Scandiano (RE), Una 31^ Supermaratonina delle Tre Croci un po’ mini e un po’ super
17 novembre - “Vi vogliamo bene…”: lo speaker Roberto Brighenti (annunciato fin sul volantino, come valore aggiunto alla gara) recupera dal repertorio la frase che aveva già usato un paio d’anni fa nella vicina Vezzano, all’atto di comunicare l’annullamento per bufera della mitica ascensione a Canossa; ma questa volta, fortunatamente, si tratta solo di correggere in extremis il tracciato, perché una frana caduta nella notte proprio in vicinanza alle Tre Croci impedirebbe il transito ai mezzi di soccorso, nel caso che questi servissero.
E allora (gli organizzatori dicono “in 6 minuti”) è scattata la decisione di usare il tracciato classico fino al km 12.7, a quota 334, dove si trova il secondo ristoro (lasciando dunque il tratto più duro di salita, ai km 10-12, provenendo dai 90 metri di Scandiano); poi far girare i tacchi scendendo giù per la stessa strada fatta in salita, fin verso il traguardo, per una lunghezza (diceva ancora Brighenti) suppergiù identica a quella dichiarata di 23,750 con 450 metri di dislivello.
Non sarà esattamente così, ma intanto bisogna dare atto ai bravi scandianesi (padri, come non mi stanco di ripetere, della maratona di Reggio e di altre iniziative podistiche tra le migliori in regione) di avere rimediato real time ai capricci della natura, e soprattutto di aver trovato piena collaborazione nelle forze dell’ordine per il presidio in extremis delle strade che invece avrebbero dovuto essere liberate.
C’è solo un paio di “ma”: alla fine della discesa, quando ormai lo stadio della partenza-arrivo stava a meno di un km, fuori della località dal curioso nome di “Lambrusco”, i podisti della super-maratonina sono stati deviati a sinistra sul tracciato del giro “medio” non competitivo di 8,5 km, risalendo un po’ di collina fino a ricongiungersi col giro originale (cioè con la discesa dalle Tre Croci) quando questi segnava km 21 e invece i Gps viaggiavano già verso i 24. Sicuramente la deviazione ha fatto recuperare un po’ dell’altimetria perduta (peraltro arrivata grossomodo a 350 metri in su e in giù), ma ha portato il giro a una super-super-maratonina di 26 km. Qualcuno che, nelle retrovie, era in semiagonia si sarà chiesto: ma perché non ci hanno rimandato direttamente allo stadio, per lo stesso sottopasso e piste ciclopedonali percorse nell’andata? La risposta è, che stava nei patti col comune che quel tratto di strada doveva essere sgombro al più presto possibile (bè, in realtà qualche auto che sorpassava i podisti l’abbiamo vista dal giro di boa fino al fondo). La contro-obiezione sarebbe: ma allora non si poteva anticipare l’avantindré di un paio di km, ad esempio nel piazzale della chiesa di Cadiroggio, evitando anche le incavolature degli automobilisti che erano bloccati all’incrocio? (ho sentito un guidatore, uscito dall’auto, dire a un altro: adesso li metto sotto, non c’è problema!). La probabile controrisposta è che era troppo macchinoso spostare il ristoro.
La contro-controrisposta pratica l’ha data il mio amico Paolino con qualche compagnone suo (non competitivi!), che giunto al giro di boa ha proseguito diritto lungo il percorso storico, ha oltrepassato la frana, ha rivisto le Tre Croci di cui tutti abbiamo nostalgia (specialmente da quando hanno abolito la cronoscalata), giungendo al traguardo esattamente col chilometraggio che aveva programmato di fare.
Un diverso tipo di accorciamento l’ha fatto un vecchio campione e amico mio, che infortunatosi e non sopportando, nella discesa finale, la compagnia assidua dell’ambulanza-scopa, all’uscita da “Lambrusco” ha tirato dritto per il sottopasso che vi dicevo, arrivando al traguardo un quarto d’ora prima dei compagni di viaggio.
Qualche altro, suppongo, ha ‘avvicinato’ il giro di boa come avrei suggerito io: appunto sotto Cadiroggio, chi saliva al suo km 8-9 vedeva già discendere gente del suo calibro, addirittura davanti ai primi competitivi: e se chiedeva “ma a che ora siete partiti?”, si sentiva regolarmente rispondere “all’ora giusta!”. Contenti tutti, non starò io a seminare zizzania; ma quanto all’ “ora giusta”, basta guardare la prima serie delle foto di Teida per accorgersi che i primi “regolari” dopo il via appaiono dalla foto 143; davanti, c’è anche chi sventola il segno churchilliano di vittoria (su chi? sui regolari).
Purtroppo il maltempo della nottata e delle prime ore del mattino (ma quasi niente sulla corsa) ha molto ridotto la partecipazione, specialmente dei modenesi, che avevano sempre eletto la “S. Caterina” a una delle gare preferite, sebbene il Coordinamento imponesse la trasferta a Mirandola: dubito che là ci siano andati in tanti, oggi, ma sta di fatto che le due società più numerose a Scandiano (la Cittanova di Modena e la Guglia di Sassuolo) hanno raggranellato rispettivamente 49 e 43 partecipanti, la metà – o meno – di quanto riescono ordinariamente a fare.
E se questo ha influito soprattutto sul numero dei non competitivi, va detto che un risultato-mini si è avuto anche tra i competitivi, gente che non si lascia certo condizionare da quattro gocce, e che però hanno fatto mancare all’appello un buon 30% di chi aveva partecipato nel 2018: quest’anno la 26 km è stata conclusa da 233 persone (di cui 38 donne), contro le 350 complessive dell’anno scorso. Defezioni un po’ a tutti i livelli, cominciando da chi l’anno passato era salito sul podio (Bianchi e la Ricci, per esempio), ma anche del fedelissimo Giuseppe Cuoghi (invece Cecilia Gandolfi c’era ed è andata forte, quasi quasi come il figlio Gianluca Spina…; e c’era anche Du Bien Sen, al rientro). Possibili ‘distrazioni’ erano la vicina maratona di Verona, la 50 K di Salsomaggiore e il campionato regionale di campestre nel bolognese.
La vittoria assoluta è stata affare dei soliti nomi che emergono nelle corse reggiane: se dalla foto del km 2 alla Rocca Boiardo vediamo che era sgusciato in testa Andrea Bergianti, dalla seconda serie di foto-Seghedoni si vede che sulle rampe è venuto fuori Yassine El Fathaoui, seguito già a una certa distanza da Bergianti (quinto nel 2018), poi da De Francesco già notevolmente più indietro. I tre si classificheranno nell’ordine: 1.31:37 per il vincitore, con due minuti su Bergianti, 4 su De Francesco (vedete i tre arrivi nelle foto 450-1-2 di Nerino Carri). Confrontando i tempi dell’anno scorso, Bergianti ha impiegato quasi 5 minuti più di sé stesso del 2018; El Fathaoui 7 minuti più di Pigoni vincitore uscente (oggi assente): ovviamente la ‘colpa’ risale all’allungamento del tracciato, e magari a qualcuna delle tante pozzangherone, o piuttosto laghetti, per strada.
Tra le donne, vittoria della frassinorese Manuela Marcolini (che vedete in azione alle foto 70-73 del secondo gruppo di Teida, e al traguardo nelle foto 549-552 di Petti), in quasi 1.53, solo 19 secondi meglio di Bethany Thompson (terza l’anno scorso), e due minuti sulla terza, Elena Neri che aveva vinto nel 2018 (impiegando 13 minuti in meno!). Il trio del cosiddetto podio è insieme nella foto 560 di Petti, e sgranato a pochi metri dall’arrivo nelle foto 471, 473 e 477 di Nerino.
Insomma, una classica che ha saputo essere più forte delle avversità; non di chi, aperte le finestre sulle piogge del mattino, ha deciso di tornare a letto.
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2 commenti
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Martedì, 19 Novembre 2019 19:58
inviato da FMr
In effetti era il 21 novembre 1999, l'undicesima edizione, che fu recuperata due sabati dopo, il 4 dicembre. Se ricordo bene (l'interessato può confermare), a quella gara si presentò un trentenne cremonese, incuriosito dal nuovo sito Podisti.net nato da pochi mesi, e che avevamo conosciuto due settimane prima, alla "Nuova Due Ponti" di Cesole. Si chiamava Fabio Rossi.
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Martedì, 19 Novembre 2019 10:25
inviato da Fabrizio Sandrelli
Scandiano, che nostalgia! Ricordo l'edizione annullata per neve (mi sembra nel 1999) e poi recuperata la settimana successiva. Conservo ancora gelosamente le due medagliette d'argento, ricordo delle due belle edizioni della maratonina a cui partecipai. E ringrazio il podismo per avermi fatto conoscere posti indimenticabili, come le colline attorno alla cittadina reggiana, che non conoscevo.
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