Casalgrande (RE), ottimo esordio dell’“Assalto al Castello”
23 dicembre – Come sanno bene i lettori di queste pagine, quando si va a correre dalle parti di Scandiano si è sicuri di imbroccare bene: alle tante iniziative già andate in porto (ultima, la maratona di Reggio, che a Scandiano è stata concepita), l’antivigilia di Natale ha aggiunto l’ “Assalto al Castello”: intendendosi il castello di Casalgrande Alto, poco e niente pubblicizzato dalla segnaletica stradale, eppure un eccellente balcone, a meno di un km dalla trafficata statale Sassuolo-Scandiano-Albinea ecc., da dove la vista spazia dall’Appennino emiliano alle Alpi veronesi fino all’estremo ovest del Monte Rosa. Complice, s’intende, la giornata limpida e leggermente ventosa, per una temperatura che ha raggiunto i 20 gradi rendendo inutili tutte le bardature invernali che avevamo precauzionalmente messo in borsa.
Alla novità del percorso (che tocca luoghi vicini ad altri ben noti, come il Furnasoun Trail, ma non esattamente gli stessi), si sono aggiunti la collocazione in un giorno dove tutto in regione sembrava tacere, le eccellenti condizioni climatiche, la distanza non insormontabile (11 km, forse qualcosa in meno stando ai Gps) sebbene il dislivello fosse relativamente oneroso (700 metri dichiarati, ma forse 750, quasi tutti nei primi 6 km).
Morale della favola: il numero chiuso delle iscrizioni, fissato a 150, è stato elevato in corso d’opera a 200, e alla vigilia della gara è stato concessa l’iscrizione anche ad altri in lista d’attesa; poi qualcuno (approfittando del fatto che le iscrizioni con Irunning non contemplano il pagamento anticipato) ha dato forfeit, per cui l’ordine d’arrivo ufficiale elenca solo 183 atleti (due ritirati), comunque una bella cifra in rapporto alla data.
Il percorso, piuttosto tortuoso, con tre salite principali più l’ultimo km che crudelmente ci ha portato ai piedi del castello obbligandoci a riguadagnarlo, se guardate il profilo sembra quasi uno struzzo (o comunque un grosso gallinaceo coricato), con la testa in alto a destra corrispondente al castello, e le zampe in basso a sinistra, dove la base piatta è costituita dalla strada di fondovalle – in cui si trovava il ristoro – con le due discese e le due salite per raggiungerla e ripartirne alla volta della “cima Coppi”.
In prevalenza era costituito da sentieri, parzialmente sassosi e in misura pressoché uguale traversante deliziosi boschetti di latifoglie; il resto erano stradine bianche, in minima dose asfaltate; il tutto ottimamente segnato e con numerosi segnalatori umani (tra cui non poteva mancare Paolo Manelli).
Incredibile il tempo dei primi due, rimasti sotto l’ora: ha vinto Luca Carrara, 46enne bergamasco, in 56:35, davanti al 31enne reggiano Riccardo Gabrini (58:09), mentre il terzo, il modenese quasi cinquantenne Matteo Pigoni, ha impiegato 1 ora e 4 secondi.
Nessuna sorpresa tra le donne, regolate ancora una volta da Isabella Morlini con 1.10:37, quattro minuti meglio dell’altra reggiana Alessia Rondoni (classe 2000, quasi trent’anni in meno della vincitrice), a sua volta avanti mezzo minuto sulla terza, Maddalena Pradelli classe 1999.
Con calma, entro il tempo massimo di due ore e mezzo (umanamente elasticizzato per gli ultimi) sono arrivati, al cospetto dello speaker Brighenti e del giudice-capo Mainini, tanti nomi storici delle gare nostrane o perlomeno di queste cronache: da Gianluca Spina (figlio del fotografo Italo che ci ha ceduto alcuni dei suoi scatti) ad Attilio Acito (in Annamaria Cavallo), da mamma Francesca Braidi al glorioso Ideo Fantini (classe 1949), che ha battuto allo sprint Lucio Casali da Formigine; per chiudere con Cecilia Gandolfi (in Italo Spina, per intenderci) e l’accoppiata Paolo Giaroli – Giuseppe Cuoghi, quest’ultimo il più anziano in gara (due anni più di Ideo) ma senza timore reverenziale verso questi tracciati. (Non siamo come a Bianello dove per l’ultimo c’è la gogna…).
Oltre ai premi per i primi cinque, per tutti c’è stato (di fronte a un corrispettivo di 10 euro per l’iscrizione) un sacchetto con due bottiglie di ottimo lambrusco reggiano. Direi che ci si possa largamente accontentare.
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