Castello d’Argile (BO), Camminata So e zò par l’erzen: riparte anche Bologna?
11 ottobre – Nella prima mattinata davvero autunnale in Padània (o Padanìa come dice Sgarbi, uno di queste parti), con la pioggia caduta fino a poco prima della partenza, e ripresa poche ore dopo, possono ritenersi un mezzo successo gli oltre duecento partecipanti (su 260 pre-iscritti) a questa camminata quasi estemporanea, messa in giro praticamente solo attraverso i social in mancanza dei consueti ritrovi domenicali alle gare. Per il Coordinamento di Bologna, che qualcuno dice finalmente in pace dopo la forzata defezione di Alessio Guidi (in pace… eterna, come quella delle foto 76-80 dedicate da Teida Seghedoni a chi un tempo sgambava su questi prati: da fine febbraio non si è più corso ufficialmente, salvo la non competitiva di Ripoli, praticamente in Toscana, poche settimane fa), è stata la prima gara in pianura, a una trentina di km dal capoluogo, in una zona fecondissima, nei tempi normali, di grandi corse da migliaia di partecipanti, campioni inclusi (Pieve di Cento, S. Agata, Cento, Crevalcore, Persiceto, ecc.), e oggi invece frequentata soprattutto dai cacciatori; o qualche mese fa, nascostamente, dai malati di podismo che nelle loro corsette solitarie sfidavano i droni osannati dall’assessore assatanato Venturi. Droni tenuti poi prudenzialmente a riposo quando si è riaperta la movida (ieri, camminando sotto i portici in centro di Bologna, ho dovuto letteralmente fare lo slalom fra i tavolini dei bar e ristoranti allargatisi all’aperto, dove decine di amiconi commensavano allegramente, ovviamente senza mascherine, e altri giravano, pure smascherati: fare la multa a questi – a parte che le cifre comminate non le pagherebbe nessuno – porterebbe via troppi voti agli amministratori; meglio dare la lezione esemplare al podista unico, che vota solo per uno).
Oggi invece si è tornati a correre ufficialmente, nel pieno rispetto (addirittura eccessivo) delle norme: preiscrizione obbligatoria fino a due giorni prima, autocertificazione da lasciare agli organizzatori, misurazione della febbre dopo di che non puoi più uscire dal recinto, niente spogliatoi, pettorale numerato da tenere addosso (lontano ricordo del podismo non competitivo di 40 anni fa), tariffa calmierata di 2 euro di fronte a un pacco gara comprendente bottiglietta d’acqua e sacchetto di biscotti che è consegnato solo all’arrivo, con preghiera poi di allontanarsi velocemente verso casa o le proprie auto. Il tutto sotto la regia di due amici di Alessio Guidi, anzi quasi due “anime nere” per usare il linguaggio di un plurisqualificato fautore del fine-pena-mai: Angelo Pareschi, a lungo presidente del Coordinamento bolognese, che per una volta si distoglie dalla sua nuova attività di dirigente delle “5,30” tornando nei suoi luoghi d’origine; e Claudio Bernagozzi, già accomunati nella leggendaria Bologna-Zocca il cui nome tornava sul volantino d’oggi (e vedeteli meglio nelle foto iniziali di Teida, poi nella 300).
Partenze scaglionate a gruppi di 30, con mascherina da togliere solo dopo (ma qualcuno non se l’è tolta mai); nessuna partenza anticipata, piaga comune da queste parti, cosicché il primo che passa alla foto 119 è sicuramente il primo (chiaramente, del suo gruppo) e non un nottambulo partito all’alba.
È chiaro che nel corso della camminata, prevalentemente sterrata e campestre, e per circa un km sull’argine del Reno, dove Teida ha trovato spazio per le sue panoramiche (vedere foto da 82 in avanti, i campi pezzati della foto 144, le belle immagini attorno alla 192, 273 ecc.), capitava a chi correva di sorpassare i camminatori, finalmente tornati anche loro (foto 222 e ss., 253 e ss. per l’allegria dei bambini), ma più disciplinati di prima (vogliamo tornare a dire, con don Abbondio, che il sig. Coronavirus è stata una gran scopa?): ho addirittura assistito, alla richiesta di “permesso?”, a podiste che si spostavano in diagonale dall’altra parte dello stradello. Se tutti facessero così sempre, non ci sarebbero né contagi né discussioni in corsa o sul web.
Lunghezza totale un po’ scarsina, 6.5 km (e c’era addirittura un percorso mini, che però non ha fatto quasi nessuno); ampia possibilità di farlo due volte, nel ricordo della mitica 21 km di Castel d’Argile dove al ristoro finale c’era il bensone da pucciare nel vino bianco, e magari al bar ti imbattevi in Giuliano Sarti, portiere della Fiorentina e della grande Inter di don Helenio (Sarti-Burgnich-Facchetti per intenderci, e di lì non passava nessuno).
Alle 10,30 avevamo finito tutti, senza prendere una goccia d’acqua, compreso Armando Righi, glorioso patron della Pontelungo, appena tornato con la medaglia d'oro dai campionati nazionali Fidal di Arezzo, specialità lancio del martello categoria M 85 (e mi raccontava: "uno della mia età ci ha messo 40 minuti a fare i 5000 metri!").
Si ricomincia piano anche a Bologna, ma per chi volesse fare qualche sforzo in più, il benemerito “Bernie” ci invita sabato 24 prossimo a tornare in Val Carlina, per la “zeresima edizione” della Corno alle Scale Mountain Race, 15 km +800 D da Lizzano in Belvedere. Ce ne fossero, di organizzatori così.
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