Montorso (Pavullo, MO), 5^ Grota nuova serie, sempre nel segno di Pattuzzi
27 luglio – A Modena, 34 gradi; solo 30 a Montorso, 650 metri slm, sulla costola dell’appennino pavullese che si apre alla valle del Panaro. Se alla cena all’aperto c’era il pienone, con una fila per l’accesso che stava sui 50 metri, alla gara nel solito tracciato di 8,500 km con 330 metri di dislivello, con un paio di km sterrati (il tratto dell’originaria “Grotta”, cioè il sentiero antico), eravamo abbastanza contati: i numeri ufficiali dicono 130, qualche decina in meno rispetto al 2023, anche per la concorrenza di un’altra gara appenninica a Montefiorino (in compenso, questa domenica a Modena sede vacante: persino Valentini della Cittanova, che qui ha dominato la classifica per società con mezzo centinaio di attendati sotto di lui, si prende una domenica di riposo). Non voglio pensare che il calo dipenda dall’aumento della tariffa d’iscrizione a “ben” 3 euro contro i 2 del 2023…: ma è un fatto che oggi Giangi non si sia visto.
Collaudatissima l’organizzazione, nelle mani del mio personale “Podestà” Graziano Pattuzzi (foto 4 e 22 del servizio messo insieme da Roberto Mandelli), che mi rilascia confortanti annunci sul prossimo avvio della circonvallazione di Pavullo (oggi, il paesone dal traffico peggiore dell’intera regione), mentre quanto al completamento della nuova Estense - SS 12 dice che non basterà un secolo (e d’altronde, aggiungo io facendo il confronto tra lui e il suo attuale successore in provincia, con questo qua c’è poco da sperare). Parcheggi ampi e ottimamente gestiti, a compensare la pessima strada per arrivare fin qua, dove basta un automobilista imbranato (e qua ce ne sono parecchi) per causare un blocco.
Perfetta convivenza tra sport, magnazza (vedi foto 8-10) e cerimonie religiose, in una zona ricchissima di uomini di Dio, da padre Sebastiano e fratelli, a padre Pacifico Gianaroli, a padre Berardo Rossi: il cui ricordo, di creatore e signore dello Zecchino d’Oro, è ravvivato dall’intitolazione della fontanella davanti alla chiesa (foto 6, 14-15) a Mariele Ventre, altra santa donna che dello Zecchino è stata l’anima per quarant’anni.
Sempre più ricca la collezione di ex-voto nella chiesa co-dedicata a san Vincenzo Ferrer da Valencia (foto 27-28) e a santa Margherita, perché continuano ad accadere miracoli (come attesta ancora l’on. Podestà); quello della foto 18, sia pur risalendo al 1882, può essere adottato come emblema del salvataggio del podista caduto a terra.
Percorso tra i più duri del suo genere, ma molto bello e panoramico (leggermente meno godibile solo la strada asfaltata verso Gaiato), che oltre alle vedute paesaggistiche svela tesori architettonici, case in sasso antico come il castelluccio della foto 7 (se lo scoprono gli americani, è andato: per sua sfortuna è molto fuori mano, magari ignoto anche ai navigatori). Ben tre ristori in corsa, tra cui succulento l’ultimo de “La Valla” (foto 26), pieno di torte casalinghe e di altro ben di Dio offerto da due belle e simpatiche signore.
Al traguardo poi, oltre a un quarto ristoro e al consueto sacchetto di crescentine, ci attende la stupenda catena di montaggio della tigelleria (foto 5, 12, 17), per godere i cui frutti vale anche la pena di una lunga attesa, sia pure temperata dall’incessante eloquio del Podestà; mentre Peppino e Rambo, aspettati gli ultimi, possono finalmente disfare la tenda (foto 23) e andarsene con Dio.
Ricopio la conclusione del resoconto 2023: “C’è bisogno di ritrovi come questo per non disperdere il patrimonio del podismo popolare e insieme di una terra per tanto tempo avara, ma ricca di storia e di umanità”.
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