Modena: Corricharitas feriale ma per settecento
6 giugno – Non ricordo da quanti anni si svolga il Corricharitas, presumibilmente dai primi Duemila. Di certo resta che è un gioioso incontro tra noi “normodotati” e i nostri fratelli meno fortunati, oltre che coi loro assistenti, di questa benemerita “Azienda di Servizi alla Persona dedicata alla cura e assistenza delle persone con disabilità psico-fisica grave e gravissima, rispondendo ai bisogni di tipo assistenziale, educativo, riabilitativo, sanitario, psicologico, spirituale”. L’opera fu fondata nel 1942 da un santo prete già impegnato nella riabilitazione dei sordomuti, e dal 1954 si trova nella sede attuale, tra via Rosselli e via Panni a sud di Modena, enormemente ingrandita e dotata di nuovi servizi.
Insieme a noi (734 paganti, cifra più o meno uguale alla camminata modenese della domenica precedente) in questo tardo pomeriggio di martedì corrono o camminano gli ospiti che possono farlo, a piedi o in carrozzella, coi loro accompagnatori (145 in tutto). All’iscrizione minima di 2 euro (cui corrisponde un barattolo di pomodori conservati) se ne è aggiunta una da 5 che dà diritto non solo alla maglietta ma anche al pasta-party che, quando era gratuito, generava indecorose resse per pluriabbuffate da morti di fame. Per fortuna, stavolta la decenza ha ritrovato il suo spazio, sebbene più per obbligo che per convinzione.
Corsa non competitiva sul solito tracciato da 8,5 km lungo piste ciclopedonali nei quartieri Buon Pastore e Sant’Agnese (ormai congiunti dalla speculazione edilizia spacciata per “consumo zero di suolo”, come si vede quando si passa dalla neonata via Nilde Iotti); partenza abbastanza unitaria (fatto salvo il solito centinaio che proprio non ce la fa a mescolarsi col nostro gruppo disciplinato e maleodorante), e arrivi che si sono aspettati anche oltre l’ora e mezzo (stavo già tornando verso casa quando ho visto Giangi a un km dal traguardo), grazie alla giusta accoglienza anche per i camminatori che non si accontentavano del giretto truffaldino attorno all’edificio per poi tuffarsi sul tavolo del ristoro. Comunque preferisco un Giangi che parte giusto, a X e Y che partono prima e davanti al fotografo fanno le smorfiette da pride col segno V (hai vinto su chi?).
Ho notato in grande spolvero Paolino Malavasi nonostante avesse finito da due giorni la sua trecentesima maratona all’interno delle 4-maratone-in 4 giorni di Orta; il sottoscritto e Giaroli, che (con Margherita appena dietro) incorniciavamo il quadrifoglio della sua maglietta nel primo km, come appare dalla foto di Teida inglobata nel raffinato collage di Mandelli, l’abbiamo tallonato fino alla fine, ma raggiunto mai. Eppure un altro reduce da Orta, Gelati-150, l’ha fatta tutta di passo… Evidentemente Paolino ha raggiunto un equilibrio fisico che gli permetterebbe di fare 365 maratone l’anno… a patto di non fare la fine di quello di Albinea, e neanche di gasarsi come se fosse il campione olimpico.
Manca la bellissima vignolese che anni fa mi suscitò un commento ironico circa il suo fidanzato di allora che ci intralciava coi suoi ghirigori ciclistici da gelosia; Mastrolia se ne fa una ragione e si fa fotografare in compagnia della Teidina che sciorina un ammaliante sorriso. Per il resto, siamo i soliti: Margherita vincitrice domenica a Vezzano, i coniugi Rossetto, i fratelli Baldini, Lorena Ilva e Vanna le carpigiane, padre e figlio Bandieri, Reginato il formiginese che ci esorta al prossimo appuntamento, posdomani, nel suo territorio, diramazione Magreta. (Ma se dici a Giangi che a Magreta c’è un distributore di metano, lui si arrabbia e urla che è a Sassuolo; come quello di Casalgrande, venerdì scorso, sarebbe a Scandiano).
Tutti i salmi finiscono in gloria, e nei tanti spicchi di limone che ingentiliscono l’acqua freschissima del ristoro finale. Con poca spesa, e un barattolo di pomodori in borsa, ci sentiamo tutti caritatevoli.
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