Langhirano (PR) – Monte Sporno Trail per 340, da Fontanini alla Morlini … a Nerino Carri
27 agosto – La capitale emiliana del prosciutto quest’anno, per la terza edizione del suo Monte Sporno Trail, alle distanze già collaudate dei 12 e 23 km ha aggiunto, in sostituzione della ‘vecchia’ 30 km, una ecomaratona: in realtà ultramaratona (di poco) essendo la distanza di 43 km esatti con l’aggiunta di 1850 metri di dislivello (che il mio Gps accresce a 1950; in sostanza, con tre vette principali sui 1100 metri slm); il che, secondo le tabelle ufficiose elaborate (che stabiliscono in 100 metri di dislivello l’equivalente di 1 km lineare) significherebbe una distanza ‘percepita’ di circa 61 km. Con questo, le 7 ore di tempo massimo inizialmente assegnate (con due cancelli intermedi ai km 11 e 24) costituivano un po’ lo spauracchio dei podisti non di primo piano che si erano presentati a inaugurare questo tracciato: intelligentemente, i bravi organizzatori hanno usato discernimento, in pratica abolendo i cancelli e aspettando una buona mezz’ora che tutti (66, su 80 iscritti: foto 3-4, 21) completassero il percorso lungo.
Solo due atleti sono stati sotto le 4 ore, che visto il tracciato va considerato un tempo di tutto rispetto: il vincitore Jacopo Fontanini (un under 35 da Camaiore) con 3.50:57, il secondo Fernando Alvarez Alfageme (Cittadella Parma) con 3.53:53. Arrivo quasi allo sprint tra le due prime donne, Barbara Aledda (Vengo lì, anch’essa under 35) 4.57:10, e Antonia Rinaldi (Runcard) 4.59:57. Più indietro, piace ricordare l'ambasciatore della Pol. Torrile, Gian Luca Fretto (5.40), e l'esponente dei supermaratoneti Mauro Gambaiani da Fanano, che certamente ha trovato più elettrizzante correre questa sola maratona in 6.56 che le dieci più dieci più dieci che piacciono a tanti suoi colleghi, capaci perfino di metterci un tempo superiore.
La 23 km (che a differenza della 43 doveva scalare solo l’ultima delle tre cime principali del percorso, che ai maratoneti pre-occupavano invece i km da 13 a 19) ha visto i successi, su 122 arrivati, di Nicola Pizzorni (Cral Barilla, 1.53:25) e Camilla Rizzardi (Casone Noceto, 2.26:34). Nelle retrovie, segnalo volentieri il ritorno alle gare (tenuto segreto fino a oggi) del veterano reggiano Nerino Carri, oggi più noto come fotografo di podismo, che (foto 10) ha chiuso al 118° posto in 3.55:33.
Più numerosi (152) i partecipanti alla 12 km, conclusasi con un arrivo maschile ex aequo in 1.00:54 di Davide Pau (Synergy) e del più giovane Gianluca Pinotti (RBML), mentre tre minuti e mezzo intercorrono tra l’arrivo della scontata vincitrice Isabella Morlini (Atl. Reggio, 7^ assoluta in 1.08:44: foto 38 prima e 49 poi, oltre che in copertina) e Valeria Poltronieri (Vengo lì, 1.12:17). Ma non possiamo trascurare il buon Paolo Giaroli, tra i tanti reggiani che hanno varcato l'Enza, e che ha chiuso in 1.57 (foto 14).
Alle gare competitive si è aggiunta la 12 km non competitiva, con tratti comuni al finale dell’ultramaratona, che ha incluso il ristoro presso un’azienda “alla parmense”, tra prosciutto e malvasia (con riguardo ovviamente anche per gli astemi e vegetariani).
Il minacciato maltempo si è notato soprattutto per una nuvolosità lungo tutta la giornata, e più tardi il brontolio dei tuoni: un po’ di pioggia è caduta solo intorno alle 14, più forte sul capoluogo e quasi nulla sul percorso lungo.
Del quale va notata anzitutto la segnatura, con frecce e segni per terra o sui pali/alberi, intensissima fin verso il km 30, con l’aggiunta di numerosi segnalatori ‘umani’ (poi è andata un po’ in calando, con qualche dubbio che ci ha colto nel rientro in Langhirano, pare anche per il sabotaggio di qualche residente poco tollerante). Davvero incredibile la presenza di tanti addetti lungo il tracciato (più loro dei concorrenti?!), tutti riconoscibili dalla maglietta fucsia; notevole anche la speaker, sebbene non sia riuscito a leggere la lunghissima sequenza poetica tatuata sul braccio destro (foto 42); e più che buona la frequenza dei ristori (anche qui, con un calo nella seconda metà, dopo quello abbondantissimo del km 18,5). Al 24,2 una signora, dopo aver dato l’ultima coca all’atleta davanti a me (uno dei 23 km), si è scusata per non avere più niente, col risultato che per bere a una fontanella ho dovuto aspettare il km 33 (nel frattempo sono ricorso all’acqua della prescritta borraccia, perché il clima era davvero afoso, la maglietta zuppa di sudore).
Percorso corribile forse per tre quarti, con l’eccezione delle tre salite alle citate cime (e l’apice negativo ai km 9,5-9,8, trecento metri di autentico vertical dove il fondo secco e polveroso ci faceva slittare all’indietro costringendoci ad aggrapparci ad alberi e cespugli), e di qualche discesa troppo sassosa.
Spettacolare il passaggio per la città murata di Torrechiara, che abbiamo lambito dal km 30 circa (foto 29-31, 46-47) e raggiunto attraverso vigneti intorno al 36, girandola all’interno e incontrando finalmente un ristoro come si deve. Suggestivo anche il “sentiero d’arte” erboso che ci ha fatto compagnia da Torrechiara fino a 3 km dal traguardo, quando siamo stati avviati su una nuova, ultima salita, tanto per farci rendere conto della nostra pochezza di retroguardie.
Delizioso il ristoro finale a fianco dell’arrivo (foto 19: mi sono ingozzato di squisite angurie, annaffiate dalla birra che è sempre scorsa a fiumi in tutti i ristori), cui si è aggiunto il prosciutto-party nell’area del ritrovo, dopo la possibilità di una doccia caldissima. A sorpresa, un premio (decisamente consistente, in campo alimentare: foto 33-34) è toccato anche a me: quello del concorrente più anziano, e vincitore di non so quale categoria (non prevista dal regolamento). C’è gloria anche per i poveri, che con l'occasione danno l'estremo saluto allo storico borsone (foto 36) ormai sfondato e inagibile, quasi come il suo proprietario.
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