Montorso e Zocca (MO): bei giri e belle signore ai lati del Panaro
28/29 luglio – All’approssimarsi di agosto, le corse in pianura sono rarefatte, con l’eccezione delle poche annesse a feste politiche o religiose (che però si svolgono verso sera nei feriali); gli sportivi che non sono in ferie, inclusa una certa percentuale di agonisti che rinunciano alle ferie pur di non perdersi i premi delle competitive (resi anche più facili dalla ridotta concorrenza) sono instradati in luoghi ariosi, dove i 33° che gravano su Modena diventano 27 o addirittura 24, e la presenza di boschi da attraversare offre invitanti ombreggiature.
Addirittura, nei fine settimana c’è da scegliere tra diverse manifestazioni a poche decine di km: sulle colline o montagne tra Modena Reggio e Bologna, nell’arco di queste 24 ore, ne ho contate almeno sei o sette, con la fatale dispersione dei praticanti.
Ad esempio a Montorso (località nella parte sud-est del comune di Pavullo, a 600 metri di altezza), per la ripresa dopo sei anni di interruzione della “Grota” (così detta dal nome dell’antica mulattiera che porta oltre gli 800 metri, verso l’aria buona di Gaiato che in tempi tristi era stato scelto come sede di un sanatorio), gli organizzatori hanno contato poco più di 150 partecipanti, di cui almeno la metà camminatori, o partenti anticipati fuori di ogni regola.
Il lato più positivo è stato rappresentato dalle gare per bambini, le uniche competitive e premiate, su un percorso ovviamente ridotto e in prevalenza campestre; mentre gli adulti si sono avviati, di corsa o di passo, su un percorso quantificato in 8 km, che il Gps attesta di 8,500 (circa 3 dei quali sterrati o ciottolati) con 240 metri di dislivello. Giro bellino, con intensi scorsi panoramici specialmente quando si raggiungeva Gaiato girando attorno all’ex sanatorio (oggi clinica privata): la vista spaziava fino alle vette di confine con la Toscana, a dire il vero alquanto annebbiate dall’afa; ma si lasciavano ammirare anche diversi edifici, case contadine o piccoli castellucci in pietra viva.
Direi perfetta la regia del comitato sagra (il protettore del luogo è San Vincenzo Ferrer, ausilio contro gli incendi e il colera, e all’interno della chiesa spiccano gli ingenui ex voto dei miracolati), che ci ha coccolato con ben tre ristori a base di squisiti dolciumi casalinghi, cocomere e altro, e premi di partecipazione decisamente consistenti, di fronte al solito prezzo da sussidio di mendicità, 1 euro e mezzo.
Un bravo dunque a Graziano Pattuzzi, ex presidente della provincia ed ex sindaco di Sassuolo, contestato quando era in politica ma adesso, nelle vesti di reuccio di Montorso nonché speaker e cicerone, da approvare senza remore. E bravo e fortunato, perché alla sua gara, in assenza di grandi valori tecnici, è riuscito a far venire alcune signore capaci di attirare su sé vogliosi sguardi maschili e preoccupati sguardi femminili. Come mi diceva Mandelli, gli ingredienti essenziali per il successo di una corsa podistica sono i servizi igienici, il bere e le soffici forme femminili.
La sagra è proseguita, non solo con una frequentatissima cena all’aperto (e devo dire che i parcheggi erano vasti e ben organizzati), ma il giorno dopo con spettacoli e la tradizionale presenza di Cristina D’Avena, “figlia” dello Zecchino d’Oro e dunque anche di due frati francescani originari di queste parti, i padri Berardo Rossi e Gabriele Adani (e aggiungiamoci il leggendario padre Sebastiano da Verica, inventore della nazionale cantanti). Negli anni d’oro, anche padre Berardo era ospite di Montorso; ora che, dal 2013, è ospite del paradiso e dei cori angelici di lassù, Cristina è tuttavia tornata come sempre.
Ma noi podisti, la domenica mattina, passando il Panaro (l’antico confine tra Longobardi e Romani, donde le odierne Lombardia e Romagna), in linea d’aria una decina di km, eravamo emigrati nella patria non solo di Vasco ma anche di padre Gabriele Adani, fondatore dell’Antoniano di Bologna, co-ideatore (come si è detto) dello Zecchino d’oro, grande giornalista e parlatore, scomparso prematuramente nel 1993: a Zocca si è tenuta oggi la 21° edizione della camminata del Monte della Riva (alias Monte Cisterna), un’altura boscosa con santuario a 788 metri che domina – si fa per dire – i 759 metri di Zocca.
La fama podistica di Zocca era stata oscurata, negli ultimi anni, dalla soppressione della leggendaria 50 km Bologna-Zocca (lo sfascio bolognese passa anche da lì), e dall’insorgere prepotente della vicina Rocca Malatina, teatro non solo di una corsa domenicale ma anche di un trail fra i meglio organizzati del calendario regionale. Era rimasta a Zocca questa camminata, come sempre sotto lo speak del Lupo sport, ora inserita in un circuito provinciale del Frignano (cioè dell’Appennino modenese), dotato di ricchi premi individuali, di tappa e finali.
La competizione odierna era contrastata da un’altra in territorio bolognese, a una ventina scarsa di km, che si era spostata di una settimana rispetto alla data prefissata; poi, da un trail sull’appennino modenese, e da ben due gare mattinali e una pomeridiana nell’appennino reggiano. Scorrendo le classifiche, si scopre che più di uno ha fatto la doppietta...: i reggiani che hanno corso mattino e pomeriggio in zona, un po' li possiamo capire. Ma c'è chi ha fatto oltre un centinaio di km, da Zocca a Cerreto Alpi: quando al mio arrivo di Zocca ho visto la rituale vincitrice (su un lotto di ben 22 concorrenti) allontanarsi in fretta dalla zona, in rituale compagnia del papà-manager, senza nemmeno aver preso il rituale prosciutto destinato ai primi – tranquilli, c’è chi glielo porterà a casa -, ho pensato che stesse dando la caccia a un altro 'premio in natura' pomeridiano. A pensar male si fa peccato, ma così è stato: eccola trionfatrice di ben 10 rivali a Cerreto Alpi (gara che ha contato in tutto 38 classificati, con evidenti vantaggi sulle casse degli organizzatori).
Torniamo ai Blaschi nostri: dunque, causa concomitanze, non eravamo in molti ai due nastri di partenza: 86 al primo nastro, dei competitivi da 7 euro (14 per i ritardatari), tra cui una delle splendide signore ammirate la sera prima a Montorso; pochi di più al secondo nastro, arretrato di una ventina di metri, per i non competitivi dal solito euro e mezzo (qualcuno anche da 0,0, come il solito personaggio che corse a sbafo pure a Rocca Malatina con la scusa che partecipava in modo non competitivo, e quando l’ho scritto mi ha accusato di aver diffamato lui e la sua società…).
Percorso che non ricordavo (dicono sia stato modificato rispetto alle prime edizioni), bello, equamente ripartito fra asfalto e sterrato, molto ombreggiato, in buona parte corribile anche dagli scarsi, per un dislivello complessivo di 300 metri, e due piccole cime-Coppi (bè, facciamo cime Aru o Pozzovivo) nel ben restaurato borgo di Montalbano e nel citato Monte della Riva (diffidate però della fontanella collocata sotto la cima: è acqua di acquedotto e molto trattata).
Tre ristori, uno dei quali frequentato due volte, tanto da vedere la bottiglia di lambrusco (accessoria rispetto a tè ed acqua) piena circa per metà nel primo passaggio, ma con l’ultimo centimetro in fondo, nel secondo passaggio. Vino anche come premio per i competitivi (a parte i prosciutti di cui sopra e altri premi in natura, ben 41 in totale cioè grosso modo uno ogni due concorrenti: e, senza fare l’uccello del malaugurio, non sarebbe la prima volta che certi organizzatori largheggiano troppo in premi, poi chiudono di punto in bianco), latte per i non competitivi.
Lezione di antica civiltà contadina: a fianco dell’arrivo, incredibilmente, un barbiere (locale!) è aperto, come negli anni Cinquanta, e lavora a tutto spiano (mentre i ricchi barbieri di città tengono chiusi domenica e lunedì, poi magari si lamentano della concorrenza terzomondista). Suona la campana per la “funzione”, come dicono qui, cioè la messa. Anche noi podisti abbiamo santificato, a modo nostro, la festa. C'è anzi, come si diceva, chi di messe (con annesse eucarestie) ne ha prese due...
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