Direttore: Fabio Marri

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Fabio Marri

Fabio Marri

Probabilmente uno dei podisti più anziani d'Italia, avendo partecipato alle prime corse su strada nel 1972 (a ventun anni). Dal 1990 ha scoperto le maratone, ultimandone circa 280; dal 1999 le ultramaratone e i trail; dal 2006 gli Ultratrail. Pur col massimo rispetto per (quasi) tutte le maratone e ultra del Bel Paese, e pur tenendo conto dell'inclinazione italica per New York (dove è stato cinque volte), continua a pensare che il meglio delle maratone al mondo stia tra Svizzera (Davos e Interlaken; Biel/Bienne quanto alle 100 km) e Germania (Berlino, Amburgo). Nella vita pubblica insegna italiano all'università, nella vita privata ha moglie, due figli e tre nipoti (cifra che potrebbe ancora crescere). Ha scritto una decina di libri (generalmente noiosi) e qualche centinaio di saggi scientifici; tesserato per l'Ordine giornalisti dal 1980. Nel 1999 fondò Podisti.net con due amici podisti (presto divenuti tre); dopo un decennio da 'migrante' è tornato a vedere come i suoi tre amici, rimasti imperterriti sulla tolda, hanno saputo ingrandire una creatura che è più loro, quanto a meriti, che sua. 

13 aprile – Nella domenica in cui la regione assorbe i maratoneti con la 42 di Rimini, e pure nei dintorni di Modena ci sono gare competitive (senza considerare quella del giorno prima a Rocca Malatina), la giornata piovosa tiene lontane le folle da quella che è sempre stata considerata la non competitiva più bella del Modenese.

A dire la verità, la pioggia smette mezz’ora prima del via ufficiale, e riprenderà solo verso mezzogiorno quando tutto sarà finito: ma sta di fatto che alle 9 sotto l’arco di partenza della 41^ Camminata della Val Nizzola saremo si e no in trecento, nemmeno giovani e forti, da Micio Cenci a Giorgio Reginato (equidistante geograficamente e passionalmente dal Sassuolo in serie A e dal Modena che si salverà in B, e del tutto indifferente alle dubbie glorie della Ferrari-Elkann), dai coniugi Vecchié ai coniugi Casolari, da una delle due sorelle Gandolfi (l’altra è a Rimini) a entrambi i fratelli Baldini. C’è perfino Lupo Sport, ma la sua bancarella (in presenza dell’altra gestita dallo sponsor della manifestazione) è confinata in posizione quasi invisibile; quasi di fronte, Italo smaltisce la sciatica su una panchina del centro sportivo, da cui si alzerà solo per immortalare (diciamo così) la partenza e qualche arrivo un po’ random.

E’ vero che Solignano, fin dai tempi che lo organizzava Stornelli anche in forma di competitiva sui 21 km, era il paradiso dei partenti anticipati, che non volevano perdersi il passaggio da Puianello ma temevano di non stare nelle 4 ore consentite; e dunque ci capita anche oggi di sorpassare qualcuno, come l’intrepido Giangi che vorrebbe appunto arrivare a Puianello (meta non prevista nella versione attuale, appunto su misura di vecchietti), solo che non ricorda da dove si esce a Levizzano per salire su (la più corta è per i Buricchi)… In compenso, il ristoro di Levizzano è grandioso, specialmente di frutta, e giustifica pienamente la quota di iscrizione di 3 euro, che dà diritto anche a una maglietta ‘benefica’ e a vari buoni sconto.

Su queste strade i più vanno a memoria, e dunque sanno correttamente scegliere alla Bolognina il bivio tra gli 8 e i 14 km, malgrado il cartello sia poco chiaro (non lo dico io, ma la succitata sorella Gandolfi-cognata-Spina, che raggiungerò all’ultimo km in compagnia di Morena Baldini) e colpevolmente manchi un segnalatore: dunque su per la Medusia e giù per la Tiberia, ma si può anche fare al contrario, sorbendosi il pessimo e trafficato km e mezzo della strada provinciale per Castelvetro prima di svoltare a destra o a sinistra.

Dolci colline dove gli alberi cominciano a fiorire (Paolo Garuti, storico podista vignolese, annota i “profumi indescrivibili” di questa stagione), e fanno bella mostra i vigneti già perfettamente in ordine per produrre, anche quest’anno, l’ottimo Grasparossa o i bianchi frizzantini (questi sarebbero da esportare in Usa, non l’osceno lambrusco a 7,5 gradi delle Riunite, su cui è invece auspicabile un dazio del 150%).

Qualche tratto sterrato o lastricato prima del passaggio per Levizzano e del ristoro, poi si va in discesa salvo qualche leggera ondulazione in corrispondenza del passaggio dalla stupenda pieve di San Michele e poi  della chiesa di Solignano alta.

Altri tempi, quando c’era un ristoro di pignoletto; altri tempi quando il ristoro sotto la sede di Stornelli lo preparava la Madonnina di Gianni Vaccari per gli allenamenti sotto Pasqua, con tanto di uova e colombe e spumanti. Ora, i resti di quello che fu l’esercito dei podisti modenesi devono stare attenti, dopo l’attraversamento della provinciale, a infilare il marciapiedino pedonale poco segnalato che li porta in trecento metri al luogo di partenza. Chi si contenta gode, così così.

12 aprile – Una giornata “giusta” ha salutato questa undicesima edizione del Trail della Riva, che ha ripreso l’eredità di un antico “Gir d’ardond ai Sas” mettendoci dentro tutta la passione e la competenza tecnica del Team Mud&Snow di Checco Misley e famiglia (ci sono già i figlioletti che sgambettano…), che su queste zone organizza corse di gruppo guidate attraverso i “ponticini”, e ha raccolto un bel gruppo di collaboratori: tra i quali spicca Anna Cavallo da Vignola in veste di mastra-birraia dall’incomparabile appeal (verso l’una, la coda per avere la sua birra a 5 euro era superiore alla coda per lo squisito pasta-party finale).

Confermate le distanze dell’anno scorso, quando ai due percorsi tradizionali, e decisamente duri, di 24 e 20 km ne era stato aggiunto uno di 15 km (ma con gli stessi 1000 metri di dislivello dei 20 km, dunque proporzionalmente più pesante come mi ha confermato la vincitrice-habituée Isabella Morlini). Aumentati di quasi il 10% i classificati, 459 contro i 426 delle ultime due edizioni, a riprova del favore incontrato presso il popolo dei praticanti da questo perfetto mix di valori tecnici, paesaggistici e… di ospitalità. Per questo aspetto vorrei segnalare l'orario insolitamente tardo (10/10:30) delle partenze, congegnato in modo da non obbligarci a levatacce o a pernottamenti in loco.

I risultati del percorso sui 34 km, con 111 arrivati, vedono netto vincitore Robert Ferrari (primo l’anno scorso sui 20 km) in 3:23:50, che significa una media di 6:00 al km; dopo oltre tre minuti arriva Roberto Gheduzzi in 3:27:13, seguito da Luca Lombardi in 3:38:18.

Quinta assoluta, a bissare il successo femminile del 2024, Dinahlee Calzolari, il cui prodigioso 3:44:33 migliora di quasi mezz’ora il tempo dell’anno scorso; la seconda, Monica Cavara, è staccata di 50 minuti, e la terza Paola Gelli di 54.

Nei 20 km si afferma, su 264 arrivati, Enrico Bonati in 1:36:51, alla media ”impossibile” di  4:50/km, precedendo due ex Modena Runners, Saimir Xhemalaj (1:39:52) e Lotfi Gribi (1:42:23); ma fatemi citare anche il quarto, il prof. Nicola Montecalvo da Zola Predosa, che sa tutto di Ivano Fossati e qui chiude in 1:50:38.

Prima donna (12^ assoluta) Vittoria Vandelli, classe 1990, che bissa il successo del 2024 e con 2:00:29 precede Maria Nicoleta Rusu (2:08:28, terza l’anno scorso) e Laura Catti (2:11:49).

Nei 15 km, conclusi da 74 atleti, il 26enne Roberto Boni prevale con 1:32:59 sul Modena Runner Massimo Sargenti (il doppio dei suoi anni: 1:42:20) e su Marco Maggi (1:42:35); tra le donne, solito dominio di Isabella Morlini campionessa uscente, quinta assoluta in 1.57:27, con 23 minuti sulla seconda Annalisa Tironi (2:20:58), poco avanti alla terza Claudia Cenciarini (2:22 netti).

Pettorali esauriti e, a occhio, un centinaio i partecipanti ai 10 km non competitivi con 500 metri di dislivello, dunque non uno scherzo, su un tracciato quasi totalmente autonomo (salvo un paio d’incroci coi competitivi, partiti mezz'ora prima) e decisamente panoramico, consistendo nel giro completo intorno ai Sassi in senso orario, da sud verso nord col passaggio finale dalla romanica Pieve di Trebbio. Percorso in buona parte corribile e affrontato anche da gruppi di benemeriti “spingitori”, ciascuno col suo carico umano cui far gustare questi paesaggi che spaziavano fino alle cime innevate dell’Appennino tosco-emiliano.

Sentiero frecciatissimo, con la presenza supplementare di segnalatori umani, insomma (come avevo già scritto un anno fa) a prova di ipovedenti; due ristori sul giro più corto (uno in comune coi “big”) e uno superlusso al traguardo, dove Italo il fotografo ha apprezzato particolarmente le crostate casalinghe, ma ha fatto male a trascurare l’erbazzone e le enormi fragole offerte insieme a banane e arance (niente da fare, invece, per tè e cocacola: gli atleti dovevano usare i propri bicchieri).

I bicchieri c’erano invece nei ristori intermedi, salvo che poi non sapevamo dove scaricarli per via, per mancanza di cassonetti pubblici e dei cestini nei punti di sosta con panchine e tavolini per i turisti: un cartello avvertiva che erano stati tolti perché i rifiuti potevano finire in bocca agli animali; ma il taccone è peggio del buco, perché se anziché buttare un bicchiere nel cestino lo butto a terra, per gli animali è anche più comodo. Soluzione semplicissima sarebbe stato mettere dei cestini (pattumiere) con coperchio; ma poi bisognerebbe che qualcuno andasse a vuotarle, ogni tanto, e questo (a quanto pare) secca molto a certe amministrazioni…

Tornando al trail, si confermano le docce calde, dotate di due phon a spogliatoio; e alla fine il pasta party dove spesseggiano polenta e crescentine: presenti, queste ultime, pure nel nutritissimo e nutrientissimo pacco-gara (anche per i non competitivi, al prezzo di 12 euro), ricco di prodotti locali come una bottiglia del vino biologico Terraquilia, spaghetti alla fibra e proteine, e un’appetitosa confezione di “pavullini”, ovvero bastoncini di salsiccia. Checco, va là che vai bene.

6 aprile – Fine settimana di grandi eventi: tre maratone in Italia (troppa grazia!), varie maratonine europee di prestigio, Vivicittà lungo tutta la penisola (Modena esclusa, da quel bel pezzo), Colli bolognesi in agguato a prezzi da usura come oggi va di moda… E “gli altri”? Vanno a Fossoli di Carpi, sotto le ali del Circolo “La Fontana” e dell’Ilva Guidetti, dove per due euro e mezzo è promessa la 43^ edizione del “Giro delle risaie”, pacifica escursione campagnola di 13 km: misurati per vero dire con l’elastico, perché i Gps sentenziano 11.8, e amputati di quella che anticamente era la distanza più lunga, quasi una maratonina che sconfinava tra le risaie e gli allevamenti di pescigatti, nel Novese fino alla torre di Gruppo.

I tabelloni stradali sono gli stessi di allora, solo che sulle indicazioni del percorso lungo hanno incollato una striscia bianca, così non ci resta che svoltare tutti a destra in direzione di San Marino che sarà il nostro giro di boa, con l’aggiunta della deviazione lungo il canale fino a Cibeno in modo da ricongiungersi alla storica sede dove nacque la maratona di Barbolini, sfiorando anche il Club Giardino che fin dall’anno del Covid fu tra i pochissimi a offrirci di correre.

Da Cibeno poi si va verso la storica Ramsèina per chiudere il cerchio sfiorando la casa in rovina di nonno Pietro Verrini e nonna Aristea, capifila della dinasty del “Molino Verrini”, e tornare da dove siamo partiti, e adesso veniamo gustosamente coccolati con sacchetti di tagliatelle all’uovo (eh, però una volta, per stare in tema, davate un chilo di riso…) e sofficini di formaggio, più gnocco fritto senza limiti, oltre alle usuali bevande che avevamo trovato anche nei due ristori intermedi (il primo, gestito dalla gloriosa Marisella protagonista di tante maratone in tutta Italia).

Qui, lo proclamo ad alta voce, si respira Ivano Barbolini, anche in absentia, ancora nei discorsi dei reduci da quella recente e infausta mezza maratona che gli ha copiato la denominazione ma non la capacità organizzativa: perché non basta erogare cinquanta o settantamila euro (secondo le voci che corrono) per fare arrivare acqua e medaglie e vestiario al traguardo. Ed ecco Marco Medici della “Patria”, capofila del gruppo barboliniano che nel 2008 fu spedito a Londra per celebrare il gemellaggio nel nome di Dorando Pietri (purtroppo, ci si aggiunsero politicanti succhiaruote, e ne scaturì un pessimo romanzo di Pederiali, donde un film in cui l’unica cosa apprezzabile erano le tettine di Laura Chiatti che la dava alternativamente a chi vinceva la corsa di paese); ed ecco Ermanno Pavesi, che sbandiera sul percorso (come già la coppia Losi-Orlandi- “csagh manca”), mentre sua moglie Vanna distribuisce i pacchi-premio.

Manca solo il leggendario Gamba ed legn-Danilo Sala, che trovavamo sempre appostato nei pressi del suo albergo Lina, e invece adesso sta combattendo altre battaglie, forse più dure di quei 100 km Modena-Abetone che affrontò da solo lasciandosi credere disperso.

In compenso c’è Italo, reduce dall’aver “aiutato” (dice lui) i cooperanti di Sassuolo che ieri hanno dovuto gestire ben 170 camminatori che puntavano soprattutto al ristoro finale; e c’è Pietro Boniburini, altro eroe di un’altra epoca podistica, col suo banchetto di scarpe a dire il vero non molto frequentato, mestizia che si aggiunge a quella juventina. Mentre a Carpi festeggeranno tra poco per una vittoria - come si diceva una volta - "corsara".

A correre c’è perfino Fabio Orlandelli, ovvero “il Fabio formaggiaio da Rio Saliceto che andrà in Albania a maratoneggiare con Lolo” (come si disse il 24 luglio 2022 da un trail nell’alto parmense: https://podisti.net/index.php/cronache/item/8994-bore-val-cenedola-il-riscatto-e-le-glorie-del-podismo.html); poi un folto gruppo di bassaioli, da Dervis a quelli di Finale e Mirandola (là dove tutto è nato con la Sgambada del 1972), Peppino Valentini e Rambo Benassi abbonati al premio del gruppo più numeroso, i fratelli Morena e Loriano Baldini (oggi senza colbacco), Micio e Lella Cenci scesi dalle alture fananesi e/o dalle alte latitudini polari; la presidentessa Emilia della Guglia colla solita tendona-maxi, la statuaria coppia sassolese Franca & Evaristo…

Insomma, “l’altro podismo”, che da mezzo secolo si alza ogni domenica mattina alle 6 per piantare la sua tenda nel luogo prescritto dal Coordinamento, raccogliere le iscrizioni, prendere i pettorali e alla fine (se ci sono) i premi dei gruppi più numerosi, da smaltire poi nella cena sociale. La sensazione è che sia un mondo in via di esaurimento: ma che rimpiangeremo.

5 aprile – Il podista modenese torna sul luogo del delitto, s’intende che l’Indiano Mastrolia e il pellegrino dei santuari Lucio Casali, a una settimana di distanza dalla partecipazione alla tragicomica maratonina targata Ferrari, tornano davanti al Palazzo ducale, alias Accademia militare: dove avevano sudato le loro medaglie, ciucciato la banana e recuperato lo zaino scaraventato a terra con scene simili all’arrivo dei viveri a Gaza.

C’è tornata anche la tv di regime, che per tutta la settimana, dopo aver magnificato la maratonina, ha proseguito esaltando le glorie modenesi nelle olimpiadi accademiche, e adesso viene all’apoteosi, come al solito ignorando la gara e preferendo le interviste preventive, con coretti lungamente provati in allenamento. Una volta, il podismo per la tv di regime era curato da Sua Maestà Brighenti, e il calcio da Leonildo Turrini, ma adesso c’è la spending review e bisogna accontentarsi, tanto più che al pomeriggio le telecamere dovranno presenziare per dovere d’ufficio alla camminata di accompagnamento dell’inaugurazione della Coop di Sassuolo.

Intanto, in una mattinata di sabato (direi un unicum per questa gara che si è sempre fatta la domenica mattina), sotto i gradevoli raggi del sole, siamo (dicono) in duemila, suddivisi in magliette bianche, rosse e verdi (come coi cappellini alla maratona di Treviso una e trina), col solito Cittanova di Peppino Valentini, di Rambo Benassi e di Morena Baldini che si aggiudica il primato della società più numerosa, davanti alla ex-casa madre della Madonnina e ai sassolesi della Guglia, come sempre guidati dalla presidentessa Emilia; mentre Maurizio Pivetti, deus in machina, sovraintende come al solito dal di dentro: altra era geologica quella in cui la corsa con l’Accademia, al suo esordio, fu sabotata dal Coordinamento podistico di Roncarati (e il sottoscritto ovviamente partecipò, sfidando le invettive del Capo, che mi definì “con la sveglia al collo”).

Ci sono anche gruppi scolastici degli istituti più vicini, e i cadetti delle quattro Accademie militari che hanno appena finito i citati giochi interaccademici: notevole la prestanza delle tante cadette, adibite persino al ristoro oltre che al saluto militare durante il toccante passaggio nel cortile dell’Accademia, come si faceva nei tempi ormai mitici della maratona di Barbolini (e sarà il destino che proprio al mio passaggio mi fa raggiungere il grande vigile carpigiano Ermanno Pavesi, che di Barbolini fu collaboratore negli anni gloriosi, sia della maratona sia delle indimenticabili Tre Sere).

Il tracciato non presenta novità di rilievo: a ritroso lungo l’itinerario della famigerata maratonina ferrarista, poi giro dei viali sud, via Emilia ovest fino all’ex autodromo, passaggio per i due parchi (perché uno dei due si chiami Londrina, Sandro Ciotti avrebbe detto che “lo sanno solo lui e Dio”), e rientro in città, con la novità (almeno per la mia memoria) della risalita controsenso di tutta via Ganaceto, dove Morena risfodera i ricordi delle sue maledette scuole dalle Salesiane e alle Campori, e io rivedo nella memoria le vicende dell’oreficeria Soli, del Partito Comunista (sede al civico 113, quando dire a Modena “via Ganaceto” era come dire a Roma “via delle Botteghe Oscure”), del confinante cinema Terzo Ordine Francescano (Tof), la chiesa dei Cappuccini e il collegio di padre Cirillo da Leguigno affrescato dal Padre Angelico, protettore artistico di Raffaele Biolchini…. Che tempi.

Arriviamo alla ex Manifattura Tabacchi, ovvero La Palta (donde il nomignolo Paltadora per signora molto disponibile alle chiacchiere; torna alle narici della mente il delizioso profumo di tabacco che si sprigionava nell’aria, quando uscivamo da scuola), e da lì siamo instradati in zona Palamaio (anche qui, ce ne sarebbero di storie da raccontare), esattamente in Calle Bondesano: una strada d’altri tempi, al cui termine si staglia il massiccio e nobile palazzo Coccapani, storica sede dell’Accademia di Scienze e Lettere (dopo essere stato anche Casa del Fascio).

Siamo agli ultimi metri: si sbuca nell’antico porto-canale di Modena, che finiva esattamente nel palazzo Ducale da dove i duchi partivano col loro Bucintoro tutte le volte che scappavano in seguito a qualche sommossa o invasione. Ora è tutto coperto e asfaltato, e il portone nord del palazzo si spalanca per noi podisti, come anticipato, per tornare in piazza Roma dove Nerino ci immortala (per così dire) uno ad uno.

Ristoro ottimo e abbondante, per dirla militarmente: banane in quantità (bis dalla domenica precedente), bottigliette d’acqua  che oggi c’erano, bottiglietta di aceto balsamico che si aggiunge alle altre 25 che ogni podista modenese ha ricevuto nel corso dei mesi, più la maglietta pre-consegnata: il tutto per 3 euro. Domani, quelli buoni come Paolino Malavasi andranno a Russi, le giovani speranze come Mandelli junior a Milano, e noialtri, rifiutando le tariffe esose dei Colli Bolognesi, ci accomoderemo dall’Ilva a Fossoli. Chi si contenta gode.

30 marzo - In una giornata nella quale il podismo centroemiliano aveva tutti i riflettori puntati sul ritorno (benché su distanza dimezzata, e pilotato da Milano) della Maratona d’Italia da Maranello a Modena, era difficile immaginare folle oceaniche nella riproposta di questo bel giro panoramico inserito nella 46^ edizione della “Camminata Sampolese”, tradizionale non competitiva di 4 e 11 km ai piedi del castello di Canossa.

Fermandomi ai numeri dei competitivi, la gara sugli 11 km ha raccolto soltanto 39 atleti, regolati da Pietro Salati (un ventenne dell’Atletica Reggio) in 41:40, con tre minuti di vantaggio sul secondo; quanto alle donne, ovviamente, da Isabella Morlini, pure dell’Atletica Reggio, che con 52:44 ha messo quasi cinque minuti tra sé e la seconda.

Relativamente più affollata la schiera di chi si è cimentato sul percorso lungo, che dopo aver sfiorato il castello di Bianello (meta di una classica cronoscalata da Quattro Castella) dopo 10 km passava sotto la pendice finale del castello di Canossa (a quota 537, dai 148 della partenza; anche qui, c’è il lontano ricordo di una gara serale in salita) per infilarsi poi tra il castello e la torre di Rossena (circa km 14), iniziando infine 5 km di discesa a tornanti fino a Ciano, da dove ci attendeva il faticoso tratto finale sterrato, in parte fangoso, a fianco del canale derivato dall’Enza, per un dislivello complessivo superiore ai 500 metri.

Gli arrivati sono 89 uomini e 23 donne, numeri poco più bassi dei 114 classificati nel 2023 (precedente partecipazione del sottoscritto). Ha vinto un habitué dei podi in queste gare, il 35enne Marco Ercoli (Avis Castel San Pietro) in 1.34:20, due minuti e mezzo sul secondo Fabio Gervasi (Minerva), unico capace di contenere il distacco in termini dignitosi. Ancor più netto il successo tra le donne della 33enne Chiara Vitale (Tricolore sport), che con 1.58:15 ha inflitto 3 minuti e mezzo a Chiara Poletti (Maratona del Ventasso), di 9 anni più anziana di lei.

Percorso molto bello, quasi esente dal traffico veicolare se si escludono i tantissimi ciclisti (la salita Ciano-Rossena è un banco di prova notevole); ottime le segnalazioni sul percorso, cui mancano solo le indicazioni chilometriche. Ben dislocati gli addetti nei bivii e negli attraversamenti di strade, cinque eccellenti ristori, tanto forniti che ne avevano anche per i suddetti ciclisti.

Il tutto per un costo di iscrizione di 15 euro per le due competitive (senza creste dei vari gestori), 3 per le non competitive: e possiamo scusare se il pacco gara non era un granché (il 99° scaldacollo che mi entra in casa, 3 mele peraltro belle, buoni sconto abbastanza illusorii): in compenso, all’arrivo si poteva acquistare gnocco fritto a mezzo euro il pezzo, grosso modo la metà di quello che costa presso le varie polisportive e circoli culturali e orti degli anziani ecc.

Spiritoso il disegno della medaglia di legno (in cui peraltro si ravvisa l’eco dell’antichissima vignetta della Corrida di San Geminiano e in genere la caricatura del podista vecchiardo e malfermo). Classifiche quasi istantanee grazie a Irunning, l’organizzazione online dell’Uisp locale. Insomma, una giornata gioiosa di fine marzo, e speriamo che sia una rondine capace di fare davvero primavera.

29 marzo – “Che bella età, la mezza età”, cantava Marcello Marchesi mezzo secolo fa (o più). Ci è arrivato anche Alessio Guidi, il vulcanico fondatore e/o animatore, a Sant’Agata Bolognese, dei Passo Capponi (ma anche, se ricordo bene, delle Galline in fuga, e di chissà quanto altro).

In uno sport che sembra destinato alla senescenza e all’estinzione (perché ormai gli over 60 sono la maggioranza dei praticanti) Alessio ha portato una ventata di gioventù (almeno relativamente all’età media dei podisti), di allegria, di iniziative ad alto tasso di solidarietà umana: non dimentichiamo i suoi interventi concreti per il terremoto delle basse e l’alluvione del Secchia.

Ha superato anche invidie, locali e nazionali, con una indecente sequela di processi sportivi il cui motore partiva da Bologna (con una chiassosa e giullaresca appendice vesuviana) e che lo scrivente (cioè il sottoscritto, non lo “scrivente maiale”) si onora di aver combattuto anche a proprie spese.

Ma tutto è bene quel che finisce bene, e questo sabato Alessio ha raccolto un centinaio di amici nel cortile di casa sua. Come prima cosa ha distribuito i pettorali per la maratonina dell’indomani a Maranello (dove Passo Capponi ha vinto il premio come gruppo più numeroso, vamolà); poi ha fatto da pacemaker a una corsetta di 12,5 km che ha penetrato il territorio della Partecipanza. Al termine si è scatenata la festa del “Complealle 50 – Vamolà”, con tanto di cori a satireggiare le passioni extrapodistiche del Presidente (“Con sta bici, con sta bici – hai rotto il ca** con sta bici – che due ma** i birillini, i birillini...- persino sotto la stecca crolla il mondo”), e abbondante dotazione di salsiccia alla griglia, salame tenero, torte, birra e spumante, che qualche spruzzo di pioggia e l’eclisse parziale di sole non sono riusciti a frenare.

La notizia è ufficiosa, ma sembra che perfino Endu abbia mandato un biglietto di auguri nonostante Alessio sia tra i principali contestatori delle esazioni enduistiche. Bè, se proprio Endu voleva fare un omaggio sportivo, poteva mandare un Jader a fare foto, una tantum gratis. Ma les affaires sont les affaires, ci mancherebbe.

E molto più ci mancherebbe un Alessio, se per qualsiasi ragione decidesse di dedicarsi solo a bici e biliardo… Ipotetica del terzo tipo! fervono i preparativi per un Passo Capponi presente a una importante maratona europea d’autunno; non dico quale, altrimenti non basterebbero tutti i camion della ditta-Guidi ad accogliere i partecipanti.

Mercoledì, 19 Marzo 2025 03:01

La mezza di Nashville: davvero un altro mondo!

Nashville, 19 marzo – Chi ha avuto la pazienza di leggere il resoconto della St. Patrick Half Marathon di sabato scorso https://podisti.net/index.php/cronache/item/12919-nashville-il-fascino-di-una-piccola-maratonina-nella-giovane-america.html , avrà letto del necessario accorciamento del percorso di fronte a condizioni meteo estreme. Spiacevole, ma sempre meglio di una gara annullata del tutto come ci era capitato di vedere qualche volta in Italia (personalmente, e salvo vuoti di memoria, limitandosi alle competitive dell’ultimo decennio, una volta a Messina e un’altra a Vezzano sul Crostolo, RE).

Gli organizzatori di Nashville (https://www.magicsportsusa.com/ ), tuttavia, non sono paghi della cosa e, nello stesso giorno in cui hanno messo a disposizione gratuita dei partecipanti le foto dell’arrivo (fino a 9 per ciascuno) e alcune scattate durante la gara, hanno inviato questa mail di spiegazioni con una risoluzione finale che davvero fa sembrare l’Atlantico un oceano invalicabile se pensiamo all’infinito ritornello del “chi ha dato ha dato” ecc., cui  siamo abituati dalle nostre parti.

 

Vogliamo prenderci un momento per parlare delle sfide meteorologiche che abbiamo dovuto affrontare il giorno della gara, spiegare il processo decisionale che ha portato allo svolgimento della gara e cosa stiamo facendo per vedervi tornare a gareggiare con noi!

In vista della gara, abbiamo lavorato a stretto contatto con le autorità locali e abbiamo esaminato attentamente le previsioni più aggiornate. Sulla base delle informazioni disponibili la mattina della gara, credevamo di avere una finestra temporale sicura per completare tutte e tre le distanze (5 km, 10 km e mezza maratona con un limite di 3 ore) prima dell'arrivo del maltempo. Sfortunatamente, il sistema meteorologico si è mosso prima del previsto, costringendoci a fare degli aggiustamenti a metà gara, tra cui il rientro dei nostri partecipanti alla mezza maratona al traguardo prima del previsto.

Comprendiamo perfettamente la frustrazione che deriva dall'allenamento e dalla preparazione per una gara, solo per non riuscire a completare l'intera distanza. Nel tentativo di risolvere la situazione, stiamo emettendo un credito completo a tutti i partecipanti alla mezza maratona per l'importo pagato, che può essere utilizzato per qualsiasi futura gara Magic Sports. Puoi trovare maggiori informazioni e istruzioni per il credito di gara di seguito.

La tua sicurezza è sempre la nostra massima priorità e, sebbene ci rammarichiamo per l'impatto che il meteo ha avuto su questo evento, apprezziamo la tua comprensione e il tuo supporto. Grazie per essere parte della nostra comunità di podisti e speriamo di vederti presto a una futura gara!
Se hai domande riguardanti il tuo credito di gara, contattaci all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

Sinceramente,

Faye Yates e Joe Fleenor

Direttori di gara, Magic Sports

 

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Nashville (TN), 15 marzo – Accanto alla grande maratona (e mezza maratona) dell’ultimo sabato di aprile, questa mitica città musicale del Middle-East offre a getto continuo eventi podistici. Sabato scorso era stata la volta della “St. Paddy’s Half Marathon”, affiancata dai 5 e 10 km; questo sabato, nella ricorrenza di S. Patrizio, tocca appunto alla “Publix St. Patrick’s Music City Half Marathon”, con l’usuale contorno dei 5 e 10 km, collocata in un grosso parco appena a nord del fiume Cumberland, 300 metri in linea d’aria dal centro città, e sì e no un miglio dal grande Nissan Stadium del football dove arriva la maratona. In questo parco, anzi, la maratona vive la sua fase decisiva, all’incirca nei suoi km 30-40, sulle sue piste ciclopedonali leggermente ondulate, attorno al lago e nei boschetti dove si aggirano scoiattoli e caprioli, mentre gli alberi sono popolati dai tipici tordi migratori americani (dei simil-pettirossi grandi il doppio).

La partenza, come usa da queste parti, è piuttosto mattiniera: ore 7,45, con attesa degli ultimi fino a mezzogiorno; ma le nefaste previsioni meteo (dopo una settimana stupenda, con cieli limpidi e temperature ideali, fin verso i 15 gradi), che danno piogge deboli dalle 6 del mattino, e via via più forti dalle 11, inducono gli organizzatori a istituire un tempo limite di 3 ore, con l’ipotesi addirittura che nel caso di temporali con fulmini il via sarà dato solo dopo 20 minuti dalla fine degli eventi peggiori (il messaggio della vigilia avverte “We've produced many races in the rain and are closely monitoring the weather for tomorrow's race as safety is always a top priority. Should lightning occur, we will delay the race for 20 minutes after the last strike”).

Come raccomandato, raggiungo la zona col “carpooling”, per l’esattezza con Uber; purtroppo alla gran maggioranza di noi italiani gli interessi di casta impediscono di godere di Uber, un’istituzione meravigliosa che si gestisce tutta dal telefonino: entri nell’app, digiti dove sei, dove vuoi andare e a che ora, entro un minuto ti compare il modello, la targa dell’auto e il nome dell’autista che ti verrà a prendere, col prezzo che sarà scalato dal tuo conto (dunque niente paura che il taxista ti faccia fare il giro delle sette chiese per far salire la cifra); entro un’ora dalla partenza puoi disdire tutto, e questo mi tornerà comodo dopo l’arrivo della gara, quando anticipo alle 10 la ripartenza: puntualissimo, si presenterà all’uscita del parco una grande Kia guidata da un giovane figlio di profughi cubani: nella vita gestisce trasporti agricoli coi camion, e dedica 2-3 ore al giorno a guidare un Uber.

Al mattino, salvo una minima spruzzata verso le 7,15, assolutamente non piove e fa anzi caldino, sui 17 gradi. Il ritrovo, sotto tendoni e in parte nelle strutture fisse del parco (ma le rest-room sono lucchettate…), è gestito come si deve per la consegna pettorale (cui è incollato il chip di prammatica), pacco gara, custodia bagagli: d’altronde, siamo sì e no un migliaio, con tariffe che a seconda dell’età, della gara e della data di iscrizione variano da zero a 127 dollari, devoluti in beneficenza.

Si parte tutti insieme, preceduti da tre biciclette che faranno da battistrada sulle tre distanze; in coda partono anche giovani famiglie, addirittura una mamma col mega-stroll su cui stanno tre bimbi piccolissimi. Un’altra ragazza ha sul dorso della maglietta una scritta divertente in cui esorta chi le sta dietro a prendere la vita con allegria.

Ristori di acqua e Gatorade all’incirca ogni due miglia, percorso segnatissimo e con transenne agli incroci, in qualche tratto c’è doppia corsia con l’invito a tenersi dal lato sinistro della transenna. Ma dopo mezz’ora comincia a piovere, dapprima qualche goccia, poi via via peggiorando, con fulmini e acqua dal cielo come si vede solo nei film americani. Sto scambiando due chiacchiere con una ragazza americana che si pone come obiettivo le 2h15 (è incredibile quante donne ci siano: in fase di sorpasso ne conto 12 in fila indiana, senza gli usuali accompagnatori-gabbiani che imperversano da noi), già abbiamo incrociato il primo uomo che, mentre noi siamo verso il sesto miglio, sta tornando verso il traguardo, quando un addetto ci preavvisa che dopo cento metri dovremo fare inversione a U e immetterci nelle ultime 2-3 miglia del percorso. Già è molto che la gara non sia stata sospesa (nefasto il ricordo di una maratona di Messina sospesa sulla linea di partenza perché tirava vento), e suppongo che i primi siano riusciti a fare un percorso più lungo (non tutti i 21, stando ai tempi realizzati: penso 17-18), mentre a noi del gruppone risultano 11,350 km cioè poco più di metà. Comunque le strutture d’arrivo funzionano benissimo, e le classifiche si ottengono in tempo reale inquadrando il qr code della corsa e connettendosi al sito https://www.racetecresults.com/results.aspx?CId=20003&RId=552&EId=1&dt=0 .

Il ristoro, cui si accede staccando via via i tagliandini in fondo al pettorale (due di Drink, uno dei quali serve per la birra alla spina, e uno di Food), oltre alle solite bevande, banane e arance, consiste in un sacchetto a scelta, riempito all’istante dagli addetti,  tra Vegetables (che nessuno sceglie), Chicken (scelto, diciamo, dal 25%) e Pork (tutti gli altri, come il sottoscritto che poi fa un secondo giro e si gusta pure il Chicken); più l’aggiunta di altri generi, crackers, chips, donoughs ecc., e la possibilità di insaporire il tutto con le salse e le verdure più disparate, e perfino qualche bustina di parmesan made in California.

Le classifiche danno 330 arrivati sui 5 km, 224 sui 10, e 352 sui 407 partiti per la mezza maratona: di questi, la maggioranza (180) sono donne, “solo” 171 gli uomini, e uno registrato come Mixed, un M 25 che ovviamente vince la sua categoria con 1.08:23 (arriverà anche in Europa la categoria del terzo sesso?).

La graduatoria assoluta vede primo Jordan Wilson, un M 35 (qui le categorie, secondo le regole mondiali, sono basate sull’età effettiva, non sul millesimo), con 1.00:42, seguito da due donne: Reagan Henderson, F 35, con 1.04:25, appena 7 secondi davanti alla F 20 Sarah Mullin. Quarto è addirittura un M 15, Jack Lowry; e c’è perfino la categoria under 14, con un solo partecipante, Zeke Shepherd, 130° assoluto in 1.10:28.

Inserito nella categoria M 70, scopro di essere secondo con 1.14:57, a 12” dal vincitore Kent Spaulding; e credo di ricordare questo biondo magro che mi ha passato a un certo punto (dal real time appare che io sono transitato sotto l’arco 26 secondi dopo il via, lui dopo 48, dunque mi ha rimontato). Il terzo arriva quasi cinque minuti dopo. Curiosando tra le categorie, vedo che sono ben 46 le F 25 e 33 le F 30 (dove le trovate tante ragazze nelle maratonine italiane?); mentre la vincitrice delle F 65 con 1.13:33 (quindi davanti al sottoscritto) si direbbe abbia origini nostrane chiamandosi Brigitte Fasciotto. Potrebbe essere “nostro” anche il terzo M 65, Ernesto Valle (1.13:39).

Ma la cosa che più marca la differenza con le corse lunghe italiane è il numero dei componenti delle categorie più anziane, gli over 60, che in Italia sono la stragrande maggioranza, mentre qui sono 11 in tutto su 171 maschi, di fronte a ventitré M 20, cinquantadue M 25, ventitré M 30.

L’America è un paese giovane e il podismo qui ha un futuro. A proposito di gioventù, non ero qui per la maratonina ma per il quinto compleanno, oggi, del mio meraviglioso nipotino dal doppio passaporto, Alessandro, che fra tre mesi avrà un fratellino. Alla festa di compleanno del pomeriggio, in un grandioso impianto sportivo con almeno dieci campi da calcetto per bambini e dieci piste da basket, tutte al coperto, un’altra giovane mamma italiana annuncia che al suo Leone, di un anno, aggiungerà a fine anno una sorellina. In Usa si crede ancora nel futuro: tutte le donne italiane che conosco, arrivate qui senza figli e spesso senza lavoro, hanno trovato rapidamente ottimi impieghi e messo al mondo due-tre figli ciascuna. L’unico rimpianto è che questi ragazzi italiani per ius sanguinis e americani per ius soli, col cavolo che torneranno in Italia… Racconta Federico Rampini, da 25 anni negli Usa, che fin dai primi tempi i suoi conoscenti altolocati della California e della East Coast dichiaravano di voler fuggire da questo regime antidemocratico, magari nelle loro case a Parigi o nelle ville toscane di proprietà; eppure sono ancora qua. Ben altro genere di popolazione viene a fecondare la nostra penisola.

2 marzo – La primavera è finalmente spuntata, offrendo condizioni di tempo pressoché perfette a questa quarta edizione (dell’ennesima serie, la terza o la quarta) della maratona di Bologna, notoriamente ricominciata dopo quasi vent’anni di buio e un anno di Covid nell’ottobre 2021, annullata nel ’22 e ripresa ad ogni marzo dal 2023 a oggi. I comunicati, come al solito leggermente trionfalistici, parlano di diecimila partecipanti al complesso delle gare, di cui tremila per la 5 km non competitiva (dove non poteva mancare Gianni Morandi), e seimila per le tre corse con classifica, sui 42, 30 e 21 km (quest’ultima, che continua il nome del Run Tune Up inizialmente concepito come prologo commerciale alla maratona di New York, è stata ovviamente la più frequentata).

Sui numeri esatti va fatto un preambolo, con un pizzico di amarezza come cittadini di uno stato dove la “dittatura sanitaria”, non paga dei guai combinati all’epoca dei green pass, continua a limitare la partecipazione alle gare agonistiche: dunque, l’ordine d’arrivo della maratona registra soli 1131 classificati, con un leggerissimo aumento rispetto ai 1090 dell’anno scorso, ma su cifre lontane dai 1314 del 2023 e dai 1607 dell’esordio in questa nuova veste del 2021. Ma la classifica pubblicata da EvoData (https://www.endu.net/it/events/bologna-marathon/results ) ha ben 1831 nomi, solo che 588 di questi hanno il loro tempo ma non il piazzamento: sono i cosiddetti “turisti” stranieri, soprattutto inglesi ma anche di tante altre nazioni., che a casa propria possono correre dove gli pare, senza pastoie di tessere, certificati e runcard, ma in Italia no.

Li si chiama turisti, e a rigore dovrebbero essere classificati in ordine alfabetico, ma per fortuna EvoData, contravvenendo alle cervellotiche norme tricolori, li mette al loro posto, facendoci vedere per esempio che tale Grant Fulton, classe 1989, sarebbe 11° con 2.39:13, e due posti dietro di lui ci starebbe l’irlandese Shane Eades, diciannovenne e capace di 2.40:11; e poco oltre il ventesimo posto, attorno alle 2.48, sono un danese, due tedeschi e due francesi. Tra le donne, la finlandese Jutta Paajamaa con 2.58.50 sarebbe arrivata seconda assoluta, e la lituana Neringa Cobb con 2.59:12 terza, uniche sotto le tre ore dopo la vincitrice.

Dunque, l’ordine d’arrivo su carta dice che tra le donne ha trionfato la quarantunenne infermiera locale Giorgia Venturi (Ozzanese) che con 2.53:02 ha rifilato oltre sedici minuti ad Arianna Castellan (3.10:42) e alla polacca dotata di Runcard Paulina Sienkiewicz Gadzikowska (3.11:13); ma tra questi tempi largamente amatoriali si inseriscono, per meriti sportivi, anche la francese Emilie Larue-Serres (3.03:22) e la moldava Tatiana Proca (3.07:57), fuori classifica perché non dotate dei timbri prescritti.

Almeno l’ordine d’arrivo maschile reale coincide con quello affidato alle carte federali, e dunque passerà alla storia il trentanovenne keniano Martin Cheruiyot, che con 2.21:56 migliora di mezzo minuto il tempo fatto registrare nel 2024 dal connazionale Simon Kamau Njeri. Italiano il secondo, a quasi sette minuti, il quarantatreenne Alessio Milani (Atl. Monfalcone) in 2.28:22, un minutino meglio dell’altro keniano Enos Kales Kakopil, che a 25 anni sigla un 2.29:12.

Numeri di arrivi “ufficiali” quasi uguali per la 30 km “dei Portici” (nome suggestivo per l’Unesco, ma che ha poco a vedere con la realtà del tracciato): 1139, di cui 320 donne, più 126 “turisti” (il migliore dei quali, l’irlandese Conor Rafferty, sarebbe trentesimo): ha vinto in 1.44:48 Davide Parisi (Lagarina Crus Team), quasi un minuto sotto il primato dell’anno scorso; non molto lontano il secondo Elia Generali  in 1.45:2, terzo Ferdinando Chimenz (DK Runners) in 1h46’27”. Nessuna “intrusa” nemmeno tra le donne, regolate dalla vincitrice 2024 Federica Cicognani (Imola Sacmi Avis) con 2.01:06”, due abbondanti minuti su  Sara Boer (Asd KM Sport) 2.03:11 e Camilla Vittori Venenti (Runners Bergamo), 2.03:29.

Ha sofferto numericamente molto di più la 21 km Run Tune Up, che classifica solo 2008 atleti (di cui 575 donne) dei 2925 arrivati al traguardo; ufficialmente sarebbe un calo rispetto ai 2389 dell’anno scorso, quando però i “turisti” risultarono solo 303; dunque la realtà, la polvere sotto il tappeto della burocrazia, parla di un aumento di circa 250 unità.

Ha vinto un habitué di queste competizioni nostrane, Luis Matteo Ricciardi (Dinamo Running) con il suo personale di 1h06’35” che migliora anche il record della competizione. Secondo lo spagnolo Felipe Gomez Severino in 1.08:54, ma è scandaloso che il “vero” secondo, il danese Gustav Kroell, l’unico in grado di contrastare il vincitore finendogli a soli 33”, non appaia nella classifica ufficiale. Terzo “burocratico” risulta lo svedese Johannes Tegner (tesserato per Maximir Zagreb) 1.10:41.

Tra le donne, si impone Marika Accorsi (CUS Parma) in 1.15:50, cancellando il record precedente di Rosa Alfieri del 2024; seconda l’etiope dal cognome illustre, Asmerawork Wolkeba Bekele, con 1.18:15, 13 secondi meglio della modenese Giulia Vettor (tesserata CUS Parma). Menzione d’onore per l’assessora allo Sport del comune di Bologna Roberta Li Calzi (classe ’81) e l’assessora al Turismo Commercio e Sport della regione, Roberta Frisoni (classe ’78), giunte appaiate al traguardo intorno alla duecentesima posizione femminile con 1.56:51.

Alla terza partecipazione mia personale su quattro edizioni di questa nuova serie (aggiungendo altri quattro traguardi tra il 1991 e il 2003, in quella edizione generosa ma fallimentare conclusa solo da 227 affezionati), credo di aver notato discreti miglioramenti. Cominciando dalla consegna dei pettorali consentita (su prenotazione) anche la domenica mattina, nei monumentali saloni del palazzo comunale, e dall’efficace custodia delle sacche coi ricambi, a pochi passi dall’arrivo. Causa i lavori del tram, che da anni sconvolgono il centro di Bologna, si è partiti a 800 metri dal ritrovo, sotto la Montagnola che vide il nostro arrivo nel 1992 (indossavo la maglietta di quell’anno, ma la cosa non ha per niente colpito la [?] speaker al traguardo, a differenza di quando c’era Marescalchi che la notò subito: ma il buon Michele (auguri per quello che mi ha pregato di non divulgare!) aveva già finito il suo turno riservato ai top runners.

Intanto che raggiungo le griglie (tassativo entrarci mezz’ora prima del via, che esagerati!) penso che se dovevano buttare all’aria tutta via Indipendenza, tanto valeva fare una metropolitana, anziché un tram che creerà ancora più problemi alle auto (divertente poi che il tram, deciso dalla giunta Guazzaloca che aveva già cominciato qualche lavoro, sia stato stoppato dalla giunta successiva, e poi ripreso da quella ancora successiva, tra un’esplosione e l’altra dei fiumi sotterranei).

Siamo in tanti (felice l'incontro con Gianni Baldini, reduce come me da Portofino) e vocianti, al punto che nessuno nella mia zona sente lo sparo del via: lo si desume dal fatto che il plotone si muove e al passo transita sotto i rilevatori di partenza (il mio real-time sarà di oltre un minuto più basso del gun-time: anche qui, l’Italia arcaica rimane ferma al gun-time, abbandonato da tutte le competizioni più importanti del mondo). Complice la mezz’ora di attesa nei box, e l’assoluta insufficienza di toilettes nei paraggi (in zona ritrovo, una pacemaker mi aveva affidato la sua “vela” mentre si accucciava tra un’auto e il muro di palazzo d’Accursio per le sue ultime necessità), il chilometro di via Irnerio vede parecchie deviazioni verso alberi, cespugli e muri per spandere acqua. Cosa che non si può evidentemente più fare nei successivi 7 km di percorso, davvero ben disegnati con passaggio da tutte le “eccellenze” di Bologna, escluse le Due Torri, le chiese di S. Stefano e la loggia della Mercanzia (questa la troveremo sulla bella medaglia finale).

Sottodimensionato il primo ristoro (alias aid): nella città Dotta si abusa di inglese o pseudotale, compresa una frase di Wilde sulla medaglia, secondo cui qui abbiamo il meglio del meglio, bum): ma intanto, siamo ancora tutti insieme, dopo 5 km, a dare l’assalto a due smilzi tavolini dove due volonterosi tentano di riempire i bicchieri. Rinvio il beveraggio al km 10 e ai successivi, dove compariranno anche (talora) sali, biscotti, mele, banane e spicchi d’arance un po’ secche e tigliose.

Perfetta la chiusura al traffico e le indicazioni del percorso (con qualche buco dal km 37 in poi, ma per fortuna c’è sempre abbondanza di addetti in casacca gialla). Evitato l’incrocio in doppio senso di marcia con quelli della mezza, come ci toccò nel 2021, dopo il km 10 si esce verso il comparto Sàvena, zona di passaggio obbligatoria in questa release, ma per fortuna senza l’avant indree in salita-discesa dei primi tempi. Rimane invece l’interminabile rettifilo delle Due Madonne, che diventa poi la statale per Ravenna da cui usciamo per il Pilastro in un’area piena di ipermercati e grandi concessionarie d’auto; e il complesso delle salite-discese poterà il totale del dislivello verso i 160 metri (non molto inferiore a Reggio).

Riattraversiamo la tangenziale in direzione del centro (San Donato) e intanto si arriva alla mezza maratona, che non mi risulta segnalata. Da lì si torna fuori dalla cerchia dalla tangenziale, oltrepassando l’A13 in prossimità del casello Arcoveggio (per noi hanno perfino chiuso un paio di uscite della tangenziale!). Niente visita alle carceri quest’anno, ma infiniti sottopassaggi di ferrovie, Corticella, Castelmaggiore (con un avant-indree al km 33, evidentemente prescritto dai misuratori ma non gradito dal mio Gps che alla fine mi sparerà un km in più della dimensione canonica).

Da qui, secondo enorme rettilineo (in parte condiviso con la 21) fino alla rinnovata ed elegante zona dei nuovi uffici comunali, stazione, “kiss and ride”, ed eccoci sull’ultimo drittone, lo squallido e interminabile viale Amendola-Marconi, fino a S. Francesco, poi a ritroso sul tracciato fatto nei primi km, fino all’Archiginnasio e al traguardo.

Dove ci danno solo una borraccia d’acqua e un panino con mortadella (o magari chi arrivava prima delle 5 ore aveva ogni ben di Dio? peraltro fornito, a cento metri, dal grandioso happening del Passo Capponi); sollecito recupero borsa, e ricerca problematica della doccia, prenotata in via Nazario Sauro “a 4 minuti dall’arrivo” (si suppone, per chi va ai 4 al km). Nessuna segnalazione di frecce, ricevo indicazioni contrastanti dall’info-point e da un’altra addetta in giallo Joma, scelgo una terza via suggeritami da un’anziana passante, e poi provando e riprovando e dandoci voce tra esploratori arriviamo al numero 1 barra 2, che non è all’inizio della strada ma dopo 200 metri. Qui però, godimento supremo da docce singole, pulite e caldissime.

Dopo di che, tanti di noi riconoscibili dalle sacche blu ufficiali tornano in stazione: il treno delle 16,33 è pieno di maratoneti che si scambiano impressioni. Scendo a Modena, e nel sottopasso verso l’uscita noto una giovane controllora col telefonino che dice: “ecco, allunga il passo, adesso torna indietro, no, adesso va verso l’uscita, scappa, vagli dietro!”. Alle sue spalle un poliziotto abbozza un inseguimento. Non descrivo fisicamente l’inseguito, altrimenti qualcuno mi accusa di razzismo. La ricreazione è finita, bentornati alla vita normale, viva l’Italia.

 

Domenica, 23 Febbraio 2025 17:33

Correggio laurea i campioni regionali di cross

23 febbraio – Come ogni anno, tocca a Correggio (terra natale di Dorando Pietri e, udite udite, anche di Daniele Adani) di chiudere il trittico dei campionati Fidal Emilia-Romagna per società di cross, e di assegnare in gara secca i titoli individuali. Evidentemente, l’organizzazione della locale Self Atl. Montanari Gruzza, e la presenza dei giudici reggiani a cominciare da Claudio Iotti e Paolo Giaroli, con l'aggiunta di Nerino Carri che documenta il tutto fotograficamente, danno pieno affidamento, dunque perché cambiare?

Questa volta, a differenza di due settimane fa (https://podisti.net/index.php/cronache/item/12788-cross-regionale-fidal-emilia-romagna-in-mille-nel-fango.html), le condizioni del campo di gara erano ottime, il fondo quasi sempre inerbato e anche le tre collinette da superare ogni giro non hanno creato problemi.

Molto tempestive, come sempre, le classifiche sul sito della Fidal regionale, bell’e divise per categorie: https://www.fidal.it/risultati/2025/REG37633/Risultat.htm. I risultati cronometrici mostrano molte gare combattute spalla a spalla anche tra atleti di categorie diverse (come al solito, i master maschili hanno corso in due gruppi, under e over 55, mentre le donne master erano unite; successive le gare delle categorie giovanili, per finire con gli 8 e 10 km riservati ai più grandicelli).

Nella prima batteria (dagli M 35 agli M 50, affrontata da 65 atleti) il più veloce di tutti è stato Fabio Ercoli, M 35 del Castel S. Pietro, che ha impiegato 18:19 per coprire i 5400 metri del percorso; ad appena 3 secondi è giunto il vincitore degli M 45 Jacopo Mantovani (Sasso Marconi), che ha preceduto di un secondo l’altro M 35 Andrea Barcelli (Castel S. Pietro), mentre con 18:30 è arrivato il campione degli M 40 Fabio Molinari, pure lui del Castel S. Pietro, che ha spodestato Francesco Bona (Casone Noceto), primo assoluto due settimane fa a Bosco Albergati e oggi solo secondo M 40.

Il Castel S. Pietro ha fatto man bassa di titoli, realizzando un podio-tripletta negli M 35 (dove terzo è stato Marco Ercoli, gemello di Fabio), il citato successo di Molinari negli M 40 e un altro successo tra gli M 50 con Claudio Cavalli (19:05).

A bocca asciutta i modenesi, che possono esibire solo il secondo posto M 50 di Fabrizio Gentile (Fratellanza, 19:29); ma la storica società geminiana si è rifatta con il successo del “muratorino” Giancarlo Bonfiglioli, primo assoluto della seconda batteria riservata agli M 55 e superiori (84 gli arrivati su 89 partenti), con 15:41 sui circa 4100 metri del percorso (con 15 metri di dislivello complessivo). Il suo “fratello” di squadra, Maurizio Gentile vincitore a Bosco Albergati, non ha concluso la gara, e quindi la piazza d’onore, assoluta e M 55, è toccata a Giacomo Becca (Lughesina, 15:48).

Campioni delle altre categorie sono altri due di Castel S. Pietro, Claudio Valeri (M 60, 16:05) e Adolfo Accalai (M 75, 17:40); Daniele Dottori (M 65, Sacmi Imola, 16:49), Adriano Pagani (M 70, Lughesina, 18:57), Onelio Galeazzi (M 80, Cattolica, 22:04), e il solito, unico M 85 Bruno Buonfiglioli (classe 1939, Celtic Druid) in 29:04: i risultati sono in gran parte confrontabili con quelli della gara precedente del 9 febbraio.

Tra le 78 donne partite tutte insieme sui 3000 metri e qualcosa, arrivo quasi a spalla tra due compagne del Casone Noceto: Manuela Bulf, campionessa F 40 in 11:11, e Maria Righetti vincitrice F 35 in 11:14, poco davanti alle due gemelle Facciani, Valentina e Martina dell’Atletica 85 Faenza (11:16, 11:30).

Appena dopo, la loro compagna e campionessa F 45 Fiorenza Pierli (11:37). Altra tesserata Faenza è la vincitrice F 50 Manuela Brasini (12:36, 3 secondi davanti ad Ana Nanu tesserata Casone). Tra le F 55, arrivo ex aequo in 13:34 tra le due affiliate Modena Atletica, Katia Bianchini (cui è stato assegnato il titolo) e Monica Barchetti (seconda di categoria anche a Bosco Albergati, ma dietro l’ ‘oriunda’ Claudia Gelsomino oggi assente); davanti a loro, in 13’ netti, la vincitrice F 60 Carmen Piani (Casone), compagna di squadra della campionessa F 65 Giordana Baruffaldi (14:25). Scontato il successo tra le F 75 della gloriosa Lucia Soranzo (Atletica 85 Faenza) in 15:43, che ha preceduto la prima F 70 Germana Babini (Lughesina, 15:59). Mentre tra le F 80 si è assistito al solito monologo di Raffaella Dall’Aglio (classe 1943, Casone, 23:55): anche tra le donne, dunque, si assiste a parecchie riconferme dell’ultimo appuntamento.

Molto frequentate, al solito, le gare giovanili (basti dire che i cadetti maschili erano 79, e le cadette 86; 128 le ragazze e 86 i ragazzi), con titoli assegnati a Bryan Schiaratura e Marta Gianninoni per la categoria juniores; a Mirko Masetti e Valentina Deserti tra gli allievi, Cristian Menozzi ed Emi Accorsi tra i cadetti, Achille Beccari e Allegra Iori per la categoria più giovane, dei ragazzi.

Le categorie, per dir così, più adulte tra le giovanili hanno visto il netto successo di due “nuovi italiani”, Mohammed Traibi (2004, Libertas Forlì) nel cross lungo di 10 km in 33:02, e quello molto più sofferto di Mirela Alice Cherciu (1993, Corradini Rubiera) in 34:15 sugli 8 km, appena 2” su Melania Tizzi (Cesena Triathlon); di Ricccardo Gaddoni (1999, Sacmi Imola) con 9:55 nel cross corto di 3 km, e di Aurora Imperiale (1999, Fratellanza) con 11:55 sulla stessa distanza.

Il successo di società tra i master maschili va al Castel S. Pietro con 3397 punti, appena 72 in più della Fratellanza Modena. Ancor più risicato il margine tra le donne, dove i 2267 punti del Casone Noceto gliene assicurano solo 25 sull’Atletica 85 Faenza, e oltre duecento sulla Fratellanza (unica società presente in entrambi i podi). Gli altri campioni sono Cesena Triathlon tra i cadetti, Frignano Pavullo per le cadette e per le ragazze (unica società dunque con due titoli), Corradini Rubiera tra i ragazzi.

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