventuali guai, memori del comodo proibizionismo dell’epoca Covid), e nella confinante provincia di Modena – ad esempio – tutti i podisti sono stati costretti al lockdown in previsione di chissà quali cataclismi e straripamenti di fiumi, persino sulle alture di Maranello dove fiumi proprio non ce ne sono: invece sulla sponda sinistra del Po, alle 8 di domenica mattina è smesso di piovere, e nelle ore successive ci sono stati solo sprazzi di pioggerellina di marzo, che i più intrepidi come Paolino Malavasi hanno affrontato senza nessuna protezione, mentre altri si sono accontentati di impermeabili leggeri che alla fine facevano fin troppo caldo.
Alla faccia dei gufi e degli amministratori di cui sopra: Rinaldo “Bubu” Furlan ricorda di quella volta che, in una mattinata di pieno sole, il suo trail fu ridotto per un 20% di previsione di temporale, e io ribatto con la maratona di Messina annullata perché tirava un vento forte da farci cadere in mare… E purtroppo (postilla del lunedì pomeriggio) dalle parti di Bonaccini si insiste: in previsione di una nuova allerta, scuole chiuse al martedì e forse mercoledì. E i bambini a chi li lasciamo? Alla Schlein, s’intende.
E forse il terrorismo mediatico ha tenuto a casa molti, cosicché alla fine sul traguardo della maratona si sono presentati in 251, e solo 89 nella mezza maratona (secondo stime ottimistiche, i partecipanti alla 10 km non comp erano un centinaio). Mi permetto di aggiungere tra i “dissuasori” anche i costi non a buonissimo mercato (dai 40/50 euro per la maratona annunciati sul sito del Club Supermarathon, nella pratica il sito che gestiva le iscrizioni ne voleva 10 in più, con l’aggiunta dell’odiosa cresta di 2/5 euro), e una certa confusione informativa per cui pareva che le iscrizioni fossero chiuse il venerdì mentre sono rimaste aperte sino all’ora di partenza.
Infine, certo, la rinomanza dei luoghi non aiuta: degli eroici studenti, soprattutto toscani, che a Curtatone e Montanara nel maggio 1848 resistettero alle truppe di Radetzky permettendo poi la “prima italica vittoria” (Carducci, in quel “Piemonte” che studiavamo a memoria) del nostro Risorgimento, a Goito, e la conquista di Peschiera, sappiamo ormai solo noi avanzati negli anta. Gli studenti di oggi piantano le tende per ragioni folcloristiche e social, non certo per difendere la patria; il Risorgimento è stato svalutato e quasi cancellato da una certa tendenza “educativa” che privilegia le leggende resistenziali; e insomma non si poteva sperare che il nome di Curtatone attirasse mara-turisti, come l’avrebbe forse ottenuto il passaggio per Mantova, che a gennaio era annunciato ma poi è stato cancellato per l’inerzia dell’amministrazione del capoluogo (ah, se avessero eletto sindaco Marco Simonazzi…!), riducendo il nostro percorso a una escursione per stradette basse e attraverso villaggi dai nomi talora bizzarri come Ponte Ventuno o Scorzarolo. Il passaggio sopra Scorzarolo, sull’argine del Po tra i km 15 e 20 circa (ricalcando il tracciato di una simpatica fiaspata locale), è stato anzi il momento più pittoresco del giro; cui personalmente aggiungerei la vista da (non troppo) lontano del profilo di Mantova, con la cupola di S. Andrea in evidenza, intorno al km 35.
Niente da dire sotto l’aspetto tecnico: chiusura al traffico pressoché assoluta, con notevole presenza di vigili e volontari; omologazione Fidal del percorso in piena regola (e questo sicuramente ha fatto lievitare i costi, data l’esosità federale), misurazione inattaccabile anche se pagata con gli ultimi cinque o sei km in spirali tortuose tra Montanara e Curtatone, nell’impossibilità di visitare il monumento alla battaglia perché ‘coperto’ da un trenino locale (credo sia quello su cui salivano Peppone e don Camillo) che ogni tanto faceva abbassare le sbarre.
Ottima la collocazione del centro maratona negli impianti sportivi del “Boschetto”, con spogliatoi, docce caldissime (sebbene allagate) e un bar-ristorante a disposizione. Va detto che a un pacco gara decisamente povero si sommava un riso-party di eccellenza assoluta (foto 7 del servizio messo insieme dal paziente Mandelli), tanto più che abbiamo beneficiato anche del buono di Alle-Simo, sanamente vegetariani, e che già durante la corsa mi avevano offerto un loro k-way nel caso la pioggia si fosse infittita. In più, complesso rock dal vivo per ore e ore (foto 10-13): insomma, nulla si può imputare al Club Supermarathon di Paolo Gino, che ha trasferito qui la sua collaudata capacità organizzatrice, col tocco in più dell’omologazione che garantiva l’ufficialità dei tempi cronometrici (gestiti da Icron, con un rilevamento al giro di boa del km 17,5 che ha dissuaso eventuali accorciatori).
Ristori ottimi e abbondanti, e si sono rivisti, per la prima volta dopo il Covid, le spugne ai regolari intervalli: per questo, Curtatone über alles!
Usuale ormai il servizio fotografico, abbondante e gratuito, garantito da Filippo (foto 6) e Sergino: il quale è stata la prima apparizione, all’ingresso del centro maratona (foto 2 e 3), con le funzioni di parcheggiatore a suon di fischi trapattoniani con sfumatura erotica.
Poi, molte facce note tra gli aficionados delle 42 (molte, devo dire, ma non moltissime): con “Bubu” (foto 4) ci siamo fatti compagnia nella fila per il ritiro pettorale, ripassando le guerre d’indipendenza, tra le Cinque Giornate e la fatal Novara, e poi la rivincita di Montebello-Palestro-Magenta, e le tre S di Solferino-Sadowa-Sedan che hanno in pratica creato l’Italia piemontese. Con l’aggiunta di “Curtatone e Montanara”, nomignoli non troppo affettuosi dati a re Vittorio Emanuele III e la regina Elena del Montenegro, chiamata a rafforzare la razza-Savoia alquanto degradata (e infatti nacque Umberto, il bel re di maggio, che dettò la moda perfino nel modo di pettinarsi).
Si parte, nu poco chiove e nu poco stracqua, sull’argine tira un gran vento freddo (e qui il k-way di Alle-Simo mi viene buono), al giro di boa ci si saluta tutti: Paolo Solfrizzo da Concorezzo ha fretta di vedere il Monza sconfiggere o’ Cambione scudettate, e in 3.44 sbriga la sua partita finendo terzo di categoria; come terza nella sua è la bella segretaria del Club Anna Cordero (3.57). Ma passa poco tempo e arriva in 4.03 il primo M 75, il solito grande Leandro Pelagalli, che dà dieci minuti a Maurito Malavasi e più di venti al fananese Mauro Gambaiani, venuto qui (mi dicono) all’ultimo istante dopo la soppressione della gara cui era iscritto.
E Paolino, chi lo ferma più? Al giro di boa mi è poco dietro, mi supera al 22 (“a vòi vàdder sag matt du or e desnov anch in dla secànda metè”), e alla fine arriva in 4.45, tre minuti davanti alla coppia benefica Alle-Simo (Simo alla fine sfoggia una stupenda chioma leggermente arricciata, da splendida trentenne). Personalmente, mi sto quasi addormentando, con qualche km fatto in 8 minuti (bè, è già un progresso non camminare, come accaduto nelle ultime tre quarantadue), quando al ristoro del km 40 vedo il collega Fabio Rossi, che abita qui, mi fotografa (un paio di immagini della collezione sono sue) e sprona: da quel momento, scendo addirittura sotto i 7’, e vorrà dire che nella prossima maratona Fabio verrà al 35 così mi sveglio prima.
Al traguardo (dopo aver superato lo sfottò di Nunzio, ultimo della 21, che dal suo pulpito mi rinfaccia il distacco da Paolino), ricevo una bella medaglia, finalmente di forma circolare e leggermente monarchica (ah, quel re bestemmiato e pianto che passava con la spada in pugno ed il cilicio al cristian petto!); è addirittura il presidente Gino (foto 5) a snocciolare microfonicamente tempi e prestazioni, Sergino a fotografarci tra soldati austriaci o piemontesi (foto 25); questo fino all’arrivo dei nomi storici dei supermaratoneti: ol Sindic mancato Simonazzi (foto 14), Alfio Polidori che a Santarcangelo vuole creare un museo del maratoneta (ma anche lui deve scontrarsi con sindaci ignavi per non dire ignoranti del fenomeno); la grande fornaia di Cernusco Rita Zanaboni (foto 9, col mitico Paolino), fino all’ultima, la bolognese targata BG Marina Mocellin.
Doccia, pranzo con musical come a Nashville, e siccome manifesto il desiderio di visitare i luoghi dell’eroismo, sono indirizzato alle due massime autorità in materia, Righi e Tòtaro, che in una amabile conversazione mi istruiscono, non solo sui meriti sportivi recenti di Bruno Migliorini cui è dedicata un’ala dell’edificio (foto 8), ma sull’eroismo antico del docente Leopoldo Pilla, sulla resistenza alla Corte spagnola e alla Rocca di Montanara, e la disposizione “alla bersagliera” degli studenti davanti all’odierno municipio di Curtatone. E alla fine mi promettono che l’anno prossimo Mantova potrebbe entrare anche in questa maratona.
Ce ne andiamo appagati, ma non si può partire senza un’escursione, di un paio di km di raggio, nei luoghi storici. E ci salutiamo col Poeta: “arse di gloria, rossa nel tramonto – l’ampia distesa del lombardo piano… A quella polve eroica fremente, - a questa luce angelica esultante – rendi la patria, Dio; rendi l’Italia – a gl’Italiani”.
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