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Mar 03, 2025

Alla 4^ Maratona di Bologna in seimila, pardon 4728: viva l’Italia!

Alla 4^ Maratona di Bologna in seimila, pardon 4728: viva l’Italia! Roberto Mandelli

2 marzo – La primavera è finalmente spuntata, offrendo condizioni di tempo pressoché perfette a questa quarta edizione (dell’ennesima serie, la terza o la quarta) della maratona di Bologna, notoriamente ricominciata dopo quasi vent’anni di buio e un anno di Covid nell’ottobre 2021, annullata nel ’22 e ripresa ad ogni marzo dal 2023 a oggi. I comunicati, come al solito leggermente trionfalistici, parlano di diecimila partecipanti al complesso delle gare, di cui tremila per la 5 km non competitiva (dove non poteva mancare Gianni Morandi), e seimila per le tre corse con classifica, sui 42, 30 e 21 km (quest’ultima, che continua il nome del Run Tune Up inizialmente concepito come prologo commerciale alla maratona di New York, è stata ovviamente la più frequentata).

Sui numeri esatti va fatto un preambolo, con un pizzico di amarezza come cittadini di uno stato dove la “dittatura sanitaria”, non paga dei guai combinati all’epoca dei green pass, continua a limitare la partecipazione alle gare agonistiche: dunque, l’ordine d’arrivo della maratona registra soli 1131 classificati, con un leggerissimo aumento rispetto ai 1090 dell’anno scorso, ma su cifre lontane dai 1314 del 2023 e dai 1607 dell’esordio in questa nuova veste del 2021. Ma la classifica pubblicata da EvoData (https://www.endu.net/it/events/bologna-marathon/results ) ha ben 1831 nomi, solo che 588 di questi hanno il loro tempo ma non il piazzamento: sono i cosiddetti “turisti” stranieri, soprattutto inglesi ma anche di tante altre nazioni., che a casa propria possono correre dove gli pare, senza pastoie di tessere, certificati e runcard, ma in Italia no.

Li si chiama turisti, e a rigore dovrebbero essere classificati in ordine alfabetico, ma per fortuna EvoData, contravvenendo alle cervellotiche norme tricolori, li mette al loro posto, facendoci vedere per esempio che tale Grant Fulton, classe 1989, sarebbe 11° con 2.39:13, e due posti dietro di lui ci starebbe l’irlandese Shane Eades, diciannovenne e capace di 2.40:11; e poco oltre il ventesimo posto, attorno alle 2.48, sono un danese, due tedeschi e due francesi. Tra le donne, la finlandese Jutta Paajamaa con 2.58.50 sarebbe arrivata seconda assoluta, e la lituana Neringa Cobb con 2.59:12 terza, uniche sotto le tre ore dopo la vincitrice.

Dunque, l’ordine d’arrivo su carta dice che tra le donne ha trionfato la quarantunenne infermiera locale Giorgia Venturi (Ozzanese) che con 2.53:02 ha rifilato oltre sedici minuti ad Arianna Castellan (3.10:42) e alla polacca dotata di Runcard Paulina Sienkiewicz Gadzikowska (3.11:13); ma tra questi tempi largamente amatoriali si inseriscono, per meriti sportivi, anche la francese Emilie Larue-Serres (3.03:22) e la moldava Tatiana Proca (3.07:57), fuori classifica perché non dotate dei timbri prescritti.

Almeno l’ordine d’arrivo maschile reale coincide con quello affidato alle carte federali, e dunque passerà alla storia il trentanovenne keniano Martin Cheruiyot, che con 2.21:56 migliora di mezzo minuto il tempo fatto registrare nel 2024 dal connazionale Simon Kamau Njeri. Italiano il secondo, a quasi sette minuti, il quarantatreenne Alessio Milani (Atl. Monfalcone) in 2.28:22, un minutino meglio dell’altro keniano Enos Kales Kakopil, che a 25 anni sigla un 2.29:12.

Numeri di arrivi “ufficiali” quasi uguali per la 30 km “dei Portici” (nome suggestivo per l’Unesco, ma che ha poco a vedere con la realtà del tracciato): 1139, di cui 320 donne, più 126 “turisti” (il migliore dei quali, l’irlandese Conor Rafferty, sarebbe trentesimo): ha vinto in 1.44:48 Davide Parisi (Lagarina Crus Team), quasi un minuto sotto il primato dell’anno scorso; non molto lontano il secondo Elia Generali  in 1.45:2, terzo Ferdinando Chimenz (DK Runners) in 1h46’27”. Nessuna “intrusa” nemmeno tra le donne, regolate dalla vincitrice 2024 Federica Cicognani (Imola Sacmi Avis) con 2.01:06”, due abbondanti minuti su  Sara Boer (Asd KM Sport) 2.03:11 e Camilla Vittori Venenti (Runners Bergamo), 2.03:29.

Ha sofferto numericamente molto di più la 21 km Run Tune Up, che classifica solo 2008 atleti (di cui 575 donne) dei 2925 arrivati al traguardo; ufficialmente sarebbe un calo rispetto ai 2389 dell’anno scorso, quando però i “turisti” risultarono solo 303; dunque la realtà, la polvere sotto il tappeto della burocrazia, parla di un aumento di circa 250 unità.

Ha vinto un habitué di queste competizioni nostrane, Luis Matteo Ricciardi (Dinamo Running) con il suo personale di 1h06’35” che migliora anche il record della competizione. Secondo lo spagnolo Felipe Gomez Severino in 1.08:54, ma è scandaloso che il “vero” secondo, il danese Gustav Kroell, l’unico in grado di contrastare il vincitore finendogli a soli 33”, non appaia nella classifica ufficiale. Terzo “burocratico” risulta lo svedese Johannes Tegner (tesserato per Maximir Zagreb) 1.10:41.

Tra le donne, si impone Marika Accorsi (CUS Parma) in 1.15:50, cancellando il record precedente di Rosa Alfieri del 2024; seconda l’etiope dal cognome illustre, Asmerawork Wolkeba Bekele, con 1.18:15, 13 secondi meglio della modenese Giulia Vettor (tesserata CUS Parma). Menzione d’onore per l’assessora allo Sport del comune di Bologna Roberta Li Calzi (classe ’81) e l’assessora al Turismo Commercio e Sport della regione, Roberta Frisoni (classe ’78), giunte appaiate al traguardo intorno alla duecentesima posizione femminile con 1.56:51.

Alla terza partecipazione mia personale su quattro edizioni di questa nuova serie (aggiungendo altri quattro traguardi tra il 1991 e il 2003, in quella edizione generosa ma fallimentare conclusa solo da 227 affezionati), credo di aver notato discreti miglioramenti. Cominciando dalla consegna dei pettorali consentita (su prenotazione) anche la domenica mattina, nei monumentali saloni del palazzo comunale, e dall’efficace custodia delle sacche coi ricambi, a pochi passi dall’arrivo. Causa i lavori del tram, che da anni sconvolgono il centro di Bologna, si è partiti a 800 metri dal ritrovo, sotto la Montagnola che vide il nostro arrivo nel 1992 (indossavo la maglietta di quell’anno, ma la cosa non ha per niente colpito la [?] speaker al traguardo, a differenza di quando c’era Marescalchi che la notò subito: ma il buon Michele (auguri per quello che mi ha pregato di non divulgare!) aveva già finito il suo turno riservato ai top runners.

Intanto che raggiungo le griglie (tassativo entrarci mezz’ora prima del via, che esagerati!) penso che se dovevano buttare all’aria tutta via Indipendenza, tanto valeva fare una metropolitana, anziché un tram che creerà ancora più problemi alle auto (divertente poi che il tram, deciso dalla giunta Guazzaloca che aveva già cominciato qualche lavoro, sia stato stoppato dalla giunta successiva, e poi ripreso da quella ancora successiva, tra un’esplosione e l’altra dei fiumi sotterranei).

Siamo in tanti (felice l'incontro con Gianni Baldini, reduce come me da Portofino) e vocianti, al punto che nessuno nella mia zona sente lo sparo del via: lo si desume dal fatto che il plotone si muove e al passo transita sotto i rilevatori di partenza (il mio real-time sarà di oltre un minuto più basso del gun-time: anche qui, l’Italia arcaica rimane ferma al gun-time, abbandonato da tutte le competizioni più importanti del mondo). Complice la mezz’ora di attesa nei box, e l’assoluta insufficienza di toilettes nei paraggi (in zona ritrovo, una pacemaker mi aveva affidato la sua “vela” mentre si accucciava tra un’auto e il muro di palazzo d’Accursio per le sue ultime necessità), il chilometro di via Irnerio vede parecchie deviazioni verso alberi, cespugli e muri per spandere acqua. Cosa che non si può evidentemente più fare nei successivi 7 km di percorso, davvero ben disegnati con passaggio da tutte le “eccellenze” di Bologna, escluse le Due Torri, le chiese di S. Stefano e la loggia della Mercanzia (questa la troveremo sulla bella medaglia finale).

Sottodimensionato il primo ristoro (alias aid): nella città Dotta si abusa di inglese o pseudotale, compresa una frase di Wilde sulla medaglia, secondo cui qui abbiamo il meglio del meglio, bum): ma intanto, siamo ancora tutti insieme, dopo 5 km, a dare l’assalto a due smilzi tavolini dove due volonterosi tentano di riempire i bicchieri. Rinvio il beveraggio al km 10 e ai successivi, dove compariranno anche (talora) sali, biscotti, mele, banane e spicchi d’arance un po’ secche e tigliose.

Perfetta la chiusura al traffico e le indicazioni del percorso (con qualche buco dal km 37 in poi, ma per fortuna c’è sempre abbondanza di addetti in casacca gialla). Evitato l’incrocio in doppio senso di marcia con quelli della mezza, come ci toccò nel 2021, dopo il km 10 si esce verso il comparto Sàvena, zona di passaggio obbligatoria in questa release, ma per fortuna senza l’avant indree in salita-discesa dei primi tempi. Rimane invece l’interminabile rettifilo delle Due Madonne, che diventa poi la statale per Ravenna da cui usciamo per il Pilastro in un’area piena di ipermercati e grandi concessionarie d’auto; e il complesso delle salite-discese poterà il totale del dislivello verso i 160 metri (non molto inferiore a Reggio).

Riattraversiamo la tangenziale in direzione del centro (San Donato) e intanto si arriva alla mezza maratona, che non mi risulta segnalata. Da lì si torna fuori dalla cerchia dalla tangenziale, oltrepassando l’A13 in prossimità del casello Arcoveggio (per noi hanno perfino chiuso un paio di uscite della tangenziale!). Niente visita alle carceri quest’anno, ma infiniti sottopassaggi di ferrovie, Corticella, Castelmaggiore (con un avant-indree al km 33, evidentemente prescritto dai misuratori ma non gradito dal mio Gps che alla fine mi sparerà un km in più della dimensione canonica).

Da qui, secondo enorme rettilineo (in parte condiviso con la 21) fino alla rinnovata ed elegante zona dei nuovi uffici comunali, stazione, “kiss and ride”, ed eccoci sull’ultimo drittone, lo squallido e interminabile viale Amendola-Marconi, fino a S. Francesco, poi a ritroso sul tracciato fatto nei primi km, fino all’Archiginnasio e al traguardo.

Dove ci danno solo una borraccia d’acqua e un panino con mortadella (o magari chi arrivava prima delle 5 ore aveva ogni ben di Dio? peraltro fornito, a cento metri, dal grandioso happening del Passo Capponi); sollecito recupero borsa, e ricerca problematica della doccia, prenotata in via Nazario Sauro “a 4 minuti dall’arrivo” (si suppone, per chi va ai 4 al km). Nessuna segnalazione di frecce, ricevo indicazioni contrastanti dall’info-point e da un’altra addetta in giallo Joma, scelgo una terza via suggeritami da un’anziana passante, e poi provando e riprovando e dandoci voce tra esploratori arriviamo al numero 1 barra 2, che non è all’inizio della strada ma dopo 200 metri. Qui però, godimento supremo da docce singole, pulite e caldissime.

Dopo di che, tanti di noi riconoscibili dalle sacche blu ufficiali tornano in stazione: il treno delle 16,33 è pieno di maratoneti che si scambiano impressioni. Scendo a Modena, e nel sottopasso verso l’uscita noto una giovane controllora col telefonino che dice: “ecco, allunga il passo, adesso torna indietro, no, adesso va verso l’uscita, scappa, vagli dietro!”. Alle sue spalle un poliziotto abbozza un inseguimento. Non descrivo fisicamente l’inseguito, altrimenti qualcuno mi accusa di razzismo. La ricreazione è finita, bentornati alla vita normale, viva l’Italia.

 

Informazioni aggiuntive

Fotografo/i: R. Mandelli - F. Marri
Fonte Classifica: Endu

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