Un Po… (più) di trail e di trailer
Continua la tradizione della Pasquetta sportiva di Gualtieri: siamo alla 35a edizione, alla seconda del trail lanciato l’anno scorso. C’ero anche nel 2017 (il 17 aprile, perché Pasqua era più “alta”), e avevo scritto: “Denominazione discutibile, insomma, ma esperienza positiva per chi l’ha corsa. Per chi l’ha organizzata, si capirà l’anno prossimo”.
Visto che i classificati sono passati da 133 a 218, si direbbe che la ricetta abbia funzionato (erano stati 205 i classificati nell’ultima Pasquetta competitiva, a Gualtieri, nel 2010). Una cosa in comune col 2017 c’era: la partenza con un ritardo di un quarto d’ora. L’anno scorso ci fu “la scusa fantasmagorica di una fiera-mercato che occupava le strade (i caradoni del Po?)”, quest’anno è stato detto della necessità di cambiare il percorso all’ultimo momento causa piena del Po. Se piena c’era stata, questa non è venuta certo stamattina (giornata limpidissima come ieri: si vedevano gli Appennini e le Alpi, tutto innevato); posso solo dire che il “tratto sulla spiaggia” di cui ha scritto Morselli, al km 14, aveva un centinaio di metri fangosi, prima della famosa corda alpinistica con cui tirarsi su; e prima, qualche pozzanghera. Il Po mi è sembrato al solito livello, e in spiaggia c’era perfino qualche turista (non dirò bagnante). A parte interventi dell’ultima ora, che il percorso fosse stato modificato e allungato lo si sapeva già prima della partenza: nel vero e proprio alveo del Po siamo entrati dopo circa 10 km e dopo aver fatto, dall’uno e dall’altro lato, un lungo tratto di argine della parte terminale del Crostolo (quello che, un po’ più magretto, ci accompagna all’ingresso in Reggio della maratona). Quest’anno il Gps mi segna 20,140 km, cioè 2,800 in più della distanza effettiva del 2017, e un dislivello di 65 metri contro i 39 del 2017: ci ho messo 25 minuti in più, superando oggi senza meriti sportivi Ideo Fantini che però aveva da curare la Graziella (che ogni tanto si fermava). Mi ha ‘spinto’ la Maurizia Gambarelli, che tornava ai trail dopo tre anni; e mi ha superato al penultimo km, proprio allo scavalco dell’argine maestro, la carpigiana Stefania Camurri; mentre c’era stato il tempo solo per l’in bocca al lupo iniziale col veterano Giuseppe Cuoghi , che come di consueto chiude il gruppo.
Percorso segnato abbastanza bene, salvo gli ultimi 2 km nella golena esterna, dove le fettucce evidentemente erano andate esaurite; tre ristori un po’ spartani (acqua, tè freddo, qualche biscottino), abbondanza di fotografi (soprattutto però in un raggio di 2 km dall’arrivo – al sabbione non è arrivato nessuno!); discreta la presenza di sorveglianti, tra cui itinerante in bici vedo Luca Salardini, e saldo a controllare, il giudice Giaroli che sabato aveva corso con me a Modena, dandomi un certo permesso ‘giornalistico’ per la corsa di oggi...
Immutato il fascino dei luoghi: proprio sul “Giornale” online odierno Michele Brambilla ricorda, citando Guareschi, che siamo «in quella fettaccia di terra distesa lungo la riva destra del Po, fra Piacenza e Guastalla, con le sue strade lunghe e diritte, le sue case piccole pitturate di rosso, di giallo e blu oltremare, sperdute in mezzo ai filari di viti», dove anche i cani hanno un’anima. E la memoria di don Camillo & Peppone si impone: la stazioncina di Gualtieri è quella dove la banda comunale salutava don Camillo in partenza, o dove Peppone, appena partito per Roma, si pentiva e scendeva dal treno per tornare a Brescello su una bici prestatagli dal reverendo (ma almeno lui era stato eletto, cosa che non è invece capitata ultimamente a un certo suo tardivo compagno di partito, ex senatore ed ex maratoneta di queste bande, che si era abbondantemente esibito -in borghese - ai podisti nelle festività pre-elettorali, ma adesso medita con la sola certezza dei 1000 euro mensili di vitalizio che si è, ehm ehm, meritati). Torna anche il ricordo di altre corse reggiane su scenari simili, come l’estinta Caminada cun i amigh dla Tajada, quella di luglio e della polenta arrostita col lardo sopra, e delle cocomere, dove una ventina d’anni fa corsi insieme a un certo Stefano Morselli “gambero” che conoscevo solo via mail, e durante la via ragionammo se non fosse il caso di creare un sito dedicato al podismo corso in avanti.
I campanili delle chiese qua e là dal grande fiume scandiscono le ore, peccato non ci sia più il ponte di barche dove portava la strada fiancheggiata da pioppi su cui facciamo qualche centinaio di metri; mezzogiorno è già scoccato (complice il ritardo nella partenza) mentre noi ci presentiamo di nuovo alla piazza Bentivoglio già affollata dai tantissimi rimasti al pranzo (e quando arrivo io, Brighenti invita a deporre le forchette, non per la mia presenza che giustamente passa inosservata , ma per applaudire i premiati sul palco).
Docce al solito posto, a cento metri; pacco gara ricco e comprensivo di pasto per i competitivi (forse però era meglio offrire anche un 'prezzo netto', per l'iscrizione senza pasto, diciamo intorno ai 5 euro, che avrebbe probabilmente attirato un numero di corridori paragonabile a quelli che facevano i 17 km della Tagliata); per i non comp c’è la rituale bottiglia di vino, che come l’anno scorso mi convince a comprare un cartone da sei. Anche Pietro Boniburini, appostato vicino al traguardo in modo da coprire il ristoro finale (povero come quelli lungo il tracciato) fa buoni affari: e lasciamo pure che i puristi dei trail (quelli per i quali bisogna perlomeno rischiare la vita) e delle calzature con tripla Eva e quadruplo Adamo si ritraggano sdegnati di fronte alle sue scarpe da 60 euro. Aprite le finestre al nuovo sole, è primavera.
VIDEO di Nerino Carri
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