Via degli Dei e Flaminia Militare: buona la seconda
Dopo una prima edizione 2017 molto contestata, e per la quale fa testo il report di Massimo Muratori che ospitammo su queste colonne e in parte riproduco, mi ero deciso a presenziare (s’intende, con scarpette ai piedi e zainetto in spalla) alla seconda edizione, o per essere più esatti a quella parte di tracciato (gli ultimi 55 km) ritagliata per la prima volta dai 125 del giro totale. Scelta personalmente (intendo: atleticamente) alquanto discutibile, ma utile giornalisticamente, nel senso che trovandoci noi del giro “corto” in gioiosa e/o sofferente convivenza con quelli del giro lungo, che transitavano dal Monte di Fò sotto il passo della Futa, da dove partivamo noi, al loro 70° km, abbiamo potuto scambiare impressioni che, unite a quanto ho visto di persona, mi danno un quadro abbastanza equo. Che naturalmente potrà essere arricchito o corretto da altri partecipanti.
Le prime parole che mi ha detto un super-trailer, già partecipante nel 2017, sono state: “quando si fanno delle critiche costruttive e gli organizzatori sono intelligenti, poi si aggiusta tutto”.
Dunque, aveva scritto Muratori:
Ristori (o, all’americana, Check Point): piazzati con il metodo del lancio dei dadi (alea iacta est, lo diceva già Giulio Cesare su queste strade) con distanze variabili tra i 10,3 e i 24,2 km, con zero punti intermedi di rifornimento acqua; e assicuro che con il mezzo litro richiesto nel materiale obbligatorio si sarebbe fatto ben poco. Solo nel tratto precedente S. Piero (23/93 km) sono state date bottiglie d’acqua in due punti ai volontari, forse dopo le numerose lamentele dei corridori che passavano al C.P.( all’italiana, ristoro) di Monte Fò, punto di cambio indumenti piazzato in un campo di calcio al sole, e dove un po’ di pastasciutta veniva data a patto di mangiarla con le mani, vista l’assenza di forchette.
Confesso di non aver visto il ristoro di Monte di Fò (frazioncina ancora ignota a qualche stradario: era più semplice dire che sta 4 km sotto il passo della Futa, lungo la stessa strada ex statale): il nostro luogo di raduno era all’interno di un camping, tutti i servizi concentrati in pochi metri, con ombra persino eccessiva dato il vento freddo che, a 800 metri di altezza, ci faceva cercare il sole; ma i super-trailer passavano cinque metri sopra di noi e si ricongiungevano solo dopo un km abbondante, dunque non saprei come fossero la loro nutrizione e dissetamento. Però la collega d’università Elena Pacetti, giovane ma apprezzata pedagogista nonché podista, di servizio a Monte Adone, mi assicura di aver visto “atleti sorridenti, capaci di ringraziarti e di scherzare anche se stremati dalla fatica, pronti a sostenersi a vicenda”.
Dal Fò in avanti, i due posti di ristoro anche solido programmati (appunto al km 23/93 e al 39/109) erano alternati a quattro punti di idratazione (6-15-31-43 secondo la nostra misurazione), con acqua, cola, tè (ma al 31 ho mangiato anche due ovetti di cioccolato…), ai quali aggiungo almeno due fontanelle cui mi sono abbeverato con voluttà, più un delizioso “ristorino” gestito, intorno al km 20, da quattro bambinelle di età tra i 4 (“li faccio il 26 di sgiugngno!”) e i 10 anni, che con una precisa turnazione ci offrivano acqua minerale fresca. Dunque non ho mai patito la sete, e ho fruito della mia riserva idrica solo dal km 40 in poi. A proposito di materiale obbligatorio, è la prima volta dopo l’Utmb del 2015 che il mio zaino è sottoposto a rigoroso controllo, PRIMA della consegna del pettorale, con richiesta anche dei materiali tipo maglia pesante, pantaloni lunghi, guanti, che la giornata soleggiata rendeva del tutto inutili, almeno per chi contava di arrivare prima di notte.
Parlare della mancanza di alimenti salati, della quasi cronica scarsità di bevande (solo acqua e sali erano presenti) è una costante. Per la coca assente a Sasso Marconi ci è stato precisato che a Monzuno ce n’era in abbondanza: mancavano solo 24 km! Del fatto che all’ultimo ristoro di Monte Senario alle 19 di sabato era rimasto ben poco da mangiare, e la solita coppia acqua e sali per bere, e dovevano passare ancora più di 60 persone, è un po’ come sparare sulla Croce Rossa.
Sempre relativamente ai miei miseri 55 km, devo dire che il ‘pranzo’ di San Piero a Sieve era al livello di quelli dell’Utmb: panche e tavoli al coperto, piatti, forchette e coltelli, due primi (riso e maccheroni) secondi di vario genere tra cui ho privilegiato 4 fette di squisito prosciutto, frutta secca e fresca, birra tra le bevande - dove non mancavano mai l’acqua frizzante e gli integratori. Mi sono fermato ben 11 minuti; solo 5 in quello successivo di Monte Senario, dove a servirmi – tra gli altri – stava un tipo con aria vescovile. Gliel’ho fatto notare, e mi ha risposto che avevo un po’ indovinato, dato che è l’archivista dell’abbazia (in uno dei posti più belli del nostro percorso, sebbene al termine della salita più dura, 600 metri verticali da rimontare in 14 km, dopo dei quali vedi però, da un meraviglioso prato in falsopiano, Fiesole e Firenze).
Tracciatura: il trailer sia di notte che di giorno ha il chiodo fisso di non sbagliare strada. Non correndo su un biliardo molta attenzione la porge a dove va a mettere i piedi, e la primaria necessità è quella di avere costantemente in vista fettucce, frecce o cartelli che indichino la strada: ovviamente col buio la cosa è fondamentale. Se le bandelle vengono posizionate ogni 100/150 mt, e a volte molto di più, e vengono piazzate dopo una curva del sentiero anziché prima; se poi agli incroci si trova una sola bandella senza il richiamo nei 10/20 mt successivi del sentiero giusto; se le indicazioni date dai volontari sono a volte diverse da quelle indicate dalle frecce; se negli ultimi sei sette km di volontari non vedi l’ombra e ti fai un po’ di statale trafficata in solitudine, seguendo più i cartelli stradali che quelli scarsi della gara: se tutto ciò avviene ecco che il trailer mi diventa ansioso e un filo “irritato”.
Questo chiodo ce l’ho anch’io: anzi, visto lo scenario mistico in cui si svolge il secondo tratto, mi dicevo che era il diavolo tentatore a sibilarmi ogni mezzo km “hai sbagliato strada, torna indietro!”. Però dichiaro solennemente che quest’anno, a parte l’ultima quindicina di km dove un po’ di rarefazione c’era, siamo sempre stati guidati da bolli gialli a terra, freccine (piccolette a dire il vero) in prossimità dei bivii, bandelle biancoazzurre ad altezza d’uomo, qualche bandierina blu con catarifrangente giallo. Confesso di essermi sbagliato una sola volta, appunto a una decina di km alla fine (insufficiente irrorazione cerebrale?), ravvedendomi però nell’arco di pochissimi metri, e di avere avuto gli unici dubbi nella piazza centrale di S. Piero a Sieve, dove solo scrutando lungo le tre strade possibili si vedeva una bandella attaccata una trentina di metri oltre; e a Fiesole, dove era forse venuta a mancare la vernice per i bolli gialli e (mi hanno detto) qualche genietto dispettoso aveva strappato le bandelle. Di modo che, a una certa piazza che finiva in un bivio quasi all’ultimo km, ho fatto un ragionamento su quale strada scegliere (quella di destra) e mi è andata bene. Non ho mai dovuto chiedere niente a volontari, salvo, per eccesso di scrupolo, ripartendo da ogni ristoro “e adesso dove vado?” (ma qui c’entrava forse anche il mio obnubilamento da birra).
Percorso: la VdD è quella: non si discute, può piacere o non piacere, sicuramente più adatta ai corridori che agli arrampicatori, racchiude tratti di asfalto certamente superiori ai 25 km corrispondenti al regolamentare 20% (secondo il punto 1.5 della IUTA), e forse non potrebbe definirsi Ultra Trail, ma in questo caso i “punti” per la regina delle Ultra Trail sarebbero persi, e oggi si vive di punti anche per andare dal barbiere. Ciò che non si è capito bene è la reale lunghezza del percorso, tre km in più ci sono stati ufficializzati via mail senza però dire dove li avevano messi (o ti scarichi la traccia o ti gratti), ma gli altri 4/8 indicati dai vari concorrenti da dove sono arrivati? Azzardo un’ipotesi: qualche giro vizioso per aggiungere km e dislivello sempre in funzione punteggi?
I protagonisti della gara lunga mi hanno assicurato che nella prima parte l’asfalto era stato drasticamente ridotto, a volte costruendo sentieri nei boschi, con taglio di alberi e l’apporto del Cai. Sulla distanza non ci si pronunciava (anche perché la maggioranza dei Gps non reggono una carica di tante ore), ma pare che l’altimetria fosse giusta (rispettivamente più 5000 e più 2000); dal mio Gps, appena bastante per il giro ‘corto’, trovo sostanziale conferma dei 55 km; con un calcolo molto a braccio, direi che la parte asfaltata sarà stata sui 10 o 12 km, inevitabile quando attraversi o arrivi in un grosso centro abitato. Magari non sarebbe male mettere anche qualche paletto chilometrico a terra: non pretendo i segnali ogni 250 metri di Interlaken, però almeno ogni 5 km come a Davos, così ci potremmo regolare.
A un certo punto, quando ormai sulla stessa altimetria di Fiesole (dopo il quarto dei cinque ‘dentini’ che interrompevano la teorica continua discesa degli ultimi 16 km) ci siamo immessi sulla stradina che ci avrebbe portato al traguardo, un addetto ci diceva “mancano solo 3 km!”. Il mio vicino di gara del momento, uno Yuri romagnolo, ha detto di non fidarsi molto di questo tipo di segnalazioni, e ha cominciato a camminare fino al traguardo. Invece mi ha raggiunto e superato (dopo vano tentativo di resistenza mia, durato sì e no mezzo km) una ragazza di Treviso, Mariangela, col suo bravo pettorale verde del giro lungo: “Tu sì che sei eroica!” le ho detto. “Gli eroi sono ben altri”, è stata la sua risposta. Terza assoluta, a una ventina di minuti dalla seconda, Tatiana, che mi aveva superato al 41, con un’andatura per me del tutto insostenibile. Lasciamo chiudere al puntuale Muratori 2017:
Parlando del contorno alla gara: pasta party inesistente alla partenza, mi dicono buono all’arrivo (non ne ho usufruito); docce calde e buon servizio di navette per andata e ritorno, pacco gara di buon livello e, almeno nel mio caso, distribuito da una splendida e solare fanciulla alla quale non ho potuto non rivolgere un complimento.
Confermo il servizio di navette efficientissimo, che sopperiva alle scomodità dell’arrivo in centro ma con docce e pasta party ubicati a 3-4 km; e aggiungo di una navetta supplementare, non dovuta, ma preziosa per me e altri che avevano sciaguratamente lasciato l’auto a Monte di Fò rifiutando la navetta da Bologna del sabato mattina. Nel risalire a Firenze lungo la via “Nazionale Bolognese” (quella delle mitiche Mille Miglia, oggi guastata da troppe inutili rotonde) ci siamo imbattuti in vari addetti a sorvegliare ancora il passaggio dei supertrailer, che avevano tempo per arrivare fino alle 6 di domenica: ma a quanto appare dalle graduatorie apparse già in live nel sito Sdam, gli ultimi classificati sono stati aspettati addirittura fino alle 32 ore, cioè alle 8 (e come al solito mi viene il paragone col Sentiero di Corteno Golgi o con la Sellaronda, quando mettevano fuori gara anche per 5 minuti di ritardo a un cancello). A proposito, da uno dei concorrenti che otto giorni prima era stato al trail di Rocca Malatina (e che arriverà 19° del giro lungo, Riccardo da Fiorano) ho sentito lamentele, non solo sulle classifiche diffuse nell’immediato in forma sballata e corrette dopo cinque giorni, ma anche sul richiamo “tu sei fuori!” rivolto a un suo amico un pelino lento che per la prima volta si cimentava in un trail. “Quello che è giusto è giusto, ma umanamente non è il modo per incentivare la pratica del podismo in natura”. Purtroppo – gli ho commentato, incontrando l’approvazione di un altro compagno di strada – se ci fosse stata la Cecilia sul percorso lungo, la aspettavano, perché il tempo massimo era commisurato su di lei e sulle foto di suo marito… ma purtroppo ha fatto i 20 km!
Quanto al resto della nostra giornata tosco-emiliana, dalle graduatorie vedo 146 classificati (di cui 15 donne) sui 183 partenti dei 125 km: sono 20 in meno del 2017, compensati però dai 92 arrivati, con 13 donne (su 96 partiti), dei 55 km: qui non c’è stato bisogno di arrivare fino alle 02,30 del tempo massimo, perché in poco più di 12 ore (cioè alle 22,30) erano arrivati gli ultimi.
Gara certamente non estrema, paragonabile alla Abbotts way, anzi un po’ più morbida perché non ci sono deviazioni gratuite, fuori dell’itinerario storico, come invece dagli Abati (monte Lama): pochi tratti di discese un pelino pericolose (specie dalla cima più alta della Flaminia, cioè il Monte Gazzaro oltre i 1100 metri), con cartelli di avviso e addetti che ci esortavano alla prudenza, e persino una ventina di metri di corda corrimano. Suggestivo il passaggio dal castello mediceo di Trebbio sopra San Piero a Sieve e dalla badia di Bonsollazzo (spettrale nel suo abbandono, location ideale per film di fantasmi o di monaci medievali), a 525 metri, all’inizio dalla salita verso quell’autentico “Paradiso” di Monte Senario. Grandiosi i panorami ‘fiorentini’ degli ultimi 15 km; nella zona delle Croci- Olmo si interseca la strada Faentina in uno dei punti più antipatici del Passatore, quello dove tutte le auto degli accompagnatori e spesso trasportatori abusivi si affollano e ci rompono alquanto con le loro manovre e i gas di scarico; più pacifico il ricordo invece dell’Urban Trail di Firenze che attraversa Fiesole e le colline circostanti. Delizioso il borghetto delle Molina, anche perché lo affrontiamo in confortevole discesa, e su una mensola uno sconosciuto benefattore ha lasciato una bottiglia di Ferrarelle ancora fresca.
Molto originale l’arrivo nell’anfiteatro di Fiesole, medaglia con la scritta “Pervenit” (ci ho messo un minutino anch’io a capirla...), il vicesindaco di Vaglia (uno dei comuni attraversati) che saluta, si fa fotografare insieme a te e umilmente si piega a toglierti il chip dalla caviglia. Avrei visto volentieri anche Fausto Cuoghi, che ci aveva dato il via da Monte di Fò: ma forse era giustamente andato a festeggiare il suo **tesimo compleanno (diciamo che oggi ha cambiato di categoria MM). È anche grazie a lui, oltre che al commander-in-chief Riccardo Cavara, se la Bologna che da vent’anni non riesce a organizzare una maratona, e che prima annuncia poi cancella l’Urban Trail, è stata finalmente capace di proporre una corsa piacevole, ben allestita e istruttiva anche culturalmente parlando.
Primo ristoro in fondo all’anfiteatro (superata la pena di discendere i gradoni, apprezzatissime le patate lessate in olio, e ovviamente la frutta, l’ennesima birra, ma anche un ottimo tè caldo); poi pullmino per riconsegna bagagli con annesso pacco gara supplementare, docce (calde a patto di farle in non più di due per volta), massaggi e l’attiguo pasta-party (maccheroni al sugo, lonza di maiale, dolce, fragole, altra birra). Data la ristrettezza dello spazio, e anche il lungo arco temporale nel quale arrivavamo nonché la distanza tra arrivo e altri luoghi, è mancato il clima da pranzo collettivo, con speaker, allegria, premiazioni. O forse Cuoghi era là.
In ogni caso, dal sito Sdam ricopio le prime posizioni. Nella gara principe, il vincitore 2017, peggiorando di appena dieci minuti la sua prestazione di allora (ma ottenuta su un percorso più ‘stradale’), arriva secondo dietro Fabio Di Giacomo, che registra un tempo pazzesco di 13h 49. Il terzo arriva due ore e mezzo dopo del vincitore; quarto è Roberto Brigo, secondo nel 2017, che questa volta si peggiora di due soli minuti. Un po’ più ‘calme’ le donne, tra cui prevale Giulia Saggin (13° assoluta), davanti alle due mie sorpassatrici già citate. “Enfants du pays” alla ribalta nella gara corta (Naldi tra gli uomini in 5.04, Michela Migliori sesta assoluta e prima donna in 6.20), con l’eccezione della seconda donna, Sarah Eggleston americana, decima assoluta in 6.38.
Dal comunicato ufficiale già pubblicato (http://www.podisti.net/index.php/notizie/item/1211-ultratrail-via-degli-dei-e-flaminia-militare-i-vincitori.html ) e dal sito Sdam consultato domenica mattina riprendo la lista dei primi.
55 km
1 191 NALDI LORENZO IL PONTE SCANDICCI ita SM45 1 5:04:00
2 199 CASELLI CRISTIAN RONDA GHIBELLINA TEAM ita SM 2 5:17:13
3 210 DIANA FRANCESCO NUOVA ATLETICA ISERNIA ita SM45 3 5:46:12
F
6 F36 MIGLIORI MICHELA RUNNERS BARBERINO ita SF45 1 6:20:16
10 F47 EGGLESTON SARAH usa SF 2 6:38:28
14 F48 CIANCI LUANA ita SF50 3 6:48:55
125km
1 1 2 DI GIACOMO FABIO RUNNERS VALBOSSA-AZZATE ita SM35 1 13:49:35
2 2 1 RABENSTEINER ALEXANDER BERGAMO STARS ATLETICA ita SM40 2 14:51:36
3 3 27 GIROTTO VALERIO MONTELLO RUNNERS CLUB ita SM45 3 16:24:40
4 4 3 BRIGO ROBERTO ATLETICA RIVIERA DEL BRENTA ita SM50 4 16:24:41
F
13 F18 SAGGIN GIULIA FRIESIAN TEAM Ita SF 1 18:31:59
20 F2 MACCHERINI TATIANA RONDA GHIBELLINA ita SF40 2 19:20:03
27 F8 CURINI MARIANGELA MONTELLO RUNNERS CLUB ita SF35 3 19:43:55
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