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Lug 03, 2022 1752volte

Marzaglia (MO): una corsa proletaria alla Zavattini

Di tutto un po' Di tutto un po' Roberto Mandelli

3 luglio - Una poesia di Cesare Zavattini in dialetto ed Lusèra è l’ideale per descrivere questa gara, che si doveva fare a fine gennaio e per le note ragioni è stata rinviata in piena estate:

O vést an funeral acsé puvrét

c’an gh’éra gnanc’al mort

dentr’in dla casa.

La gent adré i sigava.

A sigava anca mé

senza savé al parché

in mes a la fümana.

 

La fumana e il ghiaccio accompagnavano appunto le 24 precedenti edizioni di questa corsa, al cui arrivo era infatti prevista l’erogazione generosa di vin brulé: forse, la giustificazione più valida per andare in questa località dal nome poco invitante e che, per le bizzarrie del calendario, trovava la sua corsa collocata consecutivamente ad altre gare nella stessa zona.

E venivano a migliaia, intasando le stradine in maniera che una ventina d’anni fa, chiedendomi proprio a proposito di questa competizione, chi avesse ragione in un ipotetico scontro tra un’auto che arrivava al parcheggio e un partente anticipato che scorrazzava come se fosse lui il padrone della strada, mi presi della “sveglia al collo” da colui che dominava allora il coordinamento podistico modenese. Che rimase a fare il bello e il brutto tempo, abbandonato via via dai fans, finché un giorno si fece portare via da due zingare l’intero incasso della sua corsa: la sua sveglia al collo non aveva suonato, forse perché era suonato il portatore (tuttora detentore dell’esclusiva di quella gara, col piccolo particolare che la gara non esiste più).

Torniamo allora, con un pendaglio al collo in meno, a Marzaglia, che il comune di Modena tenta di rivitalizzare con un cosiddetto autodromo e un cosiddetto aeroporto, ma è soprattutto sede del gattile, del Caravan Camping Club e della Protezione civile; dicono anche che l’acqua estratta da qui sia la più ‘leggera’ della zona, ma gli ecologisti ribattono che le escavazioni nel fiume Secchia la ‘sporcano’, e ciò forse giustificherà il tipo di acqua dato ai ristori e in fondo.

Dall’epoca Covid e dall’andazzo precedente rimane la partenza libera dalle 8 (quando la temperatura sta sui 26 gradi) alle 9 (quando il sole innalza verso i 30, che però non saranno superati di molto fino al rompete le righe). Non c’era da aspettarsi una grande partecipazione, data la stagione, la “comitansa” (come diceva un telecronista locale) con una corsetta analoga nella Bassa, alla Concordia dove a li galini li gh’à ligà li gambi cun li curdeli rossi; e, per i competitivi nonché vogliosi di panorami e aria fresca, a Castelnovo Monti nel reggiano.

Eppure a Marzaglia è approdata anche la squadretta del Monte San Pietro di Bologna, che per arrivare qui ha percorso ben 54 km, rinunciando alla camminata ufficiale bolognese, nella collinare Berzantina distante 55 km: un’ipotesi è che sperassero nelle fotografie che come d’abitudine includono anche le loro partenze antelucane, ma non avevano letto Zavattini e non sapevano che in questo funeral acsé puvrett angh fuss gnanch un strass ed fotograf.

A parte questo, devo dire che a Marzaglia hanno fatto le cose per bene: tre percorsi (da quasi 15, più di 8 e quasi 4), una partenza ufficiale strenuamente mantenuta alle ore 9 da Peppino Valentini, un pacco gara che valeva molto più dei due miseri euro di iscrizione, percorsi segnalati e presidiati da sbandieratori in mascherina (puvrett), taluni con ombrello parasole; traffico assente, disponibilità di docce seppure con la scritta, davanti allo spogliatoio, che l’accesso era consentito a un massimo di 11 persone.

In questo campo nel 1984 io giocavo con una squadra di amatori (la Nuova Giungas, non siamo esattamente andati in finale di Champions): siccome ero un panchinaro che entrava nel secondo tempo, per la doccia avrei dovuto aspettare che finissero gli 11 titolari (e giocavamo al venerdì in notturna, anche a gennaio, inizio ore 22). Trentotto anni dopo, alle 9,00 ci ritroviamo esattamente in 30 anime sul segnale del via dato da Valentini: il campione regionale Leandro Gualandri (unico reggiano a valicare il confine) con due mascherine al braccio, Maurito Malavasi che si prepara a un trail friulano (e saranno gli unici due a optare per il percorso più lungo); poi Lucio, che ha fatto migliaia di km nei vari pellegrinaggi santificati ma qui si accontenta di 8,2, come il sottoscritto e tutti gli altri, che man mano raggiungono i partenti dei minuti o mezzore prima.

Ecco dopo 3 km Vittorio, mio compagno nei record di maratonina del 1993, ma che confessa di andare ormai più di passo che di corsa, però non ha perso l’abitudine di corcamminare in compagnia di belle signore. Poi, dopo il tratto più delizioso del tracciato, al km 5 (un mezzo km totalmente ombreggiato) il momento peggiore sullo stradone, dove arrivano quelli dei 14 km e si trascina “Rambo” Benassi, imitatore di Mastrolia quale “indiano” ai tempi d’oro.

Finalmente arriva il traguardo, dove alcuni nostalgici (come il vigile Pavesi) reclamano il vin brulé ma ricevono solo un cartone di acqua minerale, che si dichiara incartonata in Sardegna ma ha solo etichette inglesi: good, pure, smart (un’acqua smart te la mandano a casa mentre fai lo smartworking?), green (che schifo, un’acqua verde?!), e perfino cool (come direbbe Zavattini, tool in dal cool). Ma che ci volete fare: se uno dei 22 sponsor elencati nel depliant ti omaggia di quest’acqua, te la tieni stretta e dici persino grazie. Anche perché il pacco-gara dà torto agli assenti, ricco com'è di pasta, pomodoro (col nome di un fotografo assente), cremine, l'immancabile gel sanificante, crackers e l'acqua from the Sardinia Island.

Il podismo della rinascita, alla faccia delle professoresse Viola e Capua (gli ozi operosi della Capua sabbatica…) che come le veline sono una mora e l’altra bionda (tinta), si è adattato come poteva.

 

 

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