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Feb 04, 2024 1019volte

Pomponesco (MN) – 1° Garzaia Trail, poesia della nebbia e dei peccati di gola

I primi nella nebbia I primi nella nebbia Roberto Mandelli

4 febbraio – La dicitura “1°” non inganni, perché qui a Pomponesco (sulla riva sinistra, lombarda, del Po esattamente di fronte a Boretto) si corre da vari anni, sempre col patrocinio dell’Atletica Viadana: si conserva memoria di una “Corsa di Pomponesco” su strada del marzo 2018, poi di un “Cross in Garzaia” (la riserva naturale nel greto del Grande Fiume) nel febbraio 2020, che per poche settimane schivò il Covid ma non la piena del Po che costrinse a percorsi ridotti; poi un “Garzaia Cross” nel 2022-2023, e infine questo di oggi, probabilmente n° 1 perché per la prima volta con un percorso competitivo dichiarato di 10 km (ma in realtà di 11,5), valevole come seconda prova del Criterium provinciale mantovano Fidal.

A questo si sono aggiunti tre percorsi non competitivi Fiasp, di 5, 11 (uguale all’agonistico) e 14 km dichiarati (in realtà 15,4: l’aveva anticipato Dervis Montanari!), di cui forse una dozzina sterrati, su stradelli e sulla sabbia del Po, in un paesaggio reso ancor più suggestivo da una nebbia come noi che stiamo 50 km più a sud non ricordiamo da almeno un ventennio. Nebbia pascoliana e felliniana, che impronta anche i versi dialettali di un eroe di queste parti, Cesare Zavattini, non a caso intitolati La basa:

O vést an funeral acsé puvrét - c’an ghéra gnanc’al mort - dentr’in dla casa. 
La gent adré i sigava. - A sigava anca mé - senza savé al parché - in mes a la fümana. (Ho visto un funerale così poveretto che non c’era neanche il morto dentro la cassa.

La gente dietro piangeva, piangevo anch’io senza sapere il perché in mezzo alla fumana).

Navigando con prudenza, si arriva di misura per la partenza, lasciata libera tra le 8.30 e le 9 per i non competitivi, e unica alle 9 per gli agonisti. Fila, sebbene non lunghissima, per noi imprevidenti che non ci siamo pre-iscritti; disponibilità di spogliatoi e docce a circa 200 metri dalla partenza, collocata nella bellissima piazza centrale di Pomponesco (quanti gioielli sono nascosti in questa Bassa, operosa e prospera ma col gusto del pubblico decoro).

Come in tante gare di qua e di là del Po in questa zona (Guastalla e Tagliata, Gualtieri, Scorzarolo, Cesole, Luzzara…), appena si esce dal centro si va subito sull’argine, se ne percorre un po’ sull’asfalto (i resti delle antiche strade statali su cui don Camillo e Peppone si rincorrevano in bicicletta), si saluta la Teida sorprendentemente venuta fin qui, per discendere presto nella golena, inizialmente lungo strade bianche, poi per caradoni e sentieri, talvolta affondando nella sabbia, mentre il sole stenta a perforare la nebbia e i pioppi dei saldini proiettano flebili ombre.

Il corso del fiume si renderà visibile solo dopo il km 11, cioè dopo che i competitivi (e gli aggregati al giro degli 11, come Paolo Giaroli che però dichiara di averne fatti 3 di più causa mancanza di frecce segnaletiche) svoltano a sinistra scendendo in paese.

Sono in tutto 91 uomini e 22 donne ad essere classificate: e se tra le donne non potevano esserci dubbi sulla vittoria di Isabella Morlini, con 49:41 vale a dire 2 minuti di vantaggio sulla seconda Alessia La Serra (che ha 18 anni meno di lei) e più di 3 sulla terza, Galina Teaca, tra gli uomini la gara è stata più combattuta con Alberto Marogna (quasi coetaneo della Morlini) che con 42:40 ha distanziato di 39” Marcello Mastruzzi e di 43” Luca Galvani.

Mentre dalla sottostante piazza giungono le voci della competizione, noi appassionati senza mire di classifica tiriamo dritto sull’argine per un paio di km scarsi, scendendo infine nella zona industriale e, alla chiesetta “tomba della Rosina”, indirizzandoci verso Pomponesco di cui finalmente vediamo il campanile (sono già suonate le 10, poi le 10,30, ma chissà se erano le campane di Pomponesco o quelle degli altri paesoni che punteggiano la campagna). Una scena curiosa: stanno erpicando un campo, e dietro l’erpice una decina almeno di trampolieri (saranno le garze o qualche affine?) camminano beccando quello che vien fuori dalle zolle rivoltate e spezzettate.

Suggestiva la sequenza di case dai diversi colori nel vialone, grosso modo parallelo all’argine, attraverso il quale torniamo nella piazza della partenza-arrivo. Stranamente il ristoro e il sacchetto-premio non sono di fianco all’arco del traguardo, e per trovarli mi serve l’indicazione di Paolo Giaroli che decanta la bontà del gnocco luadèl in omaggio (mentre, ahinoi, non c’è niente di caldo, e il ristoro rimasto consiste in acqua e patatine-pai).

Però il forno a fianco è preso d’assalto, e quanto al pranzo domenicale per recuperare le 1560 calorie bruciate in corsa, stante il tutto esaurito nella centralissima trattoria “d’ol sindic” e in quella nel greto di Viadana (cittadina dove però vale la pena di entrare nella monumentale chiesa ricca di pitture cinquecentesche), i cugini Giaroli sono concordi nell’indicarmi “La Locanda del peccato”, con annesso ristorante gestito da 60 anni dal cavalier Arneo, nella vicina Villastrada (esattamente di fronte a Luzzara). Rane, lumache, zucche nei più vari allestimenti, e per finire torta sbrisolona e zuppa inglese: peccato dover rinunciare a tanti altri “peccati”, ma si potrà rimediare un’altra volta.

Informazioni aggiuntive

Fotografo/i: Fabio Marri Teida Seghedoni

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