San Prospero (Suzzara, MN), 17^ “Tra lo Zara e il Po”
8 settembre – Nel giorno di San Badoglio e dei suoi colleghi generali fuggiaschi (al confronto del vile generale Carboni, che lasciò la popolazione di Roma alla mercé dei tedeschi, il gen. Vannacci è un eroe di guerra e di pace), giorno che ecclesiasticamente sarebbe la Natività di Maria (festa fasulla non autorizzata dai vangeli) si è finalmente recuperata la camminata che era stata rinviata dall’originario 19 maggio, allora in coincidenza con la “festa dei risotti” ma rovinata dall’alluvione.
La nuova occasione è stata la 42^ Festa paesana, in questo settembre mese delle sagre e dei festival: notevole che una frazione con 58 abitanti riesca a organizzare due feste l’anno, che portano centinaia se non migliaia di visitatori, attratti dalla fama della gastronomia (meritata, ma cui si accompagna la fama della lentezza del servizio, sulla quale Angelo Giaroli mi aveva ammonito): peccato che l’elegante chiesetta a lato sia chiusa. Se chiudete le chiese anche per le sagre… vabbè che di tante chiese non si capisce ormai l’utilità, a Bologna città ne avranno cento che totalizzano fra tutte dieci matrimoni al mese…
Quanto al podismo, arrivando a San Prospero (col navigatore, in assenza di ogni indicazione stradale) mezz’ora prima delle 19 ufficiali, si vedeva già qualche decina di camminatori lungo il percorso, classificato di 5 o 10 km (in realtà, 8.2 era il giro più lungo). Iscrizioni a 3-3,5 euro secondo le usanze Fiasp, a beneficio della Caritas diocesana ma con discreto sacchetto alimentare per tutti, oltre a due ristori lungo la strada (gestiti da bravi volontari sikh).
Alla partenza, l’affabile speaker diceva che eravamo in trecento, e subito si levava il coro di “cala Trinchetto”: a occhio, non più di cento (bè consoliamoci, nelle corse bolognesi di questo calibro, siamo molti di meno). Strano però che non ci siano reggiani o carpigiani-mirandolesi, e non c’era neanche la Marta da Quistello (chissà se è ancora in giro col suo giovane “centèuro”): le società più numerose sono dell’Avis Suzzara di Bottazzi, e di Cesole, insomma a km quasi-zero.
Comunque un bel giro, quasi per metà campestre, prima attraverso un parco che circonda un’antica villa, poi traversando il torrente Zara per dirigersi all’argine del Po ancora sormontato, come ai tempi di don Camillo e Peppone, da una strada: scenografico il tramonto sul Grande Fiume, sebbene le foto col telefonino diventino inevitabilmente mosse causa i tempi lunghi di scatto o, chissà, sfumate dal sudore sull’obiettivo. Si gira attorno, poi si entra nell’altra frazione di Saviola (del confinante comune di Motteggiana), quasi una città coi suoi 680 abitanti: col mio occasionale compagno di corsa, che forse si chiama Franco Cavicchioli, ha corso 100 maratone e qualche Passatore, e viene da Bagnolo San Vito sede del parlamento del Nord (“ma adesso li hanno sfrattati perché non pagavano l’affitto”) commentiamo l’abbondanza, lungo le strade, di raccoglitori per il pattume differenziato, ma l’assenza dei normali cestini o cassonetti dove buttare i bicchieri del ristoro (mi dice che qui non usano, e nei paesi dove ci sono i cestini, li vuotano sì e no una volta al mese).
E siamo di nuovo a San Prospero, dove dopo una ex scuola fatiscente (bè certo, con 58 abitanti e la decrescita infelice, quanti bambini ci saranno?) si apre lo stradello per il campo sportivo, l’arco gonfiabile del traguardo e l’area della festa. I più rimangono appunto alla cena, cibi squisitamente locali (risotto con salamella, tortelli di zucca, spalla di S. Secondo, e soprattutto lo stracotto di somarina della foto 24) a prezzi modici: peccato che il primo arrivi dopo 25 minuti dall’ordine e il secondo dopo 45; il giovane parroco gira tra i tavoli per confortare l’attesa e scongiurare imprecazioni blasfeme, che si trasformano però in approvazioni quando finalmente i piatti sono serviti. Non passerà agli annali del podismo, ma è bello anche così.
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