La sagra di Freto onora la tradizione
Freto (MO), 9 giugno – Piove sabbia sulla Padània, mentre più o meno in 170 ci avviamo, nei pressi di quella che fu la sede di un paio di festival nazionali dell’Unità e pure di un rave-party sgombrato fra gli strilli dell’intelligentsja (adesso rottamati gli uni e gli altri, mentre la terza cerca disperatamente nuovi argomenti su cui baccagliare nei social), verso la minuscola ma storica parrocchia di Freto, ancora in comune di Modena sull’antica strada che portava alla “Barchetta”, cioè al passo sul Secchia per raggiungere Campogalliano. Chiesetta piccola e campestre, al cui interno stanno lapidi settecentesche, dell'edificio ricostruito dalla rovina nel 1688 (ma il parroco don Franco, carpigiano che non beve tutto quello che si racconta a Modena, invita a diffidare di molte "balle"), di madri morte prematuramente a 31 anni e dei loro nobili coniugi passati a miglior vita dopo aver messo al mondo 18 figli (con chissà quante coniugi, morte via via).
E’ morto anche Gianni Vaccari, presidentissimo della Madonnina Podistica che ideò questa corsa (insieme a un altro Vaccari di cui si sono perse le tracce, ma non è certamente l’onorevole, che dopo l’elezione ha chiuso col podismo, come Prodi), ma per fortuna la tradizione è stata mantenuta dal presidente successore Ragazzi e dal suo staff (si rivede volentieri la vecchia guardia, Alfio, Ballotta, Felice Romano, la sorella di Gianni ecc.): che sono dunque arrivati alla 33^ edizione, sebbene i fasti delle prime siano solo un ricordo (ah, quella volta che salendo sull’argine ti davano un elasticino, unica garanzia per ricevere al traguardo un prosciutto cotto, coi soliti morti di fame che scatenarono la gazzarra per non averlo ricevuto…!). La quota di iscrizione a 2,50 era oggi compensata (diciamo così) dal solito mezzo chilo di maccheroni, mentre premi individuali erano riservati ai giovanissimi, gli unici a competere in maniera agonistica. Veste attiva nelle premiazioni ha assunto anche l’ex assessore ed ex presidente provinciale CSI Stefano Prampolini, con cui si rievocano i tempi gloriosi di Boldrini e Benassi, del trofeo Botto e della ciclistica Vignola-Sestola, del trio arbitrale Marri-Silingardi-Morselli: mais où sont les neiges d’antan?
Bei premi in natura anche alle società, “le prime 15 con un minimo di 10 iscritti” secondo il volantino…: quota raggiunta solo da 4 gruppi (compreso quello della Madonnina, che gonfia la cifra aggiungendo gli sbandieratori e addetti ai ristori, così da raggiungere quota 50, scalzando una tantum i fratelli-coltelli del Cittanova fermi a 40). Notevole la presenza di ben 14 affiliati del Finale Emilia di Ottavio& Antonella, e 10 della Guglia capitanati dalla presidentessa Emilia: una di quelle che al mattino avevano corso a Castellarano, sempre sul Secchia ma 30 km più a sud, come del resto avevano fatto le sorelle Gandolfi-Spina, i coniugi Bacchi-Mascia che qui si portano l’ex bimba Aurora, la famiglia Paolino & Maurito Malavasi, Rambo Benassi (e chi ho dimenticato si aggiunga pure).
Bel giro, che una volta tanto non ci porta sulla squallida “diagonale” cara alla Madonnina dei tempi moderni ma, nel tracciato lungo di 8,4 km, rispolvera cinque km di argine destro del Secchia, che nelle sue anse voluttuose qui sembra quasi andare all’indietro dalla Barchetta a Ponte Alto, tra l’erba alta (se ci fosse il mio nipotino tennesseano direbbe di essere hitchie) e lo stormire dei pioppi sul greto, fino al ritorno alla chiesa, dove chi vuole può anche approvvigionarsi di gnocco fritto (90 cent al pezzo, cari, ma 10 cent meno che dai compagni sorbaresi) o cenare all’aperto, e anche acquistare abiti dismessi a 1 euro l’uno.
Con allegria di naufraghi (bè, meno naufragi noi della Ferrari, dei Cinquestelle e di quel presidente francese che porta il cognome di una ditta di abbigliamento sportivo) ci lasciamo coi programmi di corsette nella settimana che viene: grazie Madonnina, grazie Gianni Vaccari.
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