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Lug 05, 2021 2224volte

Scorzarolo (MN) – 6° Marcia dei Bagulùn, per ritrovare l’ “altro” podismo

Scorzarolo (MN) – 6° Marcia dei Bagulùn, per ritrovare l’ “altro” podismo F. Marri - R. Mandelli

4 luglio – Ripartono le non competitive Fiasp, in quel territorio della Bassa lombarda (unito alla Bassa emiliana, Mirandola e dintorni) che è sempre stato il nocciolo duro del podismo all’antica, fatto più di “bagulament” in allegria che di agonismo cronometrato (c’è spazio per gli uni e per gli altri, a saperlo trovare, come c’è un tempo per vivere e un tempo per morire secondo il Qohelet).

Paradossalmente, il Covid ha trasformato in quasi-regole quelle che apparivano eccezioni a malapena tollerate, come la partenza libera e a gruppetti ridotti se non addirittura individuali: in quest’anno e mezzo in cui personalmente (e alla faccia degli iettatori squalificati) mi sono fatto un sacco di competitive lungo mezzo Stivale, mi è capitato spesso di partire da solo o comunque distanziato dai colleghi. Beninteso, col chip che alla fine dava a ciascuno il suo tempo e la sua classifica.

Prima, molto spesso avevo biasimato (e non me ne pento) l’anarchia delle partenze nelle gare non competitive: pazienza le fiaspate, che hanno nel non-agonismo e nell’apertura a tutti il loro fulcro vittorioso, ma continuava a seccarmi la gente che, convocata per le 9, partiva alle 8,30 onde approfittare dei ristori finali prima che arrivassero i corridori rispettosi degli orari, e come cavallette infilava nelle proprie bluse o sportine della spesa bottiglie e panini e dolcini trovati sui tavoli dell’arrivo.

Ma non era il caso di oggi: qui sulle due sponde del Po vige un podismo fatto anche di camminatori, di anziani che domenicalmente si ritrovano per raccontarsi i loro fatti, dove nessun giudice al traguardo stabilirà che Pinco Palluccio ha vinto la categoria M 75 correndo a 7:30/km e battendo l’unico altro concorrente che avendo una gamba sola ha fatto i 12’ a km.

Qui si arrivava al ritrovo (uno di quei meravigliosi centri del Mondo Piccolo di Guareschi, o se volete un Rio Bo di Palazzeschi: un argine, una chiesina, un prato di fianco, una strada sola che finisce nella scalinata contro l’argine), si pagano 2/2,5 euro per l’iscrizione, si riceve un pettorale con nome-cognome-anno di nascita, ci si incammina quando si vuole, e al traguardo ti danno un chilo di pasta e un po’ d’acqua o di tè da bere (se va bene, c’è anche la lingòrria, mentre è ormai finita nel mito degli estinti la polenta col lardo ad la Tajada).

Quando impari dal calendario l’esistenza di questa Marcia di Scorzarolo, se non sei di queste parti devi per forza consultare Google Maps e altre fonti, da cui apprendi che:

Nella frazione o località di Scorzarolo, in 39 case risiedono centodiciannove abitanti, dei quali cinquantotto sono maschi e i restanti sessantuno femmine.

Vi sono cinquanta individui celibi o nubili (ventisei celibi e ventiquattro nubili) quarantasette individui coniugati o separati di fatto, e sei individui separati legalmente, oltre a due divorziati e quattordici vedovi.

A Scorzarolo risiedono quindici cittadini stranieri o apolidi, sette dei quali sono maschi e otto sono femmine. Sul totale di quindici stranieri 6 provengono dall'Africa e 9 dall'Asia.

Non c’è banca né farmacia né albergo (un meraviglioso ristorante “Terrazze sul Po” lo vedremo però in gara). Bè, cinquanta celibi su 119 è una bella cifra per i cacciatori/cacciatrici di sistemazione e magari di cittadinanza... Basta sopportare in un anno otto mesi di nebbia e quattro di zanzare, e si vive benissimo. Anzi, lo raccomanderei. In questi posti il tempo scorre più lentamente: se giri con l’auto, devi mettere nel conto che ogni tanto devi fermarti perché due che si sono incrociati davanti a te si fermano a chiacchierare sulla raccolta dei pomodori o sugli storioni del Po o su dove avranno sepolto Saman (io punterei su queste parti, non su quelle dove la cercano: a scavare la sabbia o il fango del Po basta una paletta da bambini..).

Poi si cerca di capire il perché del nome della gara, scoprendo che "i Bagulun da Scursarol" sono una associazione di volontariato addetta alla cura e gestione del verde pubblico, organizzazione di feste, sagre e mercatini, tra cui la processione del venerdì santo, la sagra del Paese, la Cena sotto le stelle; e naturalmente questa corsa.

Mah, con tanti bagoloni che imperversano a pagamento in tv per spiegare che la vaccinazione eterologa va male, anzi va bene, anzi va così così, mi sembra che questi almeno qualche cosa concreta sappiano farla.

Parcheggio più che sufficiente di fianco alla partenza; percorso segnatissimo (magari – oso dire – misurato un po’ con l’elastico, dato che i 12 km dichiarati saranno grosso modo 10), in parte sull’argine del Grande Fiume, in parte nella campagna fertilissima dove i malghetti sono un bosco che fa ombra, e i canali garantiscono acqua perenne per le colture (zucche come da queste parti non nascono in nessun altro posto).

Dopo meno di mezzo km una rampa porta sull’argine, verso la confluenza dell’Oglio e il mitico ponte di chiatte di Cesole. Tante altre chiatte sono arenate e servono da casette private, o chissà, da ristorantini con attorno una balera come usava nei tempi del miracolo economico, a da pied-à-terre per cena romantica con una delle nubili di cui sopra: confesso che oggi, ogni tanto devio dal percorso per visitare posticini affascinanti, tanto non devo battere nessuno, e anzi è bello quando raggiungi qualcuno fermarsi a scambiare le impressioni.

Purtroppo fra le prime notizie che ricevo c’è quella della scomparsa del grande Franco Pederzoli da San Martino in Rio: 76 anni, se ne è andato in fretta lunedì scorso. Podista navigato, più volte finisher del Passatore, organizzatore di camminate nella sua zona (citerò solo l’ultima, la Tre Sere di Correggio), fino all’estremo si era impegnato nel sociale: mi dicono che nell’ultimo anno, in tempo di pandemia, passava tutti i giorni a controllare che nella mensa scolastica tutto fosse a posto e in sicurezza, e se qualcosa era rotto, lo sistemava lui. Di Uomini come Franco ce ne sono sempre meno (lo dico anche dopo aver raccolto alcune confidenze che mi faceva): santo subito, aggiungo.

E continuiamo, come ci avrebbe detto di fare anche lui: un primo ristoro si apre a fianco di una meravigliosa villa nel verde adibita ad agriturismo, un secondo è sull’argine di un canale dal nome dialettale. Il fotomontaggio di Mandelli vi dà un’idea del fascino impensato di questi luoghi.

In tutti i ristori ci si ferma a scambiare qualche bagolada: con Sara, signora bionda di classe, che a Novi gestisce con Claudia il negozio di una azienda vinicola con sede centrale al Cavezzo, e garantisce la bontà del suo lambrusco; con Uber da Viadana, compagno di tanti ultratrail (rievochiamo la notte passata nel seminario di Bobbio, con Mario, alla vigilia della Abbotts Way). E mi permetto una deviazione anche verso una casetta di campagna, dove quattro micini nati da poco cercano affetto.

Si sale di nuovo sull’argine, ed ecco riapparire Scorzarolo, come apparve a Guareschi il paesello che poi divenne l’immagine-tipo del borgo di Peppone e don Camillo. Ma no, non deve finire così presto: tiro dritto lungo l’argine, arrivo fin dove quattro-cinque persone stanno facendo il bagno in Po (come lo facevo io nell’estate del 74 quando non avevo i soldi per le spiagge ufficiali): poi ridiscendo con calma verso le 39 case e le 24 nubili di Scorzarolo.

C’è un po’ di afa e, come prevedibile, i vestiti sono mogli di sudore: ma a cinquanta metri dal traguardo c’è una meravigliosa fontanella pubblica (di quelle che dovrebbero rendere obbligatorie in ogni paese e città), e complice il poco affollamento riesco a ripulirmi alla perfezione. Così da essere pronto per ripercorrere il ponte di Cesole, mai così in pendenza (un tipo in Panda si blocca sulla salita beccandosi le maledizioni di chi deve passare); e puntare poi su Sabbioneta, una delle cittadine più belle d’Italia (parola d’onore), organizzatissima nella tutela e visita dei suoi monumenti. E dove un pranzo per due, in una centralissima bottega-ristorante, compreso dolce, vino (un lambrusco mantovano che sa ancora d’uva), acqua Lauretana (alle cui fonti avevo appena corso, in quel di Biella), e caffè costa 27 euro. Si spende di più mangiando a casa.

Altro che cashback annullato due giorni prima dell’avvio, con tipica decisione da Repubblica di Bananas. Oggi posso dire di essermi ripagato, e non solo nel portafoglio, i 190 km di viaggio fatti per venire alle 39 case di Scorzarolo e alle stupende geometrie di Sabbioneta.

 

Informazioni aggiuntive

Fotografo/i: Fabio Marri

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