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Giu 23, 2023 1149volte

Modena, chiusa la fase in pista del Masterchallenge

C'è di tutto, dalla pista a 3 metri sopra il cielo C'è di tutto, dalla pista a 3 metri sopra il cielo Roberto Mandelli

 22 giugno – Nella prima serata davvero estiva, con una temperatura ben oltre i 30 gradi ancora alle 9 di sera, si è svolta la seconda edizione del “Masterchallenge”, meeting di corsa organizzato congiuntamente da Fratellanza e Modena Runners Club. Adesso rimane (come nel 2022 quando però le gare si erano corse sulla pista di Fiorano), la terza prova, i 10mila su strada a San Donnino in settembre. Distanze più gettonate i 3000 (la scorsa settimana) e i 5000 metri, ma buona partecipazione anche su distanze minori, incluse le staffette.

Nell’attesa che siano elaborate le complesse classifiche a punti, si può dire che gli amatori, gli stradisti, anche quelli abituati agli ultimi posti come il sottoscritto, in gare di questo genere colgono l’occasione a prezzi davvero modici (dai 3 ai 5 euro) di cimentarsi con atleti veri, ben impostati, coi loro allenatori a bordo pista che gli danno il tempo al giro, con Brighenti sulla linea del traguardo che snocciola i passaggi e il curriculum di ciascuno come il mitico De Zan padre; col professor Pacchioni-Gigliotti a vigilarne l’evoluzione sanitaria, e perfino col tifo in tribuna delle mamme, mogli, figlioletti, pure dei compagni di squadra che in pista attendono di partire per la loro gara successiva (e allora posso immaginare che gli incitamenti agli ultimi sottintendano anche l’invito a sbrigarsi per liberare il campo di gara…).

Concorrenti da tutta la regione e anche da più lontano, e risultati che in certe gare si avvicinano a livelli da meeting nazionale: come sui 1500 maschili, dove i primi tre stanno fra il 3:44 di Mohammed Baybat (Minerva Parma) e il 3:46 di Luis Matteo Ricciardi (Sacmi Imola), con in mezzo il 3:45 di Alessandro Pasquinucci della Fratellanza. Il più vecchio ha 30 anni, ma il commander-in-chief delle operazioni, Alberto Cattini classe 1977, si piazza a metà del gruppone con 4:45.

E io preferisco guardare verso il fondo, alla lotta tra Enrico Zanella classe ’66 e Paolo Cavazzuti ’65, nei dintorni dei 5:30, mentre arranco nell’ultimo giro portando al traguardo le scarpette rosse donate da Roberto Mandelli, messe “in forma” per farle allargare di un numero, e infine richiodate coi chiodi del 6 (sempre dotazione Mandelli, integrata da due chiodi del 14 con la punta spezzata) da Dino Guidetti, compagno di squadra: anche se un po’ si vergognerà di avere in gruppo uno come me di cui la Fidal sancisce il Pb in 6:53 (ah, bravo, sei stato sotto i 5 a km!, si complimenta una vecchia amica involontariamente offensiva).

Così, tra le 27 donne, dato l’omaggio doveroso a Sara Arrigoni classe 2005 del Cus Parma per il 4:37 (lasciamo stare i centesimi, noi che ragioniamo sulle mezz’ore), io vado a dare il cinque in pista a Paola Bernini del ’64 e Barbara Giovanelli del ’69 (se dai i cinque alle prime, quelle si arrabbiano perché perdono mezzo decimo). E in mezzo ci metto Monica Barchetti, classe 1968, pluricampionessa mondiale delle 12, 24, 48 ore, cuore diviso tra Crevalcore e Las Palmas, qui con 5:40 chaperon delle ragazzine della Fratellanza.

Passiamo ai 5000 maschili, dove una freccia parte e già al primo giro ha 200 metri sul secondo. “Ma gliel’anno detto che sono 5000 e non 1500?”, si dice in tribuna. In effetti rallenta un po’ Labouiti Moslim (1993, Castenaso Celtic Druid), quanto basta per non stare sotto i 3 a km (15:00.53), e precedere di “soli” 10 secondi Luca De Francesco, doppiando metà dei contendenti. Ma io scendo come al solito a metà dei 35 arrivati per trovare il dottore e pianista-sassofonista Giacomo Carpenito, SM 50, che con 17:48 precede di poco il compagno di squadra Federico Bacchiega: con la cui mamma io corsi una maratona di Carpi anni Novanta arrivando a braccia alzate e mani intrecciate, e la foto finì sulla copertina di un rotocalco. Due vite fa; adesso Federico è papà tre volte: che boccata d’ossigeno per la nostra Italia sazia, disperata e infangata da gay pride e simile lordura.

Ma la mia simpatia va a Dino Guidetti, che dopo avermi aggiustato i chiodi con arte insieme fabbrile e scarpaiola corre i 5000, e amorosamente tifato dalla moglie “Teidina” aggrappata alla ringhiera finisce in 19:34, egh giv bavèla? commenterebbe Brighenti. E non resta che inneggiare a Maurizio Pivetti, classe 1956, palma del più anziano approfittando del mio forfait, ma non ultimo in 23:11 (l’avrei battuto o no? The answer is blowing in the wind).

Poi ci sono le donne dei 5000, non tante, ma con la vincitrice Giulia Elisi da Trieste che con 19:12 dà quasi mezzo giro alla seconda; ma io vado alla quinta, Sonia Del Carlo generazione-di-fenomeni 1974, signora di classe (un po’ delusa dal marito che si ritira), che sorvegliata in tribuna dal figlio conclude in 21:22; e alla settima, Carmen Pigoni classe 1966, pettorale n. 1 quantomai giustificato dai meriti sportivi, che fa 23:41. È da queste Maestre che lo sport atletico può solo imparare.

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